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DEL SALOTTO LETTERARIO di Davide Diotti

LA VETRINA DELL'AUTORE

SEGNALATI ALL'INTERNO DELLA III EDIZIONE DEL CINGARI!!!!

NAZISMO,LA SUA VISIONE LA SUA DISTRUZIONE IN BIBLIOTECA !!!!!

 

Livello bibliografico

Monografia

 

Tipo di documento

Testo a stampa

 

Autore

Diotti, Davide

 

Titolo

Nazismo : la sua visione , la sua distruzione / Davide Diotti

 

Pubblicazione

Empoli : Ibiskos, stampa 2006

 

Descrizione fisica

197 p. : ill. ; 20 cm.

 

Collezione

Il frangipane

 

Numeri

ISBN - 88-7841-171-X

 

Nomi

· Diotti, Davide

 

Soggetti

Nazionalsocialismo
Germania - 1933-1945
Guerra mondiale 1939-1945 - Germania

 

Paese di pubblicazione

ITALIA

 

Lingua di pubblicazione

ITALIANO

 

Codice del documento

IT\ICCU\CFI\0661385

 

Localizzazioni

 

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IL SAGGIO "GUERRA,IDEOLOGIA,MASSACRO,CENERI: UN ESEMPIO", E' STATO PREMIATO NELLA RASSEGNA DEL PREMIO LETTERARIO CASENTINO DI POPPI DEL 15 GIUGNO 2008.

I MOMENTI DEL NAZISMO SEGNALATO ALL'INTERNO DELLA SESTA RASSEGNA DEL PREMIO "LAGO GERUNDO DI PAULLO", 10 MAGGIO 2008

I momenti del nazismo premiato alla 22a Rassegna d' Arte e Letteratura Cittą di Viareggio il 10 febbraio 2008. La giuria presieduta dal Prof. F. Predinziani, Presidente del Premio San Domenichino di Massa.

Con "Erano meglio le "Coree""(pagina 227), presente nel libro "Schiavi Moderni" di Beppe Grillo

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Novitą: I racconti oscuri....

l'immortale, i cinque giorni, nebbia dall'ignoto, nemesis, ponjatowsky

 

 

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Borse, scivola l'indice europeo
Milano chiude a -2,42%. Allarme Ue

Ancora una giornata negativa sulle Piazze del Vecchio Continente. Il Dj Stoxx 600 ai minimi da 12 anni

Tokyo (Afp)
Tokyo (Afp)

NEW YORK - Ancora giornata negativa per le Borse del Vecchio Continente, dopo i tonfi di lunedģ. Sul finale di seduta l'Europa ha toccato i minimi degli ultimi dodici anni: il Dj Stoxx 600, l'indice che sintetizza l'andamento dei principali listini del Vecchio Continente, ha ceduto l'1,5% e si č riportato sui livelli del novembre 1996. Nuova chiusura negativa dunque per Piazza Affari, che assieme a Londra ha accusato la peggiore performance europea. I timori per l'economia hanno di nuovo preso il sopravvento, complici le parole del numero uno della Fed, Ben Bernanke, che ha esortato ad ampliare l'azione di salvataggio delle banche e ha parlato di un mercato del lavoro peggiorato. A Milano il Mibtel ha chiuso in calo del 2,42% e l'S&P/Mib del 2,4%. Male Eni, Espresso e Seat. A Parigi il Cac40 ha perso l’1,04%, a Francoforte il Dax lo 0,52%, a Londra il Ftse100 il 3,14%, a Madrid l’Ibex35 lo 0,7%, ad Amsterdam l’Aex in calo del 3%.

 

WALL STREET - Non va meglio per Wall Street, che pur avendo aperto in terreno positivo sostenuta dalle ricoperture tecniche, ha girato in negativo dopo l'intervento del presidente della Fed Ben Bernanke. L'indice Dow Jones perde ora lo 0,28% a 6.744,26 punti, l'S&P 500 arretra dello 0,51% a 697,26 e il Nasdaq segna un -0,05% a 1.322,22 punti.

ALMUNIA - A pesare sulla situazione delle Borse europee anche le dichiarazioni del Commissario Ue agli Affari Economici Joaquin Almunia per il quale «ci sono dei rischi per le banche» dell'Europa centrale e dell'Est. «Gli asset delle sussidiarie delle banche estere si sono deteriorati a causa della crisi, ora dobbiamo avere bilanci in ordine ed equilibrati in tutta la Ue, condizione necessaria perchč gli istituti di credito riprendano a finanziare l'economia».
Almunia perņ ha poi specificato che, anche se secondo le regole dell'Eurozona non č possibile un piano di salvataggio a favore di un Paese, nessuno Stato che si trovasse nei guai sarą lasciato solo. «Il punto peggiore di questa recessione non č stato ancora raggiunto»: ha poi aggiunto il commissario Ue agli Affari economici e monetari. «Forse il momento peggiore lo stiamo vivendo adesso - ha proseguito Almunia - e spero tra qualche mese si possa dire che il peggio č veramente passato. Noi prevediamo una graduale ripresa dall'inizio del 2010, ma č una valutazione prudente. Molte sono le incertezze e grandi sono i rischi». Almunia ha quindi sottolineato come l'Europa «soffre conseguenze gravi sul fronte strettamente economico, ma anche conseguenze gravi sul fronte sociale che probabilmente si intensificheranno nei prossimi mesi».

GIAPPONE - Ha chiuso gli scambi a -0,69% la Borsa di Tokyo, limitando le forti perdite segnate in mattinata, dopo il tonfo di lunedģ che ha portato il Nikkei a -3,81% e a Wall Street il Dow Jones a -4,25% e il Nasdaq a -3,99%. L'indice č sceso a 7.229,72 punti, 50,43 in meno della chiusura di lunedģ. Nel corso della seduta, tuttavia, č apparso indirizzato verso il tonfo quando ha raggiunto un minimo a 7.088,47 punti (-2,63%), il livello intraday pił basso dal 28 ottobre, giorno in cui l'indice di riferimento del listino scese sotto quota 7mila (a 6.994,90), ai minimi degli ultimi 26 anni.

SU IL PETROLIO - Sale intanto il prezzo del petrolio in Asia. Nel dopomercato elettronico che fa riferimento al Nymex, la Borsa merci di New York, a Singapore il greggio "light sweet" per consegna a aprile č stato trattato a 40,43 dollari a barile, con un rialzo di 0,28 dollari sulle quotazioni di lunedģ sera a New York, dove aveva perso 4,61 dollari, pari al 10%, scendendo a 40,15 dollari a barile.

AMERICA LATINA - In America Latina le Borse chiudono con fortissime perdite, sulla scia di Wall Street. In Messico l’indice Ipc perde 822,38 punti, pari al 4,63%. La Borsa argentina, con l’indice Merval, ha perso 75,54 punti, pari al 7,41%. A Caracas, in Venezuela, l’indice Ibc ha perso 409,55 punti, pari all’1,10%. Malissimo anche il mercato azionario brasiliano, con l’indice Ibovespa che ha perso 1.948,62 punti, pari al 5,10%. Chiusura in pesante ribasso anche per la Borsa canadese: l’indice S&P/Tsx Composite ha perso 435,51 punti, pari al 5,36%.

Almunia: "Rischi deterioramento"
Bernanke: "Ancora molto da fare"

Secondo il presidente della Fed l'agenda di Obama "č ambiziosa"
ma c'č una "considerevole incertezza" sull'impatto del piano di stimoli

Almunia: "Rischi deterioramento" Bernanke: "Ancora molto da fare"

Il commissario Almunia


BRUXELLES - Non sono rosee, le previsioni sull'economia del Vecchio Continente. Come dimostrano le dichiarazioni rilasciate oggi dal commissario Ue agli Affari monetari, Joaquin Almunia. Il quale non ha escluso una nuova revisione al ribasso delle stime di crescita europee. "Oggi posso dire che i rischi di un deterioramento della situazione sono pił elevati", ha detto parlando a Bruxelles.
Non stanno meglio gli Stati Uniti: il budget presentato dal presidente Barack Obama č "un'agenda ambiziosa", ha affermato, in Senato, il presidente della Fed Ben Bernanke. E perņ permane una "considerevole incertezza" sull'impatto dello piano di stimolo fiscale sull'economia. "C'č ancora molto da fare per stabilizzare il sistema", ha aggiunto Bernanke, suggerendo "azioni coraggiose da parte del governo, anche se questo significa gonfiare il debito pubblico".
Le indicazioni di Bernanke. "E' meglio agire con decisione oggi per risolvere i nostri problemi - ha detto Bernanke - l'alternativa potrebbe essere quella di un episodio prolungato di stagnazione economica che non solo contribuirebbe a una ulteriore deterioramento della situazione fiscale ma implicherebbe anche in bassa produzione, bassa occupazione e bassi redditi per un lungo periodo".
Bernanke ha aggiunto che la situazione del mercato del lavoro "č peggiorata nell'arco delle ultime settimane" e per questo i tassi di interesse "rimarranno con tutta probabilitą bassi per diverso tempo". Il governo, ha concluso Bernanke, dovrą estendere il suo intervento a favore del sistema bancario, oltre i 700 miliardi dei fondi Tarp (il piano di salvataggio dell'economia, ndr). Di quanto dovrą estenderlo lo si saprą tuttavia solo una volta effettuati gli stress test sulle banche.
Le stime di Almunia. Nelle previsioni presentate il 19 gennaio scorso, la Commissione Ue aveva annunciato un calo del Pil dell'1,9% nella zona dell'euro e dell'1,8% nella Ue-27 nel 2009, mentre per il 2010 le aspettative indicate erano per una ripresa lenta: +0,4 in Eurolandia, +0,5% nella Ue. "Quando abbiamo presentato le previsioni, avevo detto che i rischi erano equilibrati, vale a dire che c'erano sia possibilitą di un ulteriore deterioramento, sia possibilitą di un miglioramento - ha spiegato Almunia - Al momento attuale, posso dire che i rischi di un deterioramento della situazione sono pił elevati".
Il piano di salvataggio. Se un paese dell'area euro dovesse diventare insolvente č stata gią studiata una soluzione di salvataggio. A rivelarlo č ancora Almunia: "La soluzione esiste", ha dichiarato. Aggiungendo perņ che non sarebbe corretto divulgare i contenuti dello schema di emergenza. Il commissario si č limitato a rivelare che il piano scatterebbe prima di un eventuale richiesta di intervento al Fondo monetario internazionale.
Bond europei. Almunia ha anche parlato degli euro bond, giudicando "ragionevole" la loro emissione da parte di un gruppo di Stati membri della Ue. L'idea ha sostenitori ma anche molti oppositori in Europa, tra cui la Germania, maggiore contribuente del bilancio Ue.
Spagna, allarme lavoro. Nel paese il numero dei disoccupati č cresciuto a febbraio del 50% rispetto allo stesso mese del 2008, pari a 3,48 milioni di persone. I dati diffusi dal ministero del Lavoro iberico mostrano come solo nell'ultimo mese la crescita dei disoccupati sia stata del 4,6%, pari a 154.058 unitą. Nei giorni scorsi Eurostat aveva evidenziato come il tasso di disoccupazione fosse salito in gennaio al 14,8%, contro l'8,2% dell'eurozona.
Francia, allarme conti pubblici. Nel 2009 il rapporto deficit-pil francese supererą "sicuramente" il 5%. Lo ha dichiarato il primo ministro Francois Fillon, precisando che "l'orizzonte dell'equilibrio di bilancio si allontana". Fillon ha anche stimato a pił di 50 miliardi il disavanzo supplementare, di cui 20 miliardi a causa delle minori entrate legate alla crisi e 30 miliardi di spese di rilancio. E ha anche confermato che il governo si attende una contrazione dell'economia nel 2009 tra l'1 e l'1,5%.

(3 marzo 2009)

 

CRISI: SANTANDER, CONGELARE RISCATTI CLIENTI FONDO BANIF

Il Santander, la prima banca spagnola, ha chiesto al Cnmv, la Consob iberica, il permesso di congelare i riscatti del suo fondo immobiliare Banif, dopo che gli investitori avevano chiesto il rimborso immediato dell'80% dei capitali del fondo, pari a 2,62 miliardi di euro. "Il fondo - spiega la divisione immobiliare del Santander - non liquidita' a sufficienza per pagare un simile ammontare".

 

Giappone, Pil a picco del 12,7%
"La crisi peggiore del dopoguerra"

Il governo pensa ad un piano da 170 miliardi di euro

Giappone, Pil a picco del 12,7% "La crisi peggiore del dopoguerra"

Il ministro delle Finanze giapponese Shoichi Nakagawa


TOKYO - Il Pil giapponese nell'ultimo trimestre 2008 č crollato del 12,7% su base annua. Il declino rispetto a luglio-settembre č del 3,3%: si tratta, rende noto il governo, di una contrazione che č inferiore solo al 3,3% (-13,1% su base annua) segnato nel trimestre gennaio-marzo del 1974, a causa della prima crisi petrolifera. Tanto che il ministro dell'ecomomia, Kaoru Yosano, ha definito l'attuale economica come la peggiore dalla fine della II guerra Mondiale. E, secondo indiscrezioni di stampa, il governo intende lanciare una manovra supplementare anticrisi da 20.000 miliardi di yen, pari a quasi 170 miliardi di euro.
Tra aprile e giugno, il Pil aveva registrato una contrazione del 3 per cento, mentre tra luglio e settembre dello 0,4 per cento. In tutto il 2008, l'economia nipponica ha ceduto lo 0,7 per cento, per la prima volta in nove anni.
A picco anche la produzione industriale giapponese: a dicembre l'indice ha registrato una contrazione del 9,8% sul mese precedente, mentre su base annuale la produzione nipponica il tonfo č stato del 20,8%, soprattutto a causa dei settori auto ed elettronica di consumo.
A fronte di una situazione economica cosģ nera, il governo giapponese e le forze che compongono la maggioranza, secondo la stampa locale, starebbero pensando a una manovra dell'equivalente di 170 miliardi di euro.
Secondo la stampa giapponese, infatti, l'obiettivo sarebbe di mettere a punto un pacchetto, il quarto in pochi mesi dopo quelli di agosto, ottobre e dicembre, prima del vertice del G20 in programma il 2 aprile a Londra. Se andasse in porto, la manovra complessiva a favore dell'economia, precipitata in una profonda recessione, salirebbe alla cifra record di 100.000

miliardi di yen, quasi 840 miliardi di euro.
 

 

Referendum in Venezuela, vince Chavez
Nessun limite alla sua rielezione

Il presidente potrą candidarsi tutte le volte che vorrą: «Abbiamo aperto le porte del futuro»

Hugo Chavez festeggia la vittoria (Reuters)
Hugo Chavez festeggia la vittoria (Reuters)

RIO DE JANEIRO - Al potere gią da dieci anni, Hugo Chavez potrą ora candidarsi alla presidenza del Venezuela quante volte vorrą. Č il risultato del referendum che si č svolto ieri. Con il 54,3 per cento di sģ gli elettori hanno approvato l'abrogazione di alcuni articoli della Costituzione che limitavano la rielezione alla Presidenza e ad altre cariche politiche. Per Chavez si tratta di una secca rivincita dopo aver perso, a fine 2007, un referendum sulla trasformazione socialista del Venezuela. Per l'opposizione, invece, č uno stop inatteso alla timida ripresa degli ultimi anni.

Guarda il video: il trionfo di Chavez

RIVOLUZIONE BOLIVARIANA - Nelle scorse settimane Chavez aveva annunciato di voler restare al potere ancora per alcuni decenni. Di certo ci rimarrą fino al 2012, quando scadrą l'attuale mandato. Pochi minuti dopo la diffusione dei risultati, le tre di notte in Italia, il vincitore si č affacciato al tradizionale «balcone del popolo» del palazzo presidenziale tra il tripudio dei suoi, cantando e promettendo la prosecuzione della rivoluzione bolivariana: «Abbiamo aperto le porte del futuro, che sarą socialista». Poi ha letto il messaggio appena ricevuto da Fidel Castro. «Una vittoria enorme, impossibile da misurare», gli ha scritto il vecchio leader cubano. Nel discorso della vittoria Chavez ha annunciato un anno di consolidamento e «aggiustamenti» delle conquiste gią realizzate, riferendosi all’economia. Il Venezuela rischia una brusca frenata, dopo anni di crescita, a causa del crollo del prezzo del petrolio, che pesa per oltre la metą del reddito nazionale.

 

 

Usa, il piano Obama passa anche al Senato
«Pietra miliare sulla strada per la ripresa»

Il pacchetto da 787 miliardi ottiene 60 sģ (compresi quelli di tre repubblicani). Forse lunedģ la firma del presidente

Barack Obama (Ap)
Barack Obama (Ap)

WASHINGTON - Poche ore dopo il voto favorevole della Camera, č arrivato anche il sģ del Senato: il Congresso statunitense ha dunque approvato il piano di stimolo all’economia da 787 miliardi di dollari (nelle scorse settimane era lievitato fino a 937 mld) presentato dal presidente Barack Obama (scheda: i punti). In Senato ha avuto 60 voti a favore (compresi quelli di tre senatori repubblicani) e 38 contrari; alla Camera, dove l'opposizione dei repubblicani č stata unanime, aveva ottenuto 246 sģ e 183 no. Il via libera, anche se meno bipartisan del previsto, č un traguardo per Obama che potrebbe firmare gią lunedģ, a meno di un mese dall'insediamento alla Casa Bianca.

 

«PIETRA MILIARE» - Il presidente, sottolineando che questo č «solo l'inizio» del rilancio dell'economia statunitense, ha perņ parlato di «una pietra miliare fondamentale sulla nostra strada verso la ripresa» e si č impegnato ad agire velocemente per mettere in opera il piano. «Firmerņ questo atto legislativo alla svelta, facendolo diventare legge, e cominceremo a fare gli investimenti immediati necessari per riportare la gente al lavoro» ha detto Obama nel suo discorso settimanale, definendo l'opposizione dei repubblicani «salutare divergenza d'opinioni».

LE VOCI DI SPESA - Dei 787 miliardi, circa il 38% andrą in sgravi fiscali, il 24% alla spesa e il 38% agli aiuti. La voce pił consistente del capitolo spesa dovrebbero essere i 29 miliardi destinati alla costruzione e all'ammodernamento di strade e ponti. Nel pacchetto dovrebbe figurare anche un blocco dei bonus per i top manager delle banche che hanno gią ricevuto aiuti dal governo: l'emendamento presentato dal senatore Chris Dodd li fissa a un terzo del compenso totale e stabilisce che siano distribuiti sotto forma di titoli.

BOTTA E RISPOSTA - «Doveva essere un piano incentrato unicamente sui posti di lavoro e invece č diventato un piano incentrato sulla spesa» ha detto il leader repubblicano alla Camera John Boehner, gettando platealmente sui banchi una voluminosa copia del testo della legge, di 1071 pagine. I democratici hanno risposto che si salveranno o creeranno 3,5 nuovi posti di lavoro e che «milioni di persone saranno aiutate». Ma non hanno nascosto che la strada sarą difficile e il piano non sarą una panacea a tutti i mali: «Da solo non risolverą i problemi economici di colpo, sappiamo che la strada verso la stabilitą e prosperitą richiede del tempo, ma questa legge ha le dimensioni e gli obiettivi giusti».

VOTI REPUBBLICANI - Al Senato le operazioni di voto erano iniziate alle 23.30 di venerdģ ora italiana ma sono proseguite ben oltre l’ora prevista per attendere il senatore democratico dell’Ohio Sherrod Brown, che era andato al funerale della madre. In Senato ai vorti dei democratici si sono aggiunti quelli di tre repubblicani moderati: il senatore della Pennsylvania Arlen Specter e le senatrici del Maine Susan Collins e Olympia Snowe. Il documento di 1.071 pagine prevede circa 281 miliardi di dollari in tagli fiscali per i singoli individui e per le imprese e oltre 500 miliardi di dollari in spese federali, che saranno destinate a infrastrutture, sanitą e programmi statali e che dovrebbe contribuire a creare o salvare 3 milioni e mezzo di posti di lavoro. Il pacchetto contiene anche delle controverse misure protezionistiche nei settori dell’acciaio, del ferro e dei prodotti manifatturieri, chieste dai sindacati ma la cui effettiva applicazione rimane perņ a discrezione dell’amministrazione.

 

Pil Italia: 2008 al minimo dal 1993, in 4° trimestre da 28 anni 

Istat calcola infatti che l'effetto di trascinamento sull'anno in corso sia di -1,8%, il risultato previsto a fine anno se la crescita dovessere risultare zero in ogni trimestre."La contrazione del Pil 2009 dovrebbe essere ben superiore al -2% delle previsioni governative e potrą collocarsi tra -2,5% e -3%", commenta Paolo Mameli di Intesa SanPaolo.Anche per Marco Valli di UniCredit Mib quest'anno si andrą "molto vicini al -3%".Tra ottobre e dicembre il Pil italiano č crollato dell'1,8% su trimestre e del 2,6% su anno. La flessione trimestrale rappresenta il risultato peggiore da almeno 28 anni, vale a dire dall'inizio delle serie storiche nel 1980.In media d'anno il Pil 2008 si č contratto dello 0,9% con il maggior calo dal 1993.Le attese per l'ultimo trimestre erano ferme a -1,2% ma un dato di produzione industriale di dicembre peggiore del previsto e revisioni negative su ottobre e novembre proiettavano rischi al ribasso sul consensus degli analisti.Il dato comunicato da Istat si colloca in corrispondenza della pił pessimista tra le 26 stime raccolte da Reuters per la variazione trimestrale.La crescita del quarto trimestre ha deluso ovunque in Europa evidenziando tuttavia una tenuta migliore dell'economia francese rispetto a quella tedesca.Il Pil dell'area euro su trimestre si č contratto dell'1,5% segnando il peggior risultato di sempre (-1,2% su anno). Sull'intero 2008 la crescita del blocco dell'euro si ferma a 0,7%.La crisi originatasi nel settore immobiliare statunitense sembra aver finito per colpire con pił violenza l'Europa degli Stati Uniti. Nell'ultimo trimestre 2008, oltreoceano, la crescita ha frenato dell'1% circa in termini congiunturali.La Germania ha visto il Pil contrarsi del 2,1%, invece dell'atteso -1,8%, tra ottobre e dicembre. La Francia invece ha limitato la flessione a 1,2%, appena un decimo di punto oltre il consensus, grazie alla relativa tenuta dei consumi e a un calo non drammatico degli investimenti.Dietro il dato italiano invece gli analisti ritengono si nasconda un contributo fortemente negativo di esportazioni e investimenti, oltre a un calo dei consumi comunque non paragonabile alla frenata attesa per le altre due voci.

Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italiano

 

Il ministro Tremorti

Il ministro Tremonti in fuga a Davos

A Davos si siuniscono in questi giorni i responsabili della finanza mondiale. Tra di loro c'č anche il ministro Tremonti, chiamato Tremorti dai risparmiatori italiani consapevoli.
Un giornalista americano gli ha fatto un'intervista. Fino a quando č rimasto su argomenti generici come "Cos'č la finanza etica?" o "Che differenza passa tra una good bank e una bad bank?", Tremorti ha risposto con la consueta profonditą di pensiero. Quando perņ il giornalista gli ha domandato se
Unicredit riceverą degli aiuti dallo Stato, Tremorti č prima sbiancato e poi si č dato alla fuga. Guardate il filmato. Si vede Speedy Tremonti e il giornalista paralizzato con il microfono in mano. E' uno spettacolo.
Vademecum per i giornalisti stranieri che vogliono intervistare Tremorti.
Parole da non nominare che lo inducono alla fuga:

- Geronzi
- Alitalia
- Debito pubblico
- Finanza creativa
- Rientro dei capitali dall'estero
- Unicredit, ma anche Banca Intesa San Paolo
-
Conti dormienti
- Trasparenza bancaria
- Conflitti di interessi
- Falso in bilancio
- Elusione fiscale
- Condoni
- Parmalat
-Tango bond
- Draghi
- Default dello Stato italiano
- Fallimento dei Comuni italiani
- INPS
- Crescita del PIL nel 2009, ma anche nel 2010
- Asta 2009 dei titoli di Stato

Tremorti si sta allenando. Lo
scatto felino che ha esibito di fronte al giornalista non nasce dal caso, ma č frutto di lunghi allenamenti nei prati di Arcore con lo psiconano. Quando gli italiani gli chiederanno perchč il Paese č finito in default sarą pronto alla fuga. Dalla sua Sondrio su per lo Stelvio verso l'Austria in cui si dichiarerą rifugiato politico.

Digitale terrestre, prime sconfitte

"L'Italia, tra le ultime nazioni per connettivitą, per diffusione della cultura della Rete. Un Paese di vecchi dentro, senza informazione libera, senza diffusione della banda larga, senza servizi in Rete. Un Paese che ha saputo esprimere il portale Italia.it (Plis visit our counttri di Rutelli) progettato dal capo magazziniere Stanca e rilanciato dalla Brambilla a chiappe divaricate in subborg. Un Paese con con il ditalino terrestre,la rosa nel culo fondato sulla pubblicitą delle reti televisive dello psiconano asfaltato....."

Gli esperti tv: «Tecnologia costosa, limitata, obsoleta» Esperienza difficile in Sardegna. E si guarda al satellite

Auto, l'allarme di Marchionne
«In Italia 60 mila posti a rischio». Solo 24 ore prima aveva dichiarato di aver preso il 35% di Chrysler....LE URLA DI BEPPE GRILLO DA PIAZZA FARNESE:
E' un Paese che non c'č pił, un Paese dove la Fiat tre giorni fa dichiara che ha comprato il 35% della Chrysler e crolla in borsa. Oggi dichiara che deve licenziare dai 60.000 ai 100.000 individui.
E' un Paese che non c'č pił, dove la veritą si sa all'ultimo momento. Siamo invecchiati di cento anni con Obama. Obama parla di Rete, di democrazia dal basso, mette le leggi e le fa discutere in Rete una settimana prima di promulgarle.
Noi abbiamo lo psiconano che fa la campagna elettorale in Sardegna a spese dello Stato. Un premier che fa campagna elettorale per un partito... italiani!
Non voglio gridare, voglio calmarmi, voglio essere buono e non dire neanche una parolaccia. Non voglio neanche nominare Napolitano, se no poi dicono “Grillo attacca il Presidente”.

Banca Intesa valuta prestito a Fiat, si parla di finanziamento da 3 miliardi di euro
Il governo pensa a incentivi per la rottamazione per una cifra dai 300 ai 400 milioni

Auto, vertice su aiuti a Palazzo Chigi
Marcegaglia: a rischio 300mila posti

Scajola: "Pacchetto entro dieci giorni". Epifani: "Non si puņ perdere tempo"
Montezemolo: "La situazione non č rosea, servono decisioni chiare e rapide"

Auto, vertice su aiuti a Palazzo Chigi Marcegaglia: a rischio 300mila posti

ROMA - Nuovo round di discussione oggi per gli aiuti al settore auto. Dopo l'incontro di ieri sera tra il governo e i vertici del Gruppo Fiat, a Palazzo Chigi si discute delle misure da prendere e la Borsa scommette sul risultato positivo, regalando in chiusura al titolo dell'azienda torinese un +6,8%.

Scajola smentisce le cifre. Il governo č pronto a mettere sul tavolo, secondo indiscrezioni, un pacchetto che prevederebbe incentivi per la rottamazione per un totale di circa 300 milioni di euro. La somma potrebbe tuttavia essere rivista al rialzo fino a 400 milioni, anche se il ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola getta acqua sul fuoco: "Le cifre non corrispondono a quello che vogliamo fare che corrisponde a provvedimenti incisivi ma compatibili con la finanza del nostro paese". Si parla soprattutto di rottamazione per incentivare l'acquisto di auto ecologiche Euro 4 e Euro 5 in sostituzione di vetture Euro 0, 1 e 2.

Ancora 10 giorni. A Palazzo Chigi, il governo annuncia alle parti sociali che entro dieci giorni l'esecutivo varerą un pacchetto di incentivi per fronteggiare la crisi del settore. L'impegno dell'esecutivo, avrebbe precisato Scajola, č su "misure per il rinnovo del parco circolante collegate all'ambiente e misure di sostegno all'innovazione".

Il ruolo delle Regioni. Per conoscere la disponibilitą delle risorse che verranno messe in campo per l'auto, chiarisce alla fine del vertice il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni, bisognerą attendere la prossima riunione tra governo e parti sociali. Il leader della Cgil Guglielmo Epifani precisa che prima di varare provvedimenti sugli ammortizzatori sociali e sull'auto, l'esecutivo attende l'esito del tavolo con le Regioni. Ma il tempo stringe. "I nodi vengono al pettine - aggiunge Epifani - quello che si č voluto negare prima ora č evidente", e la situazione occupazionale "sta diventando veramente pesante. Non c'č tempo da perdere".

L'idea Banca Intesa. Intanto emergono indiscrezioni sul possibile contributo di alcune banche. "Stiamo lavorando con loro sul prestito. Cifre non ne faccio", conferma da Davos l'amministratore delegato di Banca Intesa, Corrado Passera, rispondendo a una domanda dei giornalisti sulla possibilitą di un finanziamento da parte delle banche alla Fiat. Secondo le voci arrivate alla stampa Unicredit, Banca Intesa e Bnp Paribas starebbero preparando un prestito da circa tre miliardi di euro.

Disoccupazione in agguato. La crisi nel settore e nell'indotto, secondo il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, rischia di mettere in pericolo fino a 300 mila posti di lavoro sul totale di una filiera di un milione di addetti. La previsione, fatta al vertice a Palazzo Chigi, si riferisce all'eventualitą di un calo degli ordinativi del 60% nel primo trimestre dell'anno. La situazione dell'industria automobilistica, rincara il presidente di Fiat, Luca Cordero di Montezemolo, č "molto, molto, difficile in Italia" e "le prospettive per il futuro non sono certo rosee". "Questa situazione di indecisione - aggiunge - č molto dannosa per il mercato. Quello che ci interessa č che ci siano decisioni chiare e rapide".

Veltroni contro gli annunci. "Con le voci di annunci di incentivi - denuncia invece il segretario del Pd Walter Veltroni - si blocca il mercato perché nessun italiano si compra la macchina se pensa che un mese dopo scattano gli incentivi. Il governo la deve smettere con gli incentivi e prendere decisioni nell'interesse del Paese".

Sciopero a Mirafiori. La giornata fa registrare anche uno sciopero del lavoratori dello stabilimento Fiat di Mirafiori, dalle 15 alle 17, "contro il rischio della chiusura di stabilimenti e di licenziamenti". Con un corteo attraverso la fabbrica. "Non ci faremo chiudere dagli spiccioli di Tremonti, la Fiat mantenga la produzione in Italia", commenta il segretario generale della Fiom torinese, Giorgio Airaudo.

«Č reale il pericolo che 60 mila lavoratori restino a casa senza un intervento del governo»

Sergio Marchionne (LaPresse)
Sergio Marchionne (LaPresse)

TORINO - A due giorni dal tavolo sulla crisi del settore automobilistico in programma a palazzo Chigi tra Governo, imprese del settore e sindacati (Fiom, Fim, Uilm e Fismic), l'ad di Fiat Sergio Marchionne conferma i timori espressi dai sindacati e lancia l'allarme: «Il rischio che 60.000 lavoratori del comparto auto, in Italia, restino a casa, se non ci sarą un intervento del governo, č reale» ha detto l'amministratore delegato del Lingotto. Marchionne ha parlato entrando all'Unione Industriale dove si tiene la riunione del consiglio direttivo sulla crisi economica.

 

ECOINCENTIVI - L'ad Fiat ha confermato dunque il calcolo del segretario nazionale della Fim-Cisl, Bruno Vitali che in mattinata aveva sottolineato come il settore "automotive" (auto, camion, autobus e in generale la produzione di mezzi di trasporto su ruote) ha registrato un calo della domanda del 20%. «Se questo calo diventa strutturale - ha spiegato Vitali entrando in un'assemblea alla Fiat Mirafiori carrozzerie proprio sulla crisi e sull'incontro con il Governo - i posti di lavoro a rischio potrebbero essere 60.000. Ci aspettiamo che il Governo metta in campo ecoincentivi all'acquisto e intervenga affinchč le produzioni italiane non vengano dismesse e trasferite all'estero».

«INTERVENTO PER TUTTI» - Parole condivise dallo stesso Marchionne. «Dal governo ci aspettiamo un intervento per tutto il settore dell'auto, che sta vendendo il 60% in meno dell'anno scorso». «Non si tratta di aiutare la Fiat, ma di fare ripartire un intero comparto produttivo e tutta l'economia», ha aggiunto Marchionne. Quanto alle affermazioni del ministro Roberto Calderoli su un ipotetico intervento del governo («Se arrivano gli aiuti alla Fiat ci sarą la rivolta popolare»), Marchionne si č limitato a dire: «Sono d'accordo, il sostegno deve essere dato a tutto il settore».

 

PURTROPPO NON C'č SCAMPO, MA NESSUNO LO DICE....Italiano, 44 anni. Prima di essere disoccupato faceva l'operaio. Non aveva pił un soldo. Ultimamente gli avevano tagliato luce, gas e telefono. Si č ucciso la notte di Capodanno sparandosi un colpo in testa. Gli inquirenti, giunti sul posto, hanno preso atto. La matematica statistica non č un'opinione: si sa gią che la crisi economica si porterą dietro una lunga scia di suicidi. Nel 1980, solo fra i cassintegrati della Fiat, si tolsero la vita in 150. La spiegazione ci viene dal "Sole 24 ore";sentite questa: "L'uso di cocaina da parte di operatori del mondo della finanza puņ aver avuto un ruolo nel dispiegarsi della crisi che ha colpito i mercati". Lo scrive Silvio Garattini, direttore dell'Istituto di scienze farmacologiche Mario Negri di Milano sul Sole 24 Ore. La realtą č un'altra:nessuna legge č in grado di evitare la precarietą del SUB-proletario e nemmeno di introdurla. La forza-lavoro č una merce la cui richiesta, proprio come accade per tutte le altre merci, dipende dal mercato, ormai internazionale. La Chiesa, che con le parole del Papa manifesta "preoccupazione per l'aumento di forme di lavoro precario" deve piegarsi alla legge fondamentale del Capitale, quella della miseria crescente. Essa č pił potente della Divina Provvidenza, i cui ministri non possono far altro che predisporre, come hanno fatto nella Diocesi di Milano, fondi-famiglia per i bisognosi. i numeri sono pił forti di tutto:Secondo un'analisi della Confartigianato, i precari ammontano al "12% del totale degli occupati e il loro aumento, in un lustro, č cinque volte di pił dell'incremento registrato dai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato". In ogni caso, a mancato rinnovo del contratto non esistono "ammortizzatori sociali", e i giovani precari restano senza alcun reddito. Buttati fuori dalla produzione, non possono ovviamente trovar posto negli organismi politico-sindacali tradizionali, strutturati gramscianamente per posto di lavoro. Di fronte all'accozzaglia obsolescente di questo sistema economico si staglia con vigore il rischio di INSOLVENZA MONDIALE. Gli Stati Uniti,per esempio, hanno un enorme deficit pubblico, privato e commerciale. Esso assomma a 53.000 miliardi di dollari, quattro volte e mezza il PIL americano e pari al PIL mondiale. Una dichiarazione d'insolvenza da parte degli USA non č pensabile al di fuori di una guerra generalizzata, ma il mondo incomincia ad essere insofferente di fronte a una situazione che peggiora a ritmi accelerati da quando Nixon minacciava ricordando agli interlocutori internazionali: "Il dollaro č la nostra moneta ma il vostro problema". In Europa č l'EURO il problema. Gli accordi di Maastricht prevedevano che il debito pubblico consolidato non superasse il 60% del PIL e che il deficit annuale di bilancio dovesse rimanere al di sotto del 3%. Il debito italiano equivale invece al 104% del PIL ed č il terzo nel mondo per ordine di grandezza. Il deficit č al 3,8%. In questa situazione il ministro italico del welfare ha dichiarato: "C'č qualcosa di peggio della recessione: č la bancarotta dello Stato, un'ipotesi improbabile, ma non impossibile".  Detto dal responsabile del "benessere" suona alquanto sinistro. L'Economist sostiene da parte sua che se lo stato italiano non riuscirą a vendere i suoi titoli in concorrenza con quelli stranieri, potrebbe fare la fine dello stato argentino nel 2001. Il bello della faccenda č che nessuno dice che cosa bisognerebbe fare. Perché nessuno lo sa. Nel frattempo scoppiano delle bolle:

1. Malmoe
 
A Rosengaard, quartiere periferico di Malmoe, in Svezia, sono durati una settimana gli scontri tra giovani e polizia. E' saltata per un momento l'immagine di tranquillitą sociale nordica. Sbirri in divisa sono stati coadiuvati da sbirri in borghese, cioč volontari reclutati fra tutte le componenti sociali ed etniche. Interessante: lo Stato non ce la fa pił a controllare il "popolo" e chiede autocontrollo. Sennonché nelle banlieues di Parigi i collaudati centri di autocontrollo francesi erano gią stati... centrati, con le molotov.
 
2. Oakland

La rabbia č esplosa in coda al funerale di un ragazzo assassinato da un agente di polizia. I democratici accusano la guardia di "eccesso di difesa" e chiedono che sia fatta giustizia, naturalmente. Intanto una prosaica vendetta si compie nelle strade, dove si danno alle fiamme le solite automobili e i soliti negozi. Ma che c'entrano le merci? Si chiedono i piccoli borghesi indignati. C'entrano, eccome se c'entrano.
 
3. Atene, Salonicco e altre cittą

La rivolta greca di dicembre ha visto il formarsi improvviso di piccole comunitą-contro. E anche qui lo scenario č stato ben diverso da quello delle lotte proletarie del secondo Novecento, sempre incanalate, nonostante la combattivitą degli operai, nel pił "professionale" corporativismo delle istituzioni sindacal-governative. Anche qui, come nelle banlieues parigine, migliaia di uomini - studenti, giovani, disoccupati, immigrati, proletari: una vera e propria catena sociale - hanno eluso le attese dell'avversario che si aspettava rivendicazioni che invece non ci sono state...

Nel bollettino parla di «recessione grave e sincronizzata». Urgenti le misure per obiettivi di bilancio a medio termine

Jean-Claude Trichet (Lapresse)
Jean-Claude Trichet (Lapresse)

MILANO - L'economia mondiale sta attraversando una fase di «recessione grave e sincronizzata» e la crisi peserą sulle nuove generazioni. Č fosco e complesso il quadro tracciato dalla Banca centrale europea nel suo bollettino mensile. L'istituto di Francoforte guidato da Jean-Claude Trichet prevede che «l'acuirsi e il diffondersi delle turbolenze dei mercati finanziari freneranno probabilmente la domanda su scala mondiale e nell'area dell'euro per un periodo di tempo prolungato». «Le tensioni nel sistema bancario - si legge - si sono tradotte in un inasprimento dei criteri per la concessione del credito, in un rapido deterioramento del clima di fiducia e in un crollo dei valori azionari».

 

FUTURE GENERAZIONI - L'allarme riguarda anche il futuro e la Bce si preoccupa del prezzo che dovranno pagare le nuove generazioni per l'attuale crisi: «Nel complesso i provvedimenti straordinari decisi sinora comportano oneri considerevoli per le finanze pubbliche in numerosi Paesi dell'area dell'euro. Se non saranno riassorbiti a tempo debito, peseranno in modo particolarmente negativo sulle nuove generazioni e su quelle future. Č quindi indispensabile - proseguono gli esperti - ristabilire quanto prima un impegno credibile a favore degli obiettivi di bilancio a medio termine».

CAUTELA NEGLI INTERVENTI - La Bce invita quindi i governi europei alla prudenza nelle scelte di politica economica contro la crisi: «La situazione economica corrente richiede particolare cautela nell’adottare vaste misure di stimolo fiscale, tenendo conto delle particolari condizioni di bilancio di ciascun Paese». Il settore pił colpito dalla recessione e dall'«ulteriore peggioramento della situazione economica internazionale in dicembre» č quello manifatturiero, «dove la produzione cala a ritmo sostenuto». Per quanto riguarda l'inflazione Francoforte prevede che nei prossimi mesi «si dovrebbe ridurre ulteriormente e a metą anno si potrebbe collocare su livelli molto bassi», per poi «riprendere ad aumentare nella seconda metą dell'anno», ma - sottolinea - i rischi per la stabilitą dei prezzi sono sostanzialmente bilanciati.

INCERTEZZA ELEVATA - Nel complesso «il livello di incertezza resta eccezionalmente elevato», sia sul fronte dei prezzi che su quello dello scenario economico futuro. «I rischi per la crescita, che nel complesso restano chiaramente orientati al ribasso, sono connessi principalmente alla possibilitą di un pił forte impatto delle turbolenze finanziarie sull'economia reale, a nuove spinte protezionistiche e a una correzione disordinata degli squilibri mondiali». Dal lato dei consumatori, la Bce «si attende che il calo dei prezzi delle materie prime sostenga il reddito disponibile reale nel prossimo periodo», mentre Eurolandia «dovrebbe beneficiare appieno degli effetti delle misure di politica monetaria annunciate nelle ultime settimane».

PRESTITI IN FRENATA - Infine rallentano i prestiti bancari a imprese e famiglie nell’area dell'euro: «L'inasprimento delle condizioni di finanziamento ha contribuito negli ultimi mesi al rallentamento del flusso dei prestiti delle istituzioni finanziarie monetarie al settore privato non finanziario».

 

 

Crac Parmalat, dieci anni a Tanzi. I giudici del tribunale di Milano hanno assolto gli altri imputati, condannando solo l'ex patron

Calisto Tanzi (Ansa)
Calisto Tanzi (Ansa)

MILANO - I giudici del tribunale di Milano hanno condannato a dieci anni di reclusione Calisto Tanzi per la vicenda del crac Parmalat. Il pm aveva chiesto tredici anni. L'ex patron dell'azienda di Collecchio, era imputato insieme ad altre otto, tra persone fisiche e societą, per aggiotaggio, falso dei revisori e ostacolo alla Consob. Alla fine del 2003 Parmalat crollņ sotto il peso di un buco da oltre 14 miliardi di euro, trascinando nel baratro oltre 100.000 risparmiatori che avevano sottoscritto obbligazioni del gruppo. ASSOLTI GLI ALTRI IMPUTATI - I giudici che hanno condannato Tanzi hanno assolto sette degli altri otto imputati. Tra gli assolti ci sono gli uomini di Bank of America Luca Sala, Antonio Luzi e Louis Moncada e i consiglieri di amministrazione indipendente Paolo Sciumč, Luciano Spilingardi, Enrico Barachini e Giovanni Bonici, ex responsabile di Parmalat Venezuela. All'ottavo imputato, la societą Italaudit (ex Grant Thornton), č stata invece comminata una multa. «UNICO RESPONSABILE» - «Prendo atto che l'unico responsabile č evidentemente Calisto Tanzi» ha detto il legale difensore di dell'ex numero uno di Collecchio dopo la sentenza. Ma č presto per parlare di un ricorso in appello: «Prima - ha detto l'avvocato Giampiero Biancolella - dobbiamo leggere i motivi di questa sentenza».BANK OF AMERICA - Calisto Tanzi, dovrą risarcire Bank of America con 80mila euro. Č questa una delle decisioni pił sorprendenti contenute nella sentenza con cui il tribunale di Milano ha condannato solamente Tanzi a 10 anni di reclusione, assolvendo tutti gli altri imputati e dichiarando che Bank of America non deve essere sanzionata come responsabile civile e non dovrą versare un euro ai risparmiatori. «Siamo molto felici e la consideriamo una sentenza giusta e rispettosa del diritto» ha affermato Jacopo Pensa, legale di Antonio Luzi, ex dipendente di Bank of America, assolto. A un cronista che gli chiedeva se č possibile che Tanzi sia l'unico responsabile, l'avvocato ha risposto: «Puņ essere cosģ, ma certamente se l'ha fatto con altri, non l'ha fatto con chi č stato assolto questa sera». «CONFERMATO L'IMPIANTO ACCUSATORIO» - Non sembra turbato dalla sentenza del Tribunale di Milano, che ha condannato il solo Calisto Tanzi e ha assolto gli altri imputati, il procuratore aggiunto di Milano, Francesco Greco, il quale analizza la situazione nella sua complessitą e ricorda come su 29 imputati complessivi almeno una ventina siano stati condannati o abbiano patteggiato. «Per quanto riguarda il capo d'imputazione riguardante Bank of America - spiega il procuratore aggiunto - č stata riconosciuta la prescrizione, peraltro modificata a seguito della legge Cirielli». Pertanto, per il magistrato, «l'impianto dell'inchiesta rimane confermato». Impugnerete la sentenza? «Vedremo le motivazioni e decideremo».

PATTEGGIAMENTI - I giudici della prima sezione penale del Tribunale di Milano, chiamati anche a decidere se accogliere o meno le richieste di patteggiamento gią concordate con la Procura, hanno respinto una richiesta di patteggiamento presentata da due imputati: Maurizio Bianchi e Lorenzo Penca ritenendo la pena patteggiata non congrua e disponendo quindi la separazione delle loro posizioni. Per un'altra decina di imputati č stata invece accolta la richiesta di patteggiamento a pene che vanno dai 5 mesi e 10 giorni ai 2 mesi.

IN TOTALE DISFACIMENTO

«Giustizia, subito la riforma. Cambio la carta perchč per me č solo carta da culo»,
«Pronti al veto,me ne sbatto dell'inquinamento e dell'aumento dei tumori»
Ecco i buoni propositi di Testa d'Asfalto, tronfio e grasso di sondaggi omologati di dipendenti da lui asserviti e a lui favorevoli e mummificato di potere incerato,mettendo le mani unte su tutto un paese "bulgaro" ed asfaltato,NONCHč RICCHISSIMO ED ELDORATO AGONIATO PER MILIARDI DI PERSONE:"

MA COSA ACCADRA'.....A gennaio l’economia rallenta, ma tiene.
A febbraio Morfeo Napolitano nutre qualche preoccupazione per il PIL.
A marzo Tremonti implora gli italiani, Geronzi, Profumo e Passera di comprare Bot, Btp e CCT.
Ad aprile lo psiconano garantisce sul futuro dell’Italia.
A maggio Boss(ol)i rassicura che il federalismo č alle porte.
A giugno alle elezioni non ci va nessuno.
A luglio i nuovi disoccupati sono pił di due milioni.
Ad agosto Morfeo Napolitano spiega in diretta televisiva che una possibile crisi lo inquieta.
A settembre Tremonti taglia del 30% le pensioni e gli stipendi del pubblico impiego. Sempre a settembre il debito pubblico supera i 1900 miliardi. Sempre a settembre lo psiconano si fa riprendere in via Montenapoleone a Milano a fare acquisti per rassicurare gli italiani. Bondi, Cicchitto e Gasparri passano tutti i pomeriggi alla Upim a riempire i carrelli.
A ottobre gli insegnanti non ricevono lo stipendio e le scuole sono chiuse.
A novembre falliscono le amministrazioni pubbliche di Roma, Napoli, Palermo e Bari. Sempre a novembre lo psiconano si reca due settimane alle Barbados per dare l’esempio e dimostrare a tutti che la crisi č un’invenzione dei comunisti.
A dicembre, dall’elicottero, mentre varca il confine austriaco, Tremonti dichiara la bancarotta dello Stato e il federalismo fiscale. Nel senso che ognuno si terrą per sé quello che gli č rimasto in tasca.
A dicembre lo psiconano decide di prolungare per qualche anno le sue vacanze e di farsi assistere dal super consulente Lucianone Gaucci per trattare il suo rientro in Italia ai domiciliari con i tribunali della Repubblica.
Buon 2009!

 

 

LA TRUFFA DEL PIL POSITIVO AMERICANO. I COSTI SCARICATI IN TUTTO IL MONDO...CON LE OBBLIGAZIONI COLLATERALIZZATE DI DEBITO(CDO).IL CROLLO ECONOMICO FINAZIARIO DEL MONDO....AD ALTA VELOCITA'

«Giustizia, subito la riforma. Cambio la carta perchč per me č solo carta da culo»,
«Pronti al veto,me ne sbatto dell'inquinamento e dell'aumento dei tumori»

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"Umanitą! Popolo italiano!
Siete tutti in vacanza, siete in ferie, eh? Con la social card, eh! Social Card, due parole inglesi per prendervi per il culo in italiano.
Siete in ferie, ma non lo siete solo voi: č l'Italia che č in ferie. L'Italia va in ferie un mese, riaprirą il 12 gennaio... chissą se riaprirą, l'Italia.


 

  

 

NON E' PIU' LA CINA A TRAINARE IL PREZZO DEL PETROLIO....

Sembra lontano il tempo in cui la Cina era sul banco degli imputati, accusata di essere la vera causa strutturale dell’aumento dei prezzi energetici mondiali. Eppure questo accadeva solo sei mesi fa. Per tutto il primo semestre del 2008 i dati sembravano dare ragione a chi indicava nella domanda cinese il motore di fondo dell’inflazione petrolifera. Da gennaio a fine giugno del 2008 i consumi di prodotti petroliferi raffinati nella Repubblica Popolare – benzina, gasolio e kerosene – sono saliti del 14,6%, raggiungendo cosģ il livello di 106 milioni di tonnellate. L’impatto sui mercati mondiali era innegabile, vista la crescente dipendenza della Cina dagli approvvigionamenti esterni. Nel 2007 per la prima volta nella sua storia la pił grande nazione del pianeta ha dovuto acquistare all’estero il 50% del greggio che utilizza. Nel corso dell’intero 2008 le importazioni (200 milioni di tonnellate) supereranno l’estrazione interna (190 milioni): un sorpasso significativo per il gigante asiatico che fino al 1993 era stato completamente autosufficiente, ed oggi č gią il terzo importatore mondiale dopo Stati Uniti e Giappone. Il trend di lungo periodo resterą segnato dall’impatto crescente dei consumi cinesi, destinati a raggiungere il 17% del totale mondiale entro il 2050 (la proiezione č contenuta nello studio di Wiley-Blackwell “China’s Quest for Energy Resources on Global Markets”, Pacific Focus, novembre 2008, Inha University, Corea del Sud). Tuttavia la crisi finanziaria nata negli Stati Uniti ha cambiato repentinamente il quadro di breve periodo, anche per la Cina. Sotto il peso di una recessione che per la prima volta da trent’anni ha colpito simultaneamente le tre principali aree di sbocco delle esportazioni cinesi (Usa, Europa e Giappone), la crescita economica della Repubblica Popolare ha iniziato a rallentare vistosamente. I consumi energetici hanno seguito la stessa curva. Il numero uno della compagnia petrolifera di Stato Petrochina, Jiang Jiemin, osserva che “tutto č cambiato nell’arco di un mese”. Gli automobilisti di Pechino, Shanghai e Canton a ottobre hanno ridotto del 13% gli acquisti di benzina. Ancora pił pesante č il ribasso nei consumi di gasolio per diesel – meno 46% – un segnale che i Tir cinesi hanno meno lavoro del solito. China Petrochemical Corp., pił nota come Sinopec, ha misurato un calo del 3,2% delle vendite complessive di prodotti petroliferi nel terzo trimestre del 2008. Numero uno asiatico per la raffinazione, con oltre il 50% di quota di mercato nel proprio paese, Sinopec ha dovuto ridurre del 10% la sua produzione nel mese di novembre. Una identica decelerazione ha colpito i consumi di energia elettrica: a ottobre sono scesi del 3,7% rispetto allo stesso mese del 2007, il primo calo da un decennio. A ridurre i consumi elettrici non sono state le utenze domestiche ma quelle industriali, colpite dalla crisi dell’export e costrette a ridurre la produzione manifatturiera. Anche i consumi di carbone subiscono il contraccolpo. Pu Hongjiu, vicepresidente della China National Coal Association, fa risalire il primo calo all’estate. Tra luglio e agosto l’utilizzo di carbone č sceso del 6%, quasi quattro milioni di tonnellate in meno in un solo mese. La riduzione si č accentuata a settembre, con 7,6 milioni di tonnellate in meno ovvero un calo dei consumi del 12%. La provincia dello Shanxi, che ha la pił grossa concentrazione di miniere di carbone, ha annunciato tagli di produzione del 10%. Il principale ente minerario, Shanxi Coking Coal Group, ha abbattuto i prezzi del carbone fino al 36% a partire dall’inizio di novembre. Anche in questo caso la ragione va cercata nella crisi delle maggiori industrie di base, grosse utilizzatrici di carbone: la produzione di acciaio cinese a settembre č scesa per la prima volta in dieci anni, del 10%, per poi accelerare la caduta con un 30% in meno a ottobre. A loro volta questi settori scontano la contrazione dei consumi finali. Per la prima volta nell’autunno 2008 le vendite di automobili in Cina sono scese: un capovolgimento brutale che non si vedeva dalla crisi asiatica del 1997. Dopo anni d’oro in cui i ritmi di crescita delle immatricolazioni erano stati sopra il 20%, la Toyota ha annunciato che a fine 2008 le sue vendite di vetture in Cina saranno inferiori al previsto di centomila unitą. Un’altra vittima del duplice choc provocato dalla recessione globale e dalla caduta del prezzo del petrolio, č il settore dell’energia solare. Tutti i principali produttori di pannelli solari made in China – JA Solar, Ldk Solar, Trina Solar, Suntech Power – hanno visto precipitare le loro quotazioni di Borsa. I fabbricanti cinesi di installazioni fotovoltaiche sono particolarmente vulnerabili perché esportano la maggior parte della loro produzione, soprattutto in Europa. Al confronto sembra pił promettente l’eolico. Per l’energia ricavata dal vento l’obiettivo č quello di arrivare a una produzione di 100 gigawatt entro il 2020. “La Cina č in buona posizione – dice Keith Hays della Emerging Energy Research – per diventare il pił grande mercato mondiale dell’energia eolica entro il 2011. Nel prossimo biennio avrą investito 20 miliardi di dollari in questo settore e disporrą del 17% della capacitą mondiale”. Il 10 novembre il governo ha annunciato una manovra di spesa pubblica della dimensione di 586 miliardi di dollari. Quali effetti avrą sui consumi energetici la manovra di sostegno della crescita? Una parte consistente di quella spesa pubblica aggiuntiva č destinata alle infrastrutture: tra queste figurano in primo piano la rete nazionale di distribuzione dell’energia elettrica e alcuni grandi gasdotti. Per ridurre l’inquinamento il governo vuole innalzare la quota del gas naturale, ancora molto bassa sul totale dei consumi energetici, portandola dall’attuale 3% fino al 5,3% nel 2010. Anche la costruzione di centrali nucleari potrebbe essere accelerata grazie al piano di rilancio dell’economia. Nei propositi del premier Wen Jiabao la manovra di sostegno della crescita dovrebbe favorire uno “sviluppo compatibile” e quindi beneficiare il comparto delle energie rinnovabili. E’ ragionevole essere scettici su questa promessa. In realtą uno degli effetti perversi della crisi mondiale – in Cina come in altre zone del mondo – č la tendenza dei governi e delle imprese ad allentare i vincoli ambientali, invocando l’impossibilitą di sopportare costi aggiuntivi in una fase di acuta emergenza economica. La Cina continua a dipendere per oltre i due terzi della sua produzione energetica dal carbone: č la materia prima pił inquinante ma č anche la meno costosa e la pił abbondante sul territorio della Repubblica Popolare. Nulla indica che questo modello di “capitalismo a carbone” sia destinato a tramontare in tempi rapidi. Una conseguenza della recessione internazionale, al contrario, č stata quella di accelerare la costruzione di nuove miniere di carbone: 1.563 sono pronte a entrare in attivitą entro il prossimo biennio, aumentando cosģ la capacitą di produzione di carbone da 2,5 a 3,3 miliardi di tonnellate all’anno.

 

Nello stesso giorno in cui la Bce taglia i tassi, Sarkozy annuncia un piano di rilancio della crescita: generoso rispetto ai vicini tedeschi e italiani, modesto (anche fatte le dovute proporzioni) rispetto agli sforzi americani e cinesi. Intanto qui a Pechino č riunito un importante vertice economico bilaterale Cina-Usa, con il segretario al tesoro Henry Paulson che tra l’altro viene a presentare gli ultimi provvedimenti allo studio per rianimare il mercato dei mutui Usa. E’ una raffigurazione dei due poli che si sono ormai creati nella risposta alla recessione globale: da una parte ci sono le terapie d’urto decise a Washington e a Pechino (ciascuno dei due paesi ha varato manovre di sostegno alla crescita con nuove spese pubbliche superiori al 7% del proprio Pil annuo), dall’altra c’č la timidezza dell’Europa che non riesce a varare un piano dell’ordine dell’1,5% del suo Pil (non solo Tremonti ma soprattutto Angela Merkel frena con tutte le sue forze). Perché questa divaricazione tra il senso di allarme che unisce ”Chimerica” (il neologismo di Nial Ferguson), e la cautela europea? Ci sono naturalmente delle spiegazioni “storiche”: l’Europa ha un Welfare State pił generoso per attutire i costi sociali della crisi e quindi č meno preoccupata dallo scenario di un nuovo 1929; inoltre ha una struttura demografica pił anziana che la rende particolarmente vulnerabile all’inflazione, perciņ molto timorosa dei deficit pubblici. Ma oltre a questo c’č evidentemente una diversa analisi della crisi attuale. Gli americani, sia pure in ritardo, si sono convinti che il rischio di una Grande Depressione č reale, e quindi che č un errore grave reagire con mezze misure. I cinesi condividono il senso di allarme degli Stati Uniti. Una parte della classe dirigente europea sembra ancora scettica, dunque teme il rischio di “strafare” ponendo le premesse per nuovi debiti pubblici e un ritorno dell’inflazione. Inoltre si avverte la tentazione di farsi trainare fuori dalla crisi sfruttando un rilancio delle economie americana e asiatica.

 

 

 



 

 

Grecia, scontri ai funerali di Alexis
Il premier attacca: «Tolleranza zero»

Molotov e sassi contro la polizia. In 2mila all'ultimo saluto al ragazzo ucciso sabato

Un momento dei funerali di Alexis Grigoropoulos (Reuters)
Un momento dei funerali di Alexis Grigoropoulos (Reuters)

ATENE - Si infiamma di nuovo la protesta ad Atene. Giovani e agenti in assetto anti-sommossa si sono scontrati in mattinata davanti al Parlamento della capitale greca. E ulteriori incidenti sono stati segnalati nel pomeriggio nella zona del cimitero, dove pił di duemila persone (addirittura seimila secondo alcune fonti) hanno preso parte ai funerali di Alexix Grigoropoulos, il quindicenne ucciso sabato da un agente di polizia. La tensione negli ultimi giorni č alle stelle. Il governo ha annunciato la mano dura e fatto sapere che non si lascerą piegare dai disordini, invitando l'intero arco politico all'unitą. Il partito socialista Pasok, all'opposizione, ha avanzato perņ la richiesta di dimissioni del premier Karamanlis.

 

LACRIMOGENI AL FUNERALE - Gli scontri alle esequie di Grigoropoulos si sono verificati quando i poliziotti sono intervenuti con gas lacrimogeni per sedare alcuni manifestanti che avevano preso a sassate delle troupe televisive e dei negozi intorno al cimitero. Fino a quel momento la cerimonia si era svolta senza particolari problemi. I tafferugli si sono poi spostati nei quartieri residenziali che confinano con l'area del cimitero. Molti residenti sono scesi in strada per chiedere agli agenti di interrompere i lanci di gas lacrimogeni, di cui anche gli abitanti hanno finito col fare le spese. La bara del ragazzo, ricoperta di fiori bianchi, era stata accolta da un lungo applauso all’uscita dalla Chiesa prima di venire trasportata al camposanto della capitale.

Una foto di Alexis Grigoropoulos, il 15enne ucciso da un agente (Ansa)
Una foto di Alexis Grigoropoulos, il 15enne ucciso da un agente (Ansa)

TENSIONI E STATO DI ALLERTA - In mattinata centinaia di manifestanti avevano lanciato bottiglie molotov e sassi contro la polizia tentando di forzare il cordone. Il corteo, composto da studenti e insegnanti, era partito poco prima e chiedeva giustizia per una morte avvenuta in circostanze ancora da chiarire. L'allerta č al massimo nel timore di nuove violenze. Un centinaio di giovani, sempre in mattinata, ha continuato a sfidare le forze dell’ordine intorno alla Scuola Politecnica nel quartiere degli studenti di Exarchia, nel centro di Atene, teatro nella giornata di lunedģ di violenze, vandalismi e saccheggi. La grande arteria della capitale che passa davanti alla scuola resta chiusa al traffico, mentre sporadicamente i giovani asserragliati all’interno del recinto lanciano oggetti sulle strade intorno. Una molotov lanciata contro un negozio di informatica ha causato un principio d’incendio. Una manifestazione con circa 2.000 studenti e militanti dell’estrema sinistra si č svolta anche a Salonicco.

 

CALMA RELATIVA - Una relativa calma regna invece nel resto del centro di Atene, dove le violenze contro le forze dell’ordine, i negozi, le banche e le strutture pubbliche sono proseguite fino alle 2.30 locali (1.30 in Italia). Gli incidenti erano cominciati in serata, a margine di una manifestazione di diverse migliaia di persone della sinistra parlamentare.

87 ARRESTI - In tanto č tempo di bilanci. Sono state 87 le persone arrestate dalle forze dell'ordine greche in seguito alle violenze nel centro di Atene. All'indomani di una giornata in cui migliaia di persone, in maggioranza anarchici, hanno messo a sacco la cittą, la polizia ha diffuso dati da bollettino di guerra: dodici agenti feriti, decine di persone ricoverate, almeno 10 in ospedale per problemi respiratori dovuti ai gas lacrimogeni. I vigili del fuoco hanno ricevuto 190 chiamate di allerta in tutta la cittą, e hanno dovuto spegnere incendi in 49 edifici, 47 negozi, 14 banche e tre ministeri. A fuoco anche una ventina di automobili. Secondo la polizia alcuni dimostranti brandivano persino spade e fionde, trafugate da un negozio di armi saccheggiato. «I danni sono incalcolabili, č una catastrofe - ha detto il vicesindaco di Atene -. Il Comune ha dispiegato fin dall’alba tutti i servizi di pulizia per rendere accessibili le grandi strade del centro cittą. Temiamo per l’immagine turistica di Atene».

IL PREMIER - Il premier greco, Costas Karamanlis, ha detto che il governo «non tollererą» che la morte di un giovane sconfini in «atti inaccettabili e pericolosi». «Non consentiremo ad alcuni individui - ha evidenziato - di usare una situazione tragica come scusa per far uso di violenza contro la societą e la democrazia». Il capo del governo ha poi esortato i propri concittadini a «denunciare i responsabili delle violenze ». Poi ha incontrato il presidente. «Giorni difficili, signor primo ministro» ha detto il capo dello stato greco Karolos Papoulias accogliendo Costas Karamanlis al palazzo presidenziale per discutere la situazione dopo tre giorni di disordini. «Sģ, difficili e di responsabilitą per tutti» ha risposto il premier citato dalla Tv prima di chiudersi a colloquio col capo dello stato. Karamanlis ha anche in programma incontri con esponenti dell'opposizione: «In queste ore critiche tutti i politici devono isolare e condannare quanti alimentano i disordini. Č nostro dovere». Ma i socialisti non ci stanno e accusano Karamanlis di essere egli stesso fonte di tensioni nel Paese.

MINISTRO INTERNO DIFENDE POLIZIA - Intanto il ministro dell'interno greco Prokopis Pavlopoulos ha difeso l'operato delle forze dell'ordine. «La polizia č presente e ha fatto tutto il necessario per proteggere le persone e le proprietą», ha detto il ministro ai giornalisti al termine di una riunione ristretta del governo. «L'apparato dello stato č presente e ha protetto pił cose di quanto non ne siano state minacciate - ha aggiunto - siamo qua per proteggere vite umane e proprietą senza con questo attentare alla democrazia». «Sono insoddisfatto e mi scuso», ha poi risposto il ministro ai giornalisti che gli hanno fatto osservare che le forze dell'ordine non sono state in grado di prevenire i tumulti e i saccheggi che da due giorni stanno interessando Atene, Salonicco e altre cittą del paese.

PROTESTE IN ITALIA - La protesta arriva anche in Italia. Scritte di protesta sono state tracciate a Torino sulla facciata del palazzo che ospita il consolato greco, in corso Galileo Ferraris, in riferimento disordini scoppiati in Grecia. «Assassini» e «Andreas vive nelle lotte» sono i messaggi che si leggono. Dell'iniziativa parla un comunicato della Fai (la federazione anarchica italiana), dove si ricorda, tra l' altro, che «Alexandros Andreas Grigoropoulos era un anarchico di 15 anni». Una dozzina di attivisti del centro sociale Tpo ha manifestato in tarda mattinata davanti al consolato onorario della Grecia a Bologna, nella centrale via Indipendenza, per protestare contro governo e polizia del paese ellenico. I manifestanti hanno apposto striscioni in greco e in italiano sul cancello e sulla targa del Consolato, con le scritte «Veritą e giustizia per Andreas» e «Polizia omicida», e rovesciato vernice rossa sotto il portico. Con la stessa vernice hanno lasciato impronte delle loro mani sui muri e sulle colonne dell'edificio.

NESSUN ITALIANO COINVOLTO - Intanto l'ambasciata d'Italia ad Atene assicura che nessun cittadino italiano č rimasto coinvolto nei disordini in Grecia nč alcun interesse italiano č stato colpito. L'ambasciata segue con la massima attenzione quanto sta avvenendo e comunica di aver chiesto alle autoritą competenti di porre in atto tutte le misure atte ad assicurare un'adeguata protezione degli interessi italiani nel Paese. L'ambasciata ha attivato due numeri telefonici (0030/6932204060 e 0030/2103616864) per fornire informazioni sulla situazione. Č stato infine avviato un coordinamento con tutte le istituzioni italiane per valutare la situazione e individuare eventuali misure per rafforzare la sicurezza.

 

Razzi dal Libano, Israele bombarda Cessate il fuoco, risoluzione dell'Onu . Dopo un mese di combattimenti, l'esercito di Israele si ritira da Gaza. Come nel luglio del 2006 nel sud del Libano,l'operazione PIOMBO FUSO ideata dagli strateghi israeliti ha portato all'uccisione di 900 civili, alla distruzione di parte della cittą, con i vertici di Hamas, che volevano colpire ad ingrassare in Egitto. Non si capisce bene QUI PRODEST .....

 

 

 

 



Il governo iracheno ha approvato il patto sulla sicurezza con Washington che permetterą alle forze Usa di rimanere nel Paese per altri 3 anni. Lo ha riferito ieri l'emittente araba Al Jazeera.
Il patto approvato dal governo guidato dal premier Nuri al-Maliki č conosciuto come lo 'Status of Forces Agreement' e stabilisce una base legale alla presenza dei soldati americani in Iraq dalla fine di quest'anno in poi, quando scadrą il mandato dell'Onu. Secondo l'accordo di 31 articoli, le truppe Usa verranno ritirate dalle cittą irachene entro giugno 2009 e lasceranno il Paese entro la fine del 2011. Dopo l'ok ottenuto dal governo, l'accordo passerą all'esame del Parlamento per la necessaria approvazione.
Netttamente contrario č Moqtada al Sadr: l'esponente sciita filoiraniano ha ripetutamente convocato i suoi sostenitori a protestare contro il patto, chiedendo a gran voce agli Usa di "andarsene dal nostro amato Paese".

E nel giorno dell'accordo sul ritiro delle truppe Usa dall'Iraq, la guerriglia risponde con una nuova strage. Un kamikaze alla guida di un'autobomba si č fatto esplodere nella provincia di Diyala e ha ucciso 15 persone. I feriti, secondo fonti della sicurezza, sono una ventina. L'attentatore ha scelto come obiettivo un posto di blocco della polizia: tra i morti ci sono infatti 7 poliziotti.

Iraq: 4000 soldati Usa uccisi, centinaia di migliaia i civili morti

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Sono quattromila, secondo l’Associated Press, i soldati americani morti in Iraq dall’inizio della guerra, cinque anni fa dopo l’attentato che domenica sera ha ucciso quattro militari statunitensi di pattuglia a Baghdad. Il Pentagono non conferma la cifra, seguendo una politica di basso profilo per quanto riguarda le vittime del conflitto. I morti dichiarati ufficialmente al 24 marzo sono, secondo il sito icasualties,  3992 ai quali tuttavia debbono aggiungersi 175 militari britannici, 133 di altre nazioni e oltre mille civili “contractors” di varie nazionalitą. I morti italiani sono stati 33, il numero pił alto dopo Stati Uniti e Gran Bretagna.

 

L’attacco, con un cosiddetto IED (Improvised Explosive Device) in pratica una bomba rudimentale, č avvenuto verso le 22 (le 20 in Italia) a chiudere una giornata sanguinosa che aveva gią fatto almeno 51 vittime in varie parti del Paese.

Quelli americani in Iraq sono morti invisibili o quasi, visto che le operazioni di rimpatrio delle salme avvengono quasi sempre con grandissima discrezione. Fino a pochi mesi or sono era addirittura proibito fotografare le salme avvolte nella bandiera a stelle e strisce all’interno degli aerei da trasporto militare. Ora si puņ (i media l’hanno spuntata grazie al primo emendamento della costituzione Usa, quello sulla libertą di espressione) ma le foto rimangono molto rare alla base militare di Dover, nel Delaware, dove le salme continuano a giungere sul suolo americano dall’Iraq.

Č vero che articoli sui militari morti in Iraq continuano a riempire la stampa americana. Ma si tratta soprattutto delle pagine locali dei grandi quotidiani e di quelle dei media regionali: ne parlano quando la vittima viveva (o era nata) nella cittą alla quale le pagine si riferiscono.

Decisamente molto pił numerose di quelle militari americane sono le vittime civili irachene: spesso invisibili anch’esse, sono soprattutto morti dimenticati, visto che nessuno ne ha tenuto il macabro catalogo, e le stime oscillano tra 82mila (secondo le stime del sito
iraqbodycount) e oltre un milione di vittime. La rivista medica britannica The Lancet ha pubblicato qualche tempo fa uno studio dal quale risulta che i morti civili associati alla guerra sono stati almeno 100mila tra il 2003 e il 2004. Un numero che oggi potrebbe essere moltiplicato per tre o quattro se gli assunti dell’articolo restano validi.

In base alle ultime cifre pubblicate i militari Usa morti quest’anno in Iraq sono 96, molti meno rispetto agli anni precedenti, visto che su base annua, se la progressione rimane quella attuale, si sarą al di sotto delle 400 vittime. L’anno pił letale č stato il 2007, con 901 morti tra i militari americani. Non era andata molto meglio nel 2004, nel 2005 e nel 2006. Le vittime Usa erano state rispettivamente 849, 846 e 822.

Ma ai morti si debbono aggiungere i feriti: ufficialmente sono circa 30 mila, ma fonti non ufficiali arrivano a stimarne anche centomila. Ma almeno un terzo dei feriti resta mutilato o invalido. Pesantissima, tra i reduci, l’incidenza delle turbe mentali che sfociano spesso in violenza, contro se stessi o conto gli altri. Ufficialmente i suicidi nei cinque anno di guerra sono stati 151, ma si calcola che siano ben oltre il migliaio quelli tra i reduci rientrati in patria.
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Il Giappone entra in recessione tecnica
I titoli bancari trascinano gił l'Europa,17 novembre 2008
 

Seduta altalenante per le piazze del Vecchio Continente,
a Milano gił i bancari. Tokyo recupera e chiude a +0,71%

 

MILANO - Il Giappone č ufficialmente in recessione e le Borse ne risentono negativamente trascinate gił dai titoli bancari. Milano apre piatta per poi arrivare fino a -3%, le altre Borse europee hanno aperto in ribasso, per poi girare in positivo e tornare con il segno meno in tarda mattinata (-2-3%). Forti vendite su tutti i titoli bancari: Dexia -11%, Hbos e Lloyds -10,6%, Santander e Bnp Paribas (-6%).

TONFI UNICREDIT E PARMALAT - Anche a Piazza Affari le banche che frenano il tentato recupero. Unicredit in pochi minuti č scesa da -5% a -9,5%. Calano inoltre Mps (-5,4%), Banco Popolare (-6%), Intesa Sanpaolo (-4%). Tonfi in avvio per Parmalat (-5%) e Safilo (-14%).

WALL STREET - Apertura in calo anche a Wall Street, dove l'indice Dow Jones ha iniziato con -1,64% e il Nasdaq con -1,45%.

 

Tokyo (Afp)
Tokyo (Afp)

TOKYO IN RECESSIONE - In Giappone il Pil di luglio-settembre ha segnato, per il secondo trimestre consecutivo, una contrazione dello 0,4% su base annua. Il Giappone, seconda economia mondiale, č quindi ufficialmente entrato in recessione per la prima volta dal 2001. La Borsa di Tokyo ha chiuso gli scambi in rialzo a +0,71%, dopo una seduta altamente volatile che ha visto l'indice toccare il -3%. In Asia andamento delle Borse negativo, ma a fine seduta i listini riprendono quota, seppur frenati.

 

GREGGIO A 55 DOLLARI - Petrolio in calo sul mercato elettronico after hours di New York. Il greggio con consegna a dicembre, spinto al ribasso dalla recessione giapponese, č sceso fino a 55,60 dollari al barile (-2,5%).

EURO - Avvio di seduta in calo per l'euro nei confronti del dollaro, ma dopo risale sino a 1,27 per assestarsi a 1,2650.

 

Il fallimento Lehman
ha fatto impennare l'Euribor

di MARCO DELZIO e MARTINA ROCCI - MARTINGALE RISK ITALIA

Il fallimento Lehman ha fatto impennare l'Euribor


Lo spread di liquiditą, individuato dalla differenza tra il tasso interbancario Euribor a 3 mesi e il tasso ufficiale BCE, si č di molto ampliato a partire dall'agosto 2007 con l'inizio del credit crunch.

Giovedģ 6 lo spread (con l'Euribor al 4,66%) era pari ad 80 punti base, ma solo qualche settimana fa ha raggiunto 167 punti base (il 7 ottobre), a seguito del panico sui mercati generato dal fallimento della Lehman Brothers. Negli USA lo spread tra Libor e tasso Fed č a 151 punti base, ma il 7 ottobre aveva raggiunto il massimo storico di 331 punti base.

E' interessante notare la diversa interpretazione che viene data a tale indicatore, come evidenziato nell'articolo di Francesco Giavazzi del 30 giugno scorso sulla rivista online
lavoce. In Europa questo spread viene interpretato generalmente come il premio per il rischio di credito che le banche richiedono per prestare denaro sul mercato interbancario. Il fallimento di Lehman ha diffuso tra gli operatori incertezza sulla soliditą e sulla solvibilitą delle banche, portando lo spread ai massimi livelli storici.

Negli USA, invece, il rischio di fallimento di una banca č decisamente diminuito dopo i recenti interventi di salvataggio predisposti dai governi. Lo spread viene dunque spiegato da una carenza generalizzata di capitale delle banche, quindi č il fattore liquiditą che prevale rispetto al fattore credito.

Un'ulteriore spiegazione riguarda l'asset liability management. Per evitare di incorrere in un rischio di liquiditą che nasce da un'incoerenza temporale tra le scadenze degli attivi, di medio/lungo periodo, e quelle delle passivitą, di breve periodo, le banche preferiscono di questi tempi indebitarsi a tre mesi invece che sul mercato overnight. Questo provoca un aumento della domanda di fondi legati al tasso interbancario a 3 o 6 mesi a scapito dell'overnight.
 

Borse, in calo l'Europa
tonfo per Wall Street,- 5,65% (6 novembre 2008)

di ANDREA GRECO

Borse, in calo l'Europa tonfo per Wall Street


MILANO - L'Obama day non č un giorno di rialzo per i mercati azionari. Ma la vigilia, lunga una settimana, era stata di forti recuperi, attorno al 20% per gli indici compresi quelli di Piazza Affari. Pertanto, nella classica logica da buy on rumors, sell on news, il tifo che pure nelle principali Borse non era mancato per il candidato dei democratici ora presidente degli Stati Uniti, si č concretizzato in un tenue movimento di realizzi, e in un effimero recupero del dollaro contro la moneta unica. Dopo la chiusura dell'euro a 1,298 dollari, e i primi scambi fin sotto 1,280, il biglietto verde si č infatti indebolito per l'uscita di un dato economico pessimo negli Usa: l'indice Ism dei servizi a ottobre č crollato a 44,4, preannunciando un forte calo del Pil americano nel quarto trimestre. Per questo l'euro ha chiuso a 1,304 dollari.

E anche il petrolio, partito in calo in Asia per i timori sulla minore domanda globale, ha proseguito la discesa in Europa e negli Usa, dove la qualitą Wti ha perso 5,3 dollari fermandosi a 65,2 dollari al barile dopo la diffusione delle scorte di greggio negli Stati Uniti, superiori al previsto per il rallentamento della congiuntura.

L'avvio dell'azionario era stato brillante in Asia, dove Tokio, Hong Kong e Shangai hanno chiuso con rialzi di circa il 5%, sul movimento lungo di ripresa durato fino a ieri e che ha seguito un mese terribile per l'azionario. Parigi, Londra e Francoforte, dal canto loro, hanno aperto in ribasso di circa il 2%, e su questi livelli hanno viaggiato fino alla chiusura.
 

 

LEGA ED AN NON FANNO PASSARE IN CDM LA SALVA IMPRENDITORI 2. ALLUCINANTI LE AFFERMAZIONI DEL COSģ DETTO MINISTRO DI GIUSTIZIA DOPO LA BOCCIATURA. RATIFICATO POI IL TRATTATO CON LA LIBIA CHE PREVEDE IL VERSAMENTO DI 5 MILIARDI DI DOLLARI COME RISARCIMENTI DI NON SI SA BENE CHE COSA (ANCORA LA SECONDA GUERRA MONDIALE????)

ROMA - .

 


 

 

Le Borse affondano, Piazza Affari -7,5%
Napolitano: «Niente allarmismi»
,10 OTTOBRE 2008

Wall Street crolla e trascina nel baratro Asia ed Europa: Nikkei -9,6%. A Francoforte -9%. Milano sprofonda
con Unicredit e Telecom

 

 

Tutti si preoccupano di cosa puņ succedere. Le banche non si fidano pił delle banche. Tra di loro non si prestano pił soldi. Il veleno introdotto nel sistema finanziario mondiale dai titoli tossici made in USA sta producendo i suoi effetti.
Nessuno al mondo sa dire quanta sia la quantitą di veleno americano e dove si trovi. La
SEC, la FED, il Governo di Bush, il ministro del Tesoro Paulson dov’erano in questi anni? Mentre la loro nazione baluardo di libertą esportava cannoni e CDO e subprime, titoli su debiti inesigibili. Lo sapevano questi bastardi che erano inesigibili.
Una merda introdotta nei fondi e nei derivati che produrrą decine di milioni di disoccupati, di senza tetto, di risparmiatori disperati. Il debito pubblico americano č il pił alto del pianeta, gli Stati Uniti consumano un terzo delle risorse della Terra, ma sono solo 300 milioni su 6,7 miliardi. Per rimanere in piedi devono controllare l’economia mondiale con la finanza e con le armi. Gli Stati Uniti spendono 560 miliardi di dollari OGNI ANNO per gli armamenti, per le centinaia di basi militari sparse per il mondo, dal Giappone, a Cuba, a Vicenza. La seconda nazione per spese militari č la Gran Bretagna con 59 miliardi di dollari, quasi un decimo, e la Russia di Putin segue con 35.

spese_militari_2006.jpg
Fonte: Plan B 3.0, Lester Brown

Il mondo paga la tenuta del dollaro, i 560 miliardi di dollari in armamenti. Gli Stati Uniti, di fronte a questo disastro finanziario, dovrebbero fare come la Germania nazista sconfitta e costretta a pagare i debiti di guerra e corrispondere i debiti di PACE alle nazioni che ha messo in ginocchio.
Tra Saddam e Bush chi ha fatto pił danni? Pił morti? Il primo č stato impiccato dal secondo che, nel frattempo ha impiccato anche l’economia mondiale. Da chi č stato eletto Bush? Dalla finanza americana, dalla National Rifle Association, l’organizzazione che promuove l’industria delle armi, dai petrolieri. Nel 1989 č caduto il muro di Berlino, nell’ottobre 2008 č caduto il muro di Wall Street insieme al delirio di una globalizzazione governata da chi ci guadagnava sopra. L’URSS non esiste pił. Gli Stati Uniti, per adesso, ci sono ancora e ci spiegano l’economia, la finanza, la libertą. Ci occupano per proteggerci, fanno fallire le nostre banche, le nostre borse. Yankees Go Home, con le vostre armi, le vostre atomiche, la vostra finanza creativa.
Non credo che le banche falliranno, ma non č questo il vero pericolo. Tra pochi mesi il crollo della finanza si trasferirą nell’economia reale, nella produzione. In primavera nessuno penserą pił al titolo delle azioni o al conto corrente, ma al posto di lavoro, ad arrivare alla fine del mese.

Post precedenti:
-
Golden Shit, 5 agosto 2007
-
2008 -1929, 13 marzo 2008
-
Fannie e Feddie, 16 luglio 2008

"Calendarista delle pari opportunitą
quali favori ha fatto al premier?"

"Calendarista delle pari opportunitą quali favori ha fatto al premier?"

Il ministro Mara Carfagna


 

 

 

Alitalia, ecco perché la soluzione richiede una nuova legge Marzano Gaetano Miccichč (Intesa Sanpaolo) assicura: stiamo lavorando alacremente. Aristide Police (Alitalia) tranquillizza: procediamo in continuitą aziendale. Ma tutto il dibattito sulle possibili modifiche alle leggi per l’amministrazione straordinaria, per ora basato su indiscrezioni, indica che una «discontinuitą», in qualche modo, ci sarą. Non č un caso che, sul tema, il ministro Matteoli (Trasporti) abbia frenato il collega Scajola (Sviluppo economico): il primo, An, č sensibile agli aspetti occupazionali di Alitalia, tradizionalmente targata An. Sa che gli esuberi ci saranno, e saranno tanti. Ma in questo momento il governo sente la necessitą di lavorare sottotraccia, per non allarmare i sindacati. Vediamo quali potrebbero essere le modifiche alle leggi Marzano o Prodi, facendo in via preliminare una breve sintesi di quali normative oggi sono a disposizione delle grandi aziende in crisi.
Leggi Prodi. La prima risale al 1979. Funzionava cosģ: il commissario poteva chiedere prestiti alle banche, con garanzia del Tesoro, per finanziare la ristrutturazione, e aveva tempo cinque anni per risanare e vendere. Il commissario faceva sostanzialmente il liquidatore, vendendo l’attivo (stabilimenti, marchi, magazzini, crediti), e con gli introiti doveva pagare i debiti, secondo l’ordine della legge fallimentare. Dato che il commissario non riusciva a rimborsare i prestiti avuti, le banche escutevano la garanzia del Tesoro e lo Stato ci rimetteva. Cosģ l’Ue mise in mora l’Italia per aiuti di Stato: nei cinque anni di commissariamento si configurava una distorsione della concorrenza sul mercato.
Nel 1999, dunque, su spinta dell’Ue nacque la Prodi bis, tuttora in vigore: priva della garanzia del Tesoro e con un incarico al commissario ridotto a un paio d’anni. Questi deve sostanzialmente rinunciare al risanamento ed affrettarsi a rimettere gli asset sul mercato. Il commissario č nominato dal ministero dell’Industria, perņ dopo un passaggio al tribunale fallimentare, al quale spetta la decisione: amministrazione straordinaria o fallimento. (Una digressione: il curatore fallimentare differisce dal commissario perché vende asset ormai «spenti», mentre il commissario li «sceglie», ritagliando la parte buona dell’azienda, e li vende «vivi», funzionanti, con una quota fisiologica di lavoratori. Nel fallimento, i lavoratori sono gią a casa).
Il commissario puņ anche essere, in un certo senso, scavalcato da una terzo: il cosiddetto «assuntore» che, acquistando le azioni della societą in dissesto dai suoi proprietari, puņ finanziare un concordato fallimentare, che puņ essere pił conveniente per i creditori e l’azienda.
Legge Marzano. Nacque in occasione della crisi Parmalat, ed č un’ulteriore variante dell’amministrazione straordinaria. Si basa su un presupposto: l’azienda č sana e va preservata integra; i suoi problemi derivano da vicende finanziarie e patrimoniali, non industriali. Il concordato non č un evento esterno, ma il vero obiettivo del commissario, che vi si attiva allo scopo di tener integra l’azienda; e i debiti vengono congelati fino, appunto, al concordato con i creditori. Rispetto alla Prodi, ha un altro elemento di novitą: la nomina del commissario spetta direttamente al ministro, senza il passaggio dal tribunale, e quini le decisioni restano in capo al governo, e cioč al potere politico. Elemento da sottolineare bene.

Il governo salva Geronzi
Tanzi e Cragnotti

di LIANA MILELLA

Il governo salva Geronzi Tanzi e Cragnotti

Una recente immagine di Sergio Cragnotti


ROMA - Un'altra? Sģ, un'altra. E per chi stavolta? Ma per Cesare Geronzi, il presidente di Mediobanca negli impicci giudiziari per via dei crac Parmalat e Cirio. La fabbrica permanente delle leggi ad personam, col marchio di fedeltą del governo Berlusconi, ne produce un'altra, infilata nelle pieghe della legge di conversione del decreto Alitalia. Non se ne accorge nessuno, dell'opposizione s'intende, quando il 2 ottobre passa al Senato. Eppure, come gią si scrivono i magistrati nelle maling list, si tratta d'una "bomba atomica" destinata a far saltare per aria a ripetizione non solo i vecchi processi per bancarotta fraudolenta, ma a bloccare quelli futuri.

Con un semplice, e in vero anche mal scritto, articolo 7bis che modifica la legge Marzano sui salvataggi delle grandi imprese e quella sul diritto fallimentare del 1942. L'emendamento dice che per essere perseguiti penalmente per una mala gestione aziendale č necessario che l'impresa si trovi in stato di fallimento.


 

Crisi mutui: il governo olandese ricapitalizza la pił grande banca del Paese

Dieci miliardi di euro per salvare Ing
 

Il ministro delle Finanze: «Una grossa somma in impresa sana». Terremoto anche alla Caisse d'Epargne

 

(Afp)
(Afp)

AMSTERDAM - Il governo olandese ricapitalizzerą Ing, la pił grande banca del paese, nota anche da noi per il «Conto arancio»: 10 miliardi di euro sono stati iniettati nel gruppo, ottenendo in cambio azioni privilegiate senza diritto di voto.

 

IL MINISTRO DELLE FINANZE - «Č una grossa somma che iniettiamo in una impresa sana ed č per questo che guardiamo al futuro con fiducia», ha detto il ministro delle Finanze olandese, Wouter Bos, spiegando la ricapitalizzazione della Ing insieme al governatore della banca centrale, Nout Wellink, e all'ad della banca, Michel Tilmant. Venerdģ Ing aveva stimato in 500 milioni la perdita causata dalla crisi nel terzo trimestre e quello di domenica č il secondo intervento di nazionalizzazione parziale di una banca da parte del governo olandese dopo l'acquisto per 16,8 miliardi del ramo olandese di Fortis. In base all'accordo annunciato oggi dal governo, Ing quest'anno non darą dividendo e avvierą un aumento di capitale da 5 miliardi per rafforzare la sua patrimonializzazione, in modo da portare il suo «tier 1» intorno all'8%.

GIU' I BONUS - I dirigenti della Ing quest'anno rinunceranno ai loro bonus. Le azioni privilegiate acquistate dal governo utilizzando 10 dei 20 miliardi di euro del fondo preparato per il salvataggio delle banche avranno un rendimento dell'8,5% annuo. Con 85 milioni di clienti e 130 mila dipendenti, la Ing č un colosso banca-assicurazione ed č uno dei primi venti al mondo per capitalizzazione di Borsa. Nel 2007 ha avuto un ricavi per 76,6 miliardi e utili netti di 9,24 miliardi, con una capitalizzazione di 32 miliardi e attivi per 630 miliardi.

TERREMOTO ALLA CAISSE D’EPARGNE - Nel frattempo, dimissioni in blocco ai vertici di un'altro gruppo in difficoltą: i tre principali dirigenti della la banca francese Caisse d’Epargne, il presidente Charles Milhaud, il direttore generale, Nicolas Mérindol, e il responsabile finanze e rischi, Julien Carmona, hanno presentato le loro dimissioni dopo la perdita in Borsa di circa 600 milioni di euro. Lo ha riferito una fonte interna alla banca. In mattinata Milhaud aveva dichiarato di sentirsi "responsabile" per la perdita subita dal suo gruppo. «Sģ, mi sento responsabile. Credetemi, questo incidente č grave e mi colpisce profondamente», ha confidato in un’intervista al Journal du Dimanche.


LA TRUFFA DEL PIL AMERICANO E LA SUA LUNGA MANO

 

Ai lavoratori e in generale alle classi medie occidentali conviene bere fino in fondo l’amaro calice di un rallentamento netto delle proprie economie. Solo questo potrebbe fermare la corsa del petrolio
 

 

L’alternativa che stiamo vivendo ora č pił penalizzante e “regressiva” nel senso che si abbatte sui meno ricchi, attraverso l’inflazione (“la tassa pił ingiusta” la chiamava Keynes). Il reddito reale si sta riducendo, distruggendo potere d’acquisto e capacitą di risparmio, succede da noi, ma anche nei paesi emergenti, persino per gli esportatori di petrolio, come riporta l’Economist di questa settimana.

federal reserve usaAIUTI DALLA FEDERAL RESERVE - Ma andiamo con ordine: tutti gli economisti sono d’accordo che dal punto di vista “reale” (produzione di merci, import-export, investimenti) gli Usa sarebbero in recessione da almeno sei mesi, ovvero avrebbero dovuto registrare una crescita negativa del Pil. Non č avvenuto grazie alla politica iperespansiva della Federal Reserve che ha abbassato il costo del denaro al fine di evitare il crollo del proprio sistema bancario esposto ai mutui subprime. La concessione di mutui a persone che difficilmente avrebbero potuto rimborsarli č stata a sua volta innescata da un altro periodo di denaro facile concesso per fronteggiare la crisi della New Economy. Insomma Greenspan come Bernanke hanno permesso al sistema finanziario di non pagare fino in fondo i propri errori e di spostare la “bolla” (una quantitą di derivati che ingrossa i bilanci degli istituti di credito ma non ha basi sull’economia reali) dall’Hi Tech, agli immobili e ora alle materie prime. Funziona: nel senso che quel maledetto segno meno sul Pil gli Usa potrebbero evitarlo per tutto il 2008(1). A quale prezzo? O meglio a quali prezzi?

INFLAZIONE E FLESSIBILITĄ - Č come nel film di Robert Zemeckis, “La morte ti fa bella” dove due attrici, per evitare di invecchiare, si sottopongono a dei trattamenti sempre pił estremi fino a perdere del tutto l’umanitą. Purtroppo il conto dello “stregone” lo paghiamo anche noi: l’inevitabile crollo del dollaro, causato dall’effetto combinato di tassi troppo bassi e rallentamenti economici, ha innescato la corsa del petrolio, dando alla quantitą di denaro in fuga dalle borse e dell’immobiliare una chiara indicazione di dove si possono fare guadagni sicuri. Dall’oro nero si č poi passati alle altre materie prime, rame, acciaio, e infine i cereali. Risultato i tassi d’inflazione di tutto il mondo si sono messi a correre. Fino agli anni ‘90 quando ad un periodo di crescita economica seguiva un aumento dell’inflazione si parlava di “surriscaldamento”. Le banche centrali rispondevano alzando il costo del denaro accettando un rallentamento economico, dopo era il tasso di disoccupazione a diventare prioritario, superata la soglia “socialmente accettabile” dei senza lavoro si tornava ad allentare le briglie della moneta.
new economyUn meccanismo che appare vecchio da vent’anni, cioč da quando i guru della New economy teorizzarono che il ciclo espansione/recessione poteva essere battuto evitando il surriscaldamento. Alla fine del millennio era la tecnologia a garantire l’aumento continuo della produttivitą, ora č la flessibilitą della globalizzazione a permettere di tenere bassi i costi e quindi i prezzi. Entrambi fenomeni, per quanto positivi, stanno fallendo le promesse “millenaristiche”. Il sasso nell’ingranaggio sono le materie prime: se lavoro e capitale oramai hanno raggiunto una flessibilitą globale, il terzo fattore della produzione dell’analisi classica, le materie prime appunto, si sta rivelando molto pił rigidi sia per motivi reali (scarsitą e limiti tecnologici) e politici (si pensi alla geopolitica).

RIPERCUSSIONI NEL MONDO - Cosģ l’inflazione č tornata dimostrando che non c’č nessuno che si possa ritenere al sicuro. Fortissime le difficoltą di chi č povero e non ha materie prime, come l’Africa e in misura minore l’America Latina (persino il Venezuela, felice della corsa del petrolio paga con il 29% di inflazione annua). Ma anche la Cina che tiene al sua moneta forzatamente svalutata, sta pagando secondo uno studio della Banca mondiale (vedi Working paper n. 4620 e 4621)a paritą di potere d’acquisto l’economia asiatica č pił piccola del 40% rispetto alla crescita nominale. Una discrepanza cosģ grande mette in dubbio sia che il tasso d’inflazione ufficiale sia veritiero, sia che il tenore di vita dei cinesi stia continuando a crescere. Naturalmente pił che un problema di qualitą statistica, rientrano in gioco i dubbi di sempre sulla libertą e la bontą di uno sviluppo economico diretto da una dittatura. recessione usaNon vincono nemmeno i paesi arabi, che stanno ora pagando in termini d’inflazione importata la corsa del loro petrolio. Sia chiaro, per gli sceicchi i margini rimangono enormi, ma per le economie locali, almeno un terzo degli extraguadagni se ne vanno per comprare prodotti europei, giapponesi e americani. Non sempre il barile potrą tenere il passo di un’inflazione pari al 15-20% annuo che si registra nell’area del golfo persico.

MALE NECESSARIO - Il rischio č quello dunque di una spirale: l’inflazione nei paesi emergenti aumenta l’instabilitą mondiale e il prezzo delle materie prime. Nei paesi ricchi invece colpisce chi spende la maggior pare del proprio reddito per energia e alimentari (+21% e +16% la corsa in Europa dei prezzi in questi settori), vale a dire le classi medio basse. Le imprese e i ricchi hanno naturalmente pił armi per rispondere (armi che contribuiscono ad alzare i prezzi), ma l’effetto macroeconimico complessivo č la distruzione della capacitą di risparmio e, visti i tassi d’interesse reale negativi, erosione del patrimonio. Insomma un impoverimento strisciante, ma costante. L’alternativa sarebbe appunto una recessione vera a cominciare dagli Usa. Banche e imprese in crisi, fallimenti e fusioni dei pił esposti e gli inevitabili tagli al personale. Un calo del pil usa avrebbe effetti sulla Cina e l’Europa con recessioni altrettanto dure e probabile aumento dei disoccupati. Rimane un prezzo preferibile con diversi possibili risvolti positivi. La Cina sarebbe costretta a puntare pił sul suo mercato interno visto che l’avanzata delle proprie merci supera le capacitą di assorbimento dell’Occidente. E soprattutto solo la recessione vera e certificata potrebbe fermare la corsa del petrolio.

(1) Funziona talmente bene che negli Usa č in corso un dibattito tra il dipartimento del commercio, depositario delle statistiche economiche ufficiali, e diversi think thank economici per cambiare la definizione classica di recessione (due trimestri consecutivi di pil negativo) per evitare il paradosso che il rallentamento del 2008 non appaia nelle serie storiche come un anno di recessione.

 

 
 
 
 

Fannie e Freddie, nel silenzio informativo pił totale nella repubblica delle banane italiota. Allucinante, in questa omertą, la posizione schifosa del CorSer ormai un giornale di veline governative. Corre l'inflazione, in Europa al 4% pił del doppio rispetto al 2007Il dato Eurostat per giugno nell'area dell'euro. A maggio era al 3,7%. Un anno fa era all'1,9%. Mutui, a giugno nuovo record dei tassi
Le Borse perdono ancora

Indy_Mac.jpg
Code di risparmiatori alla Indy Mac
Clicca l'immagine

Fannie e Freddie sono due istituti di credito degli Stati Uniti. Vendono mutui immobiliari. Sono come Ginger e Rogers, ma non ballano su un set cinematografico. Danzano sul baratro del fallimento. Le loro azioni sono crollate nel mese di luglio.
In caso di bancarotta Fannie e Freddie lascerebbero un buco di 5000 miliardi di dollari, la metą del debito pubblico americano. Dovrebbe intervenire lo Stato nazionalizzandole con un automatico aumento del costo del denaro e delle tasse. In Italia č come se fallisse contemporaneamente la maggior parte delle imprese quotate in Borsa. Fannie deve rimborsare 216 miliardi di dollari entro un anno, Freddie un po’ di pił, circa 291 miliardi. I soldi non ci sono. Per due motivi. Le rate dei mutui non vengono pił pagate e nessuno sottoscrive nuovi mutui. In sostanza il mercato immobiliare non c’č pił.
La gente non ha pił soldi e il costo del denaro č salito. Inoltre, il valore delle case č crollato e le banche sono piene di case ipotecate. Nella pancia dei bilanci delle banche ci sono ancora immobili valutati al valore precedente alla crisi dei “
subprime”. Le banche non vogliono svalutare, alcune non se lo possono permettere, il loro valore azionario crollerebbe. Fannie e Freddie rappresentano uno tsunami finanziario che in un modo o nell’altro arriverą da noi. I prezzi degli immobili in Italia sono drogati da un cartello di societą immobiliari. Il centro delle cittą non ha pił scopi abitativi, ma di lucro. Il prezzo degli appartamenti non ha alcun legame con la realtą. Le societą immobiliari stanno da tempo, in uno strano silenzio dei media, perdendo il loro valore in Borsa. Da gennaio 2008 le prime nove societą del settore hanno perso 2,4 miliardi di euro, circa la metą della loro capitalizzazione. Pirelli Real Estate, un po’ di pił della media: il 57,82%. Il crollo del mercato immobiliare in parte c’č gią stato. Chi aveva un euro di azione a Natale, si ritrova con 50 centesimi prima delle vacanze.
Il valore delle case č mantenuto alto in modo artificiale. Le grandi cittą sono invase da cartelli di vendita e di affitto e intanto si costruiscono sempre nuovi alloggi in periferia.
La cosa strabiliante č che la crisi vera non č ancora arrivata. Negli Stati Uniti le banche a rischio fallimento sono circa 90. Una, Indy Mac, ha chiuso venerdģ. Il terzo fallimento negli Stati Uniti per importanza del dopoguerra. Le file della gente che ritirava i risparmi sono la fotografia della situazione.
Qualche consiglio: non comprate immobili, non fate debiti, non accendete nuovi mutui, se potete estinguete i mutui che avete, non comprate titoli di societą immobiliari, non comprate fondi con titoli di societą immobiliari. Fannie e Freddie stanno arrivando.

 

 
 
 
 

 

 
 

 

SOLO UN ANNO FA, MENTRE OGGI SI ASFALTANO CRISI ED EX SINISTRA, ECCO QUELLO CHE SUCCEDEVA NEL MONDO DI TESTA D'ASFALTO:

«Ho letto soltanto oggi una frase che mi č stata attribuita ieri da il Giornale a pagina 4 e che non ho mai pronunciato. Una frase volgare che contraddice non solo il mio modo di essere ma anche tutta la mia storia personale». Lo afferma Silvio Berlusconi, in una dichiarazione. Il quotidiano (foto sopra) aveva attribuito al leader azzurro la seguente frase: «Dalle fogne li ho fatti uscire, nelle fogne li faccio tornare»

 

QUANDO MUORE UNA NAZIONE

Nelle ultime elezioni c’era uno strano odore nell’aria. Il risultato elettorale che dava vincente

l’Unione con cinque punti di vantaggio a mezzogiorno svaniva di minuto in minuto.

 Sempre a favore della Casa circondariale delle libertą. Se il conteggio proseguiva un’altra

mezz’ora Prodi sarebbe un ciclista in pensione. Cose strane sono successe quella notte.

Pisanu convocato d’urgenza dallo psiconano. Prodi che proclama la vittoria dell’Unione il pił

in fretta possibile. Deaglio ha prodotto un video: 'Uccidete la democrazia' su cui ho ricevuto molte lettere.

 Ne pubblico due. Una di Aldo di Albenga e una di Stefano Benni.

"Caro Beppe,
ho visto ieri la trasmissione di Lucia Annunziata su Rai3 nella quale Enrico Deaglio avanzava

 un'ipotesi inquietante sullo svolgimento delle ultime elezioni politiche. Per farla breve, le schede

 bianche che normalmente si sono sempre attestate su percentuali variabili nelle

 diverse province tra il 4% e l'11% si sarebbero miracolosamente ridotte su tutto il territorio

 nazionale a percentuali comprese tra l'1% e il 2%. Questo milioncino di non-voti si sarebbe

 trasformato, per merito di qualche responsabile del Viminale e di un software da cinquemilalire,

 in altrettanti voti per un partito a caso della Cdl. Ad oggi non si č ancora provveduto al ri-conteggio

 di queste schede. A domanda della Annunziata sul motivo per cui il centro-sx non abbia denunciato

 il fatto, Deaglio (ingenuo??) risponde: avranno detto "abbiamo vinto lo stesso". Ma se ogni minuto

 devono ricorrere alla fiducia per colpa di una maggioranza quasi invisibile al senato! 1.200.000

voti in meno alla Cdl avrebbero significato ben altra distribuzione dei seggi! Devo FORSE pensare

 ad accordi sottobanco da fare impallidire le trame dei servizi e la P2, e che il 99% di ciņ che

ci viene quotidianamente riportato sia solo il solito teatrino delle apparenze? Mi sono detto (ingenuo!!)

 "domani scoppierą un casino sui giornali e FORSE anche nel Paese". Stamattina il Corriere della Sera

 riportava un trafiletto in cronaca nel quale la notizia non era il milione di voti trasformato, ma

 la protesta dei vari interessati e dei vertici Rai per l'eccessivo tempo concesso a Deaglio.

La stampa non riportava neppure la notizia. Ci stanno rubando la democrazia dalla base, dal

voto, e nessuno fa niente per impedirlo. Né chi ci governa, né chi dovrebbe vigilare, né chi ci

dovrebbe informare, né chi dovrebbe indagare, né noi italiani, perché tanto siamo i campioni del mondo”.
Aldo - Albenga

 

Il Fai: "Usati per la guerra in Iraq
i fondi dell'8 per mille per la cultura"

La rivelazione della presidente del Fondo per l'ambiente in Italia, Giulia Maria Crespi:

 "Me l'ha detto Enrico Letta". I soldi in questione dovevano essere utilizzati per arte

e scopi sociali: "Sono finiti in attivitą belliche

 

Tutti sanno che Forza Italia č (era?) un partito di plastica. Lo psiconano lo ha confermato domenica. Un partito non si scioglie per volontą di una sola persona. Si tiene di solito un congresso degli eletti, si discute del programma, del nuovo nome. Poi si decide a maggioranza. Cosģ avviene nelle democrazie. Nessuno dei suoi sottopancia, reggicoda, portaborse ha fiatato. E si capisce, senza di lui dove vanno? Sono semplici cortigiani.Il suo partito, comunque lo voglia chiamare, č suo di lui, proprietą privata, una organizzazione telecratica con obiettivi di controllo e di lucro.
I partiti hanno ucciso quel poco che era rimasto della democrazia eliminando il voto di preferenza. La prima azione dell’Unione doveva essere la restituzione di un diritto fondamentale ai cittadini: quello di scegliersi il candidato. Non č successo. Ora si discute di proporzionale alla tedesca, di maggioritario alla svizzera e di doppio turno alla francese. Ma di cosa stanno farneticando? Nel 2005 avete adottato la messa in c..o all’italiana con la nuova legge elettorale, di questo dovete parlare.
Nessuno che faccia una premessa, che dica che se si copiano i meccanismi elettorali di una democrazia bisogna adottarne prima le basi, i fondamentali.
Ed č un punto cardine in Germania, in Spagna, in Francia, in ogni Paese degno di questo nome, che non si puņ avere una presenza dominante nell’informazione e, allo stesso tempo, fare politica. Per gli altri partiti č come combattere contro il campione dei pesi massimi con un braccio legato dietro alla schiena.
Il fenomeno Berlusconi non č compatibile con la democrazia. I suoi giornali, le sue televisioni non sono compatibili con la sua presenza in politica. Di questo devono discutere subito Veltroni, Prodi, Fini, Bertinotti e tutti gli altri: di una informazione democratica, non di sigle e percentuali. Ma non lo faranno perchč, anche loro, ne hanno dei benefici.
La democrazia č diventata marketing. Lo Stato č fuori dal controllo dei cittadini. Riprendiamoci l’informazione.

POI SI SCATENO' IL GRANDE INTELLETTUALOIDE "COMUNISTA" COI VESTITI PIGNATELLI E COL MONOPOLIO IMMOBILIARE DI MEZZA NOVARA:
 

Bertinotti: «Il governo Prodi ha fallito»

«Non si č stabilito un rapporto con la societą e i movimenti: si č invece creato un forte disagio a sinistra»

 

Fausto Bertinotti (Ansa)

ROMA - Fausto Bertinotti prende atto che «questo centrosinistra ha fallito: la grande ambizione con la quale avevamo costruito l'Unione non si č realizzata». Il presidente della Camera, in un'intervista a Repubblica, dice di non voler fare previsioni sulla durata del governo («Non ci deve essere nervosismo da parte di Prodi»), ma spiega che «in questi ultimi due mesi tutto č cambiato, una stagione si č chiusa».

 

DISAGIO A SINISTRA - Bertinotti afferma che a suo parere non si č creato «un governo nuovo, riformatore, capace di rappresentare una drastica alternativa a Berlusconi, e di stabilire un rapporto profondo con la societą e con i movimenti, a partire dai grandi temi della disuguaglianza, del lavoro, dei diritti delle persone: e questo ha creato un forte disagio a sinistra». Per il presidente di Montecitorio «il governo che sopravvive, fa anche cose difendibili, ma lentamente ha alimentato le tensioni e accresciuto le distanze dal popolo e dalle forze della sinistra».

SFIDA - La sfida che oggi ha di fronte la sinistra radicale secondo Bertinotti č l'autonomia di un progetto «che nacque nel 1956 con i fatti di Ungheria, con la rottura nel Pci, con lo scontro Nenni-Togliatti. Se questa č l'ambizione, allora tutto va ripensato. Essere o meno alleati del Pd, stare o meno dentro questo governo: tutto va riposizionato in chiave strategica. Riconosco al Pd il diritto a trovarsi gli alleati che vuole, ma voglio garantire a noi il diritto di tornare all'opposizione».

DATA - «Ho persino orrore a pronunciare il termine "verifica". Ma č chiaro che a gennaio serve un confronto vero, che prende atto del fallimento del progetto iniziale ma che, magari in uno spettro meno largo di obiettivi, rifissa l'agenda su alcune emergenze oggettive. E viene incontro alle domande della societą italiana, con scelte che devono avere una chiara leggibilitą di sinistra».

E DI LI A POCO....

Governo battuto, Prodi si č dimesso
«Sģ al bis solo se ho carta bianca»

 

 

 

 
 

 


 

 

 VARIETA' E COSTUME

Ma ora tocca a lei, a Victoria Beckham: eccola alla ribalta da sola... Afp
 
 
 
 
 
 
 
L'Inter passa a Marassi, ma č polemica

L'Inter rinasce a Marassi
Ibra-Balotelli, Genoa ko

Nerazzurri subito in gol con lo svedese, che al 2 produce uno dei suoi colpi di genio. Il raddoppio arriva nella ripresa. I rossoblł non avevano mai perso in casa. Materazzi e Burdisso infortunati: Manchester a rischio
di GIACOMO LOI

L'Inter rinasce a Marassi Ibra-Balotelli, Genoa ko

I

GENOVA - Con due reti per tempo, di Ibrahimovic e Balotelli, l'Inter espugna Marassi e allunga almeno temporaneamente sulla Juve. I nerazzurri, oggi in campo con la maglia del Centenario, raccolgono il massimo risultato senza strafare costringendo il Genoa al primo ko interno della stagione. Con la vittoria di oggi Mourinho recupera un po' di tranquillitą dopo una settimana segnata dalle polemiche con i colleghi e dalla pesante sconfitta in Coppa Italia, sempre a Marassi, con la Samp. Lo Special One puņ cosģ preparare al meglio la supersfida di Manchester, per il ritorno degli ottavi di Champions. Unica grana per il tecnico portoghese gli infortuni in difesa di Materazzi e Burdisso, a rischio per mercoledģ. La squadra di Gasperini oggi ha ben poco da rimproverarsi. I rossoblł non riescono ad approfittare del mezzo passo falso della Roma in casa con l'Udinese ma alla vigilia una sconfitta con la capolista era certamente stata messa nel conto. Le ambizioni Champions rimangono comunque immutate.
Ibra a freddo - Rispetto alle previsioni della vigilia, Mourinho schiera una squadra con molte novitą. Non ci sono Cordoba, Muntari e Adriano. Al loro posto giocano Burdisso, Balotelli e Figo con il portoghese dietro la coppia d'attacco Ibra-Balotelli. Nel Genoa Gasperini butta dentro dall'inizio Jankovic al con Mesto in panchina. L'avvio di partita non č per deboli di cuore. Al fischio di Morganti, il Genoa si porta subito in avanti e va vicino al vantaggio con Thiago Motta. Il brasiliano manda fuori dopo una bella iniziativa. Passa un minuto ed č l'Inter a fare festa. Sul lancio di Stankovic, Ibra controlla il pallone di testa, si porta in area e beffa Rubinho in uscita con un preciso pallonetto.

Julio Cesar protegge - Una volta in vantaggio, l'Inter puņ giocare con tranquillitą. Il Genoa prova a reagire ma senza creare pericoli. A creare apprensione non č il Grifone ma l'infortunio di Materazzi, problemi al flessore della gamba sinistra, che costringe il difensore azzurro a lasciare il campo per Cordoba. I rossoblł non riescono a farsi vivi in attacco fino al 21'. E quando lo fanno trovano uno strepitoso Julio Cesar ad abbassare la saracinesca. Sul cross di Biava, Thiago Motta colpisce di testa a colpo sicuro da distanza ravvicinata ma il portiere dell'Inter si supera e devia. Dieci minuti dopo l'Inter perde un altro pezzo in difesa. Si fa male anche Burdisso (gamba destra) che viene sostituito da Muntari con Cambiasso che arretra. Il Genoa acquista fiducia ma č ancora Julio Cesar nei minuti finali a respingere un tocco sottomisura di Biava.
Balotelli chiude - Nella ripresa non cambia il motivo conduttore. Il Genoa continua a tenere il possesso palla e si avvicina con pił insistenza all'area nerazzurra. Ma al 17' l'Inter trova il raddoppio e chiude il match con un'azione da rivedere. Ibrahimovic spizza per Balotelli che entra in area, si libera degli avversari, supera anche Rubinho e mette dentro in diagonale. Sulla linea di porta c'č Marco Rossi che potrebbe spazzare ma pasticcia: la palla č appena dentro. Morganti convalida e la sua decisione appare giusta. Rossi potrebbe farsi perdonare al 21' ma manda malamente alto. Poi l'occasione per l'1-2 č tra i piedi di Biava dieci minuti ma la sua conclusione fa la barba al palo. La carica rossoblł si esaurisce e l'Inter puņ controllare prima di uscire dal Ferraris con tre punti d'oro.

Genoa-Inter 0-2 (0-1).
Genoa (3-4-3): Rubinho 5, Biava 6, Ferrari 6, Bocchetti 6 (27' st Mesto 5,5), Rossi 6, Thiago Motta 6, Juric 6.5, Criscito 6.5, Sculli 5.5 (21' st Olivera 5), Milito 5.5, Jankovic 5.5
(10' st Palladino 6). (73 Scarpi, 15 Sokratis, 23 Modesto, 77 Milanetto). All.: Gasperini 6.
Inter (4-4-2): Julio Cesar 7, Maicon 7, Burdisso 6 (31' pt Muntari 6), Materazzi 6 (16' pt Cordoba 6), Santon 6.5, Zanetti 7, Cambiasso 7, Stankovic 6.5, Figo 6.5 (27' st Mancini 5.5),
Ibrahimovic 6, Balotelli 5 (1 Toldo, 11 Jimenez, 18 Crespo, 10 Adriano). All.: Mourinho 6,5.
Arbitro: Morganti di Ascoli 5.5.
Reti: nel pt 2' Ibrahimovic; nel st 16' Balotelli.
Angoli: 6-2 per il Genoa
Recupero: 4' e 3'.
Ammoniti: Motta, Biava, Ferrari, Mancini, Ibrahimovic per gioco scorretto; Balotelli e Milito per comportamento antiregolamentare.

 

MILANO, 7 marzo - Si sapeva che per gli arbitri non sarebbe stata una giornata facile, dopo tutte le polemiche seguite a Inter-Roma. Nessuno, perņ, poteva immaginare che sarebbe stata ancora una volta semidisastrosa. A Roma Tagliavento ignora un netto fallo di mano di Mexes in area, negando un sacrosanto rigore all’Udinese. A Marassi Morganti “regala” un gol all’Inter, giudicando oltre la linea un tiro di Balotelli che in realtą non entra del tutto in porta. I nerazzurri, gią avanti 1-0 grazie a una rete di Ibrahimovic dopo appena due minuti, vanno cosģ sul 2-0 spegnendo le velleitą di rimonta del Genoa. Il non-gol di Balotelli, comunque, non č l’unica pecca nella direzione di Morganti, che in due occasioni risparmia il secondo giallo proprio al giovane attaccante di origine africana, autore di falli da ammonizione su Criscito e Juric.

Lasciando da parte gli errori arbitrali, sulla partita non c’č moltissimo da dire. A parte i due gol - splendido quello di Ibrahimovic, che parte sul filo del fuorigioco e, dopo un controllo di testa, supera Rubinho con un pallonetto - poche le occasioni da segnalare. Clamorosa, comunque, quella capitata sulla testa di Thiago Motta, che costringe Julio Cesar a un intervento da campione assoluto. In chiave Champions, si fa difficile la situazione in difesa per Mourinho. L’Inter ha infatti perso sia Materazzi sia Burdisso. Difficile pensare che possano essere a disposizione per il ritorno degli ottavi di Champions League di mercoledģ a Manchester. considerando che anche Samuel č a rischio, le opzioni per lo Special One rimangono davvero poche.


GENOA-INTER 0-2: CRONACA E TABELLINO

 
Antonio Cassano, in rete dopo 9 minuti contro l'Inter. Ansa Antonio Cassano, in rete dopo 9 minuti contro

Cassano-Pazzini da urlo!
Sampdoria-Inter 6-0 . MENTRE L'ALLENATORE si industria a lenguasciare come un coglione,la sua squadra prende UNA MERDATA IN FACCIA STORICA CHE CI FA RITORNARE AI TEMPI DI TARDELLI. La squadra che vorrebbe eliminare il Manchester va racimolando primi tempi da diarrea nera, ed il suo allenatore non solo indugia in puttanate, ma continua imperterrito a schierare giocatori  spaventosi come Rivas,Burdisso,Vieira,Maxwell,Mancini; degli zombi allucinanti

Semifinale di andata di Coppa Italia. Nerazzurri travolti nel primo tempo di Marassi: apre Cassano al 9' con un pallonetto dopo un errore di Rivas, poi si scatena l'ex attaccante della Fiorentina con una doppietta (30' e 42')

 
MILANO, 1 marzo 2009 - Pazzesco 3-3 a San Siro. L’Inter recupera una situazione apparentemente compromessa contro la Roma, avanti di due gol all’intervallo grazie a De Rossi e Riise. Doppietta di Balotelli nella ripresa (contestato il 2-3 su rigore). Gli ultimi centri sono di Brighi e Crespo prima del finale.
GLI ASSENTI - In un certo senso il testa a testa comincia gią dal riscaldamento: Totti prova qualche movimento ma alla fine si arrende alle bizze del suo ginocchio destro; Ibrahimovic non va in campo per un piccolo problema muscolare, restando fuori dai 18 per la seconda volta in questa stagione. Cosģ č Balotelli a ritrovare un posto da titolare a pił di due mesi dall’ultima volta (Siena-Inter 1-2).
TILT INTER - A Spalletti mancano sette giocatori con Pizarro in condizioni problematiche per una caviglia in disordine. C’č Panucci di nuovo in campo dopo oltre un mese ma il tecnico toscano č quasi obbligato a cambiare modulo, piazzando Brighi dietro Baptista, con Vucinic e Taddei pił larghi in un 4-2-3-1 di difficile interpretazione per i nerazzurri. Il risultato infatti č devastante: in 46 minuti Julio Cesar incassa due gol, come solo a Bergamo era accaduto, e si salva in altre tre occasioni. Il tilt interista č totale e all’intervallo il punteggio č di 2-0 per la Roma, grazie al magnifico colpo di testa di De Rossi (su servizio da destra di Motta), e all’inserimento di Riise sulla sinistra, con palleggio sulla testa e tocco beffardo sotto le gambe di Julio Cesar.
LA MANATA DI PANUCCI - Il passivo, come gią accennato, č addirittura benevolo per Mourinho, che osserva impietrito i salvataggi disperati di Cambiasso su Baptista e di Burdisso su Vucinic, cui va aggiunto il rigore in movimento fallito da Brighi al 7’. Filtrando le scorie di un primo tempo da incubo restano solo il triangolo di Maxwell con Santon, chiuso dal brasiliano con un tentativo poco preciso, e il contatto tra Panucci e Adriano nell’area giallorossa, una "manata" meno lieve di quella con cui Ferdinand ha fermato l’Imperatore martedģ scorso.
BRIGHI TRIS - Nella "prima" da protagonista vissuta accanto a Santon, mai insieme dal primo minuto i due ex Primavera dell’Inter, Mario segna una doppietta che tiene in piedi la prima della classe. L’opera l’avvia Mourinho, che ribalta la squadra rischiando di brutto: fuori Maxwell e Burdisso, dentro Vieira e Figo con Cambiasso centrale difensivo e tre uomini dietro Adriano. La scossa č garantita, anche se ad incendiare la partita č un rigore molto controverso, quello del 2-3. Dopo il primo centro di Balotelli, scaturito da un affondo di Adriano all’alba del secondo tempo, la Roma mette il dito nella piaga di uno schieramento improvvisato. Baptista sfrutta l’errore di Cambiasso ed č bravo a girarsi dopo l’anticipo fallito dall’argentino in veste difensiva. Tocca materialmente a Brighi mettere dentro il 3-1 scrivendo una parola comunque non definitiva sulla partita.
MARIO SOFFIA SUL FUOCO - Passano sei minuti e Mario costruisce il quinto gol della sua tormentata stagione cadendo in area dopo un doppio dribbling. Il rigore č generoso, oltre che indigeribile per Pizarro e Mexes. Balotelli trasforma, fa il gesto del "tutti zitti" alla curva giallorossa riscaldando ulteriormente il tono della contesa, e per poco non inchioda pure il 3-3 con una girata poco fortunata.
IL VECCHIO HERNAN - Questione di minuti, anche se l’eroe della serata finirą per essere Hernan Crespo. L’inerzia della sfida "gira" definitivamente quando Vucinic brucia la carta del 2-4, deviando di testa senza crederci la traiettoria disegnata da Pizarro. Un errore pesantissimo, visto che "Valdanito", pochi secondi dopo essere entrato in campo, stacca come ai tempi d’oro trasformando un passaggio alto di Figo. Da non credere, soprattutto per Spalletti.

Appuntamento a Manchester

Coppa Uefa

"Raccapricciante" Milan, č fuori

I rossoneri sciupano il doppio vantaggio raggiunto a metą gara con una ripresa da dimenticare. Una doppietta di Pizarro annulla le reti di Pirlo e Pato

Pizarro rimonta il Milan
Amaro 2-2 e addio Coppa

I rossoneri chiudono il primo tempo avanti 2-0 grazie alle reti di Pirlo su rigore e Pato, ma i tedeschi, pericolosi per tutta la partita, sfruttano la doppietta del centravanti peruviano per qualificarsi agli ottavi di finale

Claudio Pizarro esulta: la sua doppietta significa ottavi di coppa Uefa per il Werder Brema. Afp
Claudio Pizarro esulta: la sua doppietta significa ottavi di coppa Uefa per il Werder Brema. Afp
MILANO, 26 febbraio 2009 - Non era la Champions League, ma Carlo Ancelotti ha provato a crederci: l'idea di portarsi a casa anche la Coppa Uefa cominciava a diventare un pensiero dominante. Ma anche in una competizione minore, occorrono mentalitą e muscoli, due qualitą che al Milan sono mancate nel ritorno contro il Werder Brema, bravo a crederci fino in fondo, dopo avere rimontato nella ripresa i gol di Pirlo e Pato. A Pizarro la palma del migliore: una doppietta che elimina i rossoneri gią ai sedicesimi. Da una parte l'impresa, dall'altra l'umiliazione.
TORNA PATO - Ancelotti al Werder oppone il meglio del momento; soprattutto il ritrovato Pato al fianco di Inzaghi, con Seedorf suggeritore. C'č anche Beckham al suo esordio europeo, e in difesa, a fare coppia con Maldini, tocca a Senderos. Il Werder vive sulle invenzioni di Diego, ma Thomas Schaaf confida anche sull'esperienza di Frings, leader del centrocampo.
TIRO LIBERO - Quando Pizarro conclude a lato dal limite sono passati 90 secondi circa; 3' e 33" quando ci prova Tziolis; 5'31" Diego, 8'38" ancora Pizarro (parata plastica di Dida). Come dire, minima resistenza, massimo affondo. Al Werder, che non č il Flamengo, sono sufficienti tre passaggi di prima per avere la meglio della difesa di casa. Segnali evidenti di un atteggiamento offensivo, a cui il Milan sembra dar poco credito, ma anche delle solite sbavature rese meno evidenti dalla mediocritą dell'avversario. In ogni caso servono 14' e 22" per assistere alla prima sortita del Milan. La firma Pato, il motivo ricorrente della serata. Il ragazzino si invola, dribbla che č una bellezza e ottiene un angolo. Suo il cross dalla bandierina per il colpo di testa di Senderos che si perde a lato. E' un timido squillo nella notte, ma comunque prove di cinismo che risaltano fra le occasioni sprecate dai tedeschi. La difesa del Milan mostra di avere il fiatone sul pressing di Diego e Pizarro ed č spesso l'esperienza a fare la differenza come al 19', quando Zambrotta si immola sul granitico Almeida e a seguire Naldo non riesce a concludere a rete per un'entrata energica di Ambosini che i tedeschi considerano molto fallosa.
INCANTO PATO - Ma nel Milan c'č Pato: impetuoso e imprevedibile. Al 24' il brasiliano impressiona per la sua percussione; inevitabile il fallo di Fritz al limite dell'area. Beckham si incarica della punizione e sulla traiettoria Frings ci mette le mani: č rigore. Lo batte e lo realizza Pirlo e il Werder ingoia il boccone. Che diventa amaro al 33', allorché Pato taglia in due la difesa tedesca e infila sotto la traversa dal limite un bolide imprendibile di rara bellezza. Il 2-0 fa a pugni con la realtą, perché la squadra di Shaaf continua a fallire occasioni incredibili sotto porta: tra il 37' e il 42', quando Dida respinge a piene mani un colpo di testa di Mertesacker e neutralizza i tentativi di Tziolis e Almeida, lasciati soli senza una spiegazione dalla superficiale difesa rossonera.
IL SOLITO GOL - La ripresa diventa subito tema di assedio per il Werder che tenta un'improbabile rimonta. Tempi duri per la retroguardia del Milan che perņ puņ contare anche sui muscoli de Flamini, subentrato al 9' all'acciaccato Seedorf. Al 17' Schaaf toglie Almeida per Ronseberg; Ancelotti, Inzaghi per Shevchenko. Ronseberg apre spazi e complica la vita al Milan che si inguaia al 23' con il famigerato gol subito da palla inattiva. Punizione di Diego e inzuccata di Pizarro che vola dieci spanne pił in alto di Favalli.
FINALE DA POLLI - Inizia cosģ l'inevitabile finale per cuori forti. Ancelotti, che non č nato ieri, rimpolpa la difesa con Jankulovski, che rileva Favalli. Ma il Werder, a differenza del primo tempo, sa di avere preso in mano la partita perché il Milan non c'č pił. E al 34' diventa facilissimo per Pizarro fare il bis di testa, gabbando Maldini e il goffo Dida. E' il 2-2 che qualifica il Werder Brema. Meritatamente.

Pareggio senza gol tra l'Inter a la squadra di Ferguson. Julio Cesar decisivo in almeno due interventi. La qualificazione si giocherą nella gara di ritorno l' 11 marzo in Inghilterra
di ANDREA SORRENTINO

Appuntamento a Manchester

MILANO - Guardando il bicchere mezzo pieno, allora si potrebbe dire che neanche stavolta sir Alex Ferguson č riuscito a battere Josč Mourinho: con questo fanno 13 incontri, con una sola vittoria per il maestro scozzese. Ma per l'Inter č l'unica consolazione di una serata tutto sommato negativa.
Lo 0-0 di San Siro contro il Manchester United rimanda alla sfida di Old Trafford (11 marzo) ogni responso sulla qualificazione ai quarti di Champions League, ma ha soprattutto evidenziato la superioritą tecnica e tattica dei campioni d'Europa, che escono da San Siro con parecchi rimpianti. Il primo tempo per i nerazzurri č stato terribile. Costantemente in soggezione di fronte al palleggio dei centrocampisti avversari, ispirati da un magnifico Carrick, e sempre con almeno otto uomini dietro la linea della palla, l'Inter č stata schiacciata nella propria trequarti, rischiando a tratti l'asfissia. L'unico demerito del Manchester č stato quello di non concretizzare le cinque limpide occasioni da gol che si č costruito, gią tre nei primi otto minuti con un Cristiano Ronaldo travolgente al tiro da fuori su punizione e con un colpo di testa al 5' su cui Julio Cesar ha compiuto un miracolo con un riflesso ghepardesco. Con il 35enne Giggs imprendibile nella trequarti, il Manchester ha dominato tutto il primo tempo, e proprio il gallese ha avuto sul sinistro il pallone dell'1-0 (25') ma ha trovato ancora un Julio Cesar decisivo, mentre tra il 28' e il 29' Cristiano Ronaldo si č di nuovo segnalato in tutta la sua grandezza: palo pieno su punizione da 30 metri e poco dopo colpo di testa a lato di un soffio su assist di Giggs.

Tornati negli spogliatoi storditi da tanto bel calcio, i nerazzurri hanno affrontato la ripresa con un atteggiamento pił aggressivo, approfittando anche della crescita di Cambiasso a centrocampo, mentre il diciottenne Santon riusciva a prendere le misure a Ronaldo. Ma a parte le buone intenzioni, l'Inter non ha costruito limpide azioni da gol, a parte quella del 2': cross radente di Cambiasso e sinistro alto di Adriano da buona posizione. Per il resto molti palloni buttati in area senza troppa luciditą, qualche mischia pericolosa e su una delle ultime, nel finale, Cambiasso č andato vicino al gol. Perņ la sconfitta sarebbe stata una punizione eccessiva per il Manchester, che ha dato l'impressione di essere superiore all'Inter in ogni zona del campo. Il ritorno, nel tempio di Old Trafford, si preannuncia un supplizio per i nerazzurri. Che ancora non sembrano aver trovato la loro dimensione europea, Mourinho o non Mourinho.

INTER- MANCHESTER U: 0-0
INTER (4-3-1-2): J. Cesar; Maicon, Rivas (st 1' Cordoba), Chivu, Santon; Zanetti, Cambiasso , Muntari(st 31' Balotelli); Stankovic, Ibrahimovic, Adriano (st 31' st Cruz).
In panchina. Toldo, Maxwell, Figo, Burdisso. Allenatore: Mourinho .
MANCHESTER UTD (4-4-2): Van der Sar ; O'Shea, Evans, Ferdinand, Evra; Fletcher , Carrick , Giggs, Park (st 39' Rooney ); C. Ronaldo, Berbatov.
In panchina: Foster, Nani, Fabio, Scholes, Gibson, Tevez. Allenatore: Ferguson.
ARBITRO: Medina Cantalejo (Spagna).
NOTE: serata fredda, terreno in discrete condizioni, spettatori 80.074 (tremila i tifosi inglesi), angoli 6-3 per il Manchester Utd.
AMMONITI:il panchinaro Toldo per proteste, Chivu, Maicon, Fletcher, Rooney, Cordoba. Recupero: 1'-3'.
 

Manchester Utd ai punti
all'Inter va bene lo 0-0

A San Siro finisce senza gol il primo round degli ottavi di finale. Partita ostica per i nerazzurri che soffrono a dismisura gli uomini di Ferguson pił volte vicini al gol. Padroni di casa migliori nella ripresa, ma č Julio Cesar a fare la differenza

Adriano e Rio Ferdinand lottano nell'area inglese. Ansa
Adriano e Rio Ferdinand lottano nell'area inglese. Ansa
MILANO, 24 febbraio 2009 - Il primo confronto č un pareggio senza reti. Intenso, pieno di episodi e sofferenze per l’Inter. Alle corde per un tempo contro il Manchester United, pił squadra e pił pericoloso dei nerazzurri. Ma in partita, e ad armi pari, nella ripresa. Davanti a David Beckham, in tribuna per assistere alla partita della sua ex squadra, i Red Devils strappano uno 0-0 prezioso in vista del ritorno.
FERGUSON AI PUNTI - C’č Rivas al centro, e non Cordoba. Il resto appartiene allo schema annunciato dallo stesso Mourinho alla vigilia. Ferguson invece sorprende e stringe all’angolo i nerazzurri con un paio di mosse: 4-2-3-1, prudente in fase difensiva, senza Rooney e Scholes. Le posizioni di Giggs e Park sono perņ cruciali. Quando la palla č dei Red Devils, il vecchio capitano si piazza nel cuore del rombo interista, schiacciando Cambiasso e costringendo Stankovic a ricucire; l’ala coreana invece resta costantemente nella metą campo avversaria, come punto di riferimento per Berbatov e soprattutto come ostacolo alle avanzate di Maicon.
JULIO INCASSA - Tatticamente č la chiave del primo tempo. Senza gli inserimenti dei suoi incursori migliori l’Inter deve improvvisare, pagando qualche errore di Muntari e la scarsa mobilitą di Adriano (Van der Sar resta insomma al coperto, si conta un solo anticipo sul brasiliano "illuminato" da un passaggio di Ibra). A tutto questo vanno aggiunti due interventi straordinari in meno di mezzora di Julio Cesar. Sempre Ronaldo il mittente: su punizione o di testa. Il ragazzo di Madeira č una minaccia costante. Vista dal vivo la sua accelerazione č un fenomeno difficile da contrastare, e quando Santon riesce nell’impresa il Meazza esulta come dopo un gol. E proprio dal punto di vista mentale, chiudere la prima frazione senza danni č una fortuna per Mourinho. Poteva andare peggio, mettendo nel conto il buco di Rivas su Giggs e il dinamismo di Berbatov...
FIAMMATE - Difatti arrivano finalmente i primi grattacapi per la difesa campione d’Europa, che si apre quando a Ibrahimovic riesce la giocata (velo per Adriano, sinistro alto) o a Zanetti il cross da destra (leggera trattenuta sull’Imperatore giudicata non da rigore dall’arbitro). In generale poi, c’č pił equilibrio visto che con Cordoba al posto di Rivas, Mourinho rimedia all’errore iniziale rendendo pił solida l’ultima linea.
RISCHIA TUTTO - Nel corpo a corpo l’Inter ha pił fame: Cambiasso macina palloni, Adriano difende la posizione con rabbia. E al Manchester sta bene adagiarsi sul contropiede. Letale. Ronaldo spara un tracciante laterale a metą ripresa su cui Santon č costretto a superarsi. A un quarto d’ora dalla fine tocca a Cordoba immolarsi su Giggs, devastante nel movimento da destra verso il centro. Anche per questo Mourinho molla gli ormeggi buttando sul tavolo le carte Cruz e Balotelli.
UNITED DI FERRO - L’occasione giusta, in teoria, arriva nell’ultimo tratto della sfida: Ibra guadagna un angolo sovrastando Evans; sul pallone calciato da sinistra si avventa Cambiasso, che si trova la palla sul petto a mezzo metro dalla linea; Van der Sar recupera con un bel po’ di fortuna. Non č serata.
ULTIMO ASSALTO - Nel finale č prevedibile l’inserimento di Rooney al posto di Park per aumentare la batteria dei centometristi in rosso. Che infatti costringono Julio Cesar a un’uscita disperata per fermare il centravanti della nazionale inglese. Sprecata con Stankovic l’ultima chance per colpire, l’Inter resiste all’ennesimo tentativo di Ronaldo su punizione, centrale ma violentissima. Se ne riparlerą all’Old Trafford tra due settimane, quando il contropiede sarą un’arma che passerą di mano. Da un avversario all’altro.

Balotelli pił Julio Cesar
L'Inter piega il Bologna

Mario segna il gol del 2-1 al 37' della ripresa, un minuto dopo il suo ingresso in campo, il portiere chiude su Di Vaio: Mourinho vola a quota 59. Gran secondo tempo dei rossoblł, trasformati dall'ingresso di Marazzina

Mario Balotelli, 18 anni, ha appena segnato il 2-1 al Bologna. Afp
Mario Balotelli, 18 anni, ha appena segnato il 2-1 al Bologna. Afp
BOLOGNA, 21 febbraio 2009 - L'Inter non ha fatto scherzi al suo allenatore. A tre giorni dall'incrocio con il Manchester United non concede regali al Bologna, battuto (2-1) con gol di Cambiasso e Balotelli nel secondo tempo (pari momentaneo firmato da Britos). Nel giorno del ricordo di Giacomo Bulgarelli, la prima della classe conserva quindi intatta la dote su Juve e Milan nonostante l'assenza di Samuel, messo fuori nel giorno della sua centesima partita nerazzurra da un problema muscolare al polpaccio sinistro che andrą valutato in ottica Champions.
PIU' IBRA CHE GOL - Davanti a Roberto Mancini, in tirbuna con Pagliuca e a distanza di "sicurezza" da Massimo Moratti, l'Inter offre subito venti minuti d'assalto, come probabilmente aveva previsto Mihajlovic. Ibra martella Antonioli da fuori e dispensa passaggi da genio a Muntari, prezioso nell'inserimento ma fuori contesto quando deve impostare nella posizione di Stankovic. Da apprezzare anche il modo di ripartire dei nerazzurri, che "aprono" verso gli esterni quasi sempre dopo il salto dell'uomo. Il problema comunque resta quello del gol, che non arriva anche per merito del Bologna, tosto e coraggioso.
IL GRANDE FREDDO - Si gioca al Dall'Ara, ma sembra gią di essere al Meazza con il sottofondo musicale cosģ popolare dalla Svezia alla Turchia. Il mondo dell'Inter gira attorno alla partita contro Ferguson, Ronaldo eccetera. Ovvio quindi, che quando Zenoni entra sul ginocchio di Ibrahimovic, gli occhi della panchina dell'Inter restino a lungo velati di terrore. Ingiustificato visto che lo svedese si riprende quasi subito.
ADRI, ANCORA TU - Va detto che prima dell'intervallo c'č anche un'occasione per il Bologna, neutralizzata dall'uscita tempestiva di Julio Cesar sul capocannoniere della serie A. Con Stankovic al posto di Muntari nel ruolo cruciale del modulo di Mourinho, non cambia granché. Il gol di Cambiasso nasce da un calcio piazzato, battuto da Maicon, sul quale Adriano si esibisce per la seconda volta in 6 giorni nel fortuito colpo "testa-braccio". Giudicato, come chiede Collina e conferma il giudice sportivo Tosel, non volontario.
PIU' PUNTE, PIU' GOL - Con una mezz'ora abbondante davanti, il Bologna aggiunge peso al suo attacco con Marazzina al posto di Valiani, mossa talmente azzeccata da lasciare qualche dubbio circa la sua puntualitą. Aumentando la quantitą di possessi, Mihajlovic ottiene incisivitą davanti a Julio Cesar, che sarą ancora una volta decisivo ai fini del risultato. Il grado d'allarme sale al massimo livello per Mourinho, che infatti si copre con Vieira, inserito al posto di Adriano. Ma l'inerzia della partita resta favorevole al Bologna, che trova l'1-1 con merito sfruttando un buco difensivo grazie a Britos, solo nello stacco in mezzo all'area. Perso il vantaggio, l'allenatore dell'Inter ripristina l'assetto con due attaccanti. E fa bene...
QUELLA GIOIA DA 18ENNE - Nella sua stagione piena di musi lunghi, lacrime e polemiche, Mario Balotelli inserisce anche un gol-lampo, il primo del campionato, che arriva un minuto dopo il suo ingresso in campo. Una punizione con traiettoria beffarda, che certifica l'errore di Antonioli cosģ come l'esultanza finalmente "smodata" del diciottenne difeso dal suo presidente e stimolato al limite dell'ostruzionismo dall'allenatore. Il finale perņ non č ancora scritto. Tra i ringraziamenti Mourinho č costretto ad aggiungere il nome di Julio Cesar, straordinario sul colpo di testa di Di Vaio, servito ancora una volta da Marazzina a tempo quasi scaduto. Un altro intervento che ha la valenza di un gol.
 


 

Il gol di mano di Adriano
 

ROMA, 15 febbraio - L'Inter non fallisce il 'match point' e fa suo il derby, volando a +9 sulla Juventus e a +11 sul Milan. Il campionato č ancora lungo e sono tante le insidie che Mourinho dovrą affrontare, ma la stracittadina di Milano ha ribadito l'indiscutibile ruolo di leader della corazzata nerazzurra, a questo punto unica padrone del proprio destino. I rossoneri non riescono a sfatare il tabł Kaką: quattro partite giocate senza il Pallone d'Oro 2007, quattro sconfitte per la squadra di Ancelotti.

ADRI-STANKOVIC, AL MILAN NON BASTA PATO - Č nel primo tempo che l'Inter fa sua la partita: prima Stankovic, al termine di un'azione arrembante, si trova da solo davanti ad Abbiati ma cincischia e si fa anticipare da un recupero prodigioso di Ambrosini; poi, poco prima della mezz'ora Adriano capitalizza al meglio un cross di Maicon battendo Abbiati al volo. Il gol del brasiliano perņ č viziato da un'evidente e decisiva deviazione col braccio dopo aver colpito di testa, che sfugge a Rosetti e ai suoi collaboratori. I nerazzurri si galvanizzano e raddoppiano a due minuti dal 45': splendida torre di Ibrahimovic per l'inserimento in area di Stankovic che di destro al volo fulmina Abbiati. Ancelotti nella ripresa fa uscire uno spento Beckham per Inzaghi e il Milan si riprende: grande idea di Ronaldinho, ispiratissimo, per Jankulowski che va sul fondo e crossa in area, Pato č pronto a piazzare la sua undicesima rete in campionato. La partita si infiamma, Adriano fallisce il 3-1 e Inzaghi segna il 2-2, annullato per offside dell'attaccante. Sempre Superpippo ha sul destro la palla del pareggio a pochi minuti dal termine ma si fa ipnotizzare da Julio Cesar che in uscita tocca con la punta del piede sinistro e salva risultato e vittoria.

ROMA KO A BERGAMO, GENOA PARI THRILLER - La Roma non esce indenne dall'insidiosa trasferta a Bergamo: l'Atalanta approfitta del black out giallorosso in avvio di ripresa e piazza un triplo colpo in meno di un quarto d'ora con Capelli e Doni, che ama fare sgambetti alle grandi: doppietta all'Inter nel 3-1 di un mese fa, doppietta oggi alla Roma. Unica consolazione per Spalletti il pareggio tra Genoa e Fiorentina, che permette di mantenere vicino il quarto posto: a Marassi i padroni di casa dominano in lungo e in largo per oltre 50 minuti, arrivando a condurre 3-0 nonostante fossero in 10 per l'espulsione di Biava nel primo tempo. Poi gli uomini di Gasperini hanno tirato i remi in barca mentre Mutu iniziava a salire in cattedra, firmando tutto da solo una clamorosa rimonta: prima un rigore e poi la doppietta, con l'ultima rete (siglata al 49' st a recupero scaduto) che faceva imbufalire tutta la panchina del Grifone.

LA JUVE NON SCATTA - Poco pił in alto non riesce ad accelerare neanche la Juventus, fermata sull'1-1 da una Sampdoria concreta e generosa e dalla sfortuna. Alla rete di Pazzini al 10' i bianconeri rispondono con due legni di Nedved nel primo tempo, con il gol di Amauri nella ripresa e con un'altra traversa di Del Piero. L'assedio che gli uomini di Ranieri hanno portato al fortino blucerchiato non č bastato a raggiungere la vittoria.

Č UN CAGLIARI DA UEFA - Ancora una vittoria per gli isolani di Allegri, che continuano a pensare alla salvezza ma che intanto si avvicinano alla zona della classifica che vale l'Europa: Lecce che regge un tempo ma poi si deve piegare a Fini e a Matri. Dietro resta tutto invariato: pareggiano Siena e Udinese e finisce 1-1 anche Catania-Chievo: Zenga infuriato con i suoi che si fanmno raggiungere ad un minuto dal termine.

Adriano e Stankovic regalano il derby all'Inter
MILANO, 15 febbraio - Pił nove sulla Juve, pił undici sul Milan. L’Inter si aggiudica il derby e va in fuga. Ma sulla vittoria dei nerazzurri non mancheranno, come al solito, le polemiche. Adriano apre le marcature al 29’ toccando prima con la testa e poi, in maniera decisiva, con la mano. Rosetti e il guardalinee Calcagno non se ne accorgono. Oppure giudicano il tocco del brasiliano involontario. Quindi, in un finale incandescente, l’arbitro torinese fa finta di niente per un fallo di Chivu su Inzaghi in piena area. Tra questi episodi, tantissimo spettacolo, soprattutto nella ripresa, con il Milan alla disperata ricerca della clamorosa rimonta dopo essere stato sotto di due gol a causa del raddoppio di Stankovic a fine ripresa. Ma gli uomini di Ancelotti, che al 60’ perde Beckham per un problema muscolare, trovano il gol del 2-1 al 72’ con Pato, servito da Jankulovski dopo una splendida invenzione di Ronaldinho. Nel finale, come detto, il fallo su Inzaghi (cui viene giustamente annullata anche una rete per fuorigioco) e una serie di occasioni da una parte e dall’altra. Ma finisce 2-1. E, come detto, i punti di vantaggio dell’Inter sulle pił vicine (si fa per dire) inseguitrici diventano un’infinitą.

SCONTRI - Prima della partita, da segnaalare un breve scontro fra i tifosi milanisti e interisti, pare determinato da alcuni striscioni. Alcune persone sono rimaste leggermente contuse. In base a quanto si č appreso, gli ultrą rossoneri hanno steso alcuni striscioni dal secondo anello blu - l'area loro riservata - che perņ hanno coperto la visuale ai sottostanti tifosi nerazzurri. Questi ultimi hanno cercato di strappare gli striscioni e allora un gruppetto di milanisti č sceso a litigare: ne č nata una scazzottata. A loro volta ultrą interisti - che si trovano dall'altra parte dello stadio - hanno tentato di intervenire ma gli addetti alla sicurezza e le forze dell'ordine li hanno indotti a desistere.
L'Inter vince il derby e se ne va

MILANO - Temperatura prevista per le 22:30, -11. Cosģ recitava un simpatico stendardo esposto ad inizio gara dai tifosi dell'Inter. Profetico: i nerazzurri battono il Milan 2-1, staccando i cugini di 11 punti ed allungando a 9 anche sulla Juve. Difficile a questo punto non considerare chiusi i giochi scudetto. Il tutto dopo un derby bellissimo, vibrante, destinato a generare polemiche tra gol sospetti (braccio di Adriano) e rigori reclamati.
SCIABOLA CONTRO FIORETTO - Alla lettura delle formazioni, appare evidente la scelta di Mourihno di creare una situazione del tipo ''sciabola contro fioretto'': basta vedere la coppia di panzer Ibrahimovic-Adriano. Ancelotti, oltre a Maldini (derby n° 56, l'ultimo della carriera), sceglie Kaladze per arginarli. Che la cosa sia vana emerge dopo pochi secondi, quando Ibrahimovic, lasciato solissimo, di testa mette alto. L'Inter comunque sa giocare anche palla a terra, tanto che su una azione di rimessa gestita da Cambiasso, Stankovic ha il tempo per prendere un caffč prima di segnare ma esagera, e Ambrosini sventa miracolosamente.

IL BRACCIO DI ADRIANO - Il Milan comunque, dal punto di vista del gioco, č anche pił piacevole. Ronaldinho su tutti: il grande palcoscenico ispira il brasiliano, che detta passaggi in profonditą e cambi di gioco a iosa. I pił interessanti per Pato, che perņ al cospetto di Julio Cesar non denota la necessaria rapacitą da predatore. Proprio nel momento migliore del Milan, arriva il micidiale uno-due interista. Maicon da destra calibra un traversone perfetto, che Adriano tocca di testa perfezionando la rete con il braccio. Buono, non buono? Su situazione analoga, la scorsa settimana a Seedorf fu annullata una rete con la Reggina. Chiamati ad esprimere una opinione, il tocco di braccio sembra troppo decisivo. A seguire, sempre su una giocata aerea che arriva il raddoppio: Ibrahimovic sovrasta Kaladze ed usa la testa come un guanto per mettere Stankovic nelle condizioni di battere comodamente a rete.

IL CONTROPIEDE DELL'INTER - La ripresa si apre con il Milan costretto a lasciare spazio al contropiede interista. Kaladze non č al meglio e lascia via libera in due circostanze ad Adriano e Ibrahimovic: soprattutto il primo si presenta solo davanti ad Abbiati, ma sbaglia clamorosamente. L'ingresso di Inzaghi per l'acciaccato Beckham punta a produrre una maggiore incisivitą dell'attacco rossonero, ma in realtą spacca la squadra: Abbiati evita il tris con bravura su botta di Ibrahimovic, poi Adriano lo manca con una splendida acrobazia.

L'ORGOGLIO DEL MILAN - Facendo il paio con il braccio galeotto di Adriano, il Milan ha di che lamentarsi con Rosetti: segnaliano la cadute in area sospette di Ambrosini e Inzaghi sugli interventi di Stankovic e Chivu. Tornando al calcio 'giocato', Ronaldinho sale in cattedra contribuendo a riaprire la partita a metą ripresa: grande assist in profonditą per Jankulovski, sul cui cross basso Pato non perdona. Svolta psicologicamente il match, anche perché Abbiati dice ancora no ad Adriano mentre Inzaghi trova la prodigiosa uscita di Julio Cesar. Un gran gol di Inzaghi viene annullato - giustamente - per fuorigioco ma, con Mourinho che imbottisce la squadra di difensori, l'attore finale della rappresentazione č Julio Cesar, attento su una botta di Pato, decisivo su un diagonale di Inzaghi.

INTER-MILAN 2-1
INTER (4-3-1-2): Julio Cesar ; Maicon , Samuel , Chivu , Santon ; Zanetti , Cambiasso , Muntari (43' st Maxwell ); Stankovic (39' st Burdisso ); Ibrahimovic , Adriano (35' st Vieira ).
In panchina: Toldo, Cordoba, Figo, Cruz.
Allenatore: Mourinho 6
MILAN (4-3-2-1): Abbiati ; Zambrotta , Maldini , Kaladze (32' st Senderos), Jankulovski; Beckham (12' st Inzaghi),
Pirlo, Ambrosini; Seedorf, Ronaldinho; Pato.
In panchina: Dida, Emerson, Favalli, Antonini, Flamini.
Allenatore: Ancelotti .
ARBITRO: Rosetti di Torino
RETI: 29' pt Adriano, 43' pt Stankovic, 26' st Pato NOTE: Serata fredda, terreno in buone condizioni. Spettatori: 76.178 per un incasso di 2.584.283,49 euro. Ammoniti: Ambrosini, Samuel, Cambiasso, Burdisso, Vieira, Julio Cesar. Angoli: 7-5 per il Milan. Recuperi: 1' pt e 4' st.

 

L’Inter prenota lo scudetto. Il campionato č ormai pratica quasi chiusa, c'č tempo per pensare con calma a eliminare i campioni d'Europa del Manchester United dalla Champions League. E' il verdetto di una domenica nella quale l'Inter conquista il derby, caccia il Milan a 11 punti e la Juve, fermata dalla Samp e dai pali, a 9.

DECISIVO - Ma sul 2-1 dei nerazzurri pesa in modo decisivo il gol dell'1-0 segnato da Adriano. Netto il tocco del braccio dopo un colpo di testa moscio e verso terra: la palla cambia poi direzione e va in porta. Una volta in vantaggio, l'Inter colpisce pił facilmente con palle lunghe la gią precaria difesa rossonera e raddoppia. Quella rete segnata dal brasiliano al 29’ cambia la partita. E subito il pensiero va a un altro attaccante, Gilardino, protagonista di un episodio simile, con rete giudicata valida ma poi squalificato con la prova tv. Il raddoppio arrivato al 43’ con Stankovic sancisce la superioritą nerazzurra del primo tempo. Nella ripresa il Milan reagisce trovando la via del gol al 71' con Pato, su spunto di Ronaldinho, senza perņ riuscire a completare la rimonta nonostante diverse occasioni da rete e qualche protesta (in particolare al 79’, in occasione di un atterramento di Inzaghi in area ad opera di Chivu). Per Paolo Maldini č stata l'ultima "stracittadina" prima dell’addio all’attivitą agonistica: una serata amara, ma allietata dall'abbraccio affettuoso sul campo con il capitano avversario Javier Zanetti, anche se l'omaggio pił bello č arrivato dalla curva interista con una dedica e uno striscione: «Da 20 anni nostro rivale, ma nella vita sempre leale». In classifica l’Inter sale a 56 punti, 9 in pił della Juventus, fermata sull’1-1 in casa dalla Samp, e 11 sul Milan. Brutta sconfitta per la Roma, che perde 3 a 0 a Bergamo contro l'Atalanta. La Fiorentina rimonta tre gol al Genoa grazie a una tripletta di Mutu.

ADRIANO«INVOLONTARIO» - «Č vero ho toccato con la mano ma era involontario, non volevo farlo - ha detto Adriano a fine partita -. Volevo fare gol con la testa, la mia mano č andata lģ normalmente. Secondo me č stato involontario e tutti hanno visto che č stato cosģ». E sulla dedica a Mourinho: «Avevo detto a suo figlio che segnavo per lui, sono felice. Mi ha dato ancora un'opportunitą di giocare e spero di continuare cosģ». Mourinho, che aveva fatto una gran corsa a Siena per andare ad abbracciare Maicon dopo una rete in palese fuorigioco, sul gol di Adriano non ha dubbi: «Per me era valido: č andato di testa, con gli occhi chiusi, a me sembra regolare». Poi frena sulla prospettiva dello scudetto sicuro: «Ci mancano 33 punti per lo scudetto, cioč 11 vittorie. Insomma, ci manca tanto. Non posso dire che abbiamo vinto lo scudetto, ma noi siamo padroni del nostro destino. Non possiamo pensare che la Juve vinca tutte le partite. Questa vittoria č importante anche sotto il profilo psicologico, perché cosģ abbiamo lasciato il Milan alle spalle della Juve. Queste sono partite speciali, la squadra ha dimostrato qualitą, capacitą, ha saputo soffrire contro un grandissimo avversario».

Mou: "Gol di Adriano ok"
Ancelotti: "C'era un rigore"

Il tecnico dell'Inter: "Aveva gli occhi chiusi, il mani č involontario. E' il gol pił bello della mia vita perché l'ha dedicato a mio figlio". La replica milanista: "Su Inzaghi il fallo era netto. Il gol di Adriano? Tocco di mano determinante". Siparietto Mourinho-Santon

L'abbraccio tra Mourinho e Adriano dopo il primo gol. Ansa
L'abbraccio tra Mourinho e Adriano dopo il primo gol. Ansa
MILANO, 15 febbraio 2009 - E’ finito da poco il derby. L’Inter ha battuto il Milan raggiungendo un margine a doppia cifra sui rossoneri. Sembra il momento perfetto per raccogliere i frutti "mediatici" di una serata trionfale, e invece... Quando arriva il momento della conferenza con i giornalisti ecco la sorpresa: con Mourinho arriva in sala stampa Davide Santon (ascolta l'audio), con tanto di introduzione e uscita di scena per dare tutta l’attenzione al giovane terzino. "Oggi Davģde (con l’accento sbagliato, ndr) č un giocatore vero. Ha fatto 6 partite, con un derby come questo. Merita di parlare con voi ma approfittatene: lo potrete rifare tra due mesi". Poi un saluto: "Ciao bambino".
SANTON: "VADO A DORMIRE" - "Era una partita difficile, i miei compagni mi hanno tranquillizzato prima dell’inizio. Ho giocato contro Beckham, Pato, Ronaldinho, gente veloce, bravi tecnicamente, non č stato semplice", esordisce il difensore, classe ’91, che ha tolto il posto a Maxwell adattandosi a un ruolo nuovo e che non aveva mai parlato prima con la stampa. "Una dedica? Alla mia famiglia e al mio fratellino Enrico. Come festeggerņ il successo? Vado a dormire... - aggiunge Santon -. Ma prima Ringrazio Mourinho, mi ha dato fiducia facendomi giocare contro la Roma in coppa Italia una partita difficile". Su Balotelli: "Prima o poi toccherą anche a lui, lo conosco molto bene, quando vuole sa ragionare anche lui, ha vissuto un momento difficile legato a motivi di mercato, ora sembra pił tranquillo, si allena come si deve e spero ritorni al pił presto perché č un grande talento".
LA DEDICA A MOU JR. - Prima il portoghese aveva analizzato l’episodio dell’1-0 (ascolta l'audio), contestato dal Milan, svelando un altro retroscena : "Il gol di Adriano č il pił bello della mia carriera. Nessuno aveva mai dedicato una rete a mio figlio, che ogni giorno va a scuola con la palla e la maglia numero 10", attacca l’allenatore portoghese, visibilmente soddisfatto da questa rivincita dopo il k.o. dell’andata. "Adri ha giocato bene, č stato bravo. Il gol? Colpisce di testa, forse ad occhi chiusi, e devia in modo involontario la palla. Era una decisione difficile, a differenze di quella che ha negato il secondo giallo ad Ambrosini" rilancia, come sempre, Mou.
ANCELOTTI E LO SCUDETTO - Cambiando prospettiva, c’č uno scudetto che si allontana e un futuro ancora meno certo per un allenatore, come Carlo Ancelotti, che negli anni č diventato icona del Milan (ascolta l'audio). "Con il solo colpo di testa la palla non sarebbe entrata, quindi la deviazione del braccio č determinante. Si tratta di un episodio abbastanza chiaro, facile da giudicare... E c’era anche un rigore netto su Inzaghi" si lamenta Carletto, che poi analizza: "Abbiamo sofferto troppo sulle palle lunghe, ci hanno messo in crisi con la fisicitą dei loro attaccanti. In ogni caso avremmo meritato il pareggio per il secondo tempo che abbiamo fatto. Scudetto andato? In questo momento non ci pensiamo, l’obiettivo č entrare nelle prime tre, la corsa sarą lunga fino alla fine. Undici punti comunque sono tanti. Il mio ultimo derby? No, l’ho gią detto". Si vedrą a giugno.
DA CAPITANO A CAPITANO - "Vincere voleva dire eliminare il Milan dalla corsa allo scudetto. Lo abbiamo fatto grazie a una grande partita, vinta meritatamente", ha detto Javier Zanetti. "Il Milan č partito meglio di noi, poi l’Inter ha giocato meglio. Maldini? Gli ho parlato, facendogli i miei complimenti per la sua grande carriera. E’ stato un esempio dal primo giorno in cui sono arrivato in Italia. Merita tutti i successi che ha avuto".

L'Inter passa a Lecce: 3-0 con Ibra, Figo e Stankovic

L'Inter passa a Lecce: 3-0 con Ibra, Figo e Stankovic
16
LECCE, 7 febbraio - Troppo forte l’Inter, troppo arrendevole il Lecce. Risultato: i nerazzurri allungano in classifica andando a vincere 3-0 al Via del Mare contro i giallorossi pugliesi nel primo anticipo della 23Ŗ giornata. Il Milan stasera a San Siro contro la Reggina, la Juventus domani a Catania sono chiamate a rispondere. Nulla da dire sulla vittoria degli uomini di Mourinho, che stupisce tutti mandando in campo una formazione coperta con Ibrahimovic unica punta e Stankovic e Figo a supporto. Lo svedese, perņ, fa reparto da solo e, dopo un’occasione sprecata da Stankovic, al 12’ infila la prima perla, con un bel tiro da fuori su assist di Cambiasso su cui Benussi non puņ nulla. Pochi minuti dopo, lo stesso Ibra viene ammonito da Tagliavento per simulazione in area: le immagini non chiariscono se lo svedese venga toccato da Stendardo o no. Il vantaggio dą tranquillitą all’Inter, anche perché dall’altra parte il Lecce, schierato con il tridente Papa Waigo-Castillo-Tiribocchi, non punge. Sotto tono soprattutto il senegalese, che non riesce mai a superare l’uomo. Unica occasione degna di nota per i pugliesi al 18', con Stendardo che va a colpo sicuro di testa ma sulla sua strada trova uno strepitoso Julio Cesar.

LA RIPRESA - Stesso copione nella ripresa, con la differenza che l’Inter diventa pił concreta. E al 71’ raddoppia con Figo, bravissimo a mettere dentro di testa su cross dalla sinistra del sempre pił convincente Santon. Sul gol del portoghese, perņ, c’č la forte complicitą della difesa leccese, che lo lascia completamente solo. In precedenza, Maicon si era mangiato la rete del 2-0 sparando incredibilmente alto a due passi dalla porta con Benussi gią rassegnato. Il 3-0 č opera di Stankovic, che su una punizione dalla destra dello stesso Maicon anticipa tutta la retroguardia giallorossa e la mette dove Benussi non puņ arrivare. Con il risultato acquisito, Mourinho decide di dare spazio anche a Balotelli, che prende il posto di Ibra. Il giovane talento di origine africana fa poco o nulla nei dieci minuti che il tecnico portoghese gli concede. Ma il suo ingresso in campo sembra il segno che la pace tra i due č ormai raggiunta.
 
 

 

Inter-Siena: il rigore clamorosamente sbagliato da Materazzi
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L'ANTEFATTO 

Mancini e Materazzi nel mirino

Il caso delle intercettazioni telefoniche 

 
Fonti della procura della Repubblica di Milano hanno smentito l'apertura di un'inchiesta sul presunto comportamento illecito dell'Inter nella fase finale dello scorso campionato.
 
A riportare la notizia dell'indagine era stato il quotidiano 'Il Giornale'. Tutto č nato da un’indagine del sostituto procuratore di Milano Stefano Civardi, che avrebbe ordinato un rapporto alla polizia giudiziaria su una fuga di notizie dello scorso maggio riguardante alcune intercettazioni tra Domenico Brescia, pregiudicato poi arrestato per traffico di droga, e alcuni interisti, il tecnico Roberto Mancini e i giocatori Marco Materazzi e Javier Zanetti. Da questa indagine sarebbe poi stato stilato un rapporto di polizia nel quale si ipotizzava che alcuni tesserati dell'Inter, Mancini e Materazzi in primis, avessero compiuto azioni tese a perdere terreno sulle inseguitrici e rilanciare le scommesse sullo Scudetto.
 
Il commento del presidente, Massimo Moratti č stato laconico: "Una buffonata", ha replicato ai giornalisti all'uscita dagli uffici della Saras che gli hanno domandato della notizia mentre la societą nerazzurra ha fatto sapere che tutelerą la propria immagine nelle sedi giudiziarie competenti.
 
Su quanto pubblicato dal 'Giornale', č intervenuto stamane anche l'amministratore delegato dell'Inter, Ernesto Paolillo, liquidando la vicenda con una battuta. "Sono stupidaggini - ha detto - ci rido sopra a queste ricostruzioni fantasiose. Sono ipotesi che non vale neppure la pena di commentare".
 
Effettivamente, anche a leggere il resoconto del quotidiano, le presunte prove a carico dei nerazzurri appaiono piuttosto deboli, concentrandosi soprattutto sulle scelte di formazione dell'allenatore Mancini e sul rigore fallito da Materazzi. Nel mirino ci sarebbero anche il fatto che Ibrahimovic č rientrato solo nell'ultimo spezzone dell'ultima partita e che Balotelli č rimasto fuori.

L'Inter passa in dieci, č...................
Cade la Juve a Udine, Milan beffato

La Roma batte il Palermo, Cassano show contro la Lazio
In coda colpo grosso del Bologna, pareggiano le altre

L'Inter passa in dieci, č fuga Cade la Juve a Udine, Milan beffato

Ibrahimovic in azione

L'Inter riprende la fuga:
la Juve ko, il Milan frena

La capolista vince a Catania con Mourinho in tribuna e vola. Quagliarella-Di Natale affondano i bianconeri.

L'Inter passa a Catania, la Roma supera in casa il Palermo, il Milan č frenato sul proprio terreno dal Genoa, mentre la sorpresa sta nella sconfitta della Juventus a Udine e questo permette ai nerazzurri di Mourinho di allungare ancora al vertice della classifica. Da segnalare il Bologna "corsaro" contro l'Atalanta e i successi casalinghi di Fiorentina, Cagliari e Sampdoria. Pari in casa per il Chievo e per il Torino.

I nerazzurri battono 1-0 la Samp e restano a +3 dalla Juve. Espulso Mourinho. Rossoneri 4-1contro il Bologna

E Ibrahimovic punge Kaką
«Il trasferimento al City? Chiedo a Dio»

Battuta dell'interista sulla trattativa che ha coinvolto il brasiliano e gli sceicchi

ROMA - Scherza coi fanti e lascia stare i Santi. Di certo non č un proverbio svedese. Sarą per questo che Ibrahimovic, adorato come una divinitą e osannato quasi fosse un idolo dagli interisti, ha fatto riferimento a Dio, in una battuta pungente diretta al rivale-collega Kaką. Anche da spettatore Ibrahimovic fa parlare di sč. Lo svedese, domenica al Meazza per assistere a Inter- Sampdoria, ha rilasciato le seguenti dichiarazioni ad un giornalista Sky: «Come mi comporterei se dovesse venire a cercarmi il Manchester City? Non lo so, dovrei chiamare Dio per saperlo».

 
(Ansa)

KAKA' - Parole che suonano come un riferimento al milanista Kaką, che ha raccontato di «aver parlato con Dio» dopo aver ricevuto l'offerta del club inglese di proprietą dello sceicco di Abu Dhabi. «Dio mi ha indicato la via. Resta al Milan», ha svelato dopo la trattativa il brasiliano, atleta di Cristo. «In questi giorni - ha proseguito Kaką al Times - ho pregato molto per capire cosa dovevo fare, e da Dio mi č venuta un'indicazione». Per la veritą, Ricardo Izecson dos Santos Leite, convertito alla fede per una caduta in piscina per la quale rischiņ di non giocare pił, da tempo manifesta la sua religiositą. Indossando sotto i colori sociali la maglia con la scritta «I Belong to Jesus» per esempio. Adesso arriva la parodia di Ibra da Rosengård, con la sua aria sorniona forgiata nel quartiere ghetto di Malmö. Ibra poi ha aggiunto serio: «Quando

 

 

 
 
La vittoria sulla Roma e la qualificazione in semifinale di Coppa Italia hanno riavvicinato Mourinho ai suoi e addolcito l'ira furente del tecnico.
 
Perchč, negli spogliatoi di Bergamo, dopo il crollo con l'Atalanta, sarebbero volate frasi pesantissime. Secondo quanto riportato da "Repubblica", Mourinho era cosģ inferocito e avvelenato con la squadra che avrebbe detto: "Il primo scudetto ve l'hanno dato in segreteria, il secondo lo avete vinto perché non c'era nessuno, il terzo all'ultimo minuto. Siete una squadra di merdosi !!".
 
E su sollecitazione di Crespo ("Mister, ci ridice quella cosa, per favore?") la questione sarebbe stata ripresa lunedģ alla Pinetina. Con esiti sconsolanti per l'umore generale e della stessa societą, a cominciare da Moratti.

in rete Adriano e Ibrahimovic. i blucerchiati passano eliminando l'Udinese ai rigori

Coppa Italia, Inter e Samp in semifinale

I nerazzurri fermano la Roma, vincitrice delle ultime due edizioni. Mourinho: «Una buona risposta a Bergamo»

 

Ibrahimovic in campo (Afp)
Ibrahimovic in campo (Afp)

UDINE - Appuntamento in semifinale di Coppa Italia per Sampdoria e Inter. I nerazzurri superano la delusione della sconfitta in campionato a casa dell'Atalanta battendo la Roma per 2-1. In rete le due punte, Adriano (al 10' del primo tempo) e Ibrahimovic (al 18' del secondo). Per la Roma ha segnato Taddei, al 16' del secondo tempo: il temporaneo pareggio č durato solo due minuti, quando lo svedese č andato in rete tra il boato dei tifosi del Meazza.

 

INTER - L'Inter ha sbloccato il risultato pochi minuti dopo il fischio d'inizio grazie a un gol di Adriano, andato a segno un minuto dopo un calcio di rigore reclamato dalla Roma per un intervento su Mirko Vucinic, ammonito dall'arbitro Daniele Orsato nella stessa azione per un gol realizzato con un tocco di mano dopo il presunto fallo contestato dai capitolini. La Roma, vincitrice delle ultime due edizioni del torneo battendo sempre l'Inter in finale, ha raggiunto il pareggio nella ripresa grazie a Rodrigo Taddei. Due minuti dopo il sogno č sfumato con il 2-1 dell’Inter, realizzato da Zlatan Ibrahimovic sugli sviluppi di un’azione viziata da un'apparente posizione di fuorigioco di Walter Samuel, non individuata dal secondo assistente di Orsato.


INTER-ROMA 2-1

INTER (4-3-1-2): Toldo; Maicon, Burdisso, Samuel, Santon; Zanetti, Cambiasso, Muntari (41'st Mancini sv); Stankovic; Ibrahimovic, Adriano (32'st Chivu).
In panchina: J.Cesar, Rivas, Figo, Quaresma, Balotelli.
Allenatore: Mourinho.

ROMA (4-3-1-2): Artur; Cicinho, Mexes, Juan,
Riise (25'st Menez); Taddei (34'st Aquilani), De Rossi, Perrotta; Brighi; Baptista; Vucinic (15'st Pizarro). In panchina: Bertagnoli, Loria, Cassetti, Greco. Allenatore: Spalletti.

ARBITRO: Orsato di Schio.
RETI: 10'pt Adriano, 16'st Taddei, 17'st Ibrahimovic.
NOTE: serata fredda, terreno in discrete condizioni, spettatori 26.520. Angoli 6-4 per la Roma. Ammoniti Juan, Vucinic, Samuel, Perrotta, Mexes. Recupero: 2'; 4'.

 


 

Adriano ride, Ibra incanta
Genoa, l'orgoglio non basta

Ottavi di Coppa Italia: l'Inter batte (3-1) dopo i supplementari la squadra di Gasperini, in dieci dopo 20' per una dubbia espulsione di Biava. L'Imperatore sbaglia un rigore ma poi firma l'1-0. A segno anche Rossi, Cambiasso e lo svedese con un incredibile tunnel a Scarpi. Nei quarti nerazzurri contro la Roma

 

L'Inter rallenta: 1-1 in casa
Il Cagliari riapre i giochi

Grande partita dei sardi al Meazza: in vantaggio con Acquafresca, vengono ripresi da Ibrahimovic e poi sprecano almeno tre occasioni per vincere. Nerazzurri prevedibili nel primo tempo e poco concreti davanti. Domani la Juve puņ portarsi a - 4

Zlatan Ibrahimovic realizza il gol dell'1-1 sfruttando l'assist di Crespo. Ansa
Zlatan Ibrahimovic realizza il gol dell'1-1 sfruttando l'assist di Crespo. Ansa
MILANO, 10 gennaio 2009

Doppietta di Maicon
L'Inter passa a Siena.Passa a Siena, ma il gol di Maicon č in fuorigioco. Per la terza volta consecutiva CAMPIONE D'INVERNO (2008-09 Inter;2007-08 Inter;2006-07 Inter;
2005-06-Calciopoli-;2004-05 Juventus;2003-04 Milan;2002-03 Juventus;2001-02 Roma;2000-01 Roma;1999-2000 Juventus;1998-99 Fiorentina;1997-98 Juventus; 1996-97 Juventus; 1995-96 Milan; 1994-95 Juventus; 1993-94 Milan;1992-93 Milan; 1991-92 Milan; 1990-91 Inter; 1989-90 Napoli; 1988-89 Inter; 1987-88 Napoli; 1986-87 Napoli; 1985-86 Juventus; 1984-85 Verona; 1983-84 Juventus; 1982-83 Roma; 1981-82 Fiorentina; 1980-81 Roma; 1979-80 Inter )

ECCO L'ARRIVO DELLA PATINATURA LIBERAL ULTRA-PLASTIFICATA: beckham victoria

 

 
 
 

SuperIbra fa volare l'Inter

I nerazzurri superano 4-2 il Chievo grazie a una doppietta decisiva del fenomeno svedese: ora sono a +9 sulle seconde in attesa di Juve-Milan. I giallorossi vincono 3-2 col Cagliari dopo essere andati sotto: centro numero 170 per Totti in serie A. I biancocelesti recuperano 3 gol a Udine: 3-3. Vincono Palermo, Fiorentina e Samp. Pari in Genoa-Atalanta

Il brasiliano Maxwell, subito in rete contro il Chievo. Afp
Il brasiliano Maxwell, subito in rete contro il Chievo. Afp

 

Doppietta dello svedese: Inter-Chievo 4-2

Doppietta dello svedese: Inter-Chievo 4-2
 
 
 

Inter, che figuraccia! Perde 2-1 a Brema

Inter, che figuraccia! Perde 2-1 a Brema
Adriano, 26 anni, inseguito da Mertesacker. Reuters


 

E' un'Inter devastante
Lazio disintegrata 3-0

I nerazzurri sbancano l'Olimpico. Samuel apre dopo due minuti. Poi nel recupero del primo tempo arriva l'autorete di Diakite. Nella ripresa Ibrahimovic chiude il conto. Ora Juve e Milan sono sotto di 9 punti

Samuel festeggia con i compagni dopo il gol dell'1-0. Ansa
Samuel festeggia con i compagni dopo il gol dell'1-0. Ansa
ROMA, 6 dicembre 2008 - Se esistono antidoti e contromisure, qualcuno le tiri fuori: di questo passo il campionato potrebbe chiudersi a Natale. Il 3-0 con cui l'Inter abbatte la Lazio all'Olimpico č cosģ perentorio da far rabbrividire. Classe e inaudita potenza fisica disintegrano i biancocelesti che alzano bandiera bianca dopo pochi secondi sul gol di Samuel. Prova di forza evidenziata alla fine del primo tempo anche con l'autorete di Diakite, perché a far impazzire č l'azione devastante di Ibra e Maicon. La rete nella ripresa dello svedesone č solo la ciliegina, la decorazione elegante che chiude il cerchio attorno all'ennesima strepitosa esibizione.
SCELTE - Delio Rossi lo sapeva: contro l'Inter i timori reverenziali possono risultare fatali. Ecco allora una Lazio spregiudicata, anche se un po' stanca dopo l'impresa contro il Milan in coppa Italia, con Foggia a fare il tridente con Pandev e Zarate. Rivoluzione poi in difesa, rispetto alle previsioni. A sinistra schiera un cursore offensivo come Kolarov. L'Inter invece allinea il suo infallibile rombo. Mourinho sceglie il meglio: Stankovic alle spalle del tandem offensivo Ibrahimovic-Cruz. Trio micidiale, soprattutto quando a supporto ci sono elementi come Cambiasso o Muntari, oppure cursori dell'altezza di Maicon e Maxwell o difensori centrali ai limiti della perfezione e insuperabili come Samuel. E bastano poco meno di due minuti all'Inter per sbrindellare la Lazio. Manovra di accerchiamento, biancocelesti schiacciati; cross dalla sinistra di Muntari con palla in mezzo all'addormentata e infreddolita difesa laziale, dove svetta Samuel: colpo di testa potente e palla che sfonda alla destra di Carrizo.
FORZA FISICA - La squadra di Delio Rossi impiega un po' per riprendersi, ma alzando il baricentro e pressando con pił convinzione rientra in partita. Domanda lecita: č sufficiente per spaventare la prima della classe? Zarate e compagni ci provano, ma l'Inter limita tutto respingendo ogni tentativo. Elementare il gioco dei nerazzurri: controllo, possesso palla e ripartenze micidiali, all'insegna di uno strapotere fisico che ha pochi eguali al mondo. Classe? Da vendere. Ma anche tanto sacrificio e non č un caso vedere Cruz dare una mano alla difesa o uno Stankovic dannarsi per chiudere tutti gli spazi. Tra il 28' e il 31' Cruz e Pandev lasciano per problemi muscolari. Entrano Crespo e Rocchi. Il laziale convince di pił, ma non incide come vorrebbe Rossi. Apre invece spazi l'argentino anche se il passo di un tempo sembra perduto. Ma ci sono geni pronti a colmare i vuoti. E' in pieno recupero che Ibra, il maestoso Ibra, inquadra Maicon e lo invita a nozze. Cross teso e autorete di Diakite, il migliore, fino a qul punto, della Lazio.
INVINCIBILE ARMATA - Inter micidiale e cinica che all'inizio della ripresa riparte con identico atteggiamento, mentre i romani, con Brocchi al posto di Dabo tentano timidi affondo. Alla Lazio non resta che mantenere alta la pressione, ma quando l'Inter innesta la quarta non ce n'č per nessuno. Come al 10', quando Cambiasso pennella il cross perfetto su cui si avventa il mattatore Ibrahimovic, in posizione dubbia. Ma l'inzuccata č imperiale: 3-0. E nonostante il gap devastante, i nerazzurri non mollano e continuano a pressare e correre, eseguendo alla lettera le indicazioni di Mourinho, insaziabile e incontentabile quanto loro. La Lazio non sta a guardare, ma la differenza č incolmabile. Ci prova Zarate a elencare i suoi numeri e Maicon apprezza. Ma ce ne vorrebbero almeno tre per fare male alla ormai invincibile armata di Mou. Niente di pił. Tutti a casa.

Lazio-Inter 0-3   

ultimo aggiornamento: 22:36 del 06/12/2008
 

di Luigi Panella
Inter tirannica, Lazio senza scampo Straordinaria dimostrazione di forza dell'Inter, che costruisce la sua vittoria sulla rete immediata di Samuel. E se alla fine del primo tempo, chiuso da una sfortunata autorete di Diakitč, il doppio passivo sembrava troppo pesante per la Lazio, nella ripresa non c'č stata storia. Il tris lo sigla Ibrahimovic con un colpo di testa, ma č tutta la squadra di Mourinho che impressiona per la tranquillitą delle giocate e la coesione tra i reparti. Lazio: come detto, discreta nel primo tempo, affannata nella ripresa dove vive dei guizzi e Zarate e trova una rete - annullata - su un calcio di punizione di Kolarov. Chiudiamo con i migliori: nella Lazio Zarate e Foggia, nell'Inter Ibrahimovic e Samuel

L'Inter in fuga: Lazio battuta 3-0

La squadra di Mourinho passa all'Olimpico e allunga su Juve e Milan: reti dell'argentino e dello svedese e autogol di Diakitč. Annullato un gol su punizione a Kolarov. Pandev e Cruz ko
Mourinho: «Siamo forti» - D.Rossi: «Nessuna crisi»
FOTO: colpo nerazzurro - Cragnotti in tribuna
FOTOSEQUENZA: lo spettacolare assist volante di Ibra
Fai le tue PAGELLE - Balotelli, doppietta in P

IInter bella e cinica, Lazio travoltar bella e cinica, Lazio travolta

 

E' un'Inter devastante
Lazio disintegrata 3-0

I nerazzurri sbancano l'Olimpico. Samuel apre dopo due minuti. Poi nel recupero del primo tempo arriva l'autorete di Diakite. Nella ripresa Ibrahimovic chiude il conto. Ora Juve e Milan sono sotto di 9 punti

Samuel festeggia con i compagni dopo il gol dell'1-0. Ansa
Samuel festeggia con i compagni dopo il gol dell'1-0. Ansa
ROMA, 6 dicembre 2008 - Se esistono antidoti e contromisure, qualcuno le tiri fuori: di questo passo il campionato potrebbe chiudersi a Natale. Il 3-0 con cui l'Inter abbatte la Lazio all'Olimpico č cosģ perentorio da far rabbrividire. Classe e inaudita potenza fisica disintegrano i biancocelesti che alzano bandiera bianca dopo pochi secondi sul gol di Samuel. Prova di forza evidenziata alla fine del primo tempo anche con l'autorete di Diakite, perché a far impazzire č l'azione devastante di Ibra e Maicon. La rete nella ripresa dello svedesone č solo la ciliegina, la decorazione elegante che chiude il cerchio attorno all'ennesima strepitosa esibizione.
SCELTE - Delio Rossi lo sapeva: contro l'Inter i timori reverenziali possono risultare fatali. Ecco allora una Lazio spregiudicata, anche se un po' stanca dopo l'impresa contro il Milan in coppa Italia, con Foggia a fare il tridente con Pandev e Zarate. Rivoluzione poi in difesa, rispetto alle previsioni. A sinistra schiera un cursore offensivo come Kolarov. L'Inter invece allinea il suo infallibile rombo. Mourinho sceglie il meglio: Stankovic alle spalle del tandem offensivo Ibrahimovic-Cruz. Trio micidiale, soprattutto quando a supporto ci sono elementi come Cambiasso o Muntari, oppure cursori dell'altezza di Maicon e Maxwell o difensori centrali ai limiti della perfezione e insuperabili come Samuel. E bastano poco meno di due minuti all'Inter per sbrindellare la Lazio. Manovra di accerchiamento, biancocelesti schiacciati; cross dalla sinistra di Muntari con palla in mezzo all'addormentata e infreddolita difesa laziale, dove svetta Samuel: colpo di testa potente e palla che sfonda alla destra di Carrizo.
FORZA FISICA - La squadra di Delio Rossi impiega un po' per riprendersi, ma alzando il baricentro e pressando con pił convinzione rientra in partita. Domanda lecita: č sufficiente per spaventare la prima della classe? Zarate e compagni ci provano, ma l'Inter limita tutto respingendo ogni tentativo. Elementare il gioco dei nerazzurri: controllo, possesso palla e ripartenze micidiali, all'insegna di uno strapotere fisico che ha pochi eguali al mondo. Classe? Da vendere. Ma anche tanto sacrificio e non č un caso vedere Cruz dare una mano alla difesa o uno Stankovic dannarsi per chiudere tutti gli spazi. Tra il 28' e il 31' Cruz e Pandev lasciano per problemi muscolari. Entrano Crespo e Rocchi. Il laziale convince di pił, ma non incide come vorrebbe Rossi. Apre invece spazi l'argentino anche se il passo di un tempo sembra perduto. Ma ci sono geni pronti a colmare i vuoti. E' in pieno recupero che Ibra, il maestoso Ibra, inquadra Maicon e lo invita a nozze. Cross teso e autorete di Diakite, il migliore, fino a qul punto, della Lazio.
 
 
 

Il Milan crolla a Palermo L'Inter accelera a +6

ROMA - Una giornata tutta per l'Inter: e per la Juve, che aveva vinto nell'anticipo. Il risultato pił clamoroso č il 3-1 del Palermo al Milan: matura nel secondo tempo, con Ronaldinho che aveva sbagliato un rigore sullo 0-0.

Perdono anche Napoli, Lazio e Fiorentina. E si crea la prima frattura nelle zone alte della classifica. Non ne approfittano Udinese e Genoa: i friulani ottengono la quarta sconfitta consecutiva, i liguri non vanno oltre il pareggio con il Bologna. In una giornata con pochi gol, successo importante per il Chievo.

 Serie AI nerazzurri battono i partenopei per 2 a 1. Crollo del Milan a Palermo: 3-1. La Roma supera la Fiorentina grazie a un gol di Totti. Nell'anticipo 4-0 della Juventus sulla Reggina.

Inter italianissima con il Napoli
La rete dell'argentino Lavezzi che portato il risultato sul 2-1
Nerazzurri double-face: dopo i gol di Cordoba e Muntari lascia l'iniziativa alla formazione di Reja. E Mourinho corre in difesa
MARCO ANSALDO
INVIATO A MILANO
L’Inter č una strana squadra. Si comporta come una fuoriserie che spegne inspiegabilmente il motore e si chiude nel box anche se dovrebbe ancora farne di strada. Ieri aveva in mano la partita col Napoli, in fondo a una mezz’ora giocata a tutto volume, quasi fosse la risposta allo sfascio esibito mercoledģ con il Panathinaikos. Stava sul 2-0 e dominava: Cordoba aveva punito con il sinistro i lenti riflessi della difesa partenopea su cross di Muntari, lo stesso Muntari aveva infilato di tacco un gol prezioso come siamo pił abituati a vedere da Ibra. Insomma stavamo gią raccogliendo idee e appunti per descrivere il successo che a un’ora dalla fine appariva certissimo, quando abbiamo visto il gioco dei nerazzurri afflosciarsi.

Non si č gonfiato pił. Il Napoli puņ quasi rammaricarsi di non essere andato oltre il gol bellissimo di Lavezzi al 36’. Nella ripresa ha creato la massa di gioco indispensabile per cogliere il pari ma non l’ha tramutata in occasioni da rete: non ricordiamo una parata di Julio Cesar mentre abbiamo davanti agli occhi i salvataggi di Iezzo sull’unica invenzione di Ibrahimovic e sull’incursione di Zanetti, giunto a tu per tu con il portiere al 42’.

Un difetto dei partenopei (a parte la difesa cui ieri č stato tolto maldestramente Santacroce per puntare sul mediocre Rinaudo) č nella mancanza di un vero attaccante d’area, di quelli che quando non sai come colpire gli avversari servi con una palla semplice e alta, perché qualcosa combinano, magari a spintoni. Se Denis fosse di tale pasta, probabilmente gli sarebbe bastata la decina di minuti per sfruttare il magnifico lavoro di Zalayeta e la verve di Lavezzi, che non č solo un bravo dribblomane ma si spreme come un limone per alimentare iniziative. Cosģ il momento opaco di risultati del Napoli prosegue e si sta allontanando dalla testa della classifica, come si poteva prevedere guardando globalmente al suo organico. Ci sono squadre che esprimono un bel calcio organizzato e a volte diventano irresistibili ma che non hanno ancora la continuitą per reggere in campionato alla distanza. Il Napoli di Reja č una dei queste. L’Inter insomma ha subģto nella ripresa, perņ ne č uscito indenne e ha mantenuto lontane le rivali pił importanti. Per vincere lo scudetto č determinante superare giornate come questa, in cui cadi in difficoltą e non ti sorregge il talento dell’uomo pił decisivo, Ibrahimovic, quasi straziante nella ricerca dei colpi che non gli riuscivano: lo svedese si sta consumando e dovrebbe rifiatare, perché ha giocato malissimo in Coppa e quasi peggio ieri, tanto da sembrare la brutta copia dell’Ibra che palleggia nello spot natalizio di Mediaset. Purtroppo mancava Uma Thurman. Mourinho non contraddice la propria insospettabile italianitą, per quanto provi a nasconderla sotto belle parole.

Si era presentato come un allenatore diverso, e lo č sicuramente fuori dal campo, per spregiudicatezza di pensiero, ma quando deve disegnare le strategie non si distingue troppo dai suoi colleghi istruiti a Coverciano: l’Inter impone subito la propria fisicitą, induce gli avversari a un avvio tremebondo, offre il meglio quando rulla il prato a ritmi alti e aggressivi, come fino al 2-0, ma quando sente di avere in mano il match tira a gestirlo, perde intensitą e qui nascono le sue incertezze. Infatti mentre guida il campionato, fatica a esprimersi in Champions League e fanno sorridere, di Mourinho, le mosse cosģ splendidamente nostrane, come infoltire la difesa (Burdisso per Stankovic al 39’) per preservare il vantaggio oppure consumare tutti i cambi nel finale per far scorrere il tempo. Di Special c’č poco, la sua č un’antica normalitą utile perņ a tenere l’Inter sulla rotta dello scudetto, sebbene i tifosi chiedano di pił come spettacolaritą di gioco. Ieri se non altro hanno visto alcune prodezze nel festival del tacco: nel raddoppio l’hanno usato sia Cruz per avviare l’azione, sia Muntari per stupire gli avversari e deviare in porta il tiro cross di Maicon; nella rete partenopea, ci ha messo il tacco Zalayeta per mandare la palla oltre i difensori interisti e dare a Lavezzi l’opportunitą di realizzare con un mezzo cucchiaio. Grandi giocate e non un grande gioco. All’Inter perņ va bene cosģ.
 
 

 

Inter ko a San Siro con il Panathinaikos. Ma i nerazzurri sono qualificati.DISASTROSA E SCONCERTANTE PRESTAZIONE DEI SUPER MILIARDARI MORATTIANI CHE SI QUALIFICANO GRAZIE AD UN GOL DEL .....WERDER !!!!!

Inter-Juve 1-0: gol fortunoso di Muntari, bianconeri deludenti. Tiago ko, rigore negato a Marchionni

i precedenti:1979-80 4-0;1980-81 1-0;1981-82 0-0;1982-83 0-0;1983-84 1-2;1984-85 4-0;1985-86 1-1;1987-88 2-1;1987-88 2-1;1988-89 1-1;1989-90 2-1;1990-91 2-0;1991-92 1-3;1992-93 3-1;1993-94 2-2;1994-95 0-0;1995-96 1-2;1996-97 0-0;1997-98 1-0;1998-99 0-0;1999-00 1-2;00-01 2-2;01-02 2-2;02-03 1-1;03-04 3-2;04-05 2-2;05-06 1-2;06-07 juve in serie B;07-08 1-2;08-09 1-0...[img no.111225 © inter.it]

 

Sulley Muntari esulta dopo il gol vittoria. Reuters

 

 
Zlatan Ibrahimovic, 27 anni, festeggia la sua doppietta decisiva a Palermo. LaPresse
Zlatan Ibrahimovic, 27 anni, festeggia la sua doppietta decisiva a Palermo. LaPresse
PALERMO, 15 novembre 2008 - Mourinho č stato di parola. Il tecnico dell'Inter aveva detto: "Domani sera avremo pił punti della Juve". Detto, fatto. I nerazzurri battono 2-0 il Palermo al Barbera. Doppietta di un Ibrahimovic a tratti onnipotente. Il centravanti svedese toglie ogni impaccio ad un'Inter che per la veritą nel primo tempo aveva zoppicato parecchio, stentando molto sul piano della manovra. Ma quando in squadra hai un fuoriclasse come Ibra diventa tutto pił facile. Ed č la risposta pił convincente - quella del campo - a chi si chiede(va) come mai l'ex Ajax non salti una partita. Due sue prodezze individuali spengono ogni ardore alla squadra di Ballardini, che si č afflosciata dopo il primo svantaggio. E l'Inter ha potuto cosģ giocare in spazi pił larghi, facendo vedere buoni spunti, nella ripresa. Legittimando un successo che significa primo posto solitario in classifica, al riparo dei risultati di Milan e Napoli. La Juve ora č distante 3 punti e 7 giorni: sabato prossimo al Meazza lo scontro diretto. Senza Cordoba. Era diffidato, ha rimediato un ulteriore giallo.
SCHIERAMENTI - Primo tempo equilibrato e poco spettacolare. Mourinho copre l'Inter contro i rigori invernali da trasferta. Tridente in soffitta, fuori una punta (Mancini, Quaresma non č neppure convocato) e dentro quattro centrocampisti centrali. Si rivede Muntari. Davanti c'č Cruz, per la prima volta in questa stagione a far coppia con Ibrahimovic. Ballardini schiera l'ex Fontana per l'infortunato Amelia, Miccoli, recuperato, gioca in avanti con Cavani.
POCHE EMOZIONI - L'Inter parte forte. Come ritmo. Č un po' arruffona, ma ammucchia angoli e mischie. Senza esito. Poi dal 10' il Palermo si scuote dalle titubanze iniziali e comincia a macinare gioco. Occasioni, perņ, pochine. Cruz rischia di testa l'autorete. Replica di Ibra, che conclude una ripartenza con un destro violento: Fontana si salva in angolo. Poco altro. L'Inter non trova sbocchi sulle fasce e in avanti Ibrahimovic č poco assistito dagli sporadici inserimenti dei centrocampisti. Il Palermo ci prova, ma senza esagerare. Mai prendersi troppa confidenza (e concedere spazi) alla prima della classe.
PERLA IBRA - Si riparte senza cambi. E Ibrahimovic si inventa una magia da tre punti. Fuori area, defilato sulla destra, lascia partire un destro violento che svaria e finisce nell'angolino, insaccandosi accanto al secondo palo. Fontana č sorpreso. E trafitto. Inter avanti.
FURIA INTER - Ora l'Inter spinge. Cattiva. Ritrovata. Fontana rischia di farsi sorprendere da una conclusione di punta di Cruz. Poi Ibrahimovic, scatenato, salta un uomo, calcia sul primo palo, Fontana č efficace. Ancora corner. Fontana esce a vuoto, Muntari non ne approfitta. Ma il 2-0 č dietro l'angolo.
RADDOPPIO IBRA - La segna, e chi sennņ, il solito Ibrahimovic. Con una punizione potente dal limite dell'area. Un bolide squassante, sul quale a Fontana, che non ha messo benissimo la barriera, non basta il riflesso. Gara chiusa. E Inter capolista solitaria.

Inter-Udinese 1-0: decide Cruz

Domenica, 09 Novembre 2008 16:31:06
[FOTO Domenica, 09 Novembre 2008 16:31:06]

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 Magia di Ibra, l'Inter batte il Bologna
I nerazzurri agganciano la vetta,5 ottobre 2008

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INTER-werder brema
Champions League

 

RIMARRA' LA SUPERCOPPA ITALIOTA ED IL TITOLO DI VICE CAMPIONE DEI CAMPIONI INTERCONTINENTALI....
 
 

 

 
 
 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 

 


 

 

 
L'APPROFONDIMENTO

 

 
DAL MEDIOEVO AL MEDIOEVO, BREVE STORIA DI UNA NAZIONE ALLO SFASCIO....

DOMENICA 30 marzo 2008 muore in una piazzola autostradale un ragazzo di 28 anni tifoso del Parma, travolto da un pullman in fuga di tifosi juventini, era in programma Juventus-Parma,dopo il tentativo, da parte dei tifosi del Parma,di aggredire quelli della Juventus per "vendicare" gli scontri che si ebbero all'indomani di un Parma-Juventus del 2005, scontri che costarono il divieto di frequentazione di tre anni comminato al medesimo tifoso parmigiano poi ucciso nella piazzola. Andare in giro con dei colori addosso č diventato un enorme rischio per tutti, a prescindere dall'appartenenza ad una presunta tifoseria organizzata. Una logica medioevale che ha preso piede in una nazione vuota, completamente svuotata di significati, per cui č lecito e logico ammazzarsi per un mondo perlinato di miliardari, piuttosto che impegnarsi quantomeno nel cercare di fare meno danni possibili quando ci si muove. Code in ogni dove, qualsiasi interstizio č riempito da parcheggi, auto e Centri Iper Commerciali con rimesse sotterranee a 100 metri di profonditą rasentando le falde acquifere. Un paese spogliato, inquinatissimo, sostanzialmente invivibile socialmente ha creato questi vuoti pneumatici che si riempiono di scaramucce artificiose tra parti di fazioni risultato di macerie post-comuniste/neo-fasciste/consumiste. Una medioevalizzazione aggiornata al terzo millennio che, partendo da una economia statual-familiare-clientelare italiota delinquenziale, Garrone presidente della petrolchimica Erg e della societą sportiva Sampdoria che vuole i contributi statali del Cip6-Enel per stoccare i suoi rifiuti tossico-nocivi nell'Etna previa autorizzazione del Ministero dell'Ambiente ( intervista documentata da Beppe Grillo nello spettacolo Reset, ndr) come specimen di una schiera spaventosa di personacce insediate contemporaneamente in 3-4 consigli di amministrazione di aziende che dovrebbero essere l'ossatura produttiva di una nazione, finisce nel liquame di una societą scorporata di infinitesimali interessi egoistici senza la pur minima tensione sociale. In questo spurgo disintegrato si "illuminano" queste morti, questi assassinii voluti e confezionati cosģ come sono volute le morti a migliaia sui posti di lavoro di una nazione economicamente barcollante tra la servitł della gleba ed il mega capitalista-latifondista ante rivoluzione industriale. Ma non č l'inizio questo: č la fase finale di un processo che, nel caso specifico del cosģ detto calcio, ha avuto origine negli anni sessanta, gli anni del boom economico, anni che videro il primo morto da stadio nel 1963 a Salerno, durante Salernitana-Potenza, tal Giuseppe Plaitano morto a seguito delle botte seguite dagli scontri avvenuti tra tifosi e forze di polizia dopo che veniva annullato un gol alla Salernitana. Quella morte "collaterale" fu il segno del "cambiamento dei tempi" dato il sorgere della STRATEGIA DELLA TENSIONE voluta da servizi segreti destrorsi deviati che disseminavano bombe ed attentati in tutta la penisola per contrastare la regal borghesia sinistrorsa annoiata che si industriava nel terrorismo "romantico" che doveva scuotere le masse proletarie. Quelle scaramucce, che lasciarono parecchi morti "sfigati", nel senso che si ritrovarono lģ per caso, non per scelta, che andarono ad esaurirsi biologicamente, nel senso che i ventenni sessantottini, diventarono i trentenni settantottini pronti ad accogliere "l'onda lunga" del rampantismo tangentocrate italiota, quella classe dirigente oggi verso la gerontocrazia clerical-sovietica sempre ad impastare nei discorsi elettorali le stesse medesime cose che farfugliavano alla fine dei settanta: sicurezza, sviluppo, pił ricchezza, meno tasse, si spostarono negli stadi, visti con lungimiranza come nuovo teatro di pseudo scontro di masse impastate: nel 1979 cosģ a Roma, con una scacciacani, un tifoso della Roma ammazzava un tifoso della Lazio, Paparelli. Da lģ in poi, mentre i brigatismi rifluivano tra morti, incarcerati a vita, fuggitivi, riplasmati nelle televisioni private, voltagabbana, giornalisti prezzolati come prime penne intellettuali, iniziņ una straordinaria discesa: nel 1983 all'indomani di Milan-Cremonese un tifoso del Milan, Fonghessi, veniva accoltellato a morte da altri tifosi del Milan. Vistisi in difetto, i tifosi "organizzati" dell'Inter cercarono subito di "pareggiare" i conti accoltellando un tifoso dell'Austria Vienna all'indomani di Inter-Austria Vienna di coppa Uefa del 1983. Nel frattempo si moltiplicavano gli scontri tra tifoserie con contusi, feriti gravi....Dai e dai i tifosi dell'Inter pareggiavano i conti durante la trasferta Ascoli-Inter del 1988, quando il tifoso ascolano Filippini ci lascivaa la pelle durante gli scontri con i supporter neroazzurri. Gli ultras rossoneri non rimasero a guardare: nel 1989 durante Milan-Roma muore un giovane tifoso romanista colto da infarto mentre scappava da una carica dei supporter rossoneri. I neroazzurri tentano il "pareggio" durante un Inter-Napoli del 1990 passato alla storia per gli striscioni antisemiti esposti sfruttando le travi di sostegno della copertura dello stadio. Il pareggio vero e proprio arrivava durante un Inter-Cagliari del 1991 quando moriva un ragazzo volando da una delle torri che porta agli spalti in circostanze misteriose. Nel maggio 1993 all'altezza della stazione di Arquata Scrivia, si scatena una battaglia campale tra i tifosi del Milan e quelli della Sampdoria, i cui treni speciali per tifosi incrociavano proprio in quella stazione. Non ci scappa il morto solo per miracolo, tuttavia i supporter rossoneri si "riportano in vantaggio" nel 1995: durante la trasferta Genoa-Milan moriva il tifoso del Genoa Spagnol accoltellato a morte da Simone Barbagia, un neotifoso del gruppo "Brasati". Nel frattempo la liceitą dello scontro si era pervasa di simbologia neonazista: solo il decreto Mancino sulla sicurezza negli stadi del 1993 impose lo scioglimento del gruppo SKIN INTERISTA appostatosi nella cosģ detta Curva Nord. Il 1995 segna una ulteriore involuzione in quanto lo scontro ed il morto viene cercato a prescindere dalla partita e non necessariamente nei pressi dello stadio. Infatti nel 1994, 30 gennaio, Salvatore Moschella, 22 anni, muore gettandosi dal treno su cui viaggia dopo essere stato aggredito con alcuni tifosi del Messina di ritorno dalla trasferta di Ragusa. I siciliani prima lo picchiano e poi continuano a infastidirlo. Moschella, nel cercare una via di fuga, si getta dal finestrino, mentre il treno rallenta in prossimitą della stazione di Acireale. E ancora:  il 24 maggio 1999, la mattina seguente la partita tra il Piacenza e la Salernitana, sfida decisiva per la permanenza in serie A, il treno speciale che riporta a casa gli oltre 3 mila tifosi campani, proprio in prossimitą della stazione di Salerno, prende fuoco in una galleria. Nel rogo, appiccato dagli stessi tifosi, perdono la vita quattro giovani supporter granata. La cadenza si accelera: il  17 giugno 2001 a Messina si disputa l'acceso derby con il Catania, decisivo per la promozione in serie B. Tra le due tifoserie prima della partita si verifica un reciproco lancio di oggetti. Dal settore degli ospiti viene lanciata una bomba-carta che esplode in mezzo ai tifosi della Curva Nord e ferisce Antonino Currņ, 24 anni, il quale finisce in coma e dopo pochi giorni muore. Poco prima i tifosi interisti, ancora in difetto nei confronti del "derby" dei morti con i "cugini", tentarono di scaraventare un motorino dal secondo anello della Curva Nord al primo durante Inter - Atalanta, solo la transenna della curva ha impedito la caduta del mezzo sopra la testa delle persone che assiepavano la parte sottostante. Le pesantissime squalifiche comminate alle societą di calcio responsabili dei propri tifosi, nella fattispecie all'Inter fu inibito lo stadio di San Siro per 4 giornate disputando le partite casalinghe a minimo 300 chilometri di distanza da Milano per motivi di sicurezza, non interrompono la discesa:il pastone della faziositą infatti coinvolge le stesse forze di polizia che si distinsero "brillantemente" nel pestaggio reiterato e folle durante il G8 di Genova, pestaggio che produsse la reazione delle persone e la morte del giovane Giuliani ucciso da un altrettanto giovane Carabiniere, tal Placanica. E' un ulteriore salto verso il basso:  Il  20 settembre 2003, finisce in tragedia il derby Avellino-Napoli. Muore Sergio Ercolano, ventenne tifoso partenopeo, precipitato nel vuoto durante gli scontri tra tifosi e polizia. In questo caso la societą Napoli fu obbligata a giocare fuori dallo stadio  casalingo per otto partite. Non basta: le forze di polizia furono accusate, durante il derby Roma-Lazio del 21 marzo 2004, di aver investito un bambino durante gli scontri con le tifoserie giallorossa e bincoazzurra, e per questo la partita fu sospesa. In realtą la notizia era falsa. Nell'aprile 2005 i supporter nero azzurri dell'Inter sospendevano il derby di Coppa dei Campioni con un fittissimo lancio di fumoggeni in campo dopo l'annullamento di un gol dell'Inter: siamo al tutti contro tutti, ovvero i gruppi "disorganizzati" si scontrano contro i loro stessi dirimpettai, contro la polizia e contro le stesse societą per le quali fanno il tifo. All'indomani di questa partita veniva emesso il decreto Pisanu sopra la "sicurezza degli stadi", introducendo il biglietto nominale, il divieto di trasferta, il divieto di striscioni e l'ingresso elettronico scannerizzato.  Nonostante ciņ il tutti contro tutti segnņ il derby siciliano tra Catania e Palermo del 2 febbraio 2007. Nella battaglia campale rimane sul campo l'ispettore di polizia Filippo Raciti, le cui dinamiche della morte sono ancora da stabilirsi con precisione. Non finisce quģ: nel novembre 2007, in una piazzola di sosta dell'Autostrada del Sole, all'altezza di Arezzo, muore Gabriele Sandri, ucciso da un colpo di pistola di un poliziotto che interveniva per dividere le tifoserie laziali e juventine che erano venute al contatto. Scoppia una mezza rivoluzione a Milano, Bergamo e Roma con i gruppi ultras che prima sospendono le partite Inter-Lazio, Atalanta-Milan e Roma-Cagliari, e poi si scagliano contro le stazioni di polizia con l'intento di "vendicare" la morte del "loro commilitone"...in mezzo l'Italia vinceva il mondiale di calcio nel 2006 con lo scandalo del calcio scommesse che coinvolgeva arbitri, societą di calcio e le stesse strutture che regolamentano quello che chiamano sport.

 

AFFARISTI CON SCIARPA E SPRANGA

Il capo dei Commandos, qualche anno prima, non poteva entrare allo stadio. Perņ alla festa del Milan campione d’Italia, nel 2004, aveva un tavolo accanto a quello del presidente Berlusconi. «Noi siamo soliti festeggiare con la nostra famiglia allargata», dice la societą. Una definizione che comprende sia il presidente della Regione Formigoni e l’allora sindaco di Milano Albertini, sia una quindicina di ultrą esponenti deiCommandos, delle Brigate Rossonere, e della (oggi sciolta) Fossa dei leoni. Un frammento dei rapporti pericolosi che Inter e Milan intrattengono con i «cattivi» delle curve. Rapporti leciti,ma alla base di un giro d’affari da milioni di euro, della gestione di un potere su migliaia di ultrą, e di un meccanismo di ricatto pił o meno latente verso i club. Che negli ultimi mesi č sfociato in unatentata estorsione ai danni dei rossoneri.Concolpi di pistola e un pestaggio.
Equilibrio sottile
Rapporti a rischio. I capi ultrą viaggiano spesso sugli stessi charter che portano i giocatori e i dirigenti. «Ma volano a loro spese», fanno sapere da Milan e Inter. Entrano negli spogliatoi di San Siro e nelle aree vip. Perché i leader della curva possiedono pass nominali, con tanto di foto per «muoversi liberamente in ogni settore dello stadio, compresi gli spogliatoi dei giocatori » (deposizione di un dirigente del Milan). Lostesso succede per l’Inter.Avolte, i legami diventano lavorativi. Come per un esponente di Alternativa rossonera, impiegato in un ufficialissimo Milan point. Infine, sul sito delle Brigate rossonere Gilardino, Inzaghi, Kaką e Gattuso mettono gratuitamente a disposizione la loro (costosa) immagine per pubblicizzare magliette, cappellini e felpe del gruppo. Fin qui, niente di illecito. Solo la prova di una certa contiguitą tra le societą e i gruppi di tifosi pił estremi. Di contatti che vengono considerati inevitabili. E da coltivare: servono a «responsabilizzare» i capi dei tifosi, con il risultato «di essere una delle squadre meno sanzionate in Europa e in Italia», come chiarisce un responsabile del Milan in un verbale della Digos. Il fatto č che l’equilibrio č fragile. E il confine tra rapporto corretto e complicitą sottile.
Il patto nerazzurro
Quindici maggio 2005, a San Siro si gioca la partita Inter-Livorno. In curva Nord, quella nerazzurra, compare una croce celtica. Sventola per pochi minuti, poi viene ritirata. Cosa č accaduto? Un responsabile della polizia ha avvertito un referente della curva, che ha girato immediatamente l’ordine: «Fate levare quella roba». Il magistrato che ha indagato sugli ultrą interisti parla di collaborazione «efficace». Č il sistema nerazzurro, per come č stato ricostruito dagli investigatori. Funziona cosģ: concessione di benefici «limitati» ai capi-curva in cambio di una sorta di «servizio d’ordine». Il tutto sotto la supervisione della polizia, che perņ non compare mai sugli spalti. L’Inter assicura cinquanta biglietti omaggio «consegnati a Franco Caravita (leader della curva Nord, ndr) e da questi gestiti con successiva distribuzione » ad altri esponenti degli ultrą. La contropartita, per l’immagine e per le casse di una societą di calcio, č enorme: una curva calma, niente guerriglia urbana (rarissima fuori da San Siro negli ultimi anni), poche multe per incidenti e lancio di fumogeni. Ma come: si tratta con i «cattivi»? Ci si affida a loro per il servizio d’ordine, anche se alcuni hanno precedenti penali? E qual č il limite di questi accordi? La risposta l’ha data il pm Fabio Roia chiedendo l’archiviazione dell’indagine sul lancio di fumogeni che portņ all’interruzione del derby diChampions del 12 aprile 2005: «Č evidente come questa intesa possa suscitare qualche perplessitą sotto il profilo etico e della eventuale prospettiva investigativa, ma la gestione dell’ordine pubblico in situazioni di particolare complessitą comporta una visione ampia e flessibile del problema». Un pragmatismo efficace da un lato,mache dall’altro rappresenta una sorta di resa del sistema calcio: le societą sono i «soggetti deboli» per il principio della responsabilitą oggettiva (le intemperanze dei tifosi si pagano con multe e squalifiche del campo); polizia e carabinieri non entrano mai nelle curve di San Siro per evitare «possibili provocazioni», eun anello chiave della sicurezza sono gli ultrą stessi. Viene da pensare: ma cosa succede negli stadi italiani se questo modello,come accertato dopo mesi di indagine, č il risultato della «bonifica culturale» del presidente Moratti? Se il calcio č una macchina da soldi, 3 per cento del Pil, le curve tentano di ritagliarsi la propria fetta. Il tifo che diventa mestiere.
Il giro d’affari
Primo: i biglietti per le trasferte. Di solito le societą li vendono ai rappresentanti della curva. Niente di illecito.Maquesto cosa comporta?Unodei capi ultrą del Milan haammessodi rivenderli a 2-3 euro in pił.Edč il primo ricarico. Sui biglietti si fonda poi l’organizzazione dei viaggi: pullman e treni per le trasferte pił vicine, aereo per quelle distanti. I curvaioli comprano il pacchetto completo. Che comprende, ovviamente, altri ricarichi. Moltiplicando per le 18 trasferte di campionato, pił quelle di coppa Italia e di Champions, alle quali partecipano in media, per le squadre milanesi, tra le mille e le 4 mila persone, si scopre che una stagione calcistica puņ fruttare 5-600 mila euro. Sottobanco poi, č un’altra storia: biglietti regalati, venduti sottocosto o pagati inmododilazionato. Per l’Inter la magistratura ha escluso questa prassi, sul Milan (come parte lesa in un tentativo di estorsione da parte di gruppi ultrą) c’č un’indagine in corso. «Ma per societą molto importanti — spiega Maurizio Marinelli, direttore del Centro studi sulla sicurezza pubblica— l’omaggio puņ arrivare anche a un migliaio di biglietti». In questo caso gli introiti per gli ultrą-affaristi si moltiplicano. «I capitifoseria hanno un potere enorme —aggiunge il procuratore capo di Monza, Antonio Pizzi, che ha condotto l’inchiesta oggi passata a Milano —. Ricattano le societą che forniscono loro biglietti sottocosto o in omaggio. Il giro d’affari per una curva č nell’ordine di milioni di euro».Aquesto fiume di soldi bisogna aggiungere gli aiuti per le coreografie (negati dalle societą) e la vendita dei gadget: cappelli, felpe, magliette. Questa č la montagna di soldi da spartire. Che non arriva a tutta la curva, manelle tasche dei pochi che comandano. Conseguenza: i capi degli ultrą milanesi pensano pił agli affari che alla violenza. Ma appena gli equilibri si spostano, c’č qualcuno che per entrare nel business č pronto sparare. Č quel che sta succedendo intorno a San Siro.
La tentata estorsione
Nell’autunno 2005 si scioglie, dopo 37 anni, la Fossa dei Leoni. Č un gruppo storico del tifo rossonero, ma ha due macchie: č l’unico rimasto di sinistra e non risparmia le critiche alla societą. La ragione dello scioglimento sembra tuttadacercarsi dentro il codice d’onore ultrą: i Viking juventini hanno rubato lo striscione alla Fossa, che per la restituzioneha chiesto la collaborazione con la Digos. Questa storia č anche un pretesto. In realtą, c’č gią un nuovo gruppo, di destra, che sgomita per la leadership: i Guerrieri ultras. I Guerrieri si sarebbero alleati con le Brigate Rossonere. I Commandos vanno in minoranza. E pagano. «I nuovi cominciano a sgomitare. In due direzione: per guadagnare spazio nella curva e per ottenere il riconoscimento dalla societą. Che consente di partecipare al giro d’affari» spiega un investigatore. Cosģ, l’ottobre scorso, due uomini in moto sparano alle gambe di A. L., 32 anni, esponente dei Commandos, davanti a un supermercato di Sesto San Giovanni. Il 25 gennaio, un altro leader dello stesso gruppo viene picchiato fuori da San Siro da sette persone (due sono state arrestate e stanno per andare a processo). Č conciato cosģ male che ancora oggi non si sa se ce la farą. Intanto, i Guerrieri chiedono biglietti alla societą. Forse anche abbonamenti. Mail Milan, per due volte, rifiuta. E, combinazione, subito dopo per due volte dalla curva piovono fumogeni: Milan- Lilla, 6 dicembre, e Milan-Torino, 10 dicembre 2006. Il Milan annuncia una linea pił dura: taglia i pass. Galliani va in procura a Monza, che nel frattempo ha indagato dieci ultrą:«Manon sono io che mi occupo di queste cose». Non c’č stata nessuna denuncia. La procura č arrivata alla tentata estorsione indagando sulla sparatoria. «Nei nuovi gruppi di ultrą—rivela uninvestigatore — ci sono molti delinquenti comuni, con precedenti per spaccio e rapine». Sicuri che valga la pena tenerli in famiglia?

I MAFIO-FASCISTI:I NUOVI DELINQUENTI

«Vogliono farci le scarpe, tanto poi a chi gliene frega di dare i biglietti a loro o di darli a noi». Cosģ, al telefono, discutono due ultrą milanisti del gruppo «Commandos tigre».
In curva sud, al Meazza, č tempo di faide. Una nuova formazione č nata, sulle ceneri della disciolta «Fossa dei leoni». «Guerrieri ultras». Cercano spazio tra le frange del tifo. E, soprattutto, mirano a un riconoscimento da parte del Milan. Perché dietro la fede calcistica, esistono interessi economici:
il mercato del bagarinaggio e il merchandising della curva.

Ogni mezzo č lecito.

Dalle aggressioni ai gruppi rivali alle intimidazioni nei confronti della societą di via Turati. E sette «Guerrieri» sono stati arrestati, con l’accusa di associazione per delinquere, tentata estorsione, resistenza a pubblico ufficiale e lancio di oggetti durante una manifestazione sportiva. Nelle scorse settimane, l’ultima minaccia al club. Tagliandi per la finale di Champion’s League di questa sera, «o non saremo pił in grado di tenere buoni i ragazzi della curva».

Una «cupola» agli ordini di Giancarlo «Sandokan» Lombardi e Giancarlo Capelli (il «Barone», capo storico della curva rossonera), seguiti da Mario Diana, Claudio Tieri, Alessandro Pozzoli, Marco Genellina, e Federico «Pablo» Zinguerenke. Gli agitatori della «sud», costati al Milan multe e il rischio di vedersi squalificare il campo. Per questo, la societą avrebbe dovuto cedere ai ricatti dei «Guerrieri».

Milan-Lilla del 6 dicembre scorso .
(A San Siro vengono accese torce e fumogeni).

Lombardi invia un sms a Diana: «Dopo che sono state accese, ma tante, chiamami».
Pochi minuti dopo, ancora Lombardi: «Grande, le ho viste». E poi, «Bella torciata».
L’ultimo messaggio di Sandokan č delle 21.22, a Pozzoli: «Sģ,
camerata, ma per le torce diffidano il campo?».

Ancora: Milan-Torino.

Lombardi, dopo il lancio di due torce, commenta con Zinguerenke: «Dici basta?».
Risposta: «Penso di sģ, sicuramente un altro giro č una botta. L’arbitro ha scritto».
Ancora Lombardi: «Allora basta!».

Alle 18.17, Lombardi chiama Pablo: «Ma secondo me, se chiami il Milan e chiedi un incontro adesso te lo danno...».

Questa la pretesa: agire in una «zona franca» e diventare interlocutori della societą. Perché «la costituzione dei “Guerrieri ultras” - scrive il gip Federica Centonze nell’ordinanza di custodia cautelare - non č che un pretesto per stabilire una posizione di egemonia che prevede la commissione di delitti anche gravi, quali il ferimento di Avignano (il tifoso aggredito a colpi di pistola lo scorso 16 ottobre a Sesto san Giovanni), lo sfondamento dei cancelli, l’estorsione e che consenta la gestione degli affari che ruotano intorno allo stadio».

In particolar modo, «la gestione dei biglietti concessi dalla societą Milan», cosģ da «determinare notevoli introiti per i gruppi organizzati».

L’ultimo business, la finale di coppa. Il 10 maggio scorso, Sandokan e il Barone si presentano nella sede del Milan. Parlano con la responsabile del settore booking della societą rossonera, e con l’amministratore delegato del «Milan Entertainment». Pretendono biglietti per la partita contro il Liverpool. La societą prende tempo. I «Guerrieri» chiedono di incontrare il presidente Sivio Berlusconi.
L’avvertimento č che «siamo in grado di condizionare l’atteggiamento di tutta la tifoseria ultrą della curva, verso chicchessia». La minaccia, pił esplicita, č di non essere pił in grado di «tenere buoni i ragazzi». Ancora, tra il 14 e il 17 maggio scorso, in via Turati arrivano e-mail minatorie. Nel frattempo, la contestazione monta anche a San Siro. Striscioni e cori contro l’amministratore delegato del Milan, Adriano Galliani. Lo scorso 9 gennaio, dopo aver sporto denuncia, Galliani ha spiegato agli investigatori della Digos di aver saputo «dalla Gozzi che le richieste di questi tifosi riguardavano disponibilitą e gestione dei biglietti della curva sud», ma di «non aver mai avuto alcun tipo di rapporto diretto con il tifo organizzato».

Lesioni volontarie gravissime.
Condanne miti (l'accusa era tentato omicidio) per Michele Caruso (4 anni e 4 mesi, domiciliari) e Max Colombo (3 anni e 4 mesi, libertą vigilata), detto Naną, i due ultras milanisti (Brigate rossonere) protagonisti del pestaggio al 42enne Walter Settembrini avvenuto prima di Milan-Roma del 25 gennaio.

La sentenza di ieri, perņ, conclude solo un capitolo di una storia tutta da raccontare.

A partire dall'ultras del Milan (Commandos Tigre, gruppo di riferimento di Settembrini) gambizzato il 17 ottobre 2006 a Sesto S.Giovanni.

Un fatto che le indagini inquadrano in uno scontro per gli affari (2 milioni di euro l'anno) in curva Sud. Dietro la lotta di potere, scatenata dopo lo scioglimento (oscuro) della Fossa (2005), ci sarebbero pregiudicati legati al crimine organizzato che opererebbero all'ombra di un nuovo gruppo ultras (arrivato dopo la Fossa).

Tra questi un elemento di spicco della banda di narcotrafficanti della Barona - non presente tra i 57 arresti di una settimana fa - , che partecipņ alla sparatoria di via Faenza (1998), e un altro coinvolto nell'omicidio di Rocco Lo Faro (1996), figlio del boss della 'ndrangheta Sante Pasquale Morabito.

http://city.corriere.it/news/articolo.php?tipo=cronaca&id=48198&id_testata=2

L’ESTREMA DESTRA

L’uccisione avvenuta il 29 gennaio 1995, prima della partita Genoa-Milan, del giovane tifoso Vincenzo Spagnolo sul piazzale antistante lo stadio Ferraris, colpito al cuore da una coltellata da un ultrą milanista, mise in evidenza una realtą gią profondamente mutata.

Dall’inizio di quel campionato si erano, infatti, gią formate le “Brigate rossonere due”, una sorta di gruppo informale e clandestino, di struttura parallela al club ufficiale. Al suo interno anche qualche figura proveniente dalla militanza nell’estrema destra. La “rissa” a Genova, come scrissero i magistrati, “era stata da loro programmata”.

Alcuni dei personaggi coinvolti li ritroveremo nuovamente, di lģ a qualche anno, implicati in almeno due altri gravissimi fatti di sangue:
- il ferimento nell’aprile 1997, sui Navigli, in piena campagna elettorale, del consigliere comunale di Rifondazione comunista
Davide Tinelli,
- l’assassinio di Alessandro Alvarez, un giovane neofascista, nel marzo del 2000 a Cologno, nell’ambito di un mai chiarito regolamento di conti
sul crinale di oscuri traffici di armi e droga. Quest’ultimo episodio portņ alla rocambolesca assoluzione dell’unico imputato, un neofascista a sua volta, riconosciuto innocente solo per l’impossibilitą di utilizzare le prove raccolte, irregolarmente acquisite dai carabinieri che sequestrarono senza autorizzazione un suo giubbotto con tracce di polvere da sparo, e raccolsero illegalmente una sua deposizione in cui lo stesso confessava di essere stato presente al momento dell’agguato.

I “ GUERRIERI”

Lo scioglimento della “Fossa dei leoni” giunse al termine di un lungo conflitto strisciante, prendendo a pretesto il furto di uno striscione ad opera di ultras juventini.

La “Fossa” venne accusata di aver richiesto l’intermediazione della Digos. Un fatto inaccettabile secondo le regole della curva. Prima le accuse, mai realmente dimostrate, poi le pressioni, le minacce e le aggressioni, infine la decisione da parte dei dirigenti della “Fossa” di abbandonare.

Nel vuoto creatosi si materializzņ un nuovo gruppo che ne prese subito il posto, i “Guerrieri ultras”, con il simbolo di un guerriero scozzese. Non spuntavano proprio dal nulla, gią presenti in curva, legati come ormai brigate e commandos a consolidati giri di malavita organizzata, colsero solo un’occasione. La curva con i suoi affari, valutabili secondo alcune stime, in due milioni di euro l’anno (tra rivendita di biglietti, gadget, coreografie e organizzazione delle trasferte), rappresentņ un richiamo irresistibile.

Cosģ č oggi la curva sud, quella del Milan, con nuovi padroni, in procinto di ridisegnare le gerarchie, non tramite infiltrazioni di tipo politico. I richiami sempre pił insistenti alla destra sembrerebbero rappresentare in definitiva solo una conseguenza del prevalere di ambienti criminali, da sempre con spiccate simpatie destrorse.

Due i fatti di cronaca su cui la magistratura sta indagando.

- Il ferimento a colpi di pistola, il 17 ottobre dello scorso anno, a Sesto San Giovanni, di un esponente dei “Commandos tigre”,
- l’aggressione a Milano, fuori dallo stadio, il 25 gennaio, ad un altro tifoso milanista proveniente dai centri sociali, accusato di essere un confidente della polizia. Dieci gli indagati per il primo episodio, due le persone arrestate per il secondo.

IL FATTO - Martedģ scattano le manette ai polsi di Giancarlo Capelli, alias "Il Barone", 59enne storico capo della curva rossonera. E poi, ai polsi di Giancarlo "Sandokan" Lombardi, 32enne, Mario Diana, 40 anni, Claudio Tieri, 33 enne, Federico Zinguernke, detto Pablo, 31enne, Alessandro "Peso" Pozzoli, 34 anni e Marco Genellina, 24enne. In effetti nell'ordinanza di custodia firmata dal gip Federica Centonze, ricorrono anche i nomi di Karim Navarrini, Cristian Torti e Davide Maarouf. Per loro tre perņ il pm non chiede alcuna misura cautelare, visto che non si configura il reato associativo.

LE MOTIVAZIONI - Perchč sono finiti in carcere? Per estorsione ma anche "per tutta una serie di delitti, in occasione e nell'ambito di manifestazioni sportive calcistiche, ed in particolare di reati di porto e lancio di torce ed artifizi pirotecnici e di estorsione, ai danni della societą Milan Ac", scrive il gip. In effetti questa dizione generica č solo il preludio a una brutta storia che potrebbe - almeno a livello di ipotesi - essere "replicabile" come modello anche per altre societą (ricordate il derby tra Roma e Lazio con i tifosi in campo?).

IL FERIMENTO - Le indagini cominciano con il ferimento di Leonardo Avignano, il 16 ottobre 2006. Il ragazzo "viene attinto da uno dei colpi d'arma da fuoco esplosi al suo indirizzo dal passeggero di una moto che immediatamente dopo si dą alla fuga" presso il Centro Commerciale 'Vulcano' di Sesto San Giovanni. Gli inquirenti indagano e cosa scoprono? Che Avignano risulta "appartenere ad un gruppo organizzato di tifosi ultras denominato Commandos Tigre. Le notizie acquisite in quel frangente dalla Digos di Milano e dalla Ps di Sesto San Giovanni convergono nella direzione di un atto criminale derivato da dissidi e risse verificatisi all'interno della curva ultras milanista, rispetto ai quali l'atto a danno di Avignano sembra avere una finalitą punitiva". E qui occorre qualche spiegazione alle carte processuali.

LA STORIA - I Commandos Tigre sono una delle organizzazioni della curva milanista. Nascono poco dopo la Fossa dei Leoni, nata nel 1968. Le “Brigate rossonere”, la seconda formazione per importanza, arrivarono pił tardi, nel 1975. Sono gli anni in cui nella curva sud dello stadio di San Siro, protagonisti migliaia di giovani, si sventolava un gran bandierone con il ritratto del Che. Un fenomeno solo in parte imitativo delle grandi manifestazioni di massa dell’epoca. Questo č lo scenario "consolidato" della tifoseria milanista, che poi perņ comincia a mutare. Dopo un anno dalla discesa in campo di Berlusconi. A mostrare quanto sia avvenuta la virata a destra dei supporter č l'uccisione avvenuta il 29 gennaio 1995, prima della partita Genoa-Milan, del giovane tifoso Vincenzo Spagnolo sul piazzale antistante lo stadio Ferraris. Dall’inizio di quel campionato si erano, infatti, gią formate le “Brigate rossonere due”, una sorta di gruppo informale e clandestino, di struttura parallela al club ufficiale. Al suo interno anche qualche figura proveniente dalla militanza nell’estrema destra. La “rissa” a Genova, come scrissero i magistrati, “era stata da loro programmata”.

Non č finita, il tifo č molto agitato al suo interno. In preda a una sorta di convulsione politica. Nell’aprile 1997, sui Navigli, in piena campagna elettorale, viene ferito il consigliere comunale di Rifondazione comunista Davide Tinelli.

Nel marzo del 2000 a Cologno Alessandro Alvarez, un giovane neofascista, viene assassinato. Alla fine, dopo questo travaglio, muore la Fossa dei Leoni. E nascono i Guerrieri, con il simbolo di un guerriero scozzese.

I Guerrieri iniziano a "sgomitare". Non sono entrati in campo per nulla. Il loro intento č mettere le mani su un business molto redditizio, quello della rivendita dei biglietti. Un giro d'affari che viene stimato sui due milioni di euro all'anno.

"Il gruppo dei Gerrieri compare nell'autunno del 2005 - spiegano i magistrati - ad opera dell'indagato Giancarlo Lombardi che, dopo lo scioglimento della storica Fossa dei Leoni, cerca spazio all'interno della curva. Come si vedrą nel proseguio, tuttavia, la presa di posizione di Lombardi e soprattutto il metodo prevaricatore con cui cerca di affermarsi, determinano una serie di tensioni, legate in particolar modo alla gestione dei biglietti concessi a condizioni agevolate dalla societą Milan, e fino a quel momento destinate alle formazioni consolidate, quali i 'Commandos Tigre', con il loro referente Michele Cardona, detto 'Ricky', e le 'Brigate rossonere', in persona del loro leader Giancarlo Capelli detto il Barone".

IL BARONE - Capelli, appunto. Il rispettatissimo "Barone". 59 anni, si trova all'improvviso senza organizzazione alle spalle. La Fossa si č sciolta, il leone č fuori dalla gabbia. Cerca un nuovo gruppo da guidare, con l'esperienza e la diplomazia, la forza e il carisma. Per Lombardi, alla ricerca di un posto al sole (e allo stadio) per i Guerrieri, č l'uomo giusto per "sfondare" e imporsi. Ma per fare questo deve prima provocare una rottura del "Barone" con l'altro capo storico, quello dei Commandos, Cardona.

Impresa riuscita, stando alle parole che Simone Chiodi, altro esponente dei Commandos, pronuncia davanti agli inquirenti: "Di certo c'č che il Cardona e il Capelli hanno litigato e da quel momento si puņ dire che non c'č pił unitą nella Curva, quasi una sorta di anarchia. Una mia deduzione č che il Lombardi sia riuscito nell'intento di spaccare la Curva per acquisire pił potere con il suo gruppo - racconta Chiodi - Ricordo che durante la partita Milan-Torino ad un certo punto il Lombardi venne gił da noi stranamente per la prima volta a vadere la partita. Si fermņ infatti per tutto il primo tempo. Quando furono lanciate le torce (in campo, ndr) lui si alzņ con le mani ai fianchi guardando prima tutto il nostro settore e poi sopra, non proferendo parola. Noi rimanemmo di ghiaccio. Per la prima volta mi č sembrato che da noi sepreggiasse un senso di impotenza per un'azione che disapprovammo totalmente ma per la quale non abbiamo reagito perché avevamo la consapevolezza di vivere al di fuori delle regole dello stadio da sempre accettate da noi, e all'interno di una logica puramente mafiosa e criminale fatta di ricatti ed intimidazioni".

In pratica il meccanismo č semplice. Torce, bastoni, violenza. Tutto viene utilizzato per prendere il sopravvento all'interno della curva. E per coprire quel buco lasciato vuoto dalla Fossa dei Leoni.

IL MILAN - Ma non č l'unica direzione seguita da Lombardi e Capelli. Perchč l'obiettivo non č solo quello di avere il predominio, ma soprattutto quello di ottenere i tagliandi a prezzi scontati da rivendere. E allora Claudio Tieri, dei Guerrieri, inizia a tempestare di telefonate la societą rossonera. All'altro capo del telefono risponde a volte Daniela Gozzi, responsabile della gestione settore stadio, a volte Marco Minorati, addetto al booking.

"Il Tieri continuava ad insistere di voler essere messo in contatto con qualche dirigente della societą, minacciando, al contempo, che nel caso in cui la sua richiesta in merito ad un'eventuale distribuzione di bilgietti a favore del suo gruppo, sia da parte della societą Milan, che da parte degli altri gruppi Ultras non fosse stata prese in considerazione, di poter causare disordini allo stadio sia tramite lancio di torce in campo che con scontri con gli altri gruppi ultras interni alla curva milanista, anche in occasione della partita del giorno successivo, l'8 novembre 2006", spiega Minorati ai magistrati. Lombardi chiama Tieri proprio l'8 novembre. E una sua frase intercettata č eloquente: "Noi siamo noi, vogliamo farci i cazzi nostri e lģ dentro tutti si fanno i cazzi loro, non vedo il motivo perché non dobbiamo avere il filo diretto con la societą".

Filo diretto a qualunque costo. E se c'č da portar dentro razzi e mazze, non ci sono problemi. Lo conferma una telefonata del 13 novembre 2006 tra Tieri e Karim Navarrini.

TIERI: Cazzo, mi sono perso i gadget sabato sera
NAVARRINI: che gadget?
T. Eh il casco, il manganello, qualche pezzo di quei poliziotti
N. ahhh
T. Era da scavallargli tutto
N. che non č facile, vuol dire anche pigliarle se gli vai sotto per rubargli la roba č pericoloso. Ho sentito che li avete pettinati mica da ridere
T. e minchia Marcone (Genellina, ndr) sta entrando, aveva una torcia in tasca, minchia questo lo ha brancato io mi sono subito messo in mezzo, ma oh, ma che cazzo fai, mollalo gli ho detto, minchia per una torcia stai facendo questo bordello, minchia si gira l'altro, sbammm, parte con il manganello
N, oh, ma sei scemo?
T. oh ragazzi, ma siete fuori? a quel punto lģ cosa abbiamo fatto, io glio ho dato un caclio a uno, č arrivato l'altro, il vecchio di fossa...
N. Pablo?
T. Pab lo, ha caricato di bestia poi nel frattempo quell'altro correva dietro a Marco verso le rampe, minchia quando quelli lģ sono partiti, gli altri due li abbiamo mollati un attimo son partiti, siamo riusciti a tirargli le manganellate da dietro, minchia sono finiti in un angolo tutti e tre e tutti attorno, la loro fortuna che č arrivato Giancarlo che ha detto "ragazzi lasciateli stare"
N. dopo ti vengono su ad acchiappare se li ammazzi eh...
T. va beh, magari li spaccavi un po', ERA UN PUNTO DOVE NON C'ERANO TELECAMERE

MODELLO LAZIO - Sempre Tieri parla al telefono con Navarrini una settimana dopo. E dą un'indicazione interessante.

T. Sembra che la societą si stia ammorbidendo anche su un discorso di agevolare bene determinate cose. Se sti merda invece di pagare le multe ci girano un po' di soldi per fare un po' di cose non sarebbe mica male...
N. Come fanno alla Lazio che non pagano le multe e pagano gli ultrą. Li pagano e basta
T. "almeno darci una mano nelle trasferte pił cazzute, o regalami il biglietto o pagami il volo"
T. Dice che la societą dovrebbe agevolarli, rompendo meno i coglioni, altrimenti lancerebbero fumogeni in campo per fare multare di 250mila euro la societą, "cosģ ci romperebbero meno il cazzo e ci darebbero le loro agevolazioni Alitalia".
N. Se vogliono rompere i coglioni, romperemo i coglioni
T. Spacchiamo lo stadio e glielo buttiamo in campo, perņ non lo facciamo alla partita del Milan ma a quella dell'Inter, cosģ almeno squalifichiamo il campo a loro.

Tieri č sempre pił esplicito, e direttamente con il Milan, parlando con la Gozzi. "Da questi biglietti facciamo uscire anche dei soldi che servono a diciamo... dare com un rimborso spese a chi dą una mano a contribuire a far sģ che la curva sia sempre piena... Signora i fumogeni si possono eliminare, dipende tutto da voi, gli ho detto. Noi non abbiamo nessun problema a non accendere i fumogeni, dipende da voi! Ho detto, per adesso noi stiamo tranquilli.

 

 

«Morto il super-ricercato nazista»

Una tv tedesca svela il mistero: «Stroncato dal cancro
nel '92, viveva sotto falso nome in Egitto»

Aribert Heim
Aribert Heim

La lista dei nazisti ricercati si apriva con il suo nome: Aribert Heim, il «dottor morte», responsabile di atroci esperimenti nei campi di sterminio. Lo cercavano dal Sud America al Vietnam e invece si era nascosto in Egitto, dove sarebbe deceduto per un tumore nel 1992. A scoprire la veritą un’inchiesta congiunta della tv tedesca Zdf e del New York Times. Convertitosi all’Islam, Heim si faceva chiamare Tarek Hussein Farid ma per molti era semplicemente lo «zio Tarek». Aveva la passione per le foto, ma evitava di farsi riprendere. Per tenersi in forma percorreva quasi 20 chilometri al giorno e ogni tanto giocava a tennis. Amava trascorrere ore al famoso caffč Groppi del Cairo, dove ordinava spesso la cioccolata e offriva dolciumi ai figli degli amici. Un profilo che non sembra quello di un criminale di guerra feroce.

 

UN ALTRO MENGELE - Durante il nazismo, Heim usava i prigionieri come cavie. Eseguiva operazioni senza anestesia, iniettava veleni e benzina, conduceva test terribili sui malcapitati. Una crudeltą pari a quella dell’altro «dottore», Josef Mengele. Per anni gli hanno dato la caccia arrivando ad offrire una taglia di oltre un milione di dollari, lanciando appelli e sollecitando la collaborazione internazionale. Dopo aver vissuto a Baden-Baden, Heim fugge prima in Francia, poi in Marocco e quindi si stabilisce al Cairo nell’hotel Kasr Al Madina della famiglia Doma. Durante il lungo soggiorno prepara dossier, conduce ricerche sugli ebrei, scrive lunghe lettere che spedisce, con il nome di Youssef Ibrahim, al segretario dell'Onu Waldheim, al consigliere per la sicurezza nazionale americana Brzezinski, al maresciallo Tito. I suoi amici egiziani sostengono di non aver mai conosciuto la sua reale identitą, anche se sospettavano che avesse qualcosa da nascondere. Solo la famiglia, rimasta in Germania, sapeva del segreto. Heim ha lasciato ai Doma una valigia zeppa di carte, ricevute, disegni, bozze delle lettere, certificati medici. Su un documento intestato a Tarek Farid c’era la sua vera data di nascita: 28 giugno 1914, Radkersburg, Austria. Quella sul certificato di morte risale, invece, al 10 agosto 1992. Sembra che avesse scritto nel suo testamento che desiderava lasciare «il corpo alla Scienza», in modo che potessero condurre degli esperimenti. Quasi un proseguimento di quanto aveva fatto nei lager. Invece, le autoritą egiziane decidono di seppellirlo in una fossa senza alcuna iscrizione. Un particolare che non permette di chiudere del tutto il mistero.

Stragi naziste, Berlino s'appella all'Aja
Ricorso contro l'Italia per non pagare:GLI ALLEATI CHE NON PAGANO MAI....

La Germania: no alle richieste di pagamenti di danni avanzate dagli italiani

BRUXELLES - La Germania non si considera responsabile delle violazioni dei diritti umani compiute dal Reich durante la Seconda Guerra Mondiale. Per questo ha presentato alla Corte internazionale di giustizia dell'Aja un ricorso contro l'Italia per non pagare: Berlino in pratica considera una violazione della sovranitą tedesca le richieste di pagamenti di danni avanzate dagli italiani.
 

«VIOLATI GLI OBBLIGHI INTERNAZIONALI» - Quello tra Germania e Italia č un contenzioso che si trascina da molti anni: oggetto del contendere le sentenze pronunciate in questi anni in seguito alle cause intentate da italiani deportati in Germania dopo l'8 settembre 1943. Sentenze che hanno portato ad atti formali contro beni di proprietą tedesca, come l'iscrizione al catasto di un'ipoteca giudiziaria su Villa Vigoni, il centro culturale italo-tedesco in provincia di Como. In base alle informazioni contenute in una nota diffusa dalla Corte, la tesi sostenuta dai tedeschi č che l'Italia, «permettendo che fossero intentate» contro la Germania «azioni civili fondate su violazioni dei diritti umani commesse dal Reich nel corso della Seconda Guerra Mondiale, tra il settembre del '43 e il maggio del '45, ha violato i suoi obblighi internazionali non rispettando l'immunitą di cui gode la Repubblica federale di Germania in virtł del diritto internazionale». Inoltre, Berlino chiede ai giudici dell'Aja di dichiarare che l'Italia ha violato la sua immunitą anche nel prendere misure esecutive su Villa Vigoni, proprietą dello Stato tedesco.

CASO FERRINI - Nel ricorso all'Aja Berlino fa riferimento anche alla sentenza della Cassazione dell'11 marzo 2004 relativa al caso Ferrini, sentenza confermata da decisioni assunte a maggio e ottobre di quest'anno. Dopo quella sentenza. sostiene il ricorso tedesco, numerose altre cause sono state avanzate davanti alla giustizia italiana contro la Germania da persone che ritengono di aver subito danni in seguito al conflitto.

 

Verona, pestaggio al bar. Arrestati 8 ultras

I giovani fermati dalla Digos sono vicini alle frange dell'Hellas e dell'estrema destra

Gli otto indagati (Fotogramma)
Gli otto indagati (Fotogramma)

VERONA - Otto giovani, vicini alle frange ultrą dell'Hellas Verona e all'estrema destra, sono stati arrestati dalla Digos della cittą scaligera in esecuzione della custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari, Sandro Sperandio. I provvedimenti sono legati alle indagini condotte dalla Digos veronese sul pestaggio del 4 gennaio scorso di alcuni giovani all'esterno di un bar nel centro storico, nel corso del quale una ragazza era stata colpita al volto con un posacenere e per questo aveva riportato alcune fratture.

 

I PRECEDENTI - Nel corso dell'operazione, scattata stamani, sono state eseguite anche una ventina perquisizioni su disposizione del procuratore della Repubblica Mario Giulio Schinaia. Alcuni dei giovani arrestati erano gią stati indagati dalla stessa procura veronese nell'estate del 2007 per associazione a delinquere finalizzata a lesioni aggravate dalla discriminazione politica e razziale


 

Studenti "comunisti" pestati da naziskin

La Digos ha arrestato quattro persone. Uno delle due vittime č grave in ospedale

BOLOGNA - Quattro attivisti di estrema destra sono stati arrestati dalla Digos per un'aggressione compiuta la scorsa notte, nel pieno centro di Bologna, a due giovani di sinistra, etichettati come "comunisti". Prima gli insulti politici, poi il pestaggio: una delle vittime, un 34enne di Catanzaro, č in condizioni serie all'ospedale Maggiore con il naso e una mascella fratturati e una lesione ad un occhio, un suo amico di 21 anni se l'č cavata con qualche livido.

QUATTRO ARRESTATI - Gli arrestati sono Luigi Guerzoni, 33 anni, di Bologna e residente nel ravennate, commerciante, Vincenzo Gerardi, 26 anni, operaio di Cento (Ferrara), residente ad Argelato, entrambi gią noti alle forze dell'ordine; Gunther Xavier Latiano, studente di 25 anni, di S.Giovanni Rotondo (Foggia), residente a Bologna, e Alessandro Malaguti, 20 anni, operaio di S.Giovanni in Persiceto residente a Crevalcore, questi ultimi incensurati. Gerardi, noto con il soprannome di "miccia", č imputato a Bologna per associazione per delinquere finalizzata alla discriminazione e all'odio o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionalistici e religiosi, in un processo che vede coinvolti diversi esponenti di gruppi di estrema destra, per episodi avvenuti tra il 2002 e il 2006. Nella stessa inchiesta era finito anche Guerzoni, che č stato perņ prosciolto all'udienza preliminare, ma ha alle spalle numerosi precedenti di polizia per reati di discriminazione razziale, porto d'armi, fabbricazione di ordigni esplosivi, violenze e minacce a pubblico ufficiale. Guerzoni inoltre fa parte, insieme a Malaguti, del gruppo musicale "Legittima offesa"; sul proprio sito web il gruppo si definisce «skinheads-band nazionalista e anticomunista».

L'AGGRESSIONE - Ieri sera i quattro, dalle teste rasate e vestiti con abiti e simboli "nazi", avevano passato la serata in un locale del centro per festeggiare il compleanno di Guerzoni, insieme ad altri amici, in tutto una decina, fra cui un paio di ragazze. Poco dopo le tre, secondo quanto ha ricostruito la Digos, a pochi passi dalle Due Torri, hanno incrociato l'altro gruppo di giovani, sei-sette ragazzi (in gran parte studenti fuori sede pugliesi e calabresi), che provenivano da piazza S.Stefano dopo una festa di laurea. A scatenare gli insulti («comunisti di merda», «partigiani di merda») sarebbe stato il loro aspetto: capelli lunghi e soprattutto una chitarra e un bongo, che č stato subito preso di mira e danneggiato. In due avrebbero reagito alle provocazioni, rispondendo: «Sģ sono comunista e me ne vanto» e «Bisogna essere fieri di essere partigiani, i partigiani hanno liberato l'Italia». Le frasi hanno scatenato la rabbia dei quattro che li hanno colpiti con calci, pugni e bottigliate, ma anche con sedie e sgabelli presi dai gazebo esterni di alcuni locali. Ad avere la peggio č stato il trentaquattrenne, pestato anche dopo essere caduto a terra.

LE FERITE - Portato in ambulanza al Maggiore, ha riportato contusioni, fratture e trauma cranico che rendono le sue condizioni gravi. Nel pomeriggio č stato trasferito, per una consulenza, all'ospedale Bellaria. I quattro naziskin sono stati rintracciati quasi subito dalla polizia, chiamata da un amico dei due ragazzi aggrediti, che ha fermato una Volante. Latiano, che era ancora sul luogo del pestaggio, č stato fermato immediatamente, mentre gli altri tre sono stati rintracciati poco dopo. La Digos ha gią sentito diversi testimoni, tra cui il ragazzo ferito in modo lieve, che hanno riconosciuto con certezza i quattro arrestati. Per loro il Pm Gabriella Tavano ha disposto l'accompagnamento in carcere, in attesa dell'udienza di convalida davanti al Gip.


15 novembre 2008(ultima modifica: 16 novembre 2008)

A Verona 5 balordoni hanno ammazzato di botte un ragazzo per una sigaretta, a Roma balordoni con la testa rasata vanno in giro a gonfiare di botte la gente "a caso", cioč chi prendono prendono...,a Torre Annunziata due turisti tedeschi che campeggiavano in spiaggia sono stati gonfiati di botte, lei poi č stata stuprata in massa e le sono stati spaccati i denti come ringraziamento, a Milano altri due balordoni hanno ammazzato a sprangate un ragazzo per un biscotto, poi: stupri domestici, assassini in serie di badanti, ex amanti, ex mogli, suoceri rompicoglioni, vicini casinisti....per tutti questi "articoli" l'emergenza nazionale sulla sicurezza come per magia scompare. Si esaltano invece le 4 massime cariche dello stato fallito italiota che grazie alla Legge Allargata Ad Personam sopra il blocco dei procedimenti penali voluta da "Champion Chips" NON possono essere toccati: quindi possono fare tutto senza pagare pegno, tutto!!! Ma non basta: il tutto comprende l'erosione profonda delle finanze di stato (vedere Rete4 ed Alitalia) con abbassamento delle tutele rimaste con la scusa del pareggio dei conti statuali, l'allargamento della truffa legalizzata (Portabilitą dei Mutui a favore delle....banche, Contabilitą Creativa, riforma del diritto societario per aggirare norme anti concentrazione, per aggirare i controlli della Consob....), la diffusione della bugia sistematica di stato grazie ad un vasto corpo giornalistico genuflesso ai pubblici finanziamenti, necessari per mantenerli in piedi, copertura di fallimenti non solo finanziari (di nuovo Alitalia, ma anche Fiat, Telecom....)ma anche di impatto ambientale (il disastro ecologico della Campania ad opera di aziende senza scrupoli....),allargamento scomposto dell'avido interesse privato a scapito della salute (vedere il pezzo sopra l'ultimo avvicendamento voluto da "Champion Chips" all'organo che dovrebbe controllare il prezziario delle case farmacie...). Il tutto sembrerebbe senza fine...
 

Canzoni naziste, cd clandestini
Paserman: "Siamo sconvolti"
. Impazza in rete la musica AOR CON "ANNA NON C'E'" DEI 99 FOSSE, e vi risparmiamo la teoria dei concertini dei vari "centri sociali"....

di MARCO PASQUA


 

Canzoni naziste, cd clandestini Paserman: "Siamo sconvolti"


Il loro nome si richiama a quello dei 99 Posse, uno storico gruppo che si č sciolto nel 2005, legato ai centri sociali. Con loro, perņ, non hanno niente a che vedere: la musica dei 99 Fosse č di chiaro stampo antisemita, auspica la morte degli ebrei e deride la Shoah e i campi di sterminio. Le loro canzoni sono apparse recentemente su Youtube, ma possono anche contare su un sito dedicato nella community di Netlog, con tanto di fan riconoscibili dai nick e dalle foto di ispirazione fascista: da Forza Nuova Macerata a PrincipeNeroFN, passando per Sasha Sieg Heil.

Ad esaltarli e lodarli ci pensano anche quanti si riuniscono nella sezione italiana del forum neonazista "Storm Front": sito registrato in America, che espone in homepage una croce celtica e la scritta, in inglese, "orgoglio bianco mondiale". Il suo fondatore, Don Black, č un ex leader del Ku Klux Klan.

A caricare le canzoni antisemite dei 99 Fosse su Youtube č stato un utente italiano che si firma come "Karl Gebhardt": era il nome del medico personale di Heinrich Himmler, ministro dell'Interno del Reich, noto per condurre esperimenti nel campo di concentramento femminile di Ravensbrück, utilizzando come cavie le prigioniere polacche e russe.

L'album dei 99 Fosse, mai pubblicato e circolato clandestinamente nei circuiti della destra estrema e degli skinhead a partire dalla fine degli anni Novanta, si intitola "Zyclon B", proprio come il veleno usato dai nazisti per sterminare gli ebrei nelle camere a gas. Le canzoni hanno una forte connotazione antisemita, e utilizzano melodie di brani noti. Uno di questi č "Anna non c'č", riscrittura di "Laura non c'č" di Nek. Parlando di Anna Frank, la canzone recita: "Anna non c'č, č andata via. L'hanno trovata a casa sua, nella soffitta di Amsterdam, ora č sul treno per Buchenwald".


Altri titoli sono: Himmler (basato su "Gianna" di Rino Gaetano), Nati sotto la stella di David (da "Nata sotto il segno dei pesci" di Venditti), ma anche "Azzurro" e "Alba Chiara". Tutte le canzoni sono liberamente consultabili, da sabato scorso, su Youtube. Gią nei mesi passati, comunque, alcuni di questi brani erano stati rimossi, dopo le proteste degli internauti (ogni video puņ essere segnalato agli amministratori della piattaforma, se viola le regole della community).

Ma sul forum Storm Front non mancano i numerosi commenti di chi esalta i testi di questo gruppo, definito "fra i pił divertenti dell'area alternativa italiana". C'č chi sostiene la necessitą di far parlare i revisionisti ("Se solo gli venisse aperta la bocca e non venissero repressi da istituzioni, universitą ecc.., a quest'ora l'olocausto sarebbe gią diventato un mito per tutta l'umanitą"); chi sostiene che il diario di Anna Frank fosse un falso ("Probabilmente č stato scritto per sensibilizzare la gente sui 'bravi ebrei'); c'č poi qualcuno che avanza delle perplessitą: "Carine queste canzoni. Anche se sembrano un po' deridere certi avvenimenti: hanno sicuramente ragione a dire quel che dicono, ma cosģ facendo rendono poco credibili coloro che cercano, in modo serio, di smontare alcuni luoghi comuni duri a morire, come l'Olocausto".

Naturalmente le tesi revisionistiche sono quelle che vanno per la maggiore: "La storiella della camere a gas serve solo ad alimentare il mito antirazzista e le fantasie sadiche di qualche pervertito", si legge sul forum. Per quanto riguarda l'identitą dei 99 Fosse, un commentatore racconta che il cantante č stato visto "in un concerto skin, a Roma". "Ovviamente - dice - puņ cantare solo in posti sicuri, fra gente intima".

La comunitą ebraica
condanna duramente i video e i loro autori. A cominciare da Leone Paserman, presidente della Fondazione museo della Shoah, che si dice "sconvolto": "Siamo davanti ad una palese apologia del nazismo, all'irrisione dei milioni di vittime morte nei campi di concentramento. Non riesco a capire come la gente possa tollerare frasi del genere". Per il portavoce della comunitą ebraica di Milano, Yasha Reibman, "ci sono delle leggi che andrebbero applicate, come quella di apologia del fascismo: siamo in un Paese dove questo non sempre avviene, e non solo per questa materia". La vicenda, spiega Reibman, sarą discussa dalla comunitą ebraica milanese, che valuterą se procedere con una denuncia.

(19 novembre 2008)

 

L'ereditą di Haider e gli ebrei italiani

La tenuta fu sottratta alla vedova del proprietario grazie alle leggi razziali

 

Candele per Haider (LaPresse)
Candele per Haider (LaPresse)

DAL NOSTRO INVIATO
KLAGENFURT — L'ereditą spirituale? Ma no, l'ereditą vera. Jörg Haider attende ancora d'essere sepolto, sabato, nella sua Bärental, s'attende l'ultimo saluto dei leader austriaci e la calata a Klagenfurt dei governanti d'oltreconfine come il friulano Renzo Tondo, le bandiere rosse-gialle- bianche sono ancora a mezz'asta, i ceri ancora accesi nella Piazza nuova e compare — a turbare l'immagine del leader, a cui dopo la morte č stato reso un corale tributo — quella domanda impertinente e fastidiosa: e che ne sarą adesso dei suoi — discussi, controversi — poderi?

 

Risposta semplice: li ereditano la moglie Claudia, 51 anni, e le figlie Ulrike, 31, e Cornelia, 28. Ma non sono noccioline. Quindici milioni di euro, circa, perché Haider era un uomo ricco al di lą dello stipendio (lordo) di Landeshauptmann di 16.320 euro. Una bella casa a Klagenfurt, un appartamento medio a Vienna, un parco macchine dove spicca una Porsche Cayenne e soprattutto la Bärental. Ovvero, quasi tutti — o una bella parte — dei terreni in questa valle alpina lunga quasi 7 chilometri, la «valle degli orsi»: 1.600 ettari di proprietą. Prati, boschi, la cappella di S. Michele, all'ombra delle Karawanken e quasi fino al confine della Slovenia, anche se Haider nelle valli ha fatto togliere tutte le insegne bilingui in sloveno perché gli davano fastidio.

E cosģ torna sui giornali la storia nota di come Haider sia diventato il padrone di queste terre una volta appartenute agli ebrei. L'ereditą donatagli da uno zio acquisito, Wilhelm Webhofer, che a sua volta l'aveva ricevuta dal padre Joseph. Č qui che la storia si fa drammatica: Joseph le compra per un prezzo irrisorio (300.000 marchi tedeschi), nel 1939, dalla vedova di un ebreo italiano, Mathilde Roifer. Non aveva altra scelta, la signora, dopo la promulgazione delle leggi razziali: la Bärental doveva essere arianizzata, gli ebrei schiacciati e privati delle loro ricchezze.

E Haider, a quel dono che lo ricollegava agli orrori (e ai profittatori) del regime hitleriano come ha reagito? L'ha sempre difeso, pure in tribunale. Nel 2000, la figlia di Mathilde Roifer, l'allora 73enne Noemi Merhav, l'ha citato a giudizio: reclamava la restituzione della valle. Ma Haider ha vinto, la transazione era regolare e poi la signora — sopravvissuta all'Olocausto — nel 1954 era stata ricompensata, dopo le richieste del Congresso ebraico al governo austriaco: tre volte il prezzo pagato nel '39, soldi in buona parte sborsati da Webhofer. «Per quei tempi non mi sembra proprio poco» disse una volta Haider. Cifre irrisorie, per chi ha fatto i conti: in totale, compensazioni comprese, circa un quarantesimo del valore attuale del podere. Eppure, nella Bärental Haider era amatissimo da tutti. Il sindaco socialdemocratico, Sonya Feinig, dice «avevamo rapporti eccellenti »; un «Super Mensch», un grande uomo, per gli avventori dell'osteria di Feinitz; «un amico » per il vicario generale Gerhard Kalidz. Certo, la Bärental gli ha dato parecchi guai: come quando assunse, per farli lavorare sotto costo nei boschi, dei bosniaci, lui che pubblicamente tuonava contro i clandestini. Ma era anche diventata un simbolo politico, quella Bärental-Republik: lo sfottņ coniato dalla satira politica lui l'aveva adottato come uno slogan, un vanto. E ora, un'altra volta, la questione dell'ereditą. Fatti privati della famiglia di Jörg Haider, s'intende, non fosse che le ombre lunghe della Bärental gettano un'altra volta una luce pił cupa sulla sua finale, pubblica agiografia.

SI ACCENNA A UN «SIMONE» CHE AVREBBE GUIDATO UNA RIVOLTA CONTRO I ROMANI

La tavola che racconta la storia
del messia risorto prima di Cristo

L'interpretazione dell'iscrizione su un reperto del Mar Morto divide gli studiosi

 

 

Gli scavi di Qumran, nel Mar Morto (Ap)
Gli scavi di Qumran, nel Mar Morto (Ap)

E' uno dei reperti storici pił controversi dell'antichitą e la sua dubbia interpretazione da circa un decennio causa interminabili dibattiti tra insigni studiosi internazionali. Si tratta di una tavola di pietra, scoperta circa dieci anni fa vicino al Mar Morto e lunga circa 90 cm. Su di essa sono iscritti 87 versi in ebraico che narrano la storia di un Messia che sarebbe risorto tre giorni dopo la sua morte. Niente di nuovo se si pensa alla storia di Cristo narrata nei Vangeli, ma vi č un particolare davvero singolare: il reperto storico risalirebbe ad un’epoca antecedente alla nascita di Gesł. A riproporre il mistero di questa tavola di pietra, conservata all'Israel Museum di Gerusalemme, č il New York Times: il quotidiano della Grande Mela afferma che nuovi interessanti particolari su questo reperto saranno rivelati nei prossimi giorni durante una conferenza che si terrą nello stesso museo di Gerusalemme per festeggiare i 60 anni dalla scoperta dei Manoscritti del Mar Morto (i preziosissimi frammenti archeologici ritrovati in undici grotte nell'area di Qumran a metą del Novecento)

 

STORIA - Scoperta da un antiquario giordano e in seguito comprata dal collezionista svizzero di origine ebraiche David Jeselshon, secondo alcuni studiosi questa tavola di pietra metterebbe seriamente in discussione l’originalitą del Cristianesimo e della resurrezione di Cristo. Gran parte del testo riporterebbe passi dell’antico Testamento, specialmente i libri dei profeti Daniele e Zaccaria in cui l’angelo Gabriele presenta una visione apocalittica della storia di Israele. Secondo gli archeologi tra le iscrizioni presenti sulla tavola vi sarebbe anche un passo in cui č raccontata la storia di un Messia risorto dopo tre giorni. Ciņ confermerebbe che una vicenda simile a quella della Resurrezione di Cristo era presente nella cultura ebraica prima che Gesł nascesse ed era ben conosciuta dai cittadini che vivevano nell’antico Israele. Successivamente sarebbe stata ripresa dai seguaci di Gesł e riadattata per diffondere la nuova fede. Altri studiosi sembrano pił cauti: essi sottolineano che sulla pietra molte parole appaiono illeggibili, in alcuni punti sono addirittura scomparse, quindi č impossibile per adesso stabilire la veritą.

IL MESSIA - Una ricerca pubblicata l’anno scorso da Ada Yardeni e di Binyamin Elitzur, entrambi studiosi di iscrizioni antiche, sulla rivista specialistica «Cathedra» gettņ una nuova luce sul mistero della tavola di pietra: l'articolo, intitolato «La rivelazione di Gabriele» confermava che la pietra risalisse al I secolo A.C. e i due studiosi mettevano in dubbio che il tema del Messia risorto fosse un evento raccontato per la prima volta dai Vangeli cristiani. A dire il vero gią nel 2000 il professor Israel Knohl della Hebrew University aveva presentato una dettagliata e originale interpretazione sulla contiguitą tra la resurrezione di Cristo e un precedente racconto ebraico che aveva come tema il Messia risorto. Nel libro intitolato «Il Messia prima di Gesł» Knohl asseriva che il protagonista della resurrezione di cui parla la tavola di pietra era un certo Simone, un condottiero ebreo che avrebbe scatenato una rivolta all’indomani della Morte di Erode per liberare Israele dal giogo romano. Tale vicenda sarebbe presente anche nel Talmud, uno dei testi sacri dell’Ebraismo e la rivolta sarebbe stata brutalmente soffocata dalle armate romane. Secondo lo studioso, la tradizione narrava di questo condottiero, che sebbene ucciso, sarebbe risorto tre giorni dopo la morte e avrebbe aperto la strada della libertą al popolo di Israele. Secondo lo studioso ciņ risulta chiaro nei versi 19-21 presenti sulla tavola di pietra nei quali si puņ leggere: «In tre giorni tu saprai che il diavolo sarą sconfitto dalla giustizia» mentre in altre righe si legge che il sangue e la morte del Messia sono la strada che porterą alla giustizia. Infine in due altri versi successivi, difficili da decifrare, Knohl sostiene che vi siano scritte le testuali parole: «Dopo tre giorni tu rivivrai, Io, Gabriele, te lo comando» (Gabriele č l'arcangelo che secondo la religione ebraica era il messaggero di Dio. Nel Vangelo di Luca č lui ad annunciare a Maria che partorirą il figlio di Dio)

CRITICHE - «Questi versi mettono in discussione l'originalitą del Cristianesimo» afferma il professor Knohl. «La resurrezione dopo tre giorni del Messia č qualcosa che esisteva gią nella tradizione ebraica prima che Cristo comparisse sulla Terra». Tuttavia molti studiosi non sembrano accettare le tesi del professor Knohl. La stessa ricercatrice Yardeni sostiene che sebbene la tavola di pietra mette seriamente in discussione l'originalitą del tema della resurrezione, č abbastanza discutibile affermare che il personaggio storico Simone sia il Messia da cui poi i cristiani avrebbero tratto ispirazione. Anche il professor Moshe Bar-Asher, docente emerito di Ebraico e Aramaico all'Universitą Ebraica di Gerusalemme appare scettico: «In passi cruciali del testo mancano troppo parole».

Francesco

 




 

 
 
 

CLASS ACTION CONTRO CJ-VALUE CLIK

MARKETING ON LINE SU MARKETSHARE!!

 

RE: Important Legal Notice Regarding Commission Junction’s Affiliate Network

If you joined or were a member of the affiliate marketing networks operated by ValueClick, Inc., Commission Junction, Inc. and/or Be Free (collectively, “Defendants”), between April 20, 2003 and the present, you may be a class member in Settlement Recovery Center et al. v. ValueClick, Inc. et al., No. 2:07-cv-02638-FMC-CTx, a lawsuit which is pending in the Central District of California. The Settlement Notice informs you of the Court's certification of a class for settlement purposes; the nature of the claims alleged; your right to participate in, or exclude yourself from, the class; a proposed settlement; and how you can claim an award of advertising credits under the settlement or object to the settlement.

The proposed settlement will resolve claims that Defendants failed to adequately monitor Commission Junction’s Network for the use by third parties of software that does not comply with Commission Junction’s (“CJ”) Publisher Code of Conduct and that is intended to steal or divert commissions from publishers on CJ’s network (“Non-compliant Software”), failed to adequately monitor or prevent third parties from engaging in the theft or “hijacking” of commissions from Advertisers and Publishers on CJ’s Network, and failed to make sufficient disclosures regarding the existence of Non-compliant Software and commission theft, resulting in losses to both advertisers and publishers on the CJ Network.

The proposed settlement will provide a monetary recovery to eligible class members. For class members that currently maintain an account on the CJ Network will receive payment through payments or credits deposited or applied to their CJ accounts; eligible class members that no longer have accounts on the Commission Junction Network will receive a check for an equal amount.

If you are a member of the class, your legal rights are affected by whether you act or do not act. You should review the Settlement Notice as soon as possible as there are several important deadlines that you must meet to take certain actions in connection with this proposed settlement. In particular, the deadline for filing an objection or excluding yourself from the proposed settlement is September 30, 2008. For further information, please refer to the Settlement Notice.

 

For a copy of the Settlement Notice, click on the link, or visit the case website at www.CJSettlement.com

 

Composizione Recovery Center v. VALUECLICK soluzione

Re: Avviso legale importante per quanto riguarda lo svincolo della Commissione Affiliate Network
Se si hanno aderito o sono stati un membro del marketing affiliato reti gestite da VALUECLICK, Inc, Commission Junction, Inc e / o deve essere libero (collettivamente, "Convenuti"), tra il 20 aprile 2003 e il presente, si puņ essere un classe membro in Composizione Recovery Center et al. v. ValueClick, Inc. et al., No. 2:07-cv-02638-FMC-CTx, a lawsuit which is pending in the Central District of California. V. VALUECLICK, Inc et al., No 2:07-cv-02638-CSP-CTx, una querela che č in attesa nel Distretto Centrale della California.  Il regolamento si informa Avviso della Corte di certificazione di una classe fini di regolamento; la natura dei presunti crediti, il diritto di partecipare a, o escludere da te, la classe; una proposta di risoluzione, e come si puņ chiedere l'applicazione di un premio di crediti pubblicitari sotto la liquidazione o un oggetto la liquidazione.

La soluzione proposta si afferma che risolvere Convenuti omesso di controllare adeguatamente Commission Junction Il Network per l'utilizzo da parte di terzi di software che non č conforme con Commission Junction's ( "CJ") Editore codice di condotta e che č destinato a rubare o deviare le commissioni da editori sul CJ di rete ( "non conformi Software"), ha omesso di controllare in modo adeguato o di impedire a terzi di porre in essere il furto o il "dirottamento" di commissioni da inserzionisti e publisher su CJ della rete, e non sufficienti informazioni per quanto riguarda l'esistenza di non conformi Software e della Commissione furto, con conseguente perdita di entrambi gli inserzionisti e gli editori sulla rete CJ.

La proposta di regolamento fornirą un monetaria recupero di classe membri ammissibili. Per la classe membri che attualmente mantenere un account sul CJ rete ricevere il pagamento attraverso pagamenti o crediti depositati o applicata al loro CJ conti; ammissibili classe membri che non hanno pił conti sulla rete Commission Junction riceverą un assegno per un importo di pari entitą.

Se sei un membro della classe, la tua diritti legali sono colpiti da se agire o non agire.  Si dovrebbe rivedere il regolamento comunicazione nel pił breve tempo possibile in quanto ci sono diverse scadenze importanti che si devono rispettare per poter prendere determinate azioni in connessione con questa proposta di risoluzione. Per ulteriori informazioni, si prega di fare riferimento al regolamento comunicazione.

Per una copia del regolamento comunicazione, fare clic sul link, o visitare il sito Web all'indirizzo caso www.CJSettlement.com

Programma di affiliazione di eBay finalmente gocce CJ peso morto

"Quando abbiamo vinto eBay sviluppatore di aggiudicazione l'anno per il 2007 (ultimo anno) per AuctionAds a eBay Live! / Developers Conference noi hanno avuto la possibilitą di pranzare con il Presidente degli Stati Uniti di eBay John Donahue. Mentre a pranzo mi ha chiesto e dillsmack pił domande su AuctionAds e il programma di affiliazione di eBay. Somewhere in conversazione mi ha chiesto qual č stato il pił grande 1 cosa che potrebbe fare per migliorare il programma di affiliazione? La mia risposta: Drop Commission Junction al pił presto. Ha chiesto pił e lui mi ha dato ragione dopo motivo per spiegare perché CJ č stato davvero un cattivo partner per loro. Dal nostro cattive esperienze di monitoraggio, rendicontazione, signingup (abbiamo storries orrore che ho dont anche voler dire) consente fondamentalmente solo dire che č stato molto difficile lavorare con loro.

Oggi eBay ha inaugurato eBay Partner Network, un nuovo programma di affiliazione globale per gli editori di guida del traffico a eBay. Ufficialmente avvio il 1 ° aprile 2008, eBay Partner Network sarą di eBay c'č di nuovo in casa-affiliato rete, progettata per allineare maggiormente i programmi di eBay attraverso proprietą globali e dare affiliati ampliato l'accesso alle opportunitą di guadagno in tutta la sua piattaforme.

Dal 2001 ha consentito di eBay affiliati e sito Web publisher di essere pagato per tutto il traffico orientato a eBay. With one of the most competitive payouts in the industry and one of the broadest and deepest product selections available to affiliates, the eBay Partner Network will continue to help eBay extend the reach of its platforms to the edges of the Web. Con una delle vincite pił competitiva nel settore e una delle pił ampio e pił profondo prodotto selezioni disponibili per gli affiliati, di eBay Partner Network continuerą a contribuire eBay estendere la portata delle sue piattaforme ai bordi del Web.  Il nuovo in-house programma consentirą a eBay di allineare maggiormente il programma con le esigenze dei suoi editori e la Community eBay, e infine di coinvolgere tutte le attivitą di eBay per creare uno dei pił robusti affiliato reti esistenti.

Due class action legali contro CJ / BF / VALUECLICK a nome degli affiliati e commercianti

Due distinte cause di azione di classe sono state depositate il 20 aprile 2007 contro la Commission Junction, BeFree e VALUECLICK. One names CJ and BeFree publishers (affiliates) as the plaintifs. Una CJ nomi e BeFree editori (affiliati), in quanto la plaintifs. The other names CJ and BeFree merchants as the plaintiffs. Gli altri nomi di CJ e BeFree commercianti come attrice. So what do these lawsuits center around? Che cosa fare queste azioni legali nei pressi di centro? Adware.

 Le cause invocano la violazione del contratto, negligenza e pratiche commerciali sleali su CJ / BF 's parte consentendo adware affiliati ad operare all'interno del loro rete.  Il contenuto di questo sembra essere il fatto che CJ / BF ha permesso consapevolmente adware affiliati all'interno del loro rete che impegnano commissione furto e transazioni fraudolente mediante le applicazioni adware. MANU monetaria č alla ricerca di un risarcimento danni a entrambi affiliati e commercianti. Ancora pił importante, a mio parere, essi sono alla ricerca di un cambiamento aziendale VALUECLICK della politica in materia di adware e rispetto.

Il mio punto di vista sul tema certamente non sono un segreto di industria.  Per quanto mi č stato pensando a questo, mi sono reso conto che l'adware sono state le questioni in corso di 6 o 7 anni.Wow, il tempo certamente non andare in fretta. Probabilmente non č stata una questione di se una tale causa sarebbe promossa contro qualcuno, ma una questione di quando.  Ebbene, sembra che il "quando" č ora qui.

Come questo puņ incidere per l'industria nel suo complesso, e ho appena non si conosce. E non posso immaginare che altre reti non saranno guardare da vicino questo caso. Posso solo sperare che questo si tradurrą in alcuni postive reale cambiamento all'interno del settore.

 Potete trovare maggiori informazioni sul caso.
 Una copia della richiesta di affiliazione č qui e una copia del commerciante richiesta č qui.

 Come si sentono questi casi sono importanti in particolare per il marketing affiliato industria, pił che in qualsiasi altro caso legati alla adware / spyware fino ad oggi, ci sarą dedicando una zona speciale di questo blog, per informazioni su questi processi in quanto i progressi compiuti.  Noi limitare il distacco a fonti ufficiali e permetterą di evitare speculazioni e commento.

 

Levi: “Amazzablog? Niente di pił infondato”

Via gli articoli che riguardano internet, scompariranno dal testo gią presentato.  “Nessuna limitazione alla libertą della rete“. Lo ha dichiarato stasera Ricky Levi (a questo link il testo integrale), deputato del Pd e portavoce del governo ombra, ma soprattutto autore della proposta di legge presentata in novembre  in settima commissione della Camera, testo che riguarda una pił ampia sistemazione dei media ma che conteneva una formulazione che aveva fatto gridare da pił parti alla volontą di censura.

Bene ricordarlo: si tratta di una proposta di legge dell’opposizione. Poi la maggioranza puņ sempre prevalere e determinarsi come vuole, per cui chi si č molto allarmato farą bene a rimanere allarmato.

Ma intanto dall’autore della proposta, contro la quale si era scagliato violentemente anche da Antonio Di Pietro, viene una dichiarazione che sembra inequivoca: “Sul progetto che sto ora riproponendo al Parlamento, si stanno manifestando tra gli utenti di internet diffuse preoccupazioni.  Si teme, in particolare, che vengano introdotte regole che limitino la semplicitą dell’accesso alla rete e la libertą d’espressione che essa naturalmente permette. Si tratta di paure totalmente infondate“.

Subito dopo perņ il portavoce del governo ombra svolge una considerazione che sembra destinata a destare altre obiezioni: “Dal mondo (e penso ai passi avanti che sono stati fatti per il riconoscimento dei diritti d’autore sui brani musicali e sui libri scaricati da internet, ai tanti esempi di operatori che hanno cancellato dai loro siti notizie risultate errate o offensive, alle relazioni tra le maggiori imprese della rete e le autoritą antitrust per contemperare i valori della libera iniziativa e dell’apertura dei mercati) ci arrivano, sempre pił numerosi, i segnali di una rete che, senza perdere in libertą, trova le forme di una matura e condivisa responsabilitą. Sono fiducioso che, a partire da questi segnali, sia possibile trovare un’intesa che consenta a tutti di trarre il meglio dalle opportunitą offerte da internet.”

E’ un tema di dibattito molto attuale. Vero č che da ogni parte del mondo i segnali che vengono sono allarmanti: quando si parla di “notizie false” č facile pensare alla decisione del giudice argentino che ha di fatto censurato i motori di ricerca sulla ricerca del nome Maradona.

E’ un momento molto delicato per la libertą di espressione, tutta, in questo paese e altrove, per quella dei giornalisti e per la politica, per l’uomo di establishment come per l’ultimo dei blogger. Stasera l’onorevole Levi ha detto che il Partito democratico non proporrą misure che possano impedire il libero sivluppo della conversazione. E’ un passo molto importante. Il secondo potrebbe essere aprire una sede di dibattito chiara, con analisi e proposte non formulate nel linguaggio della politica politicante, e lģ dire con esattezza quale idea si ha della rete nei prossimi anni. Potrebbe perfino essere l’occasione di differenziarsi da quelli della maggioranza.

Non č pretender troppo.  E’ il minimo

SEMBRAVA FATTA ED INVECE...

L'Italia sta fallendo. Le famiglie arrivano alla terza settimana del mese prima. Due milioni di nuovi disoccupati entro un anno. E le nostre Marie Antoniette, prima Levi (PDmenoelle), ora Cassinelli (PDL) non hanno niente di meglio da fare che lavorare notte e giorno, PAGATI DA NOI, per mettere il bavaglio alla Rete.
Appena Levi ha "dichiarato" di aver ritirato la sua proposta ammazzablogger, ecco che s'avanza Cassinelli con una nuova legge fottiblogger. La differenza č sostanziale. Se Levi ammazzava i blogger, Cassinelli prima li fotte dicendo che li salva e poi li ammazza come spiega
l'articolo di Punto Informatico.
Io veramente non capisco pił questi politici. A quale punto di esasperazione popolare vogliono arrivare. Riusciranno a trasformare gli italiani in conigli mannari. Le aziende chiudono, i risparmi di una vita sono bruciati, tre assassinati sul lavoro al giorno. Mentre ciņ avviene, questi irresponsabili discutono dell'ammazzablogger, di Villari e della sorveglianza RAI. Bisogna chiuderla la RAI insieme a Mediaset. Sono lezzo, CO2 mischiato a menzogne e a interessi privati.
Questa politica č tenuta in piedi dai media. Senza chiude in un giorno. Per questo si preoccupa della Rete e tiene sotto controllo la televisione. Cassinelli, non rompere i co....ni. La Rete non ha bisogno delle tue leggi. Non ha bisogno di nessuna nuova legge. E' in buona salute e sputtana ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo le porcate del tuo partito, di Forza Italia. Non ci rappresenti, nessuno ti ha eletto.
Invito i blogger a lasciare un commento alla proposta di legge di Cassinelli nel suo blog:
robertocassinelli.blogspot.com o (se i vostri commenti non vengono pubblicati) una mail a: cassinelli_r@camera.it
No all'ammazzablogger. Il mandante ha cambiato nome. Da Levi a Cassinelli, ma si legge sempre Veltrusconi.
Loro non molleranno mai, noi neppure.

Informazione comparata 21/11/2008 tra Financial Times e Repubblica.
Titolo d'apertura in prima pagina. FT si occupa del crollo dell'economia, Repubblica (come le altre testate nazionali) si occupa di Villari, e quindi del controllo dell'informazione da parte dei partiti.
 

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ULTRA PASSEGGIATRICI SUPER PAGATE CHE REITERANO MORALI MILIARDARIE:

LA PROVOCAZIONE DI GRILLO:FILMATI GRATIS A MURDOCH

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SKY e l'aumento dell'Iva

All'attenzione del signor Rupert Murdoch, News Corp.

"Caro mister Murdoch,
lei sa che la televisione č moribonda e che la pubblicitą sta migrando in Rete. E che i giornali e le emittenti televisive hanno gli anni contati. Forse cinque, forse dieci, non di pił. I suoi esperti l'hanno di certo informata. Del resto le sue azioni parlano per lei. Ha investito 580 milioni di dollari su MySpace, un social network di diffusione mondiale, mentre lo psiconano comprava Endemol, un produttore di vecchi programmi televisivi. Ha messo le mani sul Wall Street Journal dichiarando che lo avrebbe sviluppato in Rete con i migliori 200 giornalisti degli Stati Uniti. Il suo soprannome č lo Squalo e il suo fine č il profitto, dicono che lei sia spietato, ma a suo favore esiste un fatto incontrovertibile. Lei non č diventato primo ministro per proteggere le sue televisioni. Lei non ha fatto fallire il suo Paese, l'Australia. Lo psiconano, quel signore che le vuole raddoppiare l'Iva a Sky perchč lo vuole l'Europa, sta portando l'Italia allo sfascio. Una sua televisione, Rete 4, č abusiva. Lei lo sapeva? Le sue televisioni ne hanno mai parlato? Anche in questo caso si č espressa l'Europa, ma a nessuno č importato un bel nulla. In Italia il conflitto di interessi e la Ragion di Stato sono diventati la stessa cosa.
Obama č una speranza, senza la Rete forse non sarebbe diventato Presidente degli Stati Uniti. Lei ha detto di Obama prima delle elezioni: "E' una rock star. E' fantastico. Amo ciņ che dice sull'Istruzione". In Rete Mediaset non esiste. E come potrebbe? L'informazione č verificabile, i contenuti sono scelti, liberamente, dal navigatore. La qualitą e la credibilitą sono le uniche due monete che si possono spendere. Mediaset ha miliardi di euro, ma non ha quelle due monete. La Rete, e quindi il futuro dell'informazione, sono al di fuori delle sue possibilitą. Murdoch, lei dovrebbe sapere che lo psiconano č un burlone. Racconta barzellette che spesso vengono confuse con dichiarazioni ufficiali. Una delle migliori, dopo la richiesta di 500 milioni di euro di danni a YouTube, č la sua volontą di portare una proposta per "regolamentare Internet" al G8, Il suo ministro degli Interni Maroni ha annunciato un "numero identificativo" per ogni utente del Web. Un'idea che viene da lontano, dal numero indelebile tatuato sul braccio degli ebrei nei campi di concentramento. Lei č avvertito, se non ci saranno smentite, i navigatori di MySpace dovranno identificarsi e, forse, pagare una tassa di scopo. In Italia c'č bisogno di regole tranne che per Mediaset. In quel caso sono sufficienti le leggi ad hoc.
Perchč le scrivo e le dico tutto questo? Lei non č il cavallo bianco che puņ salvare l'informazione italiana, ma č sempre meglio di niente. Sky ha trasmesso la diretta del mio intervento all'assemblea Telecom e pił volte ha dato spazio alle mie denunce. Uno spazio minimo, spesso impercettibile. ma comunque uno spazio. Le voglio proporre l'utilizzo periodico dei filmati che il mio blog produce da anni. Sono ormai centinaia. Denunce mai apparse in televisione. Oscurate dalla cappa di Veltrusconi. Lei puņ usare i filmati gratis con due sole condizioni. Nessuna pubblicitą al loro interno e citazione della fonte. In cambio non le chiedo nulla. Lei sa che il futuro č la Rete e Berlusconi č il passato. Ci saranno nel mondo solo cinque o sei gruppi multimediali in Rete tra alcuni anni. Uno č probabilmente il suo insieme alla BBC e a YouTube. Mediaset non ci sarą e neppure la Rai. Attendo una sua risposta. I miei saluti." Beppe Grillo

DOPO AVER FATTO PASSARE UNA LEGGE CHE TAGLIA 8 MILIARDI DI EURO ALLA SC(Q)UOLA,ECCO CHE LA MINISTRA TENDE LA MANO.....SU YOUTUBE

La Gelmini apre un canale (a Venezia)su YouTube

Il ministro: «Voglio raccogliere idee, proposte ma anche critiche». Debutto in maglioncino senza tailleur

Il ministro Gelmini come appare su YouTube
Il ministro Gelmini come appare su YouTube

MILANO - «Ho deciso di aprire un canale su YouTube perchč intendo confrontarmi con voi sulla Scuola e sull'Universitą. Voglio accogliere idee, progetti, proposte, anche critiche». Parola - e maiuscole - del ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini che per stare al passo con i tempi e soprattutto per cercare un canale di comunicazione consono alla stragrande maggioranza degli studenti italiani ha deciso di ritagliarsi una nuova finestra sul web.

 

IL VIDEODEBUTTO - Lo spazio del ministro, www.youtube.it/mariastellagelmini - che si scopre essere iscritta al portale dal 6 maggio scorso - č andato online solamente oggi. Il primo videomessaggio postato dalla titolare del ministero di viale Trastevere non č altro che un promo di presentazione, un filmato di soli 27 secondi in cui l'autrice della legge che sta mettendo in subbuglio la scuola italiana spiega appunto di essere pronta a raccogliere opinioni, suggerimenti ma anche critiche. «Una cosa perņ non farņ mai - dice la ministra - difendere lo status quo o di arrendermi ai privilegi o agli sprechi. Dobbiamo avere il coraggio di cambiare e lo dobbiamo fare insieme».

LOOK E SCENOGRAFIA - Maglioncino viola con collo a dolcevita, gonna scura, occhiali e capelli mossi sciolti - insomma un perfetto look da maestra unica, lontano dalle camicette e dai tailleur della divisa ministeriale - la Gelmini parla in piedi davanti ad una scrivania. Sullo sfondo, le fronde di un ficus benjamin e una finestra inondata di luce. Sul tavolo - ingombro di fogli, quotidiani e perfino un melograno - si nota un computer acceso dal cui monitor campeggia non l'home page del sito del proprio ministero, gią ribattezzato «il portale per l'autonomia e l'innovazione», bensģ quella di Google.

ASPETTANDO I COMMENTI - Al momento il video del ministro conta 125 visualizzazioni, ma nessun voto e nessun commento. Il passaparola tra gli studenti non č ancora incominciato (sempre su youtube sono decine i video di ragazzi e ragazze che spiegano invece perché in questi mesi hanno dato vita a manifestazioni di proteste contro la riforma voluta dall'esponente del Pdl). Ma come sempre accade nel web č solo questione di (poco) tempo. Poi «idee, progetti, proposte e anche critiche» certamente arriveranno.

 

PIZZA,FICHI,PUTTANE E BALDRACCHE, ecco come viene governata l'Italonia asfaltata:

Le gemelle dell'Isola da Berlusconi

Eleonora ed Emma De Vivo ricevute a Palazzo Grazioli: sono rimaste per un'ora circa nella residenza del premier

ROMA - Eleonora ed Emma De Vivo, le due gemelle napoletane reduci dall'Honduras e dall'esperienza dell'Isola dei Famosi, sono approdate questa sera a Palazzo Grazioli, residenza romana del premier Silvio Berlusconi.

GUARDA LE IMMAGINI
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DAL CAVALIERE - Le gemelle De Vivo, studentessa la prima ed assistente di un chirurgo plastico la seconda, sono rimaste per un'ora circa in via del Plebiscito poi sono andate via in taxi, prima che il Cavaliere uscisse in cravatta nera per recarsi a Villa Taverna, per il ricevimento dell'ambasciatore americano Ronald Spogli.

 

Moretti, cinema e politica
"Io, Veltroni e il Caim(n)ano"
.SI APRE LA RASSEGNA DEL REGISTRA ITALIOTA CONTRO LE "VOCI GROSSE" DIPIETRISTE DI PIAZZA NAVONA DEL LUGLIO 2008,PER UNA OPPOSIZIONE "SILENZIOSA E MUMMIFICATA".

di PAOLO D'AGOSTINI


 

Moretti, cinema e politica "Io, Veltroni e il Caimano"

Incontriamo Nanni Moretti alla vigilia del Torino Film Festival che dirige per il secondo anno. La conversazione nel suo ufficio (ha sistemato davanti a un imponente schermo il lettino da psicanalista di "La stanza del figlio", per svolgere comodamente le funzioni di selezionatore) č tranquilla e generosa come un tempo non sarebbe stata. Si comincia dal cinema d'autore nel senso di personale e non-industriale ("Che vince come dimostrano "Gomorra" e "Il divo""). Si passa alla feroce antipatia per il Festival di Roma ("Prepotente, ora come prima del cambio politico"). Si continua sull'esasperata personalizzazione torinese che ha sicuramente fruttato "visibilitą" ("Quale personalizzazione? E comunque non č colpa mia"). Si passa alla televisione: da spettatore ("E' tutta uguale e livellata verso il basso") e da ospite col contagocce ("Vado dove mi sento meno a disagio").

Ci si distende infine sui suoi cavalli di battaglia extra-artistici: Berlusconi, la cui vittoria č lo specchio di una rinuncia, quella di chi sostiene che "agli italiani non interessa il conflitto di interessi, visto che hanno fatto vincere Berlusconi". E l'opposizione che non reagisce, č inerte, non rivendica la propria identitą e non difende i paletti fondanti della democrazia repubblicana: "Veltroni? Il partito democratico aveva messo in moto speranze e attese, mi pare che per ora le abbia frustrate".

Il Festival di Torino apre oggi con il colpaccio di W, il film di Oliver Stone sul presidente uscente Bush che incredibilmente non ha ancora una distribuzione italiana.


Questa conversazione parte dal cinema e arriva ad altro. Si comincia dall'agitazione causata dall'assenza di titoli italiani nel concorso, e dalle sue parole sul cinema d'autore.

Lei voleva sottolineare che Gomorra e Il divo rappresentano un'indicazione importante perché sono film molto personali nello stile, mentre le č stato attribuito un pessimistico "due sole personalitą non fanno il miracolo italiano"?
"Infatti, e aggiungo che oltre a una nuova generazione di registi, ce n'č una di produttori: Nicola Giuliano e Francesca Cima con Andrea Occhipinti (Il divo), Lionello Cerri (Giorni e nuvole) e Domenico Procacci (Gomorra). Tutti quelli che dicevano "č dei film d'autore la colpa del disamore del pubblico nei confronti del cinema italiano", non hanno saputo pił che cosa dire davanti ai due successi di pubblico, critica, premi internazionali. Che sono il risultato del percorso "d'autore", cioč personale, di Garrone e Sorrentino. Improvvisamente č successo che il pubblico, che si vantava di non andare a vedere i film italiani perché "noiosi", questa volta ne ha premiati due nello stesso momento".

E gli italiani assenti?

"Nelle varie sezioni del TFF ce ne sono molti. Se qualcuno pensa che quest'anno abbiamo "rifiutato" un anno di cinema italiano, sappia che casomai abbiamo rifiutato tre settimane di film italiani: tanto passa tra la fine del Festival di Roma e il TFF. Fino a tre anni fa esistevano due festival che convivevano serenamente, Venezia e Torino. Poi, l'entrata a gamba tesa, l'irruzione prepotente di Roma. E' arrivata questa confusa corazzata, che gią alla terza edizione si č sgonfiata, deludendo le proprie ambizioni e potenzialitą: ricordo che costa cinque volte Torino, e molto pił di Venezia".

E' l'esistenza in sé di Roma che lei considera un'aggressione? In fondo la competizione - che lei difende - provoca vincitori e vinti.
"Roma si č letteralmente seduta sulle date di un festival internazionale come le Giornate del Cinema Muto di Pordenone, e si č piazzata un mese dopo Venezia e un mese prima di Torino. Basta prendersi questa responsabilitą, invece di dire che non ci sono problemi e che siamo tutti amici. In realtą noi un film lo avevamo invitato e la produzione, a luglio, aveva anche accettato".

Galantuomini di Winspeare, Il passato č una terra straniera di Vicari o Si puņ fare di Manfredonia che erano a Roma? Non Pranzo di Ferragosto, che era a Venezia...
"Non ha importanza quale fosse, la produzione ha cambiato idea. Succede. Ma i responsabili dell'altro Festival, che sapevano del nostro invito gią confermato, senza nemmeno un po' di dignitą professionale o umana, non si sono neanche fatti vivi. Almeno un biglietto: ci siamo comportati male ma la vita č cosģ (in realtą la loro vita č cosģ), tanti auguri. Avvilente".

Non sarą che il suo malumore viene allo scoperto ora che č cambiata la mano politica?
"Non c'entra niente. Irruzione prepotente: lo dissi da subito, molto prima che mi fosse proposta la direzione di Torino".

A proposito di cinema d'autore. Dei suoi primi film si disse molto che rappresentavano una generazione, ma sembrņ che per lei quest'overdose di sociologia fosse frustrante.
"Non č una battuta, ma non ricordo pił se trent'anni fa ero presuntuoso o giocavo a interpretare questo ruolo. E' stata una fortuna e un privilegio se, partendo pressappoco da me, sono riuscito a raccontare anche gli altri. Grazie a questo ho continuato a fare film. Se č vero che ho raccontato un pezzo o un periodo della nostra societą, mi sembra una bella responsabilitą".

Per molto tempo si č impegnato a prendere le distanze dai conformismi pubblici (la polemica con l'informazione) e privati (famiglia, coppia, figli). Con l'etą si č poi scoperto un po' pił indulgente e anche autoindulgente?
"Mi sembra di essere diventato pił tollerante, ma sarebbe impossibile il contrario".

Anche Caos calmo fa parte di questo processo. Per la prima volta lei si č consegnato a una storia, a un regista, a un cast che non aveva scelto. In altri anni non sarebbe successo.
"No, infatti. Parecchie cose sono cambiate".

Cedimento o conquista?
"Né l'uno né l'altra, succede. E ne sono contento, va bene cosģ". E qui parte uno scatto d'orgoglio. "Non sono stato a strombazzarlo ma aprire Torino con Stone č una cosa grossa. E anche che lui accetti di venire nonostante non gli serva alla promozione, dato che stranamente il film non ha ancora una distribuzione italiana. Ma aggiungiamo una mezza cosa sul mio ex lavoro di regista...".

Vuole annunciare qui il suo prossimo film?
"No. Sono stato felicemente distratto da Caos calmo e dal Festival. Ma in questo periodo, quando guardavo fuori e dentro di me, sentivo molto pessimismo, e siccome non mi piace in un film vendere solo quello, ho vagato da un soggetto a un altro. Ora mi sembra di aver trovato una storia e il tono giusto".

Tutto qui?
"Sģ. E questa volta per evitare tensioni, a volte veramente eccessive, saprete subito di che si tratta. Cosģ poi stiamo tutti pił tranquilli. Non vorrei riassistere all'assurdo dibattito politico-giornalistico che ha preceduto l'uscita di Il Caimano, tra persone che non sapevano nulla del film. Dibattito che in parte ha condizionato quelli che hanno visto il film e anche quelli che non l'hanno visto, ma che pensano di averlo visto".

Che telespettatore č lei? Perfino Berlusconi si lamenta della tv.
"Non mi stanco di ricordare la pazzesca situazione italiana, anormale per una democrazia. Penso che le televisioni di Berlusconi non abbiano spostato solo voti, ma l'intero paese, comunque gią pronto ad accogliere questa "novitą". E non facciamo confusione con Sarkozy, che non ha gli interessi economici e il potere mediatico di Berlusconi. Recentemente ho detto una cosa piccola e semplice: in Italia non c'č pił opinione pubblica. Non parlo dell'opposizione, ma di qualcosa o qualcuno trasversale ai partiti, che comunque si riconosca in comuni valori democratici. E che, come succede in altri paesi, dovrebbe "punire" - mettiamoci le virgolette, per caritą - un capo del governo che non ha senso dello Stato, che non va alle celebrazioni del 25 aprile, che aggredisce la magistratura, che ha come braccio destro un condannato per corruzione e come braccio sinistro un condannato per concorso in associazione mafiosa. E invece passano concetti come "agli italiani non interessa il conflitto di interessi, visto che hanno fatto vincere Berlusconi". Sģ, ma interessa alla democrazia... La maggioranza delle persone, e non solo a destra, ormai considera normale che un uomo abbia il monopolio della tv, faccia politica e sia anche capo del governo. La sua vittoria č questa: ormai la bassa qualitą della democrazia italiana č considerata un fatto normale, marginale. Un paese che in quindici anni ha permesso a un uomo con tante tv e giornali e interessi economici di candidarsi cinque volte a capo del governo, non č un paese serio e non ha una classe politica seria. E sono andato fuori tema...".

Infatti, le avevo solo chiesto che cosa guarda in tv.
"Mi sono distratto perché pensavo al patto sottinteso quando č nata La7: non doveva crescere, non doveva togliere pubblicitą a Mediaset. Con un po' di coraggio sarebbe stata un'avventura culturale che alla fine si sarebbe rivelata anche un'avventura commerciale, perché i telespettatori cercano disperatamente qualcosa di decente. La sinistra in passato ci ha raccontato che con le tv di Berlusconi c'č stata maggiore offerta, maggiore democrazia. Il risultato č che abbiamo sei reti simili livellate verso il basso, e in prima serata non sai dove sbattere la testa".

Per le sue apparizioni televisive perché sceglie i luoghi pił (sfacciatamente) amici? Non sarebbe pił interessante anche per lei "diversificare"?
"Non mi sembra di andare poco in televisione. Vado dove mi sento meno a disagio".

Quanta fiducia nutre nella guida di Veltroni?
"Il Pd aveva messo in moto speranze e attese, mi pare che per ora le abbia frustrate".

E l'esibizione delle amicizie nel mondo dello spettacolo? Ricorda la parata di attori e cantanti al comizio di chiusura elettorale a Roma?
"Io ero in piazza, non sul palco".

Ma i tappeti rossi di Veltroni hanno fatto danni elettorali o no?
"Le persone votano o non votano seguendo altre motivazioni. Casomai per un elettore di sinistra conta, in senso negativo, la mancanza di reattivitą nei confronti dell'aggressivitą culturale della destra. Se uno dice mezza cosa su Berlusconi tutti, anche i giornali non di destra, titolano "clamoroso autogol della sinistra". Mentre invece a destra c'č un uomo che da vent'anni parla di fucili ed č ministro della Repubblica. C'č paura non solo di affermare una propria identitą ma anche di mettere paletti. Per esempio il rispetto della Costituzione. O impedire che "comunista" diventi un insulto: č anche grazie ai comunisti italiani che č stata fondata la nostra democrazia. Ecco, quella che viene punita č casomai l'inadeguatezza. La contiguitą con lo spettacolo non mi sembra importante".

Lei se la prende con la stampa - tra l'altro facendo ingiustamente d'ogni erba un fascio - e con il centrosinistra. Ma se il repertorio di anomalie non ha influito sui comportamenti elettorali, la prima responsabilitą non sarą di chi va a votare?
"I ragazzi di oggi sono nati e cresciuti in questa situazione. Per loro č normale che un solo uomo possa concentrare tanto potere. Io perņ ancora mi chiedo come mai il governo di centrosinistra non abbia fatto, nella legislatura 1996-2001, la legge antitrust e sul conflitto di interessi. Per sollevare un po' la qualitą della nostra democrazia".

Quanto č grave la battuta di Berlusconi sull'abbronzatura di Obama?
"Ha detto e fatto di molto peggio".
 

 
IO SONO UNA MEGA....BORGER A 95 GRADI DOPPI !!!!

Faccia a faccia Ilaria-David. Guarda l'intervista integrale

Il neorossonero Beckham ha risposto a tutte le domande della D'Amico: "Ho giocato nel Manchester United, nel Real Madrid e adesso nel Milan. E' un onore e un piacere per me avere questa opportunitą"

21 dicembre, 2008

Messico: arrestata Miss di bellezza

Era con sette uomini trovati in possesso di armi e di una ingente somma di denaro

CITTĄ DEL MESSICO - Laura Elena Zśńiga, Miss Sinaloa e vice Miss Nuestra Belleza Mexico 2008, č stata arrestata lunedģ a un posto di blocco dell'esercito nello Stato di Jalisco insieme a sette uomini trovati in possesso di armi e di una ingente somma di denaro.

La 23enne, che avrebbe dovuto partecipare a Miss International 2009, ha dichiarato che l'intenzione del gruppo era di recarsi in Bolivia e Colombia per fare acquisti. Ma i militari hanno sequestrato due fucili d'assalto AR-15, tre pistole, nove caricatori, oltre 600 cartucce di differente calibro, sedici telefoni cellulari e 18 mila dollari in contanti.

 
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Mark Knopfler
 

Lo stile č consolidato e inconfondibile: il suono della sua chitarra č ormai un «marchio di fabbrica», forse un po' troppo fermo nel tempo ma sempre affidabile. Dall'esordio come leader dei Dire Straits nel '78, con un album che fu una vera rivelazione, Mark Knopfler ha percorso una strada lineare e senza deviazioni anche da solista. Nel suo pop fondato su ballate con sapori a volte Tex-Mex, a volte country, spicca sempre la sua chitarra solista, tanto da "condizionare" anche gli album nei quali appare come ospite (ultimo caso, il brano inciso con John Fogerty nel nuovo cd dell'ex CCR). Un suono, il suo, ispirato da sempre alo stile di J.J. Cale, prestato con successo anche al cinema (prima soundtrack «Local Hero» nell'83) poi miscelato con quello di altri grandi (come nel superguppo Nottin' Hillbillies o nel cd con Chet Atkins). Ripresosi dall'incidente motociclistico dell'anno passato, Knopfler propone ora un nuovo album, «Shangri-La». Sul suo sito l'ex Dire Straits offre in video il singolo «Boom Like That», mentre Real Music offre l'ascolto di tutto l'album.

 
 
  Album: ...And Justice For All
  Produced by: Metallica with Fleming Rassmussan
  Recorded at: One on One Studios, Los Angeles, CA
  Release Date: August 25, 1988
  Chart position: 6

Di questo album č da ascoltare l'immensa ONE, canzone evocativa, canzone spirituale, canzone straziante per un uomo che morģ malamente. Nonostante la data, fino ad oggi nessuno a livello musicale č riuscito a far di meglio nel panorama heavy metal, se ancora ha un senso parlare di heavy metal.

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
RECENTI
 
 
 
 
 
 
 

Nell'anticipo della 17Ŗ giornata nerazzurri in vantaggio al 38' della ripresa con il terzino che aveva gią segnato al 34' del primo tempo. Al 44' il provvisorio pari di Kharja. Mourinho schiera in avanti Ibra e Balotelli. Nella ripresa traversa dello svedese

Duello Del Grosso-Ibrahimovic. Reuters
Duello Del Grosso-Ibrahimovic. Reuters

 Angoli: 6-3. Recupero: 2' pt e 3' st.

Per l'Inter č gią tempo di regali
Mourinho abbraccia Maicon dopo il secondo gol al Siena
Doppietta di Maicon, grazie a Frick e De Marco. Mourinho: «Gol in fuorigioco, non meritavamo»
ROBERTO CONDIO, INVIATO A SIENA
Il 2008 dell’Inter padrona del campionato finisce tra i fischi e i veleni. «Buffoni» e «Ladri», urlano i senesi inferociti per un ko immeritato, confezionato da un regalo del loro Frick (pallone ciccato per lo 0-1 di Maicon) e da una svista di De Marco e dell’assistente Griselli, che non vedono il clamoroso fuorigioco di Maicon sull’assist di Maxwell che all’83’ fissa il bugiardo 2-1 per Mourinho. L’8Ŗ vittoria consecutiva (eguagliato l’ultimo Mancini) rispedisce per una notte i nerazzurri a +9 sulla Juve, garantisce loro il titolo di campioni d’inverno in anticipo, ma li fa arrossire. Per il modo con cui hanno stoppato l’imbattibilitą interna dei toscani ma pure per la bassa cifra del gioco espresso e per la sofferenza per 90’ contro un Siena pimpante, che ha perņ sciupato troppo, dal 1’ fino all’86’ quando Ghezzal, nell’area piccola, ha tirato su Maxwell a portiere battuto.

Regali ma anche sorprese in avvio al «Franchi». Giampaolo affronta l’attacco pił prolifico con una scelta che sembra un azzardo: centrale accanto a Portanova c’č il 22enne Brandao, esordio in A. Pił della disperazione (Rossettini e Ficagna squalificati, Moti disastroso nelle ultime uscite) forse potč la superstizione: il 18 ottobre 2003, a 17 anni, il portoghese celebrņ la sua prima partita nella Superliga segnando per il Belenenses proprio contro il Porto di Mourinho. Lą dietro, perņ, l’anello debole della catena non č Brandao ma il tracagnotto colombiano Zuniga: infreddolito, perde palloni a raffica. Buon per lui che l’Inter, lenta e distratta, non ne approfitti.

Anche lo Special One stupisce in avvio. Il rientro di Jimenez, 20’ stagionali prima di ieri, lo aveva gią annunciato alla vigilia; Balotelli titolare (non accadeva dal 9 novembre) č il regalo di Natale al talento pił puro ma ancora indisciplinato di casa Moratti. Mario, perņ, non sfrutta l’occasione. Trotterella, gigioneggia, si fa ammonire da sciocco gią al 20’. Insomma, aiuta poco o nulla l’Inter in una partita subito tosta. Il Siena, ben organizzato, pressa e sfrutta ogni distrazione altrui per pungere. Codrea e soprattutto Vergassola sono lucidissimi. Ma Frick č sciagurato, non solo nella sua area ma pure in quella avversaria: non sfrutta due voragini aperte da Julio Cesar e compagni gią al 1’ e poi al 15’.

La capolista č la stessa che domenica scorsa aveva aspettato gli ultimi 20’ per stendere il Chievo: molle, involuta, Ibra-dipendente. Aggrediscono solo Cambiasso e Muntari, lo svedese č una serata un po’ cosģ. L’Inter gestisce, convinta che prima o poi il gol arriverą. In effetti, dopo lo spavento di un contatto dubbio Maicon-Del Grosso ignorato da De Marco, passa al 34’, al primo vero tentativo. E’ Frick a lisciare l’innocuo corner di Balotelli e a smarcare Maicon dinanzi a Curci: tocco sporco ma decisivo. Rigori (2) a parte, č il primo gol incassato dal Siena dopo 8 partite casalinghe. L’ingiustizia dura appena 10’. Ripara Kharja, tuffandosi di testa per raccogliere il cross di Del Grosso, con il benestare dell’appisolato Maxwell.

Il Siena fa ancora meglio nella ripresa. Salvo una traversa di Ibra, l’unico guizzo, sono i bianconeri a meritare. Ma non la buttano dentro, nemmeno con l’appena entrato Maccarone, incapace di sfruttare l’assist di Vergassola. La beffa, perņ, č in agguato. La sanciscono De Marco e Griselli, la festeggia Maicon. A torso nudo, raggiunto sulla pista di atletica da un Mourinho che non ci credeva pił. «E’ stata l’esultanza di un fortunato - dice -. Non meritavamo di vincere. Per il gol in fuorigioco ma soprattutto perché loro hanno giocato molto meglio. Il calcio č cosģ: ho perso una semifinale di Champions per un errore del genere». Mou finisce il 2008 con un solo punto in meno sul Mancini 2007. E, se la Juve non vince a Bergamo, puņ andare in vacanza con un vantaggio maggiore sulla seconda.
 

 

L'INTER TORNA A CORRERE - Con un gol per tempo (Stankovic e Ibrahimovic) l'Inter si impone per 2-0 sul difficile campo del Catania. Per quanto successo sugli altri campi, č pesantissima la seconda vittoria di fila dei nerazzurri, che allungano il passo e si proiettano a +6 sulla Juve e +8 sul Milan. L'Inter parte fortissimo. Nei primi cinque minuti tira due volte in porta (Maicon su punizione e Zanetti dalla distanza, Bizzarri č attento), e al 6' passa in vantaggio: Cruz salta Capuano sulla destra e crossa al centro, dove Stankovic, liberissimo, di testa mette in rete l'1-0. I padroni di casa pagano forse uno schieramento troppo spregiudicato, oltre al tridente Morimoto-Paolucci-Mascara in attacco, a centrocampo le numerose assenze hanno spinto Zenga a schierare Martinez, e la squadra ci mette un p0' a trovare l'equilibrio in campo. Al 12' Paolucci pareggia, ma il gioco era gią fermo per un fallo di Morimoto su Burdisso. Mascara protesta e viene ammonito (due minuti dopo giallo anche per Ibrahimovic per simulazione). Zenga a fine partita polemizza: «Preferisco non parlare degli arbitri, per me non esistono- dice il tecnico a Sky- non ne parlo pił: voi potete dire che la palla era bassa oppure bassa ma tanto si parlerą pił dell'espulsione di Muntari che del nostro gol annullato. Tornando al campo in difesa, Mourinho dą ancora fiducia al giovane Santon sulla fascia sinistra al posto di Maxwell. Al 22' azione personale di Ibrahimovic, che dalla sinistra si accentra in area e con un gran tiro scheggia la traversa. Č l'Inter a fare la partita, ma quando il Catania riconquista il pallone diventa pericoloso, grazie agli inserimenti di Martinez che creano superioritą numerica e costringono agli straordinari la difesa avversaria. Al 31' Muntari paga forse pił caro del dovuto un brutto quanto inutile fallo da dietro a centrocampo: rosso diretto e Inter in 10. Al 34' grande occasione per il Catania, Mascara ha spazio in area ma il suo tiro da ottima posizione finisce altissimo. I rossoazzurri chiudono in forcing il primo tempo, Inter in affanno anche nelle ripartenze. Al 45' sugli sviluppi di un corner, destro di Morimoto, e Cambiasso respinge a due passi dalla linea di porta. Un minuto dopo grande giocata di Capuano, che in area sulla sinistra stoppa il pallone, mette fuori causa Maicon e fa partire una conclusione che finisce di poco fuori. La ripresa si apre con una buona occasione per l'Inter (Bizzarri esce fuori area per anticipare di piede Cruz lanciato a rete, al 5'). Catania meno pericoloso nel secondo tempo, solo al 15' si riaccendono gli etnei, con un tiro dalla distanza di Mascara, palla che si stampa sul palo dopo una deviazione di Burdisso. Beppe Baresi copre l'Inter, inserendo Maxwell al posto di Cruz. La mossa funziona, perché i nerazzurri badano al sodo, si difendono con umiltą e ordine, e al 27' arriva anche il gol del raddoppio: Stankovic lancia Ibrahimovic, che scatta in posizione regolare, salta con un pallonetto Bizzarri e mette in rete. L'Inter gestisce senza problemi il doppio vantaggio e non rischia pił nulla, portando cosģ a casa il primo successo in trasferta dopo il tonfo di Bergamo, mentre per il Catania il 2009 č ancora senza vittorie (tre sconfitte e un pari).

LA JUVE SI FERMA - L’Udinese ha battuto 2-1 la Juventus. Allo stadio Friuli di Udine padroni di casa in vantaggio al 20’ con Fabio Quagliarella. Nella rIpresa i friulani raddoppiano con Di Natale al 74’. La Juventus accorcia le distanze su rigore al 77’. Per i bianconeri una sosta improvvisa, ed ecco ribaltato il significato bianconero dell'ultimo mercoledģ di campionato: Inter leone, e classifica juventina retrocessa a -6, anzi a +2 sul Milan. Resta bloccata nella foga da ultima chance dell'Udinese. L'uno a zero timbra il match: č il 20esimo minuto, Quagliarella fa polpette della marcatura di Legrottaglie e trova un angolo che nemmeno Buffon puņ coprire. Il gioco č ingolfato e non c'entra l'assenza di Del Piero. Fa fatica la Juve a togliersi d'impaccio nel 4-4-2 che gli ha incollato addosso Marino. Con un pressing adesivo, e un palleggio - tra D'Agostino, Inler e Asamoah - superiore in tutto a Sissoko e Marchisio. E cosģ il gol arriva. E anche altre occasioni, anche se poi la mira sfasata rovina tutto. Al 13' č Buffon č fortunato in parata su Zapata sotto misura. Dopo il gol č Giovinco che prova a smuovere un po' il copione bianconero. Ranieri lascia il 4-4-2 a Marino e punta sul tridente: dentro Iaquinta, fuori Marchionni. Succede perņ che, pur in pressione, la Juve non riesca pił di tanto a spaventare Handanovic. E dopo un attimo, č Di Natale a sprecare una bella palla servitagli da Asamoah: diagonale troppo stretto. 26 minuti per raccogliere appena un colpo di testa in anticipo di Grygera, alto. Allora l'Udinese prova a chiudere il conto. Di Natale si libera a sinistra, punta il povero Grygera e poi la mette a girare sul palo lontano: una cosa «alla Del Piero». Sembra finita. Ma di lą c'č la Juve. Che ci mette 3 minuti a mettersi sul 2-1: Pasquale frana su Grygera in area, e il rigore c'č. Lo tira il redivivo Iaquinta. A proposito di redivivi, Ranieri a una decina di minuti dalla fine mette dentro pure Trezeguet (al rientro dopo 4 mesi). Ma il forcing č molle e il risultato gią archiviato. Juve bloccata, Inter sganciata.

 

Nel "lontanissimo" 2004 erano gli interisti a scendere in piazza per protestare contro il padrone Moratti reo di condurre una societą di calcio allo sfascio ed alla sconfitta perenne. Sorsero gli Interisti Indipendenti (vai al sito) e tutta una serie di siti che raggrupparono non poche persone per fare pressione contro la gestione Moratti. (  
 www.bastamoratti.altervista.org ) Questa fronda scomparve di fronte ad uno degli obiettivi raggiunti da Moratti, ovvero la vittoria. Sono arrivate le vittorie (CALCIOPOLI DOCET) ma lo sfascio č rimasto (vedere contabilitą creativa, falsi in bilancio...) soprattutto a livello economico. Nel 2006 all'Inter veniva assegnato lo scudetto d'ufficio con il Milan coinvolto in Calciopoli costretto a partire con una penalizzazione che peserą nella stagione successiva che vedeva l'Inter vincere lo scudetto sul campo. Tuttavia il Milan pareggiava i conti vincendo l'ex Coppa dei Campioni. Nel 2008 le penalizzazioni scomparivano, l'Inter ribadiva il successo del 2007 ma il Milan addirittura non riusciva a raggiungere il quarto posto utile per la partecipazione all'ex Coppa dei Campioni. Un insuccesso grave per i tifosi del Milan che cosģ decidono di protestare l'insufficienza del loro presidente Premier dell'Italonia dei magnaccia e dei papponi al potere. Ma non solo: anche il Milan pappagallava la contabilitą creativa interista:"Nel 2005 Inter e Milan hanno venduto i propri marchi, il Milan alla controllata Milan Entertainment srl,incassando una plusvalenza di 181,3 milioni di euro;l'Inter ha ceduto lo stemma alla controllata Inter Brand srl per 159 milioni....". A quanto pare la plusvalenza inventata non č bastata, la campagna acquisti rossonera langue e negli ultimi due anni si sono succeduti tutta una serie di bidoni pił morti che vivi: Vieri, Ronaldo, Emerson, Favalli, Gilardino, Gourchuff....Questo l'incipit del sito: "Questo succede(oltre ai fattori che cita Galliani nelle interviste)per il famoso conflitto di interessi.Un patron di una societą non puņ governare l'Italia per cercare di risollevarla e poi spendere fior fior di euro per la stessa.In effetti questo ragionamento č logico e va bene per tutti ,ma non per noi.Non possono essere i milanisti a pagare per risollevare le sorti dell'Italia e degli Italiani.Oltretutto c'č una politica assurda di Fininvest che č quella di non investire pił con forza nel Milan...."
 

 

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Lo scandalo scommesse del 1980 nel calcio italiano [modifica]

Per approfondire, vedi la voce Scandalo del calcio italiano del 1980.

A onor del vero, c'č da dire che molti punti di questa ricostruzione sono stati contestati dallo stesso Carlo Petrini, sempre nel suo libro.

Nonostante tutto, i giocatori furono presto scarcerati, e il 23 dicembre 1980 si conclude l'inchiesta della magistratura con un'assoluzione generale, in quanto "il fatto non sussiste". All'epoca, infatti, la frode sportiva non era reato, e non fu riconosciuta la truffa ai danni degli scommettitori clandestini.

 

La sentenza sportiva [modifica]

Nell'estate dello stesso anno, perņ, era arrivata una pesantissima sentenza da parte della giustizia sportiva: Lazio e Milan retrocesse in serie B, penalizzazione di 5 punti per Avellino, Bologna e Perugia, da scontarsi nel campionato 1980-81. In serie B, penalizzazione di 5 punti per Palermo e Taranto. Inibizione a vita per il presidente del Milan Felice Colombo; per un anno a Tommaso Fabbretti del Bologna.

Queste le squalifiche inflitte ai calciatori:

  • 6 anni Pellegrini (Avellino)
  • 5 anni Cacciatori (Lazio) e Della Martira (Perugia)
  • 4 anni Albertosi (Milan)
  • 3 anni e mezzo Giordano (Lazio), Manfredonia (Lazio), Petrini (Bologna), Savoldi (Bologna) e Magherini (Palermo)
  • 3 anni Wilson (Lazio), Zecchini (Perugia), Paolo Rossi (Perugia) e Massimelli (Taranto)
  • 1 anno e 2 mesi Cordova (Avellino)
  • 1 anno Morini (Milan), Merlo (Lecce)
  • 6 mesi Chiodi (Milan)
  • 4 mesi Montesi (Lazio)
  • 3 mesi Colomba (Bologna) e Damiani (Napoli)

La squalifica per "illecito sportivo" di Paolo Rossi fu ridotta in appello da 3 a 2 anni, consentendogli di partecipare al Mondiale 1982. In seguito alla vittoria degli azzurri in questa manifestazione, la giustizia sportiva concesse a tutti i giocatori in quel momento squalificati l'amnistia, ad eccezione di Felice Colombo, non essendo un giocatore ma un dirigente.

 

Bibliografia [modifica]

Carlo Petrini, Nel fango del dio pallone, Kaos Edizioni, Roma, 2000.

Paolo Carbone, Il pallone truccato. L'illecito nel calcio italiano, Libri di Sport, Arezzo, 2003.

Il caso Genoa-Inter fu un caso di presunto illecito sportivo riguardante un incontro di calcio disputato il 27 marzo 1983 nello stadio di Marassi fra Genoa e Inter, conclusosi con il punteggio di 3-2 per i nerazzurri.

 

Tabellino [modifica]

GENOA-INTER 2-3 (0-1)

Marcatori: 14' Altobelli, 48' Briaschi, 59' Bini, 75' Iachini, 85' Bagni.

GENOA: Martina, Romano (46' Viola), Testoni, Corti, Faccenda, Gentile, Benedetti (73' Simonetta), Peters, Fiorini, Iachini, Briaschi. (12 Favaro, 13 Somma, 14 Onofri). All.: Simoni.

INTER: Bordon, Bergomi, Baresi, Oriali (88' Bernazzani), Collovati, Bini, Bagni, Müller, Altobelli, Beccalossi, Marini. (12 Zenga, 13 Juary, 14 Bergamaschi, 15 Ferri). All.: Marchesi.

Arbitro: Pairetto (Torino).

 

Vicenda [modifica]

Campionato di calcio di Serie A 1982-83. Il 27 marzo era in programma la venticinquesima giornata. Fra le otto partite in cartellone c'era l'incontro di Marassi fra Genoa e Inter.

I rossoblu, allenati da Luigi Simoni e reduci da una sconfitta ad Avellino, avevano un disperato bisogno di punti salvezza, mentre i nerazzurri, eliminati da Coppa Italia e Coppa delle Coppe avevano disputato una stagione sostanzialmente incolore, e rischiavano di perdere il treno per le Coppe europee. La tifoseria era ormai in subbuglio, la dirigenza per nulla contenta. L'allenatore dei nerazzurri era Rino Marchesi, che ormai a fatica cercava di tenere unita la squadra.

A poche ore dalla gara, diversi quotidiani fotografavano questa situazione: giocatori divisi in clan, un allenatore privo di polso, i tifosi inferociti con il presidente Fraizzoli, che pił volte aveva deciso di mollare (e di lģ a poco lo avrebbe fatto, cedendo l'Inter a Ernesto Pellegrini). Dal ritiro dell'Inter a Santa Margherita Ligure filtrņ una notizia curiosa: alle due squadre andava benissimo anche un pareggio, dato che entrambe non volevano rischiare di farsi male.

Potenziali affari in vista, dunque, per il sempre fertile Totonero; invece qualcosa non funzionņ.

Dopo la partita due giovani cronisti del quotidiano Il Giorno, Claudio Pea e Paolo Ziliani, vengono casualmente a conoscenza di una montagna di soldi persa dai giocatori dell'Inter a causa del risultato della partita di Genova.

All'inizio, perņ, nessuno si era accorto di nulla: in radio, a "Tutto il calcio minuto per minuto", avevano solo detto che l'Inter era passata in vantaggio per tre volte, prima con Altobelli, poi con Bini e, alla fine, con Salvatore Bagni.

Soltanto dalle cronache del giorno dopo, infatti, si seppe che quando Bagni aveva realizzato il goal del 3-2 a cinque minuti dal termine, nessuno dei compagni era andato ad abbracciarlo, come normalmente si fa dopo la segnatura di una rete.

Negli spogliatoi era successo un putiferio: il direttore sportivo del Genoa, Giorgio Vitali, aveva insultato i nerazzurri:

  « I vostri dirigenti devono sapere che m.... sono i loro giocatori dal punto di vista umano! Non si possono fare queste cose a cinque minuti dalla fine!!! »
   

E il centrocampista genoano Pasquale Iachini, che aveva realizzato il momentaneo 2-2, rincarņ la dose:

  « Evidentemente qualcuno non č stato avvisato... »
   

Pił caustica la reazione del difensore interista Collovati, fresco campione del mondo in Spagna:

  « Strano che proprio il Genoa si lamenti di queste cose: lo scorso anno ne abbiamo pagato le conseguenze noi del Milan. »
   

Vitali e Iachini si riferivano evidentemente a Bagni, "colpevole" di aver realizzato la rete della vittoria interista; Collovati, invece, ricordava un episodio dell'anno precedente, quando uno stranissimo goal realizzato dal Genoa a Napoli regalņ il pareggio ai rossoblu e condannņ il Milan, nel quale lui militava, alla retrocessione in Serie B.

Inoltre, si vociferava di una colluttazione avvenuta negli spogliatoi dell'Inter, dove avrebbero subģto conseguenze i giocatori Bini e Bagni, autori del secondo e terzo goal.

La sera del giorno successivo, durante la trasmissione televisiva "Il Processo del Lunedģ", Vitali tentņ una rettifica di quanto aveva detto:

  « Sģ, ho sbagliato a prendermela con i giocatori dell'Inter, ma noi credevamo di avere capito: quando abbiamo visto che loro facevano melina a centrocampo, abbiamo creduto che fossero appagati del pareggio, cosģ ci siamo rilassati e loro ci hanno puniti. Avrei dovuto prendermela con i miei giocatori, invece! »
   

Per tutta risposta, il giornalista e commentatore Domenico Morace ribattč:

  « Non fare il pompiere, Vitali! Ma chi vuoi prendere in giro? Non siamo mica nati ieri, noi! Sappiamo quello che succede nel calcio, quindi per favore dicci la veritą! »
   

Il capitano genoano Claudio Onofri dette man forte al suo dirigente:

  « Ma queste cose nel calcio sono normali, quando si č soddisfatti del pareggio, si sta tranquilli in campo, si fa melina, si perde tempo...sono taciti accordi che ci possono stare! »
   

Collegato dagli studi di Torino, intervenne polemicamente il calciatore granata Renato Zaccarelli, che di Onofri era stato compagno di squadra nel Torino:

  « Beh, io se devo dire la veritą, nella mia carriera di questi taciti accordi non ho mai sentito parlare. »
   

Al che Onofri si inalberņ, replicando:

  « Potete per favore inquadrare il signore che parla da Torino? Se quello lģ dice di non aver mai sentito parlare di accordi nel calcio allora non č Renato Zaccarelli mio ex compagno di squadra, ma un impiegato che gli assomiglia molto! »
   

Nessuno dei giornalisti e degli ospiti presenti, dunque, credette a una sola parola dei due genoani, tantomeno gli credette l'Ufficio Indagini della Federcalcio, diretto dal dottor Corrado De Biase, che annunciņ l'apertura di un'inchiesta su un possibile tentato illecito sportivo.

A dirigere l'inchiesta fu chiamato l'ispettore Aldo Ferrari Ciboldi, un piccolo possidente cremonese che gią in passato aveva collaborato fruttuosamente con l'Ufficio Indagini.

Questi, ricevuta piena collaborazione dai due club, si trovņ orientato a credere che fosse solo un falso allarme.

Dovette ricredersi quando, procuratosi all'emittente televisiva Rete 4 un filmato molto chiaro della partita, notņ lo strano atteggiamento dei giocatori dell'Inter (esultarono come matti in occasione dei goal di Altobelli e Bini, ma non lo fecero al goal di Bagni,che pure gli aveva dato la vittoria: anzi, si notava che uno dei giocatori interisti gesticolava contro Bagni con fare minaccioso) e quando i giornalisti Pea e Ziliani, che nel frattempo avevano indagato per proprio conto, gli comunicarono delle veritą scontate, ma allo stesso tempo sconcertanti, come ad esempio che da diverso tempo le partite dell'Inter garantivano vincite sicure: addirittura scommettevano gli stessi giocatori e perfino qualche dirigente. Invece a Genova era andata male e parecchi calciatori interisti, oltre a vari scommettitori comuni, avevano perso svariati milioni.

Dall'indagine svolta dai due cronisti, inoltre, era emerso uno spaccato per nulla edificante dell'intero ambiente nerazzurro: screzi anche violenti fra i giocatori (la domenica successiva al "fattaccio", per esempio, Altobelli schiaffeggiņ Müller durante Inter-Avellino 2-0, sotto gli occhi di tutto lo stadio, poiché il tedesco, invece di passargli la palla, aveva voluto tirare in porta); l'allenatore vittima di uno spregiudicato dirigente; il presidente Fraizzoli, amareggiato e stanco; e un giovane giocatore brasiliano, Juary, acquistato dall'Inter per sbaglio (doveva andare a Cesena in cambio di Schachner, poi l'affare saltņ), finito sull'orlo della depressione, emarginato anche per il fatto di essere nero.

Proprio Juary rivelņ ai due giornalisti quanto era successo negli spogliatoi di Marassi quel 27 marzo 1983, salvo poi ritrattare tutto non appena la sua intervista fu pubblicata.

L'articolo di Pea e Ziliani sul "Giorno" uscģ il 9 aprile e scatenņ subito una bufera: da una parte c'erano le altre testate, furiose per essere state "battute" sul tempo, dall'altra c'erano l'Ufficio Indagini della Federcalcio, interessatissimo a tutto quanto veniva detto e scritto, le due societą coinvolte, Inter e Genoa, che adirono le vie legali, e la magistratura genovese, diretta dal giudice Roberto Fucigna, che conducevano indagini sul Totonero locale.

Fin dall'inizio l'inchiesta fu osteggiata da ogni parte. La Federcalcio aveva tutto l'interesse ad insabbiare la vicenda, poiché non poteva permettersi, fresca oltretutto di un prestigioso alloro mondiale, un’altra valanga devastante come quella che aveva "massacrato" il campionato di Serie A 1979-80 (vedi Scandalo del calcio italiano del 1980).

Il Genoa e l'Inter, consapevoli di rischiare grosso, si adoperarono con ogni mezzo per far sģ che tutto risultasse una bolla di sapone. Inoltre le pił importanti testate giornalistiche prevedevano un nuovo forte calo di tiratura, nel caso scoppiasse una nuova grana-scommesse.

Secondo quanto riportato dal giornalista Paolo Ziliani:

  « Fu proprio il ministro Biondi (avvocato del club rossoblu, ndr) a fermare il lavoro del giudice Fucigna, dopo l'interrogatorio del giovane Somma del Genoa e alla vigilia dell'interrogatorio dei giocatori dell'Inter, chiedendo al capo della Procura di Genova, Castellano, e ottenendo che l'inchiesta sulle scommesse di Genoa-Inter venisse affidata ad altro giudice che tutelasse maggiormente i diritti della difesa. Un timore che il giudice Fucigna ci aveva apertamente manifestato qualche giorno prima, quando ci disse che Prisco da Milano e Biondi a Genova stavano facendo di tutto per mettergli i bastoni tra le ruote. »
   

E infatti, il caso Genoa-Inter lasciņ mezza Italia col fiato sospeso fino a giugno, quando la Commissione Disciplinare assolse tutti quanti. Il procuratore Ferrari Ciboldi, che aveva appoggiato Pea e Ziliani nella conduzione dell'indagine, venne licenziato senza troppe cerimonie dall'Ufficio Indagini e messo a riposo. Ricorda ancora Ziliani:

  « Lo andai a trovare a distanza di anni a Soresina: il trattamento ricevuto dopo una vita da collaboratore dell'Ufficio Inchieste lo aveva fatto cadere in una fortissima depressione che l'aveva costretto a ricorrere alle cure del professor Cassano, a Pisa. La Federcalcio gli aveva negato anche la tessera per andare a vedere le partite: cosģ, la domenica, Ferrari Ciboldi andava a vedere Cremonese o Brescia, ma solo per l'amicizia con i presidenti di questi due club, che gli aprivano volentieri le porte della loro tribuna. »
   

 

Bibliografia [modifica]

  • Paolo Ziliani, Non si fanno queste cose a cinque minuti dalla fine! - La vera storia del giallo Genoa-Inter, Limina Edizioni, Arezzo, 2005.
 
Il Milan travolge per 4-1 il Bologna ma la valanga rossonera non basta ad insidiare l'Inter che resta da sola in vetta alla classifica battendo la Sampdoria 1-0 nel posticipo. Rossoneri a sei punti. A meno tre la Juve, vittoriosa nell'anticipo di sabato per 1-0 sulla Fiorentina. E la ventesima giornata č ancora una volta stata piuttosto difficile per gli arbitri. Mourinho se la prende con Celi e parla anche di errori pro Juve e Roma. E dopo gli errori di Saccani in Juve-Fiorentina infatti, ha fatto molto discutere anche l'arbitraggio di Morganti in Napoli-Roma. I napoletani, sconfitti alla fine per 3-0, nel primo tempo si sono visti annullare un gol per un dubbio fallo di mano di Zalayeta, mentre la Roma ha segnato il primo gol con Mexes che si trovava probabilmente in fuorigioco. Da segnalare la vittoria per 4-1 del Cagliari sulla Lazio e del Palermo per 3-2 sull'Udinese. Questi gli altri risultati del pomeriggio di domenica: Lecce-Torino 3-3, Genoa-Catania 1-1, Siena-Atalanta 1-0. Nel posticipo pomeridiano di sabato il Chievo aveva superato la Reggina in trasferta per 1-0.

INTER - SAMPDORIA- Adriano colma l'assenza di Ibrahimovic e nel recupero del primo tempo firma l'1-0 a favore dell'Inter nel posticipo dei nerazzurri contro la Sampdoria. Partita tesa, con l'espulsione dell'allenatore dei nerazzurri José Mourinho, decisa al 41esimo del primo tempo dall’arbitro Domenico Celi per le proteste del tecnico contro un'ammonizione a Stankovic. Inter senza Ibrahimovic, Sampdoria senza Cassano e con tanti problemi in difesa. La gara stenta a decollare, solo conclusioni dalla distanza e poche palle-gol. Al 30esimo Raggi salva su Adriano impedendo un colpo di testa a botta sicura. Al 40esimo espulso Mourinho per proteste. L'Inter passa al 47esimo con Adriano che batte Castellazzi sfruttando un assist di Maicon dalla destra. Nella ripresa gara molto pił vivace, la Sampdoria perde prima Gastaldello, poi Raggi, gli unici due difensori di ruolo a disposizione di Mazzarri. Nerazzurri vicini al raddoppio in due occasioni con Stankovic che prima impegna Castellazzi e che poi, al 17esimo, centra la traversa. Un minuto dopo Cordoba salva su Pazzini. Al 22esimo Castellazzi respinge un destro di Muntari, mentre al 35esimo la Samp chiede un rigore per un contatto dubbio Cordoba-Pazzini. L'ultimo tentativo č di Dessena al 95esimo, Julio Cesar si salva in angolo. Finisce 1-0 per l'Inter che riscatta il ko di Bergamo e mantiene le distanze dalle inseguitrici. Per la Samp, 20 punti e terza sconfitta consecutiva.

MOURINHO CONTRO GLI ARBITRI - Al termine della partita l'allenatore portoghese espulso se la prende con l'arbitro Celi e non solo: «Preferisco non commentare Celi perché altrimenti dovrei commentare anche quello che č successo oggi o ieri in altri stadi - ha dichiarato a Sky il tecnico nerazzurro -. Non ho mai parlato male degli arbitri italiani, perņ mi sembra che questo fine settimana č stato chiaro. Io - prosegue il portoghese - sono stato espluso perché ho detto all’arbitro che aveva paura, nel primo tempo sono arrivati tanti cartellini gialli per noi, 3 minuti di recupero nel primo tempo, 6 nel secondo tempo». Č proprio l’entitą del recupero a risultare sospetta per Mourinho: «Cosa era successo per dare quel recupero? Che l’Inter vinceva 1-0. L’unica cosa che giustifica quel recupero č la nostra difficoltą, se la Sampdoria avesse pareggiato non avrebbe dato 6 minuti, ma 1 o 2». L’affondo nei confronti del direttore di gara non si esaurisce qui: «Mi sembrava troppo contro di noi. Lui era troppo sotto pressione, dopo quello che č successo ieri e poi oggi. Mercoledģ si era parlato tanto del nostro gol con 10 centimetri di fuorigioco - ha ricordato Mourinho in relazione al match di Coppa Italia con la Roma -. Gli errori a favore della Juventus? Ci sono errori ed errori, preferisco non parlare. Oggi il gol di Mexes (per la Roma sul campo del Napoli, ndr) era in netto fuorigioco. Oggi poi č arrivato un arbitro senza esperienza, con un osservatore (Pierluigi Collina, designatore arbitrale, seduto in tribuna, ndr) che fa paura e mette troppa pressione».

BOLOGNA-MILAN - Il Milan cala il poker vincente a Bologna e rafforza la propria candidatura per lo scudetto. I rossoneri passano 4-1 in casa dei rossoblu e aprono nel modo migliore il girone di ritorno. La formazione di Carlo Ancelotti non brilla per soliditą difensiva, ma in attacco ha risorse in abbondanza per fare bottino pieno sul campo di una squadra imbattuta nei precedenti 9 turni. La vittoria al Dall'Ara porta soprattutto la firma di Ricardo Kaką, che mette lo zampino nella prima rete rossonera e ne sigla altre 2. Anche Beckham, perņ, si guadagna applausi e titoli con il primo gol della sua avventura italiana. L'inglese fa centro nel secondo tempo, quando la partita č perņ virtualmente chiusa. Ci aveva pensato Kaką infatti con due reti a mettere al sicuro il risultato. Tutto, o quasi, succede infatti nel primo tempo. I 17 minuti iniziali, in particolare, sono un concentrato di emozioni. Il Bologna sfonda al 9' quando Amoruso si procura un rigore per un intervento a sandwich di Maldini e Senderos. Di Vaio non sbaglia dal dischetto e col 15° centro stagionale firma l'1-0. La reazione rossonera č veemente e la situazione viene rivoluzionata in 4 minuti. Il Milan pareggia i conti al 13' con Seedorf: l'olandese piomba su una respinta corta di Antonioli, in affanno su conclusione di Kakį, e l'1-1 č cosa fatta. Il ribaltone č completo al 17', quando l'arbitro Tagliavento giudica da rigore un contatto tra Bombardini e Zambrotta. Kaką trasforma, 2-1. Alla fine del primo tempo il bolognese Mudingayi viene espulso. In superioritą numerica, il Milan non si fa pregare e chiude subito i conti con Kakį: sinistro da fuori area, palla a fil di palo e 3-1. Poi ci penserą Becckham nella ripresa a siglare il 4-1.

NAPOLI-ROMA - La Roma batte per 3-0 il Napoli al San Paolo e lo raggiunge al quinto posto in classifica a soli 3 punti dal Genoa che per ora ha in mano l'ultima piazza valida per la Champions. Ma la partita del San Paolo, come quella di sabato all'Olimpico di Torino, fa discutere ancora una volta per i presunti errori arbitrali. La Roma, occorre chiarirlo subito, vince meritatamente, ma il primo gol era viziato da una posizione di fuorigioco di Mexes l'autore della rete,, non rilevata dal guardalinee. Inoltre poco prima al Napoli era stato annullato un gol di Zalayeta per un dubbio fallo di mano dell'attaccante uruguaiano. Poi la Roma colpiva ancora grazie ad un colpo di testa di Juan da calcio d'angolo e la partita era finita. Nella ripresa andava ancora a segno Vucinic che rendeva pił rotonda la supremazia dei giallorossi, ottimi anche in fase di contenimento.

LE ALTRE PARTITE - Il risultato pił sorprendente della prima giornata di ritorno perņ č forse la vittoria per 4-1 del Cagliari sulla Lazio con ben due calci di rigore falliti dai padroni di casa. Questi gli altri risultati del pomeriggio di domenica: Lecce-Torino 3-3, Genoa-Catania 1-1, Siena-Atalanta 1-0.

JUVE -FIORENTINA - Vittoria sofferta dei bianconeri sulla Fiorentina nell'anticipo di sabato. Il gioco si č sbloccato al 21', quando Marchisio ha segnato grazie a uno splendido assist di Del Piero. Al 33' la Fiorentina ha sfiorato il pareggio con il colpo di testa di Santana che ha colpito la traversa. Nel secondo tempo occasioni su entrambi i fronti ma i tre punti vanno nella cassaforte bianconera. La Juventus si porta momentaneamente al primo posto in classifica, al fianco dei nerazzurri di Mourihno, con 43 punti. Alcune decisioni arbitrali hanno scatenato polemiche, come il rigore negato al 10' alla Fiorentina dall’arbitro Massimiliano Saccani, su fallo di Olof Mellberg ai danni di Stevan Jovetic e il gol annullato ad Alberto Gilardino per un fuorigioco inesistente. Č la terza sconfitta consecutiva per la Fiorentina, ferma al settimo posto a quota 32.

LO SFOGO DI DELLA VALLE - E contro l'arbitraggio di Saccani si č scagliato il presidente viola Andrea Della Valle, che ha comunque fatto i complimenti alla squadra: «I ragazzi sono stati fantastici e hanno giocato alla pari contro una grande squadra». Ma sul rigore negato e il gol annullato attacca: «Sono disgustato e indignato. Vedo un atteggiamento continuo delle terne arbitrali nei nostri confronti da varie partite, da quel famoso gol di mano di Alberto Gilardino a Palermo. Noi ci teniamo a lanciare sempre un messaggio di fair play, ma questa sera sono disgustato perché si č trattato di episodi netti, ce li devono spiegare». Della Valle chiama in causa il designatore Pierluigi Collina: «Io non mi so dare spiegazioni, ma le pretendono la squadra e la cittą di Firenze. E dopo quello visto prenderņ delle decisioni, la nostra pazienza č arrivata al limite. C'č buona fede, ma non ce la facciamo pił, meritiamo rispetto. Mi aspetto spiegazioni su questo atteggiamento da Collina».

 

 

MOURINHO - Evidentemente soddisfatto Josč Mourinho: «Č una buona risposta alla sconfitta di domenica a Bergamo. Quando si parla in campo, tutto va meglio, ci puņ stare anche perdere una partita ma dipende come». Il tecnico loda Adriano («ha lavorato bene, č stata una buona partita») e l'esordiente Santon, classe '91: «Un esordio cosģ contro la Roma non era facile: č stato fantastico».

SPALLETTI - Anche Luciano Spalletti, nonostante la delusione, elogia la sua squadra: «Al di lą dell'episodio, meritavamo di pił». Il tecnico non recrimina sugli errori difensivi della sua squadra, né sulle decisioni dell'arbitro contestate dai giocatori giallorossi, come appunto il fuorigioco di Samuel. «Abbiamo giocato una buona partita - ha detto Spalletti. - Quando giochi cosģ, torni a casa ma sei soddisfatto». Ed č ottimista sul recupero di Totti: «Va valutato, ma per domenica a Napoli puņ essere a disposizione».

SAMPDORIA - A Udine i blucerchiati hanno passato il turno eliminando l'Udinese ai calci di rigore dopo che i tempi regolamentari e i supplementari si erano chiusi sull'1-1. Dagli undici metri hanno sbagliato D'Agostino e Pepe, regalando la vittoria per 5 a 2 agli ospiti. Le reti della partita erano arrivate entrambe nella ripresa, con Pazzini e Di Natale su calcio di rigore concesso per un presunto fallo di Ziegler su Sanchez. Al 44' l'Udinese manca una clamorosa occasione per chiudere la partita. Ai supplementari il punteggio non cambia, quindi i rigori. Per l'Udinese a segno Di Natale; per la Samp Pazzini, Palombo, Sammarco e Gastaldello. Venerdģ la Lazio affronta il Torino, mentre il 4 febbraio il quadro dei quarti si chiuderą con il match tra Juventus e Napoli.

L'Inter riparte dalla Coppa Italia
La Roma recrimina sull'arbitraggio

L'Inter riparte dalla Coppa Italia La Roma recrimina sull'arbitraggio

Ibrahimovic, ancora protagonista

MILANO - Sarą l'Inter a giocare la semifinale di Coppa Italia con la Sampdoria. La squadra di Mourinho gioca molto bene per una buona parte di primo tempo, poi cede il comando del gioco alla Roma. La cattiva serata delle difese ha reso il risultato incerto sino alla fine. Adriano (bene) e Ibrahimovic (cosģ cosģ) hanno deciso la partita per l'Inter, mentre la Roma ha avuto in Taddei il goleador. Baptista non ha fatto miracoli e Vucinic, dopo un inizio sfortunato, č stato sostituito.

IL TABELLONE DI COPPA ITALIA

La squadra di Spalletti ha giocato complessivamente meglio, ma i gol hanno dato ragione a un'Inter che non ha strabiliato, ma ha curato con una vittoria importante il momentaccio del dopo Bergamo. In ogni caso una partita "vera", a volte belle, qualche volta penosa, che ha dato ragione a Mourinho che ha presentato, come novitą dell'ultim'ora, il giovane terzino Santon (bravo). E' tornato in squadra Muntari.
Con Cruz squalificato, Cordoba, Maxwell, Obinna e Crespo avrebbero pagato per la figuraccia di Bergamo.

Spalletti in attacco ha schierato il duo Vucinic-Batista. Inoltre Taddei e non Pizarro a centrocampo. Il motenegrino soi č infortunato. La squadra giallorossa ha giocato un ottimo finale di primo tempo, mentre l'Inter ha cominciato bene forse per far dimenticare la partitaccia di domenica scosa.

Due volte, nel primo e nel secondo tempo, la partita ha vissuto episodi fondamentali nel giro di due minuti. Al 9' Vucinic, in posizione centrale, entra in area su un pallone che arriva da dietro: Samuel e Burdisso lo chiudono lui cade e, con la mano sinistra manda la palla in rete. Rigore, mani volontario o addirittura gol? Orsato opta per la secoda e mostra il giallo al montenegrino. Ribaltamento di fronte sul rinvio di Toldo: Ibrahimovic di testa, scontro fra Riise e Juan, palla a Adriano sulla sinistra e diagonale vincente.

Vantaggio nerazzurro, ma gran pasticcio difensivo dei giallorossi.

Inter in ottimo momento e possibilitą del raddoppio al 20' con una splendida semirovesciata di Stankovic su assist di Maicon: traversa. Anche Ibrahimovic al 24', solo sulla destra, ha la palla del 2-0: tentativo di scavalcare Artur che non abbocca e smanacciail pallonetto con un gran balzo.

A questo punto, la Roma pende in mano la partita e costruisce due occasioni, a coronamento di un buon periodo di gioco: al 25' con un tiro di Perrotta da destra dopo un controllo di petto di Vucinic; al 30' con un tentativo in diagonale di Brighi, deviato in tuffo sulla destra da Toldo. Ma pericoli arrivano anche da Baptista e Perrotta che al 42' di sinistro manca di poco l'obiettivo. Insomma, partita intensa, buona partenza dell'Inter con gol e reazione giallorossa senza frutti.

La Roma continua ad attaccare nella ripresa. Traversoni insidiosi, tiri (Mexes), ma č l'Inter ad andare vicino al gol con Ibrahimovic (gran rovesciata su assist di Adriano).

A questo punto, un episodio curioso: Spalletti sta per sostituire Taddei con Pizarro, ma si fa male Vucinic e il cileno entra al posto del montenegrino. Nell'azione successiva (15') la palla, dopo un tiro di Brighi, finisce a Taddei che fulmina Toldo con un gran destro. Spalletti ride: "Ora scriverete che ho azzeccato i cambi...".

Ma la Roma, sul pareggio, si disunisce un po'. Nemmeno due minuti e su punizione, Cambiasso pesca Samuel (in probabile offside) sulla destra: la conclusione č respinta da Artur in uscita e Ibrahimovic, col solito "colpo dello scorpione" riusce a insaccare. Nel giro di due minuti la partita passa dalle mani nerazzurre a quelle giallorosse e viceversa.

Ma che incertezze le difese! Un contrasto molto discusso fra Riise e Ibrahimovic in area giallorossa e Spalletti a questo punto cerca di dare spinta all'attacco inserendo Menez al posto di Riise e Aquilani di Taddei.Mourinho ha rinforzato il centrocampo con Chivu (fuori Adriano!) e poi chiama in causa Mancini.

La Roma ha ancora due occasioni con Pizarro (gran parata di Toldo sulla destra al 29') e Aquilani (esterno rete in mischia al 34'). Burdisso sfiora l'autogol, Mexes e Ibrahimovic sfiorano la rissa e la partita finisce con la vittoria e la qualificazione dell'Inter. Crisi gią finita? Lo si capirą meglio domenica con la Samp e senza Ibrahimovic squalificato. I segnali positivi, comunque, ci sono stati e Mourinho č parso soddisfatto: "Questa č una buona risposta alla sconfitta di Bergamo. Quando si parla in campo, tutto va meglio. Ci puņ stare anche perdere una partita, ma dipende come". Mourinho ha poi lodato Adriano ("ha lavorato bene, č stata una buona partita") e l'esordiente Santon, classe '91: "Un esordio cosģ contro la Roma non era facile: č stato fantastico".

Un po' deluso Spalletti: "Al di lą dell'episodio, meritavamo di pił". Poi, perņ, sceglie di non recriminare su qualche episodio e distilla gocce di buona filosofia calcistica: "E' stata una bella partita. Ci siamo attaccati a vicenda e ne č uscita una gara divertente. Quando va cosģ, anche se perdi, torni a casa contento". Il recupero di Totti? "Va valutato, ma per domenica a Napoli puņ essere a disposizione".

Non ci sta, invece, Rosella Sensi: "All'Inter non serve vincere cosģ. Sono rammaricata per gli evidenti errori arbitrali". Alla presidente non sono andati gił due episodi: il gol annullato a Vucinic e, soprattuto, il possibile fuorigioco di Samuel sul gol vittoria di Ibrahimovic.


INTER-ROMA 2-1

INTER (4-3-1-2): Toldo; Maicon, Burdisso, Samuel, Santon; Zanetti, Cambiasso, Muntari (41'st Mancini sv); Stankovic; Ibrahimovic, Adriano (32'st Chivu).
In panchina: J.Cesar, Rivas, Figo, Quaresma, Balotelli.
Allenatore: Mourinho.

ROMA (4-3-1-2): Artur; Cicinho, Mexes, Juan,
Riise (25'st Menez); Taddei (34'st Aquilani), De Rossi, Perrotta; Brighi; Baptista; Vucinic (15'st Pizarro). In panchina: Bertagnoli, Loria, Cassetti, Greco. Allenatore: Spalletti.

ARBITRO: Orsato di Schio.
RETI: 10'pt Adriano, 16'st Taddei, 17'st Ibrahimovic.
NOTE: serata fredda, terreno in discrete condizioni, spettatori 26.520. Angoli 6-4 per la Roma. Ammoniti Juan, Vucinic, Samuel, Perrotta, Mexes. Recupero: 2'; 4'.

 

Floccari-Doni, l'Inter affonda:E' CROLLO TOTALE,PER VEDERE UN'ALTRA SCONFITTA COSI' SCHIFOSA BISOGNA RISALIRE AL SETTEMBRE 2005.....E' LA FINE DEL TRIENNIO. PER MORATTI CI VORRA' UN'ALTRA QUOTAZIONE FARLOCCA DELLA SARAS PER REPERIRE MILIARDI DA INVESTIRE NELLA SUA ACCOZZAGLIA MALFORME!!!!

La squadra di Mourinho sconfitta con un secco 3 a 1 contro l'Atalanta. Il Genoa in zona Champions

Un'Inter mai vista, quest'anno. Mai cosģ brutta e impotente. All'Atalanta basta un tempo per annichilire i campioni d'Italia: a Bergamo, finisce con un clamoroso 3 a 1 per i padroni di casa. Ghiotta occasione per la Juventus, impegnata nel posticipo contro la Lazio all'Olimpico: ma i bianconeri (attualmente a -4 dalla capolista) devono fare i conti con l'emergenza difesa. La Roma supera il Torino per 1 a 0 in trasferta: decide il gol di Baptista al 92'. Il Genoa vince a Lecce (2 a 0) e sale in piena zona Champions. Le altre partite: Cagliari - Udinese 2-0, Catania - Bologna 1-2, Chievo - Napoli 2-1, Sampdoria - Palermo 0-2.

ATALANTA-INTER - Il risultato pił clamoroso della giornata arriva perņ da Bergamo. Mourinho aveva avvisato i suoi: «Sarą una battaglia». Parole cadute nel vuoto: sin dal primo minuto, infatti, i giocatori nerazzurri sono apparsi impreparati. Sull'altro fronte, Del Neri schiera un'Atalanta pressoché perfetta. E i bergamaschi passano in vantaggio gią al 18': Floccari č abile a controllare in area e a girare in rete. Al 28' la punizione di Doni viene deviata in porta. Cinque minuti dopo, il centrocampista dell'Atalanta batte di testa Julio Cesar e fissa il risultato sul 3 a 0. Nella ripresa entra Adriano, l'Inter prova a reagire ma le occasioni migliori capitano comunque sui piedi dei bergamaschi. Inutile la rete di Ibrahimovic a tempo scaduto.

 

Adriano Leite Ribeiro compirą 27 anni il 17 febbraio. LaPresse
MILANO, 13 gennaio 2009 - Il ritorno al gol di Adriano, l'orgoglio smisurato del Genoa privo di Milito, l'ennesimo colpo ad effetto di Ibrahimovic. Il 3-1 con cui l'Inter approda ai quarti di Coppa Italia (sfiderą la Roma la settimana prossima) č un contenitore pieno di motivi di interesse. Le reti portano la firma dell'attaccante brasiliano e di Rossi nei primi 90', poi di Cambiasso e Ibrahimovic nel primo tempo supplementare.
SPETTACOLO... - Non sembra una partita di Coppa Italia, la competizione pił bistrattata degli ultimi anni, quella in cui davvero pochi investono tempo ed energie. C'č meno turn over del previsto, pił pubblico e addirittura Diego Armando Maradona in tribuna per studiare gli argentini dell'Inter. C'č soprattutto un equilibrio che diverte: al diavolo i tatticismi, ci si attacca senza il timore di scoprirsi e cosģ viene fuori un primo tempo tiratissimo.
...ED ERRORI - L'unico a essere non all'altezza č, purtroppo, il direttore di gara. Il rigore di Adriano, e la conseguente espulsione di Biava (rigore e fallo fuori area), rappresentano un errore pesante per Gava, che inizialmente vede giusto assegnando la punizione, ma poi torna sui suoi passi dietro segnalazione del suo assistente decretando il penalty. La mancata seconda ammonizione di Muntari, per un'entrata sciagurata su Vanden Borre, viene appena dopo. La qualitą dei fischi comunque crescerą nella ripresa, ma non parlatene a Gasperini...
IN DIECI - In dieci dal 21', minuto nel quale Scarpi respinge il tiro dal dischetto di Adriano, il Genoa si compatta e resiste come puņ. Il tiro al bersaglio dei nerazzurri diventa una ricerca affannosa del risultato. Ci provano Crespo (bravo Ferrari a salvare la sua porta), Chivu (meno bravo davanti al portiere), e ancora Adriano (debole colpo di testa su cross di Maxwell). Per solidarietą, anche dalla parte opposta c'č chi, come Vanden Borre, si iscrive al partito degli spreconi.
ASSALTO A SCARPI - Inevitabile, visto il nervosismo del ghanese, il cambio Obinna-Muntari all'intervallo. Meno prevedibile l'impatto del nigeriano, che non fa nulla di speciale eppure contribuisce ad allargare il gioco sulle fasce come era accaduto con il Cagliari sabato sera, anche se con interpreti diversi. Per almeno quindici minuti Scarpi cala in apnea e respinge tutto quello che puņ. Maicon, pił di ogni altro, gira a un ritmo insostenibile per i difensori del Grifone, che infatti prova a rinforzare l'ultima linea con Criscito e Papastathopoulos. Dai e dai, il gol arriva: a un quarto d'ora dalla fine Maxwell pesca Adriano tra i due centrali e stavolta l'esecuzione č da Imperatore. Colpo di testa perfetto e un bel peso tolto dalle spalle a due mesi e mezzo dall'ultimo centro (all'Anorthosis in Champions).
SUPPLEMENTARI - Sembra fatta per l'Inter e invece Marco Rossi s'inventa un numero da favola, agevolato da un pasticcio di Samuel, appena quattro minuti dopo l'1-0 del brasiliano. Quindi si ritorna al solito copione, quello iniziato a sfogliare dopo la dubbia espulsione di Biava. Genoa in apnea, Inter (con Cambiasso e Ibra) alla carica. Scarpi si fa aiutare da Papastathopoulos per mettere un freno alle giocate dello svedese e resta in piedi fino al 10' del primo supplementare. E' a questo punto che l'Inter, quando il tabellino "dice" 18-1 nei corner, sfrutta l'unica indecisione del portiere, mettendo al sicuro con Cambiasso una qualificazione rimasta a lungo in bilico.
GENIO DI UN ZLATAN - Con un Genoa esausto dopo una partita encomiabile, č evidente che il gol di Cambiasso rappresenta la pietra tombale sull'avventura in Coppa del Grifone. A ravvivare ulteriormente la serata ci pensa Ibrahimovic, che attira a se Scarpi e lo beffa con un debole e diabolico tunnel, un'idea folle per tutti, non per Zlatan. Che prosegue la sua caccia al gol anche nel secondo supplementare. Per il bel Genoa che in campionato aveva strappato un pareggio a San Siro, sarebbe stato davvero troppo.

 

 
Zlatan Ibrahimovic realizza il gol dell'1-1 sfruttando l'assist di Crespo. Ansa
MILANO, 10 gennaio 2009 - Dopo otto vittorie consecutive l'Inter si ferma nella prima gara del 2009. Al Meazza il Cagliari strappa un pareggio, ma poteva essere un'impresa se almeno uno tra Biondini, Acquafresca e Cossu avesse avuto un pizzico di luciditą in pił. Avvio lento. Secondo tempo scoppiettante: botta del centravanti sardo a 25' dalla fine, risposta di Ibrahimovic 9 minuti dopo. Poi tre clamorose occasioni buttate alle ortiche dal Cagliari. In ogni caso l'1-1 premia il coraggio di Allegri e la sua voglia di vincere la partita; dall'altra parte risuona un campanello d'allarme per la capolista, che nella peggiore delle ipotesi domani sera andrą a riposare con 4 punti di vantaggio sulla seconda.
IMBUTO - L'aspetto pił allarmante dell'inizio anno interista č la prevedibilitą della manovra. Se la pressione sui tre centrocampisti č fatta bene (come dimostra il Cagliari nel primo tempo) sono guai: in mezzo l'imbuto č sempre pił stretto, e senza esterni che spingono bisogna affidarsi al solito Ibrahimovic. Che non sempre puņ fare miracoli.
PRESSIONE - Il primo tempo si chiude senza gol per tre buoni motivi. Il primo č rappresentato da Marchetti, il portiere che anche a San Siro (Zanetti ne sa qualcosa) dimostra di poter ambire a grandi traguardi. Gli altri due? I meriti dei rossoblł, corti e pronti a ripartire ma senza peso quando si tratta di concludere, e i demeriti dell'Inter, lenta e mai insidiosa sugli esterni.
CON QUARESMA - Nell'intervallo Cordoba viene sacrificato (ma forse c'č di messo anche un problema alla schiena) per far posto a Quaresma. Il gioco acquista una dimensione diversa perché Figo si allarga a sinistra e Ibra ha un po' di spazio in pił rispetto ai suoi guardiani Canini e soprattutto Astori, scuola Milan, un solo errore in questa sorta di derby. Anche se la mira dello svedese lascia a desiderare, l'Inter sembra prendere lo slancio necessario per fiaccare la resistenza del Cagliari. E invece...
PARI IBRA - L'1-0 lo piazza Acquafresca. Sul gol c'č comunque la collaborazione involontaria di Samuel: l'argentino scivola, aprendo il campo al futuro interista. La reazione di Mourinho č istintiva, come quella di un generale che scaraventa sul campo le ultime armi a disposizione. Con Crespo e Mancini l'Inter si dispone con un clamoroso 3-4-3 in cui Quaresma e l'ex romanista rappresentano le ali. A pungere perņ, č sempre il Cagliari, davvero troppo generoso davanti a Julio Cesar, con Acquafresca e soprattutto Biondini.
QUANTI ERRORI - Il pareggio di Ibrahimovic arriva grazie all'ottimo lavoro di Crespo sulla fascia sinistra. Allegri non fa una piega e ordina ai suoi di continuare a pressare, nonostante l'1-1, in trasferta, contro l'Inter. Se il coraggio del tecnico andasse di pari passo con la mira dei suoi giocatori, Cellino avrebbe un club in zona Uefa. E invece Cossu e ancora Acquafresca, litigano con il pallone, mandando in fumo due occasioni che gridano vendetta: senza avversari il fantasista (parata di Julio Cesar), a porta vuota l'attaccante (alto).
ULTIMI FUOCHI - Troppa grazia sprecata dal Cagliari. Tutti si aspettano il gol nerazzurro, che non arriva nonostante il lavoro di Cruz e Muntari, con il destro del ghanese a sporcare il palo di Marchetti. A un certo punto Mancini la butta dentro sugli sviluppi di una punizione ma č chiaramente in fuorigioco. Mourinho crede che sia fatta, scatta sulla panchina ma a differenza di quanto avvenuto a Siena, lo sprint finale non č dolce per il portoghese. Domani la Juve puņ accorciare le distanze

 

 

 
 

 

SIENA, 20 dicembre - Tre punti per chiudere l’anno in bellezza e per allungare, almeno per una sera, sulla Juve. Č questo che José Mourinho chiedeva all’Inter, impegnata questa sera a Siena nel secondo anticipo della 17Ŗ giornata di serie A. Il tecnico portoghese č stato accontentato e ora i punti di vantaggio sulla Juve, chiamata domani al difficile impegno di Bergamo con l'Atalanta, sono 9. Ma sul successo dei nerazzurri pesa come un macigno la decisione dell'arbitro De Marco di convalidare il secondo gol di Maicon, grande protagonista della gara con una doppietta, che era in nettissimo fuorigioco sul passaggio di Maxwell. Una decisione, quella del direttore di gara, destinata a scatenare polemiche a non finire.

IL PROTAGONISTA - Tornando alla partita, come detto il grande protagonista, in una serata abbastanza opaca per l'Inter, č stato Maicon, a segno la prima volta al 34' e la seconda all'83'. In mezzo, il bel gol di testa di Kharja, che non č bastato perņ al Siena per evitare la sconfitta. Il raddoppio dell'esterno brasiliano, fra l'altro, ha scatenato la forsennata esultanza di Mourinho, che si č lanciato ad abbracciare il suo giocatore, nel frattempo denudatosi (Vucinic ha fatto scuola) sotto la curva dei tifosi nerazzurri. Grazie ai 3 punti di questa sera, l'Inter č campione d'inverno per la sedicesima volta nella sua storia.

IL PRIMO TEMPO - palle gol dall'altro lato. Dopo un quarto d'ora Frick, dopo una presa incerta di Julio Cesar in uscita, non riesce a trovare la porta. E becca il gol, il Siena. Angolo orribile di Balotelli che trafigge la copertura di Frick, Maicon aggira la difesa come un uomo invisibile e devia a pochi centimetri dalla porta. Uno a zero. Che non significa niente. Perché a un minuto dall'intervallo il Siena pareggia: cross dalla trequarti di Del Grosso, Kharja anticipa di testa Maxwell ed ecco fatto. E chi lo sente, Mourinho nell'intervallo...

LA RIPRESA - L'Inter infatti torna in campo a testa bassa, ma quelli del Siena ce l'hanno invece altissima. Se ne fregano del blasone e attaccano. E allora Mourinho si affida ai "vecchi": dentro Figo e Crespo, fuori Jimenez e Balotelli. Ci prova Muntari, da fuori, sfruttando Ibra che ogni volta che si muove trascina con sé mezza difesa, a lato ma di pochissimo. Allora lo svedese ci prova in prima persona: botta e traversa. Poi manda in porta Crespo, ma lo ferma il guardalinee in posizione forse regolare. Sono lampi senza luce. Dentro pure Quaresma, ma non č una questione di uomini. Magari il concetto vale per il Siena, visto che l'appena entrato Maccarone, servito da Vergassola, non riesce a girare in porta il pallone giusto. Poi il gol decisivo e irregolare: tiro di Cordoba stoppato da Maxwell, tacco-assist per Maicon oltre la linea dei difensori, e palla a scavalcare Curci in uscita. Una festa da Champions, altroché. Mourinho non sta nel cappotto, Maicon si spoglia. Il Siena si arrabbia. E attacca fino alla fine. Ghezzal si mangia una gran palla gol e lancia cosģ l'Inter campione d'inverno tra le polemiche. TITOLO D'INVERNO - «Abbiamo sei punti di vantaggio, vogliamo finire nella stessa situazione e non vogliamo diminuire il distacco. Dobbiamo fare di tutto per vincere». Cosģ aveva parlato José Mourinho alla vigilia della partita a Siena. Vietato anche nominare il
Manchester United (prossimo avversario in Champions) prima di sabato sera. La tensione del tecnico portoghese era tale che al 38' della ripresa, quando Maicon con il secondo gol in nettissimo fuorigioco insieme ad altri due compagni, ha dato la vittoria all'Inter, si č fatto mezzo campo andando ad abbracciare il suo giocatore sotto la curva. Il tecnico perņ č onesto: «Non meritavamo di vincere». Non č stata la classica partita natalizia, l'Inter ha dovuto sudare l'ottava vittoria consecutiva. Al 34' del primo tempo nerazzurri in vantaggio con Maicon, lesto a deviare in porta un angolo dalla sinistra di Balotelli. Al 43' il Siena trovava il pareggio: cross dalla sinistra di Galloppa e deviazione di testa di Kharja. Nella ripresa, al 38' il raddoppio dei nerazzurri con Maicon: incredibile che il guardalinee, perfettamente piazzato, non abbia visto il fuorigioco di tre interisti. Intense ma inutili le proteste del Siena. A quattro minuti dalla fine Ghezzal da posizione ravvicinata mancava clamorosamente il pareggio per i toscani.

L'Inter ringrazia Maicon, Siena infuriato

Maicon Mourinho©

SIENA, 20 dicembre - All'Inter inarrestabile in campionato serve un regalo dell'arbitro per battere il Siena. Mourinho festeggia l'ottava vittoria consecutiva grazie ad una doppietta di Maicon, che segna il gol-vittoria in fuorigioco, ma la sua Inter stecca la prova e offre una prova opaca e senza piglio. Insomma, i campioni d'Italia questa volta non si vedono. Quanta fatica fanno i nerazzurri. Una gara da comprimari, un gol abbastanza casuale e l'ennesima disattenzione difensiva, poi la svista arbitrale e il gol liberatorio.

AVANTI A FATICA - L'Inter non trova il passo giusto, il pressing alto del Siena infastidisce i nerazzurri e i tessitori di gioco di Mourinho non riescono mai a offrire palle alle punte. Cosģ il primo tempo si chiude sull'1-1. Prima segna Maicon, poi Kharja. Ma a far bella figura č la squadra di Giampaolo, corta, organizzata e con in campo le scommesse Brandao (al debutto) al centro della difesa, e Frick preferito a Maccarone. C'č sempre la fisicitą nei gol dell'Inter. Peso, forza e centimetri dei nerazzurri finiscono per fare la differenza, anche quando il gioco non brilla. E allora basta la prestanza fisica di Ibra per aprire la difesa dei bianconeri toscani: su corner di Balotelli, Vergassola e Frick rimbalzano sullo svedese nel tentativo di rinviare e non trovano la palla su cui si avventa Maicon che con il ginocchio la mette dentro anticipando Curci, č il 34'. Il Siena non si scompone e dopo 10 minuti costruisce il pari. Sul cross di Del Grosso, la difesa nerazzurra č impreparata, Kharja in tuffo, di testa, anticipa Maxwell e batte Julio Cesar. Pari giusto per quello che il campo offre.

SIENA CORAGGIOSO - E anche in virtł del coraggio con cui gioca il Siena. La squadra di Giampaolo non se ne sta chiusa all'angolo ad aspettare le cariche dei nerazzurri. Anzi, spinge. Nel primo tempo in due occasioni, prima del pari sfiora anche il vantaggio. Dopo 32 secondi una botta di Kharjia costringe il portiere nerazzurro alla deviazione in angolo e al 15' una uscita maldestra di Julio Cesar consegna consegna la palla a Frick, ma la conclusione della punta č fuori misura. L'Inter sembra svagata, con la testa gią in vacanza. Jimenez, che debutta dal primo minuto, non incide, e Balotelli, scelto come spalla di Ibra, sciupa l'occasione offertagli dal tecnico. Nell'intervallo 'Mou' striglia la squadra che torna in campo pił convinta. Prima un tiro di Muntari parato da Curci, poi una traversa di Ibra con tiro dalla distanza spaventano il Siena che ora fatica a uscire dalla propria metą campo.

ENTRANO CRESPO E FIGO - Per dare la carica ai suoi, Mourinho richiama Balotelli e Jimenez e dą fiducia a Crespo e Figo. Proprio Crespo, servito da Ibra, ha una buona possibilitą, ma viene fermato per un fuorigioco che non c'č. Ma la foga dell'Inter si esaurisce dopo lo sprint iniziale e il Siena puņ rialzare la testa. Cosģ al 32' Maccarone, appena subentrato a Frick sciupa dal limite dell'area piccola un palla servita da Vergassola.

LA SVISTA - Poi una fiammata, una svista clamorosa dell'arbitro che non vede Maicon in fuorigioco su servizio di Maxwell e il gol del brasiliano di colore che dą la vittoria. Mourinho esulta e va fino sotto la curva ad abbracciare il suo terzino. La rabbia del Siena non basta a riequilibrare le sorti della gara: la conclusione di Ghezzal, allo scadere, deviata da Maxwell finisce fuori. La corsa dell'Inter, con un regalo natalizio dell'arbitro, continua. Il sogno dell'impresa del Siena svanisce.

Inter, stavolta decide Maicon
ma il Siena ha molto da recriminare

<b>Inter, stavolta decide Maicon<br/>ma il Siena ha molto da recriminare</b>

Maicon festeggiato dai compagni di squadra

SIENA - L'Inter - ottavo successo consecutivo - č passata a Siena con una doppietta di Maicon, anche se il secondo gol č viziato da un palese fuorigioco. E' stata una partita molto tirata, contro un bellissimo Siena che l'ha messa in grave difficoltą nel primo tempo, ribattendo con un gol di Kharja in tuffo di testa al fortunoso vantaggio di Maicon.

La squadra di Mourinho, priva di Stankovic a supporto degli attaccanti, ha sofferto il pressing e la velocitą dei bianconeri, arrancando alla meglio. Galloppa, Zuniga, Del Grosso, Kharja e l'azione continua di Vergassola hanno permesso al Siena di fare una gran bella figura. L'Inter si č svegliata nella ripresa, quando sono entrati Crespo e Figo al posto dei mediocri Jimenez e Balotelli: con una bordata di Ibrahimovic ha colpito la traversa e poi "Mou", ha inserito pure Quaresma. Ma invece di segnare un attaccante, č stato ancora Maicon (in offside) a decidere e il Siena ha fallito di poco il pareggio.

Vittoria "strappata" con il mestiere, pił che meritata col gioco, ma sempre tre punti importanti in questo momento in cui l'Inter, vince anche e molto, ma č spesso in ambasce. Giampaolo, dopo il serio infortunio a Rossettini, ha schierato l'esordiente Brandao (bene) al centro della difesa e ha recuperato Codrea (efficace) a centrocampo e Frick (impalpabile) all'attacco al posto di Maccarone, entrato nel finale.

Josč Mourinho, ha sostituito lo squalificato Stankovic, con Jimenez, scegliendo Balotelli (e non Mancini) per il posto al fianco di Ibrahimovic. L'Inter per mezzora non č esistita: nei primissimi minuti il Siena ha avuto due occasioni: dopo pochi secondi il tiro di Ghezzal ha costretto Julio Cesar a una deviazione in angolo e al 15' su un traversone da sinistra, il portiere nerazzurro ha smanacciato male, perdendo palla e Frick non č riuscito a inquadrare la porta. La squadra bianconera si č dimostrata molto ben organizzata e l'Inter non č riuscita mai ad arrivare al tiro. Balotelli non č sembrato in buona serata, Ibrahimovic vivacchiava, Jimenez non ha certo spinto adeguatamente e il pressing senese a centrocampo ha bilanciato bene la maggiore statura fisica e tecnica dell'Inter.


In due parole, Siena migliore, che ha persin reclamato per un intervento "robusto" di Maicon su Del Grosso in area. Ma siccome il calcio non č una scienza esatta, tutt'altro, al 34' č andata in vantaggio l'Inter su un calcio d'angolo di Muntari da sinistra: sul primo palo Frick ha controllato male, la palla č passata e Maicon l'ha messa alle spalle di Curci con la difesa bianconera ferma. La partita č salita di tono, il Siena si č riversato avanti e al 44' ha pareggiato meritatamente: Del Grosso da sinistra ha messo in mezzo una palla che Kharja in tuffo di testa (forse con un tocco di Maxwell, poco efficace) ha depositato alle spalle di Julio Cesar.

Lenta, macchinosa e prevedibile, l'Inter ha sofferto il ritmo del Siena. Gli errori in fase difensiva hanno fatto il resto. Mourinho nella ripresa ha prima aspettato una riscossa di Jimenez e Balotelli, ma questo non č avvenuto e allora ha cambiato: dentro Crespo e Figo, giocatori d'esperienza. Muntari al 13' ha sfiorato il bersaglio e l'Inter č sembrata pił incisiva: una saetta di Ibrahimovic da fermo poco dopo ha fatto tremare la traversa. Insomma, nerazzurri trasformati in meglio, anche se il Siena talvolta si č spinto pericolosamente in avanti.

Un'altra mossa "offensiva" di Mourinho: Quaresma al posto di Muntari e attacco nerazzurro con Ibrahimovic, Crespo, Quaresma e Figo. Giampaolo ha risposto con Maccarone al posto di Frick, non molto incisivo. Il nuovo entrato ha messo alta una bella palla al 33'.
Poi č passata l'Inter, al 38', ma non con uno dei tanti attaccanti mandati in campo, ma ancora con Maicon (oltre i difensori) dopo un'azione Figo-Cordoba-Maxwell: tacco per il terzino brasiliano che con un delizioso tocco da sotto ha superato Curci, fra le proteste dei senesi per la posizione di fuorigioco del difensore nerazzurro. I bianconeri poi si sono mangiati il pareggio al 42' con Ghezzal che non č riuscito a insaccare su respinta di J.Cesar. L'Inter ha chiuso con l'ottava vittoria di seguito - e il titolo virtuale di campione d'inverno a due turni dal termine (tre per i rivali, la Juve, in teoria, distanziata 9 punti, puņ arrivare a pari merito con l'Inter, avendo perso lo scontro diretto) il 2008, il Siena si consolerą con gli elogi generali, che perņ non fanno punti.

SIENA-INTER 1-2

SIENA (4-3-1-2): Curci; Zuniga (44' st Calaiņ), Brandao, Portanova, Del Grosso; Vergassola, Codrea, Galloppa; Kharja; Ghezzal, Frick (31' st Maccarone). In panchina: Manitta, Rossi, Moti, Jarolim, Barusso.
Allenatore: Giampaolo.
INTER (4-4-2): Julio Cesar; Maicon, Cordoba, Samuel, Maxwell; Zanetti, Cambiasso, Muntari (28' st Quaresma); Jimenez (10' st Figo); Balotelli (10' st Crespo), Ibrahimovic. In panchina: Orlandoni, Materazzi, Chivu, Mancini.
Allenatore: Mourinho.

ARBITRO: De Marco.
RETI: 34' pt e 38' st Maicon, 44' pt Kharja.
NOTE: serata fresca, terreno in buone considerazioni. Spettatori: 21 mila circa. Ammoniti: Balotelli, Vergassola, Kharja, Samuel, Del Grosso, Maicon.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Doppietta dello svedese: Inter-Chievo 4-2

Doppietta dello svedese: Inter-Chievo 4-2
 
Rimonta Lazio da 0-3 a 3-3 a Udine. Vucinic segna al 90': Roma-Cagliari 3-2. Mutu-Gila: Fiorentina-Catania 2-0. La Samp vince 2-0 a Reggio Calabria. Palermo-Siena 2-0, Genoa pari con l'Atalanta

 

TORINO, 14 dicembre - In attesa della sfida di stasera tra Juventus e Milan, che chiuderą la sedicesima giornata della serie A, e dopo le larghe vittorie di Bologna e Napoli (contro Torino e Lecce) negli anticipi di ieri, l'Inter supera 3-2 il Chievo con grande affanno e si porta momentaneamente a pił nove dal trio Juve-Milan-Napoli. Decisiva la doppietta nel finale di Ibrahimovic dopo le reti di Maxwell, Stankovic, Pellissier e Bentivoglio.

Ibrahimovic da impazzire
Inter a +9 sulle seconde

A San Siro la squadra di Mourinho fatica ma batte 4-2 il Chievo grazie allo svedese, autore di due gol nel momento pił difficile per i nerazzurri. A segno subito Maxwell, poi Stankovic, quindi il 2-2 firmato Pellissier-Bentivoglio. Espulso Morero

Zlatan Ibrahimovic, 27 anni, aveva realizzato una doppietta anche a Palermo. Lapresse
Zlatan Ibrahimovic, 27 anni, aveva realizzato una doppietta anche a Palermo. Lapresse
MILANO, 14 dicembre 2008 - Straordinario Ibrahimovic. Lo svedese risolve una gara complicatissima per l'Inter, raggiunta sul 2-2 a metą ripresa dal Chievo. A segno subito Maxwell, poi nella ripresa il raddoppio di Stankovic e la rimonta veneta firmata da Pellissier e Bentivoglio. Finale incandescente con l'assedio nerazzurro premiato dal lavoro di Figo e Maicon a destra e dalle reti di Ibra.
FIAMMATA - Niente Crespo, niente Balotelli, Adriano al check-in di Malpensa, destinazione Brasile. Cosģ al fianco di Ibrahimovic trova posto Obinna, che con il Chievo ha un legame forte, fatto di gol, fughe e ricorsi all'Uefa. Per disinnescare la schiera di centrocampisti ammassata da Di Carlo, costretto dalle squalifiche a rinunciare a Pinzi e a Mandelli, basta un flash: da Stankovic a Maxwell, che entra in area, finta, dribbla Frey e scarica sotto la traversa a due metri dalla porta. Sembra l'inizio di una nevicata, e invece non scende neppure una goccia di pioggia per 45 minuti.
"TROPPO BASSI" - La soliditą difensiva dell'Inter č la cosa migliore del primo tempo nerazzurro. Il resto non soddisfa Mourinho, che chiede ripetutamente al centrocampo di alzarsi, di spingere di pił, di non adagiarsi su un vantaggio striminzito, forse anche per dare un segnale dopo la brutta figura di Brema. Il conto della prima fase si chude con le proteste per un mani di Morero in area, un tiro di Ibra fuori misura e qualche bella giocata di Cambiasso. Troppo poco per chiudere la partita.
AGGANCIO CHIEVO - Secondo flash nerazzurro, ancora una volta a inizio tempo. Discesa di Maicon, tocco delicatissimo di Ibra, missile di Stankovic all'angolino. Una fiammata destinata a restare tale. Come nel primo tempo infatti, l'Inter si adagia. Il gesto che riapre la partita č di Pellissier, e per una volta tocca a Julio Cesar salire sul banco degli imputati per il ritardo con cui si lancia, invano, sul pallone. La seconda martellata č di Bentivoglio, comodamente appostato davanti alla porta per firmare il 2-2. E' l'inizio di una nuova partita.
IBRA TRAVOLGENTE - Figo, Balotelli e Crespo. Mourinho rovescia sul tavolo tutto l'arsenale offensivo. Ci sono 25 minuti per spezzare le illusioni di Juve, Milan e Napoli, e per piegare Sorrentino, impeccabile su Balotelli (che occasione sprecata davanti al portiere!). L'operazione 3-2 si mette in moto grazie a Figo. La qualitą del portoghese diventa determinante nell'azione del gol firmato da Ibrahimovic su assist di Maicon (Frey protesterą chiedendo un fallo). Ed č un fattore che rischia di pesare sul campionato, con la squadra di Mourinho (106 risultati utili consecutivi in campionato in casa) che grazie al suo uomo, forse l'unico, realmente dominante, conserva il vantaggio massimo sulle inseguitrici.
4-2 - Nel finale c'č anche lo spazio per arrotondare il punteggio, visto che senza Morero (espulso) il fiume nerazzurro tracima a destra. Ibrahimovic sembra in trance e condanna Di Carlo alla visione di un film gią visto un anno fa, quando guidava il Parma. L'incredibile staffilata d'interno destro che sfonda le resistenze della difesa veneta č un diamante che offusca le difficoltą affrontate contro l'ultima della classe.
 
INVINCIBILE ARMATA - Inter micidiale e cinica che all'inizio della ripresa riparte con identico atteggiamento, mentre i romani, con Brocchi al posto di Dabo tentano timidi affondo. Alla Lazio non resta che mantenere alta la pressione, ma quando l'Inter innesta la quarta non ce n'č per nessuno. Come al 10', quando Cambiasso pennella il cross perfetto su cui si avventa il mattatore Ibrahimovic, in posizione dubbia. Ma l'inzuccata č imperiale: 3-0. E nonostante il gap devastante, i nerazzurri non mollano e continuano a pressare e correre, eseguendo alla lettera le indicazioni di Mourinho, insaziabile e incontentabile quanto loro. La Lazio non sta a guardare, ma la differenza č incolmabile. Ci prova Zarate a elencare i suoi numeri e Maicon apprezza. Ma ce ne vorrebbero almeno tre per fare male alla ormai invincibile armata di Mou. Niente di pił. Tutti a casa.

DERBY DELLA LANTERNA AL GENOA - Ci voleva Diego Milito per far rivincere un derby al Genoa. A Marassi i rossoblu hanno sconfitto i cugini della Sampdoria per 1-0, proprio con un gol del «principe». L’ultimo successo del «grifone» risaliva a sette anni fa, al novembre del 2001. Nel posticipo della 15esima giornata di Serie A Milito ha sbloccato il risultato all'inizio della ripresa, con un bel colpo di testa, imparabile sotto la traversa, al 50’, su una punizione battuta dalla destra. Tre minuti dopo l’arbitro Stefano Farina annulla un gol alla Samp per fuorigioco (Dalvecchio e Campagnaro). Proteste dei doriani anche all’83’ per un gol annullato per fuorigioco a Fornaroli (stavolta pił dubbio). Poche emozioni ma molti falli: nei 90’ il fischietto di Novi Ligure ha sventolato il cartellino giallo ben undici volte. In classifica il Genoa sale al sesto posto con 25 punti, i blucerchiati restano a quota 16. «Sono troppo felice - ha detto l'attaccante argentino dopo il match - abbiamo fatto una buona gara e vinto il derby. E questo č un gol che ricorderņ per sempre».

MILAN RINGRAZIA KAKA' - Il Milan riesce a fare a meno di Ronaldinho e tiene il passo dei cugini nerazzurri, battendo il Catania 1-0 a San Siro con un gol di Kakį. I rossoneri salgono a 30 punti, restano nella scia dell'Inter, a sei lunghezze, come la Juventus che affronteranno domenica prossima a Torino nel big match della 16esima giornata. La squadra di Ancelotti non vinceva da 4 sfide ufficiali e con fatica e tante assenza cambia la tendenza negativa. La prima occasione arriva al 12': Pato crossa, Maldini devia a centro area, ma Bizzarri riesce a mettere la palla in angolo con una grande parata. La risposta del Catania non si fa attendere, passano due muniti e un contropiede dei siciliani porta Mascara al tiro che colpisce il palo con Abbiati in ritardo. Ancora un ribaltamento immediato e Kakį con un siluro da fuori area costringe ancora Bizzarri a deviare in angolo. In chiusura di primo tempo ultima occasione per la squadra di Ancelotti. Kakį parte in campo aperto lanciato da Pato, tocco sulla destra per l'accorrente Shevchenko che in area crossa basso ancora per il brasiliano anticipato con la palla che attraversa tutto lo specchio della porta. I rossoneri vogliono vincere e cercano con insistenza la vittoria: una magia di Kakį al 2' della ripresa fa gridare la gol: controllo e gioco di gambe delizioso ma il sinistro a giro finisce fuori di un niente. Poco dopo ci prova Zambrotta dalla distanza senza fortuna, ma al 19' arriva il vantaggio del Milan. Destro potente di Pato su punizione con Bizzarri che ci arriva con la mano e devia in calcio d'angolo. Sul corner stacca e colpisce di testa Kakį, tocco decisivo di Stovini e palla che finisce in rete. Il Catania reagisce e rischia di arrivare al pareggio, Mascara scappa alla marcatura in are a di testa da solo schiaccia, ma Abbiati č bravo a mandare in angolo. I siciliani rischiano ancora sui tiri di Flamini, Kakį e Pato, ma nel finale reclamano un calcio di rigore per un fallo di mano di Kaladze su tiro di Plasmati, giudicato involontario dall'arbitro Gervasoni. Finisce con la vittoria del Milan che continua la corsa.

JUVENTUS CORSARA - Due lampi e la Juve va. La formazione di Claudio Ranieri vince 2-1 a Lecce, segnando allo scadere con Amauri, e conquista 3 punti. I gol di Sebastian Giovinco e del brasiliano spingono la Vecchia Signora a quota 30, a -6 dall'Inter capolista. Nella prima frazione, i padroni di casa non hanno troppi problemi per tenere a bada la Juve, che stenta a costruire. Per vedere i bianconeri nell'area avversaria bisogna aspettare il 19', quando Chiellini e Legrottaglie non riescono a sfruttare una punizione di Giovinco. Al 24' il Lecce di rischia di farsi male da solo: Benussi sbaglia il tempo dell'uscita, ma Nedved e Sissoko non riescono ad approfittarne. Il match non decolla e i rari lampi arrivano dai piedi di Giovinco. L'attaccante, che trova spazio da titolare grazie ai forfait di Del Piero e Iaquinta, prova ad inventare al 25' quando si infila nell'area del Lecce e prova una conclusione, ribattuta dalla difesa. Chi spera di assistere a un avvio di ripresa pił spettacolare rimane deluso. Serve un jolly per rompere la monotonia. Lo pesca Giovinco al 57'. L'attaccante si procura un calcio di punizione da 22 metri: Del Piero non c'č, il baby non fa rimpiangere il capitano e realizza l'1-0 con un prodigio balistico. Il gol accende finalmente la gara, che si anima dopo un'ora di poco o nulla. Il Lecce reagisce e si rende pericoloso al 67', quando Tiribocchi sfiora il palo con un colpo di testa. Il forcing giallorosso viene premiato all'83'. Applausi per il neoentrato Cacia che inventa uno splendido diagonale al volo: Manninger immobile, 1-1. La "X" sembra cosa fatta, ma al 90' spunta la testa di Amauri: il brasiliano puņ decollare indisturbato, il colpo di testa buca Benussi e la Juve sorride: 2-1.

NAPOLI SORRIDE - Il Napoli batte il Siena 2-0. Si procura la prima, grande occasione del match al quarto d'ora: Mannini entra in area da sinistra e serve in mezzo per Maggio, la cui conclusione di prima intenzione trova una leggera deviazione di Del Grosso e si stampa sulla traversa. Il Siena tiene bene il campo nel primo tempo, poi nella ripresa lascia pericolosamente il pallino del gioco ai partenopei. Zalayeta spreca una doppia occasione per portare in vantaggio i suoi, ma a mezz'ora dal termine Reja aumenta il potenziale offensivo inserendo Denis e il Siena capitola: Hamsik s'invola sulla sinistra e mette in mezzo, la difesa dei toscani si perde Maggio che di sinistro a porta vuota deposita in rete. Il 2-0 arriva al 72': cross dalla destra di Maggio, Denis č tutto solo sul palo pił lontano e di sinistro chiude il match.

FIORENTINA TRAVOLGENTE - All'Olimpico di Torino, le speranze dei granata durano 160 secondi. Pronti, via e la Fiorentina trova il gol del vantaggio: i viola si guadagnano una punizione dal limite che Mutu calcia magistralmente, lasciando immobile Sereni. Il Torino prova a reagire, ma sul finale di tempo incassa il secondo gol: doppio colpo di testa, quello di Melo per servire Gilardino e quello del bomber viola, tenuto in gioco da Stellone, che batte di nuovo Sereni. Partita definitivamente chiusa alla mezz'ora della ripresa: Mutu semina il panico sulla sinistra, poi serve in mezzo per Kuzmanovic che di sinistro non sbaglia il 3-0. Il Torino accorcia subito su rigore, concesso dall'arbitro Saccani per un fallo di Melo su Amoruso e trasformato da Rosina. Ma all'84' la Fiorentina cala il poker: Gilardino raccoglie il cross dalla sinistra di Pasqual e con la porta spalancata realizza la doppietta e il gol n.11 della stagione.

L'UDINESE A PICCO, CAGLIARI RISALE - La giornata ha quindi segnato anche la quinta sconfitta consecutiva dell’Udinese, affondata 3-0 a Bergamo dall’Atalanta e la quarta vittoria interna consecutiva del Cagliari, che al Sant’Elia ha piegato per 1-0 anche il Palermo. Pareggio per 2-2 al Granillo, infine, tra Reggina e Bologna. Il programma del quindicesimo turno si chiuderą questa sera con l’attesissimo derby della Lanterna tra Sampdoria (16 punti) e Genoa (22).

PANZER NERAZZURRI - L’Inter ha travolto e sconfitto per 3-0 la Lazio allo stadio Olimpico nell’anticipo serale del sabato della quindicesima giornata del campionato di Serie A. E Mourinho, a fine partita, ha confermato che la sua squadra ha trovato il gioco giusto e lui «č orgoglioso di essere l'allenatore di questa formazione». «Non voglio essere campione d'inverno, voglio vincere lo scudetto». Poi una battuta su Balottelli: «Sono contento della sua partita con la primavere. Martedģ sarą con noi in Champions». Nerazzurri in vantaggio gią al 2’ con Walter Samuel. Al 3’ di recupero prima dell’intervallo autogol di Mobido Diakite su cross di Maicon e raddoppio dell’Inter. Al 55’ terzo gol nerazzurro firmato (in fuorigioco) da Zlatan Ibrahimovic. «Sono molto contento per il gol, ma ancora di pił per la grande partita della squadra - ha commentato Zlatan -. In tante altre gare ho avuto molte occasioni, ma non ho segnato. Oggi č andata bene e quindi la felicitą č tanta. Perņ č la prova della squadra che mi lascia molto, molto soddisfatto».

LA ROMA RINCORRE- Quarta vittoria consecutiva per la Roma. A Verona contro il Chievo ha deciso al 24' della ripresa Menez, con un gran tiro al volo su assist di Brighi; primo gol in serie A per il francese. Al 40' della ripresa giallorossi in 10 per l'espulsione di Brighi, per doppia ammonizione. In classifica la Roma continua la risalita portandosi a quota 20, mentre il Chievo resta ultimo a 9 punti. Spalletti sorride: «Diciamo che la Roma si č ritrovata e sta facendo vedere un buon calcio, qualitą superiori a quella che č la classifica. Ora cercheremo di risalire e riconquistare i punti che meritiamo». «Č stato molto importante segnare anche perchč ci ha fatto raggiungere la quinta vittoria consecutiva» ha detto Jeremy Menez a fine partita. Il trequartista francese ha fatto vedere le proprie qualitą: «Non ho giocato molto in questo inizio di campionato ma ho sempre avuto la fiducia dell'allenatore. Dovevo solo aspettare il mio momento e questa sera ho dato il mio contributo. Č difficile adattarsi in questo campionato per un giovane straniero».

 

 

La Lazio caccia fuori il Milan

I biancocelesti si impongono in rimonta a San Siro negli ottavi di coppa Italia: affronteranno la vincente di Fiorentina-Torino. Nella ripresa segna Shevchenko, replica Zarate su rigore. Nei supplementari decisivo il centro di Pandev. Palo di Ronaldinho, Emerson espulso al 66'

Zarate esulta dopo il gol del momentaneo 1-1. LaPresse
Zarate esulta dopo il gol del momentaneo 1-1. LaPresse
MILANO, 3 dicembre 2008 - Il Milan esce dalla coppa Italia, negli ottavi, battuto in casa dalla Lazio. 2-1. Gol di Shevchenko, Zarate su rigore, e Pandev. I biancocelesti affronteranno nei quarti la vincente della sfida Fiorentina-Torino. Quarti meritati con una prova autorevole, che prolunga cosģ il momento difficile del Milan, che ha perso 4 punti nelle ultime due giornate nei confronti dell'Inter capoclassifica, e vede ora sfuggire il primo obiettivo stagionale, seppure quello meno prestigioso. Le tante assenze si sono fatte sentire, ma soprattutto il Milan si č fatto rimontare una volta di pił, come gią successo in tante, troppe occasioni, in questa stagione. E cosģ l'acuto illusorio di Shevchenko, comunque non molto brillante, non č bastato. La Lazio č tornata ad esprimersi su buoni livelli, dopo la caduta di rendimento recente, che aveva ridimensionato lo splendido inizio di stagione. Dei biancocelesti impressiona il potenziale offensivo: Pandev, Zarate e Rocchi sono tre attaccanti di lusso, che Rossi puņ schierare insieme o permettersi di ruotare.
OCCASIONI GOL - Il primo tempo non č granchč. Fa freddo, c'č la nebbia, e invece manca il pubblico. Gli stimoli sono pochini, anche se gli allenatori mettono in campo formazioni pił che competitive. La coppa Italia non ha grande appeal, ma č pur sempre un trofeo da inseguire. La Lazio č pił manovriera e convincente, ma il ritmo č quello che č. Gara equilibrata. Due occasioni per parte. Quelle rossonere: Shevchenko se ne va, lanciato da Ronaldinho, ma solo davanti a Muslera si fa respingere il tiro. Sheva sprecherą poi in un altro paio di occasioni. Poi arriva un diagonale di Flamini fuori di poco. Per la Lazio sfiora il gol Lichtsteiner, che mette appena a lato il destro dal limite dell'area, prima di lasciare il posto, acciaccato, a Meghni. Poi nel recupero arriva un sinistro violento di Pandev, Dida alza sopra la traversa con un intervento provvidenziale. Niente da fare. All'intervallo č ancora 0-0.
NERVI TESI - Si riparte con la Lazio pił pericolosa. Prende fiducia con il passare dei minuti. Dida, stasera convincente, para prima sul sinistro di Pandev, poi su punizione di Kolarov. Poi Emerson si fa cacciare ingenuamente dal campo. Il brasiliano viene ammonito per la seconda volta per un fallo su Ledesma a metą campo. Espulso al 21', sette minuti dopo aver subģto il primo giallo di Ayroldi. Il Milan accusa il colpo. E si fa prendere dal nervosismo. L'insospettabile Ronaldinho colpisce con una gomitata Rozenhal, l'arbitro non prende provvedimenti.
SHEVA GOL - Il Milan sembra in difficoltą. Rossi inserisce Zarate per Rocchi. Vuole di pił, lo 0-0 non gli basta. Ma il gol lo trova il Milan. Quello del protagonista pił atteso, Shevchenko. L'ucraino segna con un sinistro a girare dalla destra, sul palo lungo. Muslera non ci arriva. 1-0 Milan.
REPLICA ZARATE - La Lazio si riversa in avanti. Alla ricerca di un pari che merita. E che trova su rigore. Concesso da Ayroldi per un fallo di Favalli su Pandev. Dal dischetto Zarate trafigge Dida. 1-1.
SUPPLEMENTARI - La Lazio parte forte, galvanizzata dal pari raggiunto in extremis. Pandev segna sottomisura di sinistro dopo che Dida aveva respinto la sua prima conclusione. Gol che il macedone aveva inseguito caparbiamente per tutta la partita, cercando la porta in ogni occasione. Il Milan reagisce d'orgoglio. Concretizzando il suo forcing con un palo di Ronaldinho su punizione. Ma la stanchezza si fa sentire, l'uomo in meno anche, e allora č la Lazio nel secondo tempo supplementare a sfiorare il terzo gol. Ma le basta il 2-1. Lazio ai quarti, Milan fuori.
 

L'Inter accelera e ora ha sei punti di vantaggio sulle due inseguitrici: Milan e Juventus. Dopo la vittoria della Juve nell'anticipo (4-0 alla Reggina), i nerazzurri superano 2 a 1 il Napoli a San Siro e sfruttano il tracollo del Milan a Palermo (3-1). Prosegue anche la rincorsa della Roma, che batte la Fiorentina per 1 a 0: decisivo capitan Totti. Gli altri risultati: Atalanta-Lazio 2-0, Cagliari-Sampdoria 1-0, Genoa-Bologna 1-1, Siena-Torino 1-0, Udinese-Chievo 0-1. L'altro anticipo, Catania-Lecce, era terminato 1-1.

L'INTER VA - La brutta figura di Champions č gią accantonata. L'Inter, pur con qualche sofferenza, riesce infatti a superare il Napoli nel big match della 14/ma giornata. Nella prima mezz'ora di gioco i nerazzurri sono padroni del campo e nell'arco dei dieci minuti a cavallo fra il quarto d'ora e il 25' piazzano l'uno-due che vale i tre punti. Il risultato si sblocca grazie al gol da bomber di razza di Cordoba, che sul corner battuto corto dalla sinistra e prolungato in area da Muntari gira in porta di sinistro con ottima coordinazione lasciando immobile Iezzo. Il 2-0 č invece frutto di una splendida azione corale dell'Inter: doppio tacco, quello di Cruz per servire all'indietro Maicon e quello di Muntari per ribadire in porta il tiro-cross dell'esterno brasiliano. Per il ghanese č il secondo gol consecutivo dopo quello segnato alla Juventus. I campioni d'Italia danno l'impressione di poter gestire il vantaggio fino al riposo, ma non fanno i conti con il genio di Lavezzi, che al 36' riapre la partita. 'El Pocho' semina il panico sulla destra, riceve il pallone di ritorno in area da Zalayeta, anch'egli col tacco, e con un morbido pallonetto batte Julio Cesar in uscita. Č un Napoli rigenerato dal gol quello che entra in campo nella ripresa. L'Inter contiene e si affida alle invenzioni di Ibrahimovic, che al 60' impegna Iezzo con un sinistro dal limite. Reja aspetta fino al 66', poi decide di sostituire uno spento Hamsik con Blasi. Cambia anche Mourinho, che concede un quarto d'ora ad Adriano, gettato nella mischia al posto di Cruz. Nel forcing finale del Napoli c'č spazio anche per Denis, che rileva Maggio. I partenopei provano ad aumentare la pressione, ma Julio Cesar non corre particolari rischi. Finisce cosģ 2 a 1: i nerazzurri, sempre in vetta, salgono a 33 punti.

MILAN KO A PALERMO - Il Milan continua a soffrire le trasferte: nelle ultime uscite lontano da S.Siro era riuscito a rimediare un punto (Lecce, Torino e Portsmouth), ma a Palermo ha dovuto pagare l'intera posta. Per oltre 30 minuti nel primo tempo i rossoneri subiscono un vero e proprio assedio nella propria area da un Palermo che gioca a ritmi forsennati. Innumerevoli le occasioni per i rosanero: alcune sbagliate, altre salvate da un grande Abbiati. Ma č il Milan ad avere le maggiori possibilitą di passare. Al 27' l'arbitro Rocchi concede un rigore per un'uscita scomposta di Amelia (ammonito) su Pato, che poco prima si era mangiato un gol fatto sparando sul portiere. Il fallo č netto, ma di poco fuori area o forse sulla linea. Batte Ronaldinho (male) e Amelia devia in corner. Subito dopo Pato č costretto a lasciare il campo per Inzaghi. E al 49' Pippo subisce un fallo al limite dell'area. Tira Ronaldinho e colpisce la traversa. Nella ripresa stessa musica e al 4' il Palermo passa con uno splendido tiro dal limite di Miccoli che millimetrico s'infila all'angolo basso del portiere rossonero. Ancelotti vede la squadra in affanno ed effettua un doppio cambio: Shevchenko per Ambrosini ed Emerson per Flamini (ancora spento). Milan in ginocchio al 14': Maldini non salta su un traversone da sinistra e Cavani di testa mette a segno il raddoppio. Al 34' č tracollo con il terzo gol (ancora di testa) di Simplicio. Al 36' l'arbitro concede un altro rigore al Milan per un netto fallo su Ronaldinho, che stavolta segna. Nel finale il Palermo č stanco e i rossoneri, trascinati da Ronaldinho, hanno la reazione della grande squadra che non ci sta a subire una dura lezione, ma termina 3-1.
 

22:27 

Il vuoto dietro l'Inter: +6
brutto stop per il Milan

I rossoneri prendono tre gol nella ripresa a Palermo: Ronaldinho sbaglia rigore
In coda colpo grosso del Chievo, Toro e Samp risucchiate in zona calda
di ALESSANDRO DI MARIA

Il vuoto dietro l'Inter: +6 brutto stop per il Milan

Ibra e Cannavaro su un pallone

 

Ibrahimovic, micidiale uno-due
Palermo ko, Inter sola in vetta

<b>Ibrahimovic, micidiale uno-due<br/>Palermo ko, Inter sola in vetta</b>

L'esultanza di Zlatan Ibrahimovic

PALERMO - Una doppietta di Ibrahimovic (di fino il primo gol, di potenza su punizione il secondo) ha ridato il primato solitario all'Inter. I nerazzurri avevano sofferto molto nel primo tempo, ma hanno segnato dopo 30" nella ripresa e poi hanno chiuso in 17' la partita. Lo svedese, alla sua 19.ma presenza consecutiva, č tornato a segnare dopo quattro gare senza reti in campionato e ora č a quota sette gol. Il Palermo ha fatto meglio nel primo tempo, ma non ha concluso, pagando nei secondi 45'. L'Inter, che non aveva entusiasmato nella prima parte della gara, ha chiuso il discorso del risultato grazie a un Ibrahimovic decisivo. E la presenza di un asso come lo svedese ha suggellato da sola la differenza fra la squadra di Mourinho e quella di Ballardini.

L'unica vera nota negativa per l'Inter č stato il giallo a Cordoba, che salterą la sfida con la Juve, oltre al modesto avvio di partita. Ma con un Samuel in formissima, Mourinho potrą stare tranquillo. Il tecnico rosanero, sempre privo di Amelia e Raggi, ha recuperato Bresciano (continuo) a centrocampo e l'irruento Carrozzieri (bene) in difesa. Nella ripresa si son visti Budan, Lanzafame e Ciaramitaro. Mourinho ha avuto l'opportunitą di poter nuovamente schierare Muntari (non al meglio) dietro le punte, Ibrahimovic e Cruz. Nella ripresa Stankovic č entrato al posto del ghanese, Mancini per Cruz e Burdisso per Vieira.

L'inizio dei nerazzurri, che si sono rovesciati per una decina di minuti nella metą campo del Palermo, costringendo i rosanero a difendersi, aveva fatto presagire una partita in scioltezza dei campioni d'Italia, ma in realtą, nel primpo tempo, č stata molto pił pericolosa la squadra di Ballardini. Il Palermo a centrocampo ha avuto il sopravvento su un'Inter schierata a rombo, con Muntari vertice alto e Cambiasso davanti alla difesa. Per linee esterne solo Maicon č andato avanti con una certa efficacia (tiro alto al 22' dopo una bella progressione) mentre Maxwell ha dovuto controllare Cavani.


In mezzo l'Inter si e' trovata in inferioritą numerica perché, a parte il regista Liverani, hanno dato una mano Cassani, Migliaccio, Simplicio, Bresciano e Balzaretti. Davanti Ibrahimovic (molto movimento, un solo tiro al 28', deviato da Fontana) e Cruz si sono trovati spesso isolati, anche perché ben pressati da Carrozzieri e Bovo. L'Inter ha creato una situazione pericolosa anche al 7' con una palla alta su corner: Fontana ha salvato di pugno sullo svedese. Pił dinamico e incisivo il Palermo che č andato al tiro nel primo tempo sette volte con Simplicio (debole al 5'), con un'azione Migliaccio-Miccoli (deviato al 9'), con Carrozzieri (colpo di testa su punizione di Miccoli deviato da J. Cesar all'11'), ancora con Miccoli (alto al 13' e fuori al 15'),con Cavanti di testa (parato al 17'), con Carrozzieri (fuori al 27') e con Migliaccio (parato a terra da J.Cesar al 40').

Come č facile notare, ha attaccato di pił la squadra di Ballardini, mentre l'Inter ha mostrato poca incisivitą. Ma l'Inter č imprevedibile e una prodezza di Ibrahimovic, dopo appena 30 secondi, ha cambiato il volto della partita: lo svedese (per la difesa rosanero colpevolmente solo) da venti metri sulla destra con un destro a effetto ha mandato la palla sul palo pił lungo e poi in rete. Un gol bellissimo, che ha mandato in cantina il morale del Palermo. I nerazzurri hanno cercato di chiudere la partita: un tocco di Cruz (assist di Muntari) ha costretto Fontana a una deviazione sulla sinistra. Ibrahimovic ha sparato da sinistra e il portiere rosanero ha deviato sulla destra.

Ballardini ha inserito Budan al posto di Bresciano, schierando tre attaccanti. Il Palermo ha ricominciato ad attaccare, ma su una punizione (discutibile) da venti metri, il destro-bomba di Ibrahimovic al 17' ha definitivamente chiuso il discorso. I rosanero (con Lanzafame e Budan) hanno fatto poco, l'Inter ha preso in pugno il controllo della gara, ha sostituito Cruz con Mancini e ha sfiorato il terzo gol con Cambiasso (punizione fuori al 31') e con Ibrahimovic (miracolo di Fontana al 35'). Un bel colpo di testa di Budan (alto), un bel tentativo di Mancini e una paratissima di Fontana su tiro dello svedese hanno chiuso una partita in cui l'Inter č tornata a impressionare positivamente e il suo asso svedese a stupire.

PALERMO-INTER 0-2


PALERMO
(4-3-1-2): Fontana; Cassani (34' st Ciaramitaro), Carrozzieri, Bovo, Balzaretti; Migliaccio, Liverani (19' st Lanzafame), Bresciano (11' st Budan); Simplicio; Miccoli, Cavani.
In panchina: Ujkani, Guana, Dellafiore, Kjaer.
Allenatore: Ballardini.

INTER (4-3-1-2): Julio Cesar; Maicon, Cordoba, Samuel, Maxwell; Vieira (42' st Burdisso), Cambiasso, Zanetti; Muntari (19' st Stankovic); Ibrahimovic, Cruz (32' st Mancini).
In panchina: Toldo, Obinna, Materazzi, Balotelli. Allenatore: Mourinho.

ARBITRO: Tagliavento di Terni.
RETI: 1' st, 18' st Ibrahimovic.
NOTE: Serata serena, terreno in pessime condizioni. Spettatori: 34.203 per un incasso di 834.065,00 euro. Ammoniti: Bovo, Cordoba, Simplicio, Balzaretti. Angoli: 9-2 per l'Inter. Recupero: 3' pt, 3' st.

 

Una doppietta dello svedese, straripante nella ripresa, trascina i nerazzurri al successo per 2-0. La squadra di Mourinho stacca la Juventus - che sfiderą sabato prossimo a San Siro senza Cordoba, squalificato - e ora in vetta alla classifica non ha pił compagnia

 

MILANO - Tra i nerazzurri da segnalare il rientro di Maxwell e Walter Samuel al rientro dagli infortuni. In attacco ancora titolare l'azzurrino Mario Balotelli con Quaresma e Ibrahimovic a completare il trio d'attacco. La linea di centrocampo č composta da Vieira, Zanetti e Cambiasso. In difesa il rientrante Samuel al centro della difesa con Cordoba, sulle fasce Maxwell, anche lui al rientro da un infortunio e Maicon.
La partita inizia con ritmi bassi e squadre attente a controllare il possesso palla. La prima occasione arriva al 10' minuto; Vieira controlla di petto prima di calciare a rete, palla fuori di un metro. Un bel cross di Quaresma, al 20', dalla fascia sinistra č intercettato da Coda che anticipa Ibrahimovic. Al 26' buona occasione per Quaresma che di libera di due difensori e prova la conclusione centrale bloccata a terra dal portiere Friulano. Al 28' Vieira dimostra grande personalitą, prima perde un pallone in un contrasto con Isla, poi va a recuperare lui stesso sul giocatore avversario disimpegnando ottimamente su Maicon. Cambiasso potrebbe portare in vantaggio i nerazzurri al 34' sfruttando un ottimo cross dalla sinistra di Maxwell. Il centrocampista nerazzurro colpisce debolmente di testa da posizione defilata senza centrare la porta. Percussione centrale di Vieira, al 37', il francese č contrastato dai difensori avversari e perde palla, la riconquista Ibrahimovic al limite dell'area. L'attaccante nerazurro riesce a girarsi nonostante sia contrastato da Coda, la sua conclusione esce perņ alta sulla traversa. Al 40' Inler calcia dai trenta metri, la palla tocca il prato e diventa insidiosa per Julio Cesar che respingere aiutato da Samuel. Al 45' minuto Quaresma prova la conclusione dalla distanza, D'agostino posizionato al centro dell'area devia in calcio d'angolo. Squadre al riposo sul punteggio di 0-0.
L'Udinese parte forte e al primo minuto di gioco, buona percussione centrale di Floro Flores che effettua un tiro centrale respinto da Julio Cesar. Al 6' Minuto della ripresa palla di poco alta sulla traversa con Domizzi che interviene di testa dal centro area su un cross di Floro Flores. Splendida sgroppata di Vieira, al 10', che partendo dalla metą campo arriva fino al limite dell'area di rigore avversaria nonostante la trattenuta prolungata di Inler, poi ammonito dall'arbitro. Al 13' terribile conclusione di Ibrahimovic che prende palla al limite dell'area di rigore supera Inler avanza sino al limite dell'area piccola e calcia di potenza sul primo palo, Handanovic si salva respingendo coi pugni. L'azione continua con un batti e ribatti al limite dell'area piccola, risolto dai difensori friulani con un rinvio fuori area. Al 21' calcio di punizione battuto da Cambiasso dalla fascia destra che costringe ancora un volta Handanovic alla respinta coi pugni. Sulla ribattuta ci prova Ibrahimovic di testa col portiere sloveno che blocca. Al 33' Cruz servito ottimamente da Ibrahimovic si fa anticipare da Handanovic. Al 34' il tiro insidioso di D'agostino dai trenta metri č respinto in angolo da Julio Cesar. Al 43' il capitano suona la carica. Zanetti calcia di destro dai trenta metri, la palla a filo d'erba attraversa tutta l'area di rigore e si stampa sul palo alla sinistra di Handanovic. Al 46' Obinna con una sgroppata sulla fascia sinistra guadagna il calcio d'angolo che consegna la vittoria e alla squadra nerazzurra. Sul calcio d'angolo la palla arriva al centro dell'area sulla testa di Julio Cuz che mette alle spalle di Handanovic. L'arbitro decreta la fine della partita dopo tre minuti di recupero.

Inter-Udinese:
1-0
Marcatore: 47'st Cruz
Inter: 12 Julio Cesar; 13 Maicon, 2 Cordoba, 25 Samuel, 6 Maxwell; 14 Vieira (27'st Stankovic), 19 Cambiasso, 4 Zanetti; 77 Quaresma (1'st J.Cruz), 8 Ibrahimovic, 45 Balotelli (18' Obinna).
A disposizione: 1 Toldo, 18 Crespo, 23 Materazzi, 33 Mancini.
Allenatore: José Mourinho.

Udinese: 22 Handanovic; 32 Ferronetti, 13 Coda, 6 Domizzi, 24 Lukovic; 88 Inler, 21 D'Agostino, 15 Isla; 7 Pepe (44'st Motta), 27 Quagliarella, 83 Floro Flores (28'st Sanchez).
A disposizione: 80 Belardi, 5 Obodo, 25 Nef, 26 Pasquale, 99 Sala.
Allenatore: Pasquale Marino.

Ammoniti:
Cruz, Cordoba; Pepe, D'agostino, Inler
Arbitro:
Emidio Morganti (Ascoli Piceno)

L'Inter vola in vetta al 92'
Cruz stende l'Udinese

I nerazzurri battono 1-0 i friulani con una rete a tempo scaduto dell'argentino e, in attesa del posticipo Lecce-Milan, sono primi. Partita senza troppe emozioni, ma la squadra di Mourinho ci crede e nel finale trova un palo di Zanetti e la rete decisiva

Julio Cruz, 34 anni, festeggiato da ambiasso e Cordoba. Ap
Julio Cruz, 34 anni, festeggiato da ambiasso e Cordoba. Ap
MILANO, 9 novembre 2008 - L’Inter č prima in classifica da sola. In attesa di Lecce-Milan di stasera. Vince pił con il cuore che con il gioco la sfida di San Siro con l’Udinese, che contrapponeva le due seconde forze del campionato. I friulani se ne tornano a casa pieni di rimpianti per un risultato che penalizza un’ottima prestazione, mentre Mourinho dopo questo pomeriggio avrą qualche dubbio in pił sul piano del gioco, ma almeno sa di poter contare su una squadra che ha carattere e sa vincere anche in giornate cosģ-cosģ. La sua Inter scongiura infatti al 92’ con Cruz il terzo 0-0 nelle ultime quattro uscite di campionato. L’Udinese vede sfumare nel recupero il terzo pareggio a San Siro con l’Inter nelle ultime tre stagioni. Una citazione su tutti per D’Agostino: eccellente.
CORO UDINESE - Nel primo tempo il palcoscenico se lo prende l’Udinese. L’Inter stenta. Attacca, da copione, ma fatica a fare gioco. Gli esterni non funzionano, con Quaresma che fa imbizzarrire il pubblico di casa per qualche personalismo di troppo, peraltro non riuscito. Ibrahimovic č ben contenuto dalla morsa Coda-Domizzi: il dinamismo non latita, le idee perņ sģ. L’Udinese fa un figurone. Riparte in contropiede appena puņ, non butta via un pallone e gioca spesso a due tocchi, con D’Agostino ispirato direttore d’orchestra. Quagliarella - quattro gol nelle ultime tre partite - davanti č un peperino sempre pronto a esplodere il suo tiro, e costringe i centrali nerazzurri al raddoppio continuo. Gli esterni friulani invece si vedono meno, molto bassi e sacrificati a contenere Maicon e Maxwell, neutralizzati. Le occasioni da gol sono pochine. Un bel sinistro di prima intenzione a lato di Viera, un destro da fuori area di Inler parato in due tempi da Julio Cesar. All’intervallo č 0-0.
BRIVIDI BIANCONERI - Si riparte con Cruz al posto di Quaresma e un brivido al pronti-via. Discesa indistrubata di Floro Flores sulla sinistra, Julio Cesar č attento sul suo destro. L’Udinese insiste. Un colpo di testa di Domizzi finisce appena alto.
L’INTER SI SVEGLIA - Il pubblico si spazientisce, allora la Curva Nord prova a suonare la carica. Ibra recepisce il messaggio: un suo destro violento sottomisura chiama Handanovic a una parata difficile. La bella addormentata milanese dą segnali di risveglio: attacca ora a pieno organico, l’Udinese si chiude e calcia lontano. Non riparte pił. I traversoni in area si susseguono, generando mischie confuse. Mourinho cambia ancora: via Balotelli, tocca ad Obinna. L’attaccante pił pericoloso resta comunque Ibra, molto pił vivo nella ripresa. L’Udinese tiene e fa passare la mareggiata.
CRUZ GOL - L’Inter ha un guizzo nel finale, con capitan Zanetti, che colpisce il palo con una botta dalla distanza. Non č serata. Sembra. E invece nel recupero Cruz azzecca la capocciata vincente su angolo da sinistra. Vince l’Inter.

Inter in testa, Milan sbadato
Insegue un gruppo di Grandi

I rossoneri raggiunti a tempo scaduto a Lecce
di PAOLO ROSSI

Inter in testa, Milan sbadato Insegue un gruppo di Grandi

Cruz contro D'Agostino:
č lui l'uomo del match


La partita pił attesa viene decisa nell'ultimo minuto di recupero: č Cruz che doma l'Udinese e regala all'Inter il primato. Il Milan si ferma sul pari a Lecce e viene sorpassato. Tiene il passo il Napoli che, con fatica e fortuna (errore dell'assistente dell'arbitro sul gol di Cassano) supera la Sampdoria. Altra standing ovation per Alex Del Piero, a Verona. Ancora una punizione vincente nel giorno del suo 34° compleanno. Ma l'uomo del giorno č Milito: tripletta per l'attaccante del Genoa, che inguaia la Reggina di Nevio Orlandi. Importante successo del Catania, che rimonta il Cagliari nel finale di gara, e ritorno della Lazio, che batte il Siena nel secondo tempo.
 

Inter all'ultimo respiro
Risolve Cordoba al 91'

I nerazzurri sprecano troppo e vincono 3-2 solo nel recupero grazie al colombiano. Prima di lui avevano segnato Maicon e Vieira, con rimonta calabrese affidata a Cozza e Brienza

Il gol con cui Francesco Cozza ha riaperto la partita. Ansa
Il gol con cui Francesco Cozza ha riaperto la partita. Ansa
REGGIO CALABRIA, 1 novembre 2008 - Un gol di Cordoba in pieno recupero regala all'Inter il successo al Granillo (3-2 con gol di Maicon, Vieira, Cozza e Brienza). Per la squadra di Orlandi, sotto subito di due reti, una beffa bruciante dopo la rimonta chiusa all'inizio del secondo tempo. Finale da brividi, con 7-8 chance negli ultimi venti minuti, gran parte delle quali prodotte dai nerazzurri.
I 4 DI MOU - Fuori Burdisso, Obinna e Stankovic, Mourinho sceglie una doppia linea a quattro, sia in difesa (con Chivu e Cordoba saldamente al centro), sia in attacco, con Balotelli e Ibra pił Quaresma e Mancini. Uno schema che incuriosisce questo 4-2-4, anche se tutte queste punte sulla stessa retta si vedono perņ raramente, perché dietro lo svedese Mario ha una certa libertą d'azione e cambia spesso fronte.
L'INDISPENSABILE - Il movimento di Quaresma frutta un palo (su cross di Mancini ed errore di Cirillo) e spazi preziosi per Ibrahimovic, unico riferimento invariabile di questa Inter che con Adriano e Cruz esiliati, e Crespo scontento, non puņ rinunciare al suo faro nč in campionato nč in Champions. Zlatan illumina il gioco della squadra con aperture da applausi, come quella che consente a Maicon di inchiodare il pallone dell'1-0 sotto la traversa, e recuperi da mediano, come quello che permette a Quaresma di confezionare l'assist del raddoppio firmato Vieira.
LA SCOSSA - Quando ai fischi sembrano affiancarsi le note del commiato di Orlandi, ecco la reazione orgogliosa dei calabresi. Non č un caso che i gol della rimonta arrivino da Brienza e Cozza e non č nemmeno casuale che si tratti per entrambi di una primizia. Senza la qualitą dei due trequartisti, finora a secco di gol, gli amaranto sono una squadra prevedibile, fatalmente destinata a cedere.
AGGANCIO - I gol nascono su tiri da fuori, sottovalutati dalla difesa di Mourinho che non porta mai un uomo sul tiratore. A cavallo dei due tempi (Cozza al 34' del primo, Brienza all'8' del secondo) si riparte in assoluta paritą. Dopo il 2-2, e con l'ingresso di Crespo per Mancini, Balotelli s'allarga a destra e le cose migliorano per l'Inter. In pochi minuti dalla zona del 18enne scaturiscono quattro tentativi ravvicinati: Crespo (girata debole), Ibra (di testa su regalo del portiere reggino distratto in uscita, e di volée, troppo schiacciata nella traiettoria) e lo stesso Mario (al tiro dopo un bel dribbling su Cirillo).
LOTTA APERTA - Cosģ, quella che sembrava una tappa d'avvicinamento a un nuovo primato, diventa un dispendioso tiro al bersaglio che apre spazi invitanti per il contropiede reggino. In breve si susseguono altre tre occasioni limpide per l'Inter (con Balotelli, Quaresma e Crespo, che scheggia il palo di testa) e una per la Reggina grazie a Di Gennaro, su cui s'immola Chivu costretto al cambio per una probabile distorsione al ginocchio.
CORDOBA DECISIVO - Quando nei paraggi del traguardo Carmona salta Cordoba e impone a Julio Cesar gli straordinari, viene da pensare che le difficoltą dell'Inter hanno assunto contorni preoccupanti. Contro l'ultima della classifica, e al netto dell'alibi rappresentato dalle assenze a centrocampo, emerge la difficoltą a trovare un unico filo tattico e a gestire la partita con due gol di vantaggio. Il gusto della vittoria perņ, grazie all'intuizione di Cordoba in pieno recupero, aiuta ad allontanare i cattivi pensieri.

La decima giornata di campionato riserva ancora grandi sorprese. La Fiorentina viene infatti sconfitta per 1-0 in trasferta dal Siena. L'Udinese pareggia 2-2 in casa con il Genoa e raggiunge l'Inter in testa alla classifica. Ma stasera c'č il posticipo Milan-Napoli: chi vince tra le due č sola in testa. Questi gli altri risultati di domenica: Lazio-Catania 1-0, Samp-Torino 1-0, Palermo-Chievo 3-0, Cagliari-Bologna 5-1, Atalanta-Lecce 0-0. Negli anticipi di sabato: Reggina-Inter 2-3, Juventus-Roma 2-0

UDINESE - Ancora sorprese in testa alla classifica. L'Udinese pareggia per 2-2 con al Friuli e rimane prima, ma stavolta in condominio con l'Inter. E forse solo per qualche ora. Infatti se nel posticipo una tra Milan e Napoli vincerą si siederą da sola in testa alla classifica. In apertura al 3’ Gaetano D’Agostino porta in vantaggio i bianconeri con un calcio di rigore assegnato per fallo di Domenico Criscito su Antonio Floro Flores. Nella ripresa il sorpasso rossoblu porta la firma di Diego Milito al 64’, sempre dagli undici metri e di Giuseppe Sculli al 57’. Al 78’ Fabio Quagliarella pareggia il conto fissando il risultato sul 2-2 finale.

FIORENTINA - Siena amara per i viola. La squadra di Prandelli viene sconfitta per 1-0 come era gią avvenuto lo scorso anno. I bianconeri si aggiudicano per 1-0 il derby toscano grazie al gol che Houssine Kharja firma ad un quarto d'ora dalla fine. Il colpo di testa del centrocampista marocchino consente alla formazione di Marco Giampaolo di salire a quota 12 e tiene inchiodati i viola a 17 punti. La squadra di Cesare Prandelli torna a casa a mani vuote dopo una prestazione con poche luci e tante ombre. Il match regala poco o nulla nel primo tempo. Se si vede qualcosa in pił nella ripresa, il merito č soprattutto dei padroni di casa. Il Siena, in realtą, vorrebbe osare sin dall'inizio dell'incontro. I bianconeri provano a pressare, ma non succede praticamente nulla per venti minuti abbondanti. Ci vuole un'iniziativa personale di Maccarone, al 26', per scuotere l'ambiente. L'attaccante bianconero fa tutto da solo e si presenta al tiro: Frey č attento e respinge di piede. La Fiorentina si fa viva alla mezz'ora: cross di Pasqual, colpo di testa di Mutu e gol. Tutto inutile, perņ, visto il fuorigioco dell'attaccante rumeno. Il ritmo aumenta, le occasioni no. Il Siena dipende dalle iniziative personali di Maccarone, poco assistito dai compagni. I viola, invece, non riescono ad innescare gli attaccanti. Pazzini, in particolare, ha una sola chance nel primo tempo: al 41', perņ, spara alle stelle. Il copione sembra cambiare all'inizio della ripresa, quando la Fiorentina aggiusta la mira: al 49' serve un prodigio di Curci per respingere un colpo di testa di Mutu. Si va avanti a fiammate e al 66' a rischiare č ancora la Fiorentina. Poi al 75' il gol di Kharja che sospinge i viola al settimo posto.

LE ALTRE PARTITE - Questi gli altri risultati della domenica: Lazio-Catania 1-0, Samp-Torino 1-0, Palermo-Chievo 3-0, Cagliari-Bologna 5-1, Atalanta-Lecce 0-0.

JUVENTUS-ROMA - Due i grandi incontri disputatisi negli anticipi del sabato. «Č un altro passo». A fine gara Alessandro Del Piero č raggiante. Ancora una volta, č stato il capitano a trascinare la Juventus alla vittoria contro una Roma che sprofonda nelle zone basse della classifica. Ottimo avvio dei bianconeri, che pressano alti e fanno girare palla, poi la squadra di Spalletti prova a impensierire i padroni di casa. Ma č un fuoco di paglia. Al 38' arriva infatti il capolavoro di Del Piero: punizione dalla distanza e palla sotto l'incrocio, 1 a 0. La Juve parte forte anche nella ripresa e al 3' arriva il raddoppio di Marchionni, che batte Doni dopo essersi infilato in area. La Roma si affloscia e lascia spazio ai bianconeri, che vanno vicini al gol in altre occasioni. Da sottolineare un'altra buona prova di Tiago e Molinaro, oltre ai soliti Chiellini, Legrottaglie, Nedved, Amauri e Del Piero.

REGGINA-INTER - In precedenza si era disputata Reggina-Inter. Ai nerazzurri serviva un gol di Cordoba al 90/mo per strappare la vittoria sul campo della Reggina per 3 a 2 al termine di una partita ricca di emozioni. Campioni d'Italia in vantaggio dopo appena 9' con Maicon, poi al 23' la rete del raddoppio firmato Vieira. I padroni di casa, perņ, non demordono e al 34' Cozza riaccende l'incontro con un gran gol, spianando la strada al pareggio amaranto siglato al 53' da Brienza. Quando la partita ormai sembra incanalata verso il pari (sarebbe stato il terzo consecutivo per Mourinho), Cordoba trova la rete che vale i 3 punti e il provvisorio primato in classifica a quota 21.

MILAN-NAPOLI - Adesso i riflettori si spostano sul posticipo di domenica sera a San Siro tra Milan e Napoli. I rossoneri, dopo le prime due sconfitte, hanno preso un altro passo. «Anche se il Napoli č sicuramente un'ottima squadra, e il fatto che sia prima dopo nove giornate č gią un dato significativo, il Milan non ha niente da invidiare a nessuno», ha dichiarato il vice presidente Adriano Galliani. I rossoneri sono carichi: «Contro il Napoli sarą una grande partita, contro avversari che dobbiamo rispettare. Ma noi dobbiamo continuare a fare punti», ha commentato Ronaldinho. « Č un momento bellissimo sia per me che per la squadra. Dobbiamo continuare a lavorare con la stessa intensitą». Dubbi in attacco per Ancelotti: Borriello non č certo contro il Napoli. Si preparano quindi Inzaghi e Pato. In casa Napoli, Reja ritrova Blasi - che ha scontato il turno di squalifica - e recupera Iezzo, assente con la Reggina per un problema alla schiena. Rispetto al match di mercoledģ non ci saranno molti cambiamenti: in difesa Cannavaro e Contini sono favoriti rispetto a Rinaudo e Aronica, a centrocampo Mannini alla fine dovrebbe spuntarla - per la fascia sinistra - su Vitale. In avanti Lavezzi e Denis, supportati da Hamsik.
TESSERA DEL TIFOSO - Il varo sperimentale della «tessera del tifoso», presentata giovedģ a San Siro dal ministro dell’Interno Roberto Maroni, ha causato perņ qualche problema al Milan. «A seguito delle note limitazioni — spiega una nota piccata della societą rossonera — i biglietti venduti sono 4.363 che vanno ad aggiungersi ai 42.822 abbonati, causando danni alla nostra societą di ordine sportivo, di immagine ed economico». I biglietti si possono acquistare solo con l’abbonamento o la «tessera del tifoso». Per venire incontro a chi non ha potuto recarsi in banca, un decreto prefettizio ha stabilito la vendita anche sabato (10-19) e domenica (dalle 10 all’inizio della partita) ai botteghini di San Siro. Gli abbonati potranno comprare fino a due biglietti per gli amici (residenti in provincia di Milano). I possessori della tessera potranno acquistare fino a tre tagliandi (uno per sé e due per gli amici, anche in questo caso solo se residenti). Gli stranieri, passaporto alla mano, possono invece acquistare liberamente un biglietto a testa

Nerazzurri avanti di due gol. La Reggina non demorde e pareggia i conti
Ma quando gią si profila un nuovo passo falso il colombiano ci mette uina pezza

L'Inter domina, poi sciupa
Cordoba scaccia i guai al 91'

<b>L'Inter domina, poi sciupa<br/>Cordoba scaccia i guai al 91'</b>

Il gol di Ivan Ramiro Cordoba

REGGIO CALABRIA - Non č ancora l'Inter che Mourinho e i tifosi vorrebbero. Al "Granillo" Ibra e compagni vincono solo in extremis grazie a un gol di Ivan Ramiro Cordoba, ma i tre punti arrivano comunque. Nerazzurri dai due volti: concreti e spietati ma anche disattenti e spreconi. Grande merito va alla Reggina protagonista di una grande prova tutta coraggio e orgoglio che gli consente di sfidare gli avversari ad armi pari e di sfiorare anche un successo insperato. Molte squadre sotto di due reti contro la corazzata Inter e con la contestazione che stava cominciando a farsi sentire si sarebbero sfilacciate e invece la Reggina si č ricompattata, ha ripreso il match, ha messo paura all'Inter anche se poi nel finale ha subito una punizione decisamente eccessiva.
Orlandi sceglie una difesa a quattro con il ritorno di Cirillo; in avanti Brienza e Cozza a supporto di Corradi; gli indisponibili sono Giosa, Santos e Cascione.

Mourinho si affida a Balotelli in avanti al fianco di Ibrahimovic; a centrocampo torna titolare Vieira; in difesa coppia centrale formata da Cordoba e Chivu.
Partita gradevole con la Reggina che mostra personalitą e una discreta aggressivitą; anche l'Inter parte forte e risponde con buon possesso palla e velocitą della manovra. Gią al 5' Quaresma, approfittando di una incertezza di Cirillo in area, colpisce in pieno il palo.

Il gol č solo rimandato e arriva al 9' quando Ibrahimovic confeziona un assist perfetto per l'accorrente Maicon che in area batte Campagnolo con una conclusione al volo di prima intenzione.
Gli amaranto reagiscono con orgoglio cercando di infastidire la retroguardia nerazzurra. Tuttavia č l'Inter a raddoppiare al 24 con Vieira che servito da Quaresma con un diagonale fa passare il pallone tra le gambe di Campagnaro. Parte qualche coro di insofferenza nei confronti dei calciatori e del presidente Foti, ma č una contestazione prematura. La squadra reagisce con orgoglio e al 34' accorcia le distanze con una gran conclusione dal limite di destro destrinata all'incrocio. La Reggina c'č e potrebbe pareggiare nel finale di tempo ancora con Cozza.


I calabresi cominciano col piglio giusto anche la ripresa e all'8 arriva il pareggio con un diagonale forte e preciso di Franco Brienza che si conferma castiga-grandi. Mourinho corre ai ripari e aumenta ulteriormente la trazione anteriore con Crespo per Mancini. La partita si mantiene bella ed entrambe le squadre potrebbero andare a segno. Orlandi al 23' toglie uno sfinito Cozza inserendo Di Gennaro. La Reggina continua a giocare con coraggio e affronta ad armi pari i rivali. Crespo al 35' si divora il 2-3 dopo l'ennesimo assist al bacio dell'ottimo Quaresma. Nel finale dentro Cosenza e Tognozzi nella Reggina e Obinna nell'Inter.

Quando il pareggio sembra cosa fatta arriva il gol vittoria dei nerazzurri: su azione di calcio d'angolo, Tognozzi sfiora il pallone che finisce a Cordoba, controllo e tiro all'angolino.

REGGINA-INTER 2-3

REGGINA (4-3-2-1): Campagnolo; Lanzaro (30' st Cosenza), Cirillo, Valdez, Costa; Vigiani, Barreto, Carmona; Brienza (37' st Tognozzi), Cozza (23' st Di Gennaro), Corradi.
In panchina: Puggioni, Hallfredsson, Rakic, Alvarez.
Allenatore: Orlandi.
INTER (4-4-2): Julio Cesar; Maicon, Cordoba, Chivu (30' st Burdisso), Maxwell; Quaresma (37' st Obinna), Zanetti, Vieira, Mancini (13' st Crespo); Balotelli, Ibrahimovic.
In panchina: Toldo, Stankovic, Materazzi, Samuel, Burdisso.
Allenatore: Mourinho.

ARBITRO: De Marco di Chiavari.
RETI: 9 pt Maicon, 24' pt Vieira, 34' pt Cozza, 8' st Brienza, 46' st Cordoba.
NOTE: Serata serena, terreno in buone condizioni. Spettatori: 15 mila circa. Ammoniti: Barreto, Cordoba.

Calcio e cambiali

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Foto: Cambiale fiorentina del 1800

L'Inter di Moratti e del tronchetto dell'infelicitą, quest'ultimo onnipresente sui giornali a spiegarci che la banda larga č il futuro dell'Italia quando negli altri Paesi č gią presente, e nelle universitą ad ammorbare gli studenti con i suoi discorsi, ha avuto un lampo di genio.

Ha avviato un'operazione di "alta tecnica finanziaria". Ma vediamo i fatti.

L'Inter ha chiuso il bilancio in rosso per 118 milioni di euro. Mi immagino Moratti, Tronchetti, Buora e Facchetti chiusi nella stanza a chiedersi: "e adesso che si fa?"

Facile, basta un po' di finanza creativa:

• Si cede in leasing per 10 anni il marchio neroazzurro ad una banca (Banca Italease)
• Italease da' in cambio 160 miloni di euro all'Inter
• L'Inter si impegna a riprendersi il marchio con dieci comode rate e una commissione. E paga subito il 20% a Italease pari a 32 milioni.
• 160 milioni incassati, 32 milioni di euro pagati, marchio ceduto in leasing e un po' di cambiali da pagare e il rosso dello scorso anno non c'č pił.

E bravi Moratti, Tronchetti. Avete aperto la strada ad un nuovo miracolo italiano basato sulle cambiali.


Massimo Moratti mi ha inviato questa lettera che pubblico e della quale lo ringrazio.

"Caro Beppe,

nel tuo Blog dell’11/11/05 ho trovato una notizia riguardante me, Tronchetti e l’Inter in generale, a proposito di una operazione di leasing con la Banca Italease. Mi permetto di risponderti personalmente per confermarti che abbiamo studiato questa possibilitą, con la Banca da te citata, ma che non siamo arrivati a nessuna conclusione. Per quanto riguarda, invece, le perdite di bilancio dell’anno scorso, sono state gią da me e dagli altri azionisti appianate e cosģ anche quelle potenziali dei primi mesi dell’anno in corso. Rimane lo studio per valorizzare patrimonialmente il marchio dell’Inter, cosa che continuo a considerare una buona opportunitą per la Societą. Quindi, purtroppo, il miracolo finanziario a cui accennavi non č accaduto e non puņ accadere.

A presto. Grazie."

Massimo Moratti

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Scrivevo di emmemmme Massimo Moratti
nel blog il 23 aprile 2007, diciassette mesi fa:
“Ogni tanto il fratello maggiore Gianmarco gli chiede di mettere una firma sui collocamenti. La gente si fida di lui, del suo aspetto da Bugs Bunny buono. E cosģ č stato anche per il debutto di
Saras in Borsa. I Moratti hanno incassato 1,7 miliardi di euro, ne avevano bisogno per rinforzare la squadra. Il titolo fu quotato a 6 euro in un momento di crollo del settore energetico. Chi lo comprņ perse il 12% in un solo giorno. Riassunto: qualcuno decide che il prezzo di 6 euro č giusto, i risparmiatori ci credono, comprano, perdono. I Moratti e le banche ci guadagnano e la procura indaga. La Consob dov’era? Cardia illuminaci.”

Emmeemme farfugliņ di querele contro di me di cui non ho avuto notizia. Quelle che ho comunque mi bastano.
Diciassette mesi dopo il post “
Senza rubare”, il 23 settembre 2008, il consulente tecnico della Procura di Milano ha descritto l’operazione Saras in 400 pagine.
Il consulente, come riportato da
Repubblica: “ha ipotizzato che l’incasso della quotazione sia servito soprattutto a un ramo della famiglia, quello di Massimo Moratti, per far fronte ai debiti dell’Inter. Con un contestuale danno per il mercato di 770 milioni di euro”.
In sostanza le azioni sono state quotate a un prezzo molto superiore al loro valore. I Moratti e le banche hanno incassato. Chi ha comprato ha perso 770 milioni di euro.
Le banche hanno offerto un aiuto prezioso per la collocazione dei titoli. Le email sequestrate dalla magistratura:
- “E’ vitale che davanti al prezzo ci sia un 6”, Federico Imbert, Jp Morgan
- “Devi essere al corrente del fatto che abbiamo ottenuto 1,6 miliardi di euro, cioč da entrambi i fratelli, ma uno dei due deve ripagare 500 milioni di debiti, cosģ quella parte non la vedremo per lungo tempo” Emilio Saracco, Jp Morgan
- “Parlato a lungo con Miccichč di Intesa. E’ contento del lavoro fatto insieme su Saras e Intercos. E’ personalmente a disposizione per stimolare forza vendita specialmente su Saras. Chiede di informarlo se vediamo problemi o sgranature. Tiene ovviamente molto al successo data l’esposizione sua e di Passera con i Moratti. E’ stato da lui Galeazzo Pecori Girali di Morgan Stanley consigliando di non esagerare sul prezzo. Lui crede che lo faccia per invidia nei nostri confronti” Federico Imbert, Jp Morgan.
Che Sarąs, Sarąs …:
- Moratti, incasso 1,6 miliardi di euro
- Jp Morgan, incasso 26,7 milioni di euro
- Banca Caboto, incasso 18 milioni di euro
- Morgan Stanley, incasso 20,9 milioni di euro
- Azionisti, perdita 770 milioni di euro.

 

TOTONERO

Serie di eventi accaduti in seguito alla venuta alla luce di comportamenti illeciti tenuti sistematicamente da calciatori di serie A in Italia verso la fine degli anni '70.

Era abitudine, infatti, di molti atleti scommettere (direttamente o tramite loro complici) somme di denaro sui risultati degli incontri ai quali avrebbero partecipato essi stessi: tale tipo di scommessa crea un evidente conflitto di interessi, poiché l'atleta potrebbe essere indotto a non profondere il massimo impegno nella competizione sportiva, al fine di favorire la realizzazione del risultato sul quale ha scommesso. Questo tipo di scommesse č espressamente vietato dalle norme sportive.

Il fenomeno aveva ormai assunto dimensioni rilevanti, tanto che nel febbraio 1980 la Federcalcio lanciņ una prima indagine, che si arenņ perņ presto a causa della mancanza di prove evidenti. La svolta avvenne il 1° marzo dello stesso anno, quando un commerciante all'ingrosso di ortofrutta, Massimo Cruciani, presentņ un esposto alla Procura della Repubblica di Roma, sostenendo di essere stato truffato.

Egli, infatti - tramite Alvaro Trinca, proprietario di un ristorante di cui era fornitore - era venuto in contatto con alcuni giocatori della Lazio, che lo avevano indotto a scommettere su alcune partite di serie A che erano state "combinate". Tuttavia, non tutti i risultati concordati si erano verificati, facendo perdere a Cruciani somme ingenti (centinaia di milioni di lire).

Ecco il testo originale dell’esposto presentato da Massimo Cruciani, scommettitore “beffato”, alla Procura della Repubblica di Roma: un’autentica “bomba” innescata per il calcio italiano.

“Ill.mo Signor Procuratore, io sottoscritto Cruciani Massimo, nato a Roma il 15-8-1948, sottopongo alla cortese attenzione della S.V. Ill.ma il seguente esposto, i fatti sottoelencati sono necessariamente scarni data la estrema complessitą della vicenda; per cui, nel pormi a completa disposizione della S.V. Ill.ma fornirņ in prosieguo tutti i dettagli che la S.V. medesima riterrą utili ai fini dell'indagine. Verso la metą del 1979, frequentando il locale ristorante «Le Lampare», di proprietą del Sig. A. T. (Alvaro Trinca, n.d.r.), che rifornivo di frutta possedendo un magazzino all'ingrosso, ebbi modo di conoscere alcuni giocatori di calcio, tra i quali in particolare Giuseppe WILSON, Lionello MANFREDONIA, Bruno GIORDANO, Massimo CACCIATORI.

Intervennero gradualmente, con costoro, dei rapporti di amicizia, alimentati dal mio interesse per il calcio e per le scommesse clandestine e non che ruotano intorno al mondo del pallone. I quattro giocatori, in proposito, mi dissero chiaramente che era possibile «truccare» i risultati delle partite, con il che, ovviamente, scommettendo nel sicuro. Mi precisarono, a titolo di esempio, che era scontato il risultato della partita PALERMO-LAZIO (amichevole) verificatasi, mi pare, nel mese di ottobre 1979 attraverso l'intervento dģ Guido MAGHERINI, giocatore del PALERMO.

Accettai l'idea e decisi di intraprendere una serie di attivitą di gioco d'accordo con i suddetti giocatori e gli altri che a volta a volta, come mi si disse, si sarebbero dichiarati disponibili. Iniziņ cosģ, per me, una vera e propria odissea che mi ha praticamente ridotto sul lastrico ed esposto ad una serie preoccupante di intimidazioni e minacce.

Come ho gią detto, tutta la vicenda č costellata di tali e tanti episodi dettagliati che, in questa sede, mi limiterņ ad illustrarne alcuni, riconfermandomi a disposizione della S.V. Ill.ma per tutto il resto. Successivamente, ad esempio, alla partita PALERMO-LAZIO accennata, presi contatti con il MAGHERINI per combinare il risultato della partita TARANTO-PALERMO prevista per il 9-12-1979. In proposito il MAGHERINI organizzņ il pareggio delle due squadre a patto che io giocassi sul risultato, nel suo interesse, 10.000.000 e altri 10.000.000 consegnassi a ROSSI Renzo e QUADRI Giovanni del TARANTO. Contrariamente ai patti, vinse il PALERMO. Il MAGHERINI, a tal punto, avrebbe dovuto rifondermi i 10.000.000 giocati per lui ed i 10.000.000 consegnati ai giocatori del TARANTO, ma si rifiutņ. Inoltre in seguito al mancato rispetto degli accordi ho perduto, insieme ad altri scommettitori che meglio preciserņ in prosieguo, L. 160.000.000 presso svariati allibratori clandestini.

A seguito delle mie rimostranze, il MAGHERINI mi promise il risultato certo della partita LANEROSSI VICENZA-LECCE. Nella stessa occasione egli combinņ, d'accordo con i citati giocatori della LAZIO il risultato MILAN-LAZIO (entrambe le partite ebbero luogo il 6-1-1980).

Per quanto riguarda la partita LANEROSSI VICENZA-LECCE il MAGHERINI mi mise in contatto con Claudio MERLO giocatore del LECCE, il quale ricevette da me un assegno di L. 30.000.000 assicurando la sconfitta della sua squadra. Per quanto riguarda l'altra partita MILAN-LAZIO i giocatori biancazzurri GIORDANO, WILSON, MANFREDONIA e CACCIATORI si accordarono con Enrico ALBERTOSI del MILAN affinché si verificasse la vittoria di quest'ultima squadra. Per quest'ultima partita consegnai tre assegni da 15.000.000 e due da 10.000.000 a GIORDANO, WILSON, MANFREDONIA, VIOLA e GARLASCHELLI, affidandoli materialmente a MANFREDONIA. Ulteriore assegno di L. 15.000.000 consegnai a CACCIATORI Massimo (Lazio) il quale provvide ad incassarlo intestandolo a certo sig. Orazio SCALA.

Il Milan, da parte sua, contribuģ alla «combine» con l'invio di L. 20.000.000 liquidi che mi portņ a Roma, nel mio magazzino di Via (omissis) il giocatore di tale squadra Giorgio MORINI, due giorni dopo il rispettato esito dell'incontro. In conseguenza nei citati accordi, ed in cambio del loro contributo, WILSON, MANFREDONIA, GIORDANO e CACCIATORI mi chiesero di puntare per loro 20.000.000 sulla sconfitta della LAZIO. La vincita di lire 80.000.000 d'accordo con i quattro anziché consegnarglieli avrei dovuto usarli per pagare i giocatori dell'AVELLINO (Cesare CATTANEO, Salvatore DI SOMMA, Stefano PELLEGRINI) i quali avrebbero dovuto perdere contro la LAZIO la settimana successiva.

Io ed altri scommettitori, in base agli accordi di cui sopra, abbiamo scommesso per «l'accoppiata» costituita dai due risultati concordati, circa 200.000.000 di lire: cifra perduta per il mancato rispetto dell'impegno assunto dalla squadra leccese, la quale ha pareggiato 1-1. Tutto quanto sopra, costituisce una esemplificazione di come si svolgessero i moltissimi episodi di cui č costellata questa storia, che, come pił volte precisato illustrerņ in prosieguo, nei dettagli, alla S.V. Ill.ma.

Desidero peraltro precisare che le squadre coinvolte in questa storia sono anche l'AVELLINO, il GENOA, il BOLOGNA, la JUVENTUS, il PERUGIA, il NAPOLI. Ciņ nel senso che i relativi giocatori o meglio alcuni di essi come Carlo PETRINI (Bologna), Giuseppe SAVOLDI (Bologna), PARIS (Bologna), ZINETTI (Bologna), DOSSENA (Bologna), COLOMBA (Bologna), AGOSTINELLI e DAMIANI (Napoli), Paolo ROSSI e DELLA MARTIRA e CASARSA (Perugia), GIRARDI (Genoa) ed altri hanno partecipato agli incontri truccati percependo denaro o richiedendo, in cambio dei loro favori, forti puntate nel loro interesse.

Ho invece perduto, insieme ad altri scommettitori, centinaia e centinaia di milioni per scommesse perdute in seguito al mancato rispetto di precisi e retribuiti accordi da parte di giocatori. Preciso ancora che molti allibratori clandestini i quali a seguito delle recenti notizie giornalistiche hanno capito di avermi talora pagato vincite in ordine a risultati precostituiti, hanno preteso con gravi minacce la restituzione di circa 300.000.000 (da me ed altri scommettitori) trattenendo peraltro, ovviamente, le ben pił ingenti somme perdute in seguito ai non rispettati accordi di cui sopra.

Sono ormai completamente rovinato eppure vivo ancora nel terrore di minacce e rappresaglie. Nel confermarmi a completa disposizione della S. V. Ill.ma e riservandomi di depositare la documentazione in mio possesso, precisare nomi di testimoni e tutte quelle circostanze che la S. V. medesima riterrą utili, porgo deferenti ossequi.

Roma, 1 marzo 1980”

In seguito alla denuncia di Cruciani e di Trinca, il 23 marzo 1980 la magistratura fece effettuare una serie di arresti proprio sui campi di gioco, a fine incontri. Le manette scattarono per i giocatori Pellegrini dell'Avellino, Girardi del Genoa, Cacciatori, Giordano, Manfredonia e Wilson della Lazio, Merlo del Lecce, Albertosi e Giorgio Morini del Milan, Magherini del Palermo, Casarsa, Della Martira e Zecchini del Perugia. Mentre altri ricevettero ordini di comparizione: Paolo Rossi del Perugia, Giuseppe Dossena e Giuseppe Savoldi del Bologna, e Giuseppe Damiani (detto Oscar) del Napoli.

Qualche giorno dopo questo clamoroso "blitz", agli inizi di aprile del 1980, il settimanale "L'Espresso" pubblicņ un articolo contenente un memoriale scritto da Alvaro Trinca, l'altro grande accusatore del calcio italiano, che l'ex-calciatore Carlo Petrini ha poi riportato nel suo libro Nel fango del dio pallone, edito nel 2000:

"Io, Alvaro Trinca, 44 anni, moglie e due figli, ex padrone di ristorante, grande accusatore del calcio italiano, non mi riconosco pił. Una volta ero un uomo felice. Cosa sono oggi? Uno braccato dai creditori, dai bookmaker, gente che non scherza quella; un uomo che non dorme pił di notte ed č costretto a cambiare d'appartamento ogni due o tre giorni. Un tempo ero pieno di amici, oggi frequento solo avvocati e aule di tribunale...

La mia storia disgraziata comincia sei anni fa, nel 1974, quando in una stessa settimana venni avvicinato a pił riprese da alcuni scommettitori clandestini: una volta vennero al mio ristorante "La Lampara", un'altra mi diedero appuntamento in un bar sotto casa, una terza c'incontrammo a via Veneto. Io sapevo gią da allora che intorno al calcio si muoveva un vorticoso giro di miliardi legato alle scommesse clandestine. Loro sapevano che ero amico di tanti calciatori, che Antognoni della Fiorentina, Giordano e Manfredonia della Lazio, Capello del Milan e altri ancora mi avevano invitato al loro matrimonio. Sapevano molte cose su di me e cosģ non mi stupii quando questi signori, mostrandomi la loro schedina e le loro quote, mi invitarono a scommettere su una partita del campionato di calcio.

Per i primi tre anni [scommisi poco]. Intanto perņ cominciavo a conoscere i piccoli grandi segreti di questo mondo. Seppi cosģ che i bookmaker erano persone che controllavano il gioco soprattutto da Genova, Milano e Torino. Mi accorsi che il maggior numero di scommesse, almeno in quel periodo, si svolgeva pił sulle partite per le Coppe internazionali che sul Campionato italiano. Venni a sapere che fra gli scommettitori pił accaniti c'erano e ci sono noti professionisti, che puntavano cifre da capogiro: addirittura c'era un famoso costruttore emiliano che gestisce ancora oggi in prima persona il gioco clandestino in una parte del nord d'Italia. Mi confidarono, infine, che le scommesse pił forti venivano dirottate e "scaricate" oltre confine, in Svizzera, Austria e Inghilterra, poiché č lģ che ci sono le centrali operative di questo gioco.

Arriviamo al 1977, e anche se le mie giocate restano modeste le perdite raggiungono gią i 7 milioni... Fui io a convincere Massimo Cruciani (un amico che era il fornitore di frutta del mio ristorante, con lui dividevo molte delle mie conoscenze sportive) a percorrere la mia stessa strada: qualche tempo dopo anche lui cominciņ a scommettere. A volte si vinceva, a volte si perdeva. I rapporti con i bookmaker, comunque, erano ottimi e l'appuntamento per riscuotere le vincite o pagare le perdite era rispettato da tutti: il giovedģ dopo la domenica della partita.

Il giro delle scommesse grosse, almeno per noi, comincia nel '79. Eravamo in perdita, cosģ quando sapemmo che saremmo potuti rientrarecoi soldi truccando il risultato di qualche partita, ci mettemmo all'opera. Per cominciare ci dividemmo i compiti: io facevo le scommesse, Massimo teneva i rapporti con i calciatori.

La prima occasione favorevole ci giunse per telefono. Tramite il capitano della Lazio, Pino Wilson, mi misi in contatto con il giocatore del Palermo Guido Magherini, che io conoscevo dal '70, epoca in cui giocava nella Lazio. Un martedģ dell'ottobre scorso, il giorno prima della partita amichevole Palermo-Lazio, Magherini - che fin da ora posso indicare come il cervello di tutta questa storia, un personaggio che deve aver incassato centinaia e centinaia di milioni - ci disse che molte partite di serie A e B potevano essere truccate, e che si sarebbe potuto "combinare" anche il risultato di quell'amichevole puntando una forte cifra sul pareggio in quanto il risultato era assicurato. Questo ce lo confermņ anche Wilson: "Tanto č una partita di cui non ci frega niente". Cosģ scommisi sul pareggio tre milioni per noi, e un milione a testa per Wilson e Magherini; purtroppo, siccome l'arbitro non arrivņ in tempo e la partita venne diretta dall'allenatore del Palermo, i bookmaker la considerarono non regolare e non convalidarono il pareggio. "Peccato, ce la faremo un'altra volta", mi disse, salutandomi, Magherini.

E l'occasione si presentņ domenica 9 dicembre per la partita Taranto-Palermo. Anche allora si fece avanti Magherini assicurando che si sarebbe potuto organizzare un pareggio in quanto il Palermo era d'accordo; era sufficiente poi telefonare al giocatore del Taranto Massimelli per quanto riguardava la sua squadra. Riuscimmo ad accordarci. Io, Cruciani e un terzo socio di cui non posso fare il nome, puntammo 87 milioni. Poi, visto che ce lo chiedeva Magherini, anticipai sulla parola due puntate di 50 milioni, una per il Taranto e una per il Palermo.

La domenica mattina, poche ore prima della partita, arrivai insieme a Cruciani a Bari, con l'aereo. Ci venne a prendere Massimelli. Saliti su una BMW 2000 ci dirigemmo verso l'albergo dove il Taranto era in ritiro. Fu qui che pagammo 10 milioni ai giocatori Quadri, Rossi, Petrovich e a un altro di cui non ricordo il nome. Prima di andare via i calciatori ci domandarono: "Non č che il Palermo ci darą un bidone?". Li rassicurammo. Non l'avessimo mai fatto! Il Palermo, non rispettando i patti, vinse la partita, noi perdemmo la scommessa e nessuno, né i giocatori del Taranto né quelli del Palermo, ci restituirono i 100 milioni anticipati.

Infuriati, appena finito l'incontro ci precipitammo negli spogliatoi del Palermo e chiedemmo di parlare prima col presidente della squadra siciliana e poi con Magherini, l'organizzatore di quel bello scherzo. Il suo collega Ammoniaci ci disse: "Aspettate, č sotto la doccia che piange". Dopo venti minuti finalmente Magherini venne fuori: "Io vado a Brindisi, a prendere l'aereo per Roma", ci disse, "voi andate a Bari. Ci vediamo stasera a Fiumicino e lģ vi spiego tutto".

Alle 20.30 di quella domenica ci ritrovammo a Fiumicino con Magherini. Io gli faccio: "Chi ci rimborsa i soldi persi?". E lui: "Non vi preoccupate, coi premi partita di tutta la squadra vi faccio rientrare io". Ci imbrogliņ ancora: quei soldi non li abbiamo mai visti. Grazie a quella partita, ma soprattutto grazie a Massimelli, entrammo in contatto con i giocatori del Bologna. Un contatto che pił avanti potemmo sfruttare.

A questo punto il nostro bilancio era positivo per le amicizie sempre pił ramificate coi calciatori e i rapporti sempre pił stretti con i bookmaker ai quali avevamo sempre pagato le nostre sfortunate puntate; era negativo invece per i soldi che avevamo perso e che non riuscivamo pił a recuperare. Dovevamo dunque rischiare ancora.

Domenica 30 dicembre puntammo 100 milioni sulla vittoria della Juventus contro l'Ascoli, 100 sulla vittoria dell'Inter sulla Fiorentina, e poi feci un'altra giocata sul pareggio tra Avellino e Perugia. Le prime due puntate le persi: l'Ascoli infatti sconfisse la Juventus, e Inter e Fiorentina pareggiarono. Mi andņ bene invece con il terzo incontro, e non poteva essere che cosģ visto che avevamo pagato alcuni giocatori. In particolare demmo otto milioni - 4 io e 4 Massimo - al difensore del Perugia Mauro Della Martira che li avrebbe poi dovuti dividere con Zecchini, Rossi e Casarsa, suoi compagni del Perugia. Rossi, a quanto mi risulta, ha intascato due milioni.

Ci provammo ancora domenica 6 gennaio, questa volta con l'accoppiata Vicenza-Lecce e Milan-Lazio.

Per quest'ultima partita i contatti cominciarono in settimana. Il martedģ precedente alla partita andai a Tor di Quinto, dove si allena la Lazio, e parlai con Giordano, Manfredonia e Wilson. Gli spiegai che se erano d'accordo a perdere la partita col Milan gli avremmo fatto incassare 60 milioni.

Dopo esserci rivisti nel bar Vanni, per poter parlare con pił calma prendemmo un appuntamento per il giovedģ seguente, alle ore 19, a piazza Mazzini, nell'agenzia di assicurazioni di Wilson. Parlammo delle condizioni su come truccare la partita. Dopo mezz'ora Manfredonia disse: "Io non ci sto , e lo stesso rispose Giordano. "Allora non ci sto neanch'io", aggiunse Wilson, "altrimenti dopo come farei a guardarvi in faccia?". Perņ, dopo un'ora di mie insistenze, a furia di "Ma che razza di uomini siete!" li convinsi a vendersi la partita. Il sabato mattina andai dal bookmaker e giocai con Cruciani 270 milioni sulla "martingala" (cioč una giocata combinata che lega pił partite: la somma vinta nella prima partita vale come puntata per la partita successiva e cosģ via) Milan-Lazio e Vicenza-Lecce: nelle spese, infatti, dovevamo considerare sia i 60 milioni da consegnare al giocatori della Lazio, sia i 40 milioni da consegnare al giocatore del Lecce Claudio Merlo, che per la partita Vicenza-Lecce aveva garantito a Cruciani la sconfitta della sua squadra.

Stavamo gią pregustando la grossa vincita quando, sabato pomeriggio alle ore 15, telefonņ da Milano al mio ristorante Giordano dicendomi: "Annulla tutto, perché io e Manfredonia non ci stiamo". E io: "Ma come faccio, ho scommesso una cifra su di voi!" "Fai come ti pare, ma noi non ci stiamo pił. Comunque richiamami stasera all'hotel Jolly 2". Con Cruciani ci precipitammo all'aeroporto di Fiumicino da dove telefonammo a Giordano. Bruno ci disse: "Noi non stiamo al gioco, ma se volete provate con Wilson e Cacciatori".

Cruciani [andņ subito a Milano], mi chiamņ a mezzanotte e con voce allegra mi disse: "Ce n'č voluto per organizzare la partita, ma alla fine ho convinto Cacciatori e Wilson". "Sei sicuro?", gli ho fatto io, e lui: "Gli ho dato un assegno di 15 milioni".

Facciamo un piccolo passo indietro. Durante la stessa settimana, avevamo contattato naturalmente anche il Milan. Il martedģ Cruciani telefonņ a Milanello, nel ritiro del Milan, e chiese del suo amico Enrico Albertosi, portiere dei rossoneri. L'offerta che gli fece era chiarissima: il Milan doveva pagare 80 milioni in cambio della sconfitta della Lazio. "Ne parlerņ con i dirigenti e con il presidente Colombo, sentiamoci dopodomani". Il giovedģ Cruciani richiamņ Milanello e questa volta a rispondere insieme ad Albertosi c'era anche il suo compagno di squadra Giorgio Morini. Entrambi dissero: "Pił di 20 milioni non vi diamo". Non ci restņ che accettare.

Milan-Lazio terminņ secondo il copione con la vittoria dei rossoneri. Il bidone lo prendemmo invece su Vicenza-Lecce: la partita, anziché con la vittoria del Vicenza, si concluse in pareggio. La martingala saltņ, e noi perdemmo 270 milioni.

Quella domenica sera, al termine delle partite, mi telefonņ Cruciani da Vicenza: "Vieni a prendermi a Fiumicino alle 20.30, mi imbarco a Venezia". Mi recai all'aeroporto distrutto per il risultato della partita di Vicenza, gią meditavo di telefonare al presidente del Milan, Colombo, per chiedergli un altro contributo. A Fiumicino mi venne incontro un Cruciani sconsolato, mi disse di avere viaggiato con Simona Marchini e una volta atterrati di avere scambiato quattro chiacchiere con suo marito, il calciatore dell'Avellino Ciccio Cordova, nostro amico, che stava all'aeroporto in attesa della moglie.

Cruciani racconta a Ciccio la nostra disavventura vicentina e Cordova all'improvviso gli fa: "Non ti preoccupare, vi faccio rientrare io". "E in che modo?", ribatte Cruciani. "Con la partita Lazio-Avellino", fa Ciccio, e quindi suggerisce a Cruciani: "Vai ad Avellino e mettiti d'accordo con Stefano Pellegrini".

Andiamo ad Avellino e ci presentiamo a Pellegrini, che perņ nega la possibilitą di truccare la partita. Allora risaliamo in macchina e torniamo a Roma, dirigendoci verso l'Eur. Arriviamo sotto casa di Cordova e gli facciamo citofonare dal portiere. "Ci sono Massimo e Alvaro, possono salire?", chiede. "No, falli aspettare gił", č la risposta di Ciccio.

Dopo pochi minuti si fa vivo e noi gli raccontiamo l'incontro con Pellegrini... Lui: "Va bene, domani ci provo io, non vi preoccupate. Vado all'hotel Fleming dove l'Avellino alloggerą, ci penso io. Anzi, gią che ci sei, Alvaro, scommetti 50 milioni per me sulla vittoria della Lazio". "Dammi almeno un po' di soldi", gli faccio io. E Ciccio: "E' venerdģ sera, dove li vado a trovare?".

Decisi di fidarmi di Ciccio Cordova, vecchio amico e genero del costruttore miliardario Alvaro Marchini, e il giorno dopo scommisi 50 milioni per lui.

Quella domenica del 13 gennaio doveva essere il giorno del nostro riscatto. Con Cruciani infatti avevamo deciso di giocare una martingala su quattro partite, tre delle quali sapevamo combinate: la vittoria della Lazio sull'Avellino e i pareggi della Juventus col Bologna e del Genoa col Palermo; la quarta partita. Pescara-Inter, era l'unica pulita, e noi puntammo sulla vittoria dell'Inter.

Per Bologna-Juventus, Massimo mi aveva riferito che il risultato era stato gią pattuito dal presidente della Juventus Boniperti e da quello del Bologna Fabretti; era una partita talmente sicura che a Cruciani telefonarono Carlo Petrini e Giuseppe Savoldi del Bologna chiedendogli di puntare a loro nome e di altri compagni 50 milioni sul pareggio.

Io e Cruciani scommettemmo sulle quattro partite 177 milioni. E facemmo altre puntate a nome di altri giocatori di cui per ora non faccio il nome. Se tutto filava liscio avremmo vinto un miliardo e 350 milioni e pagato tutti i debiti che avevamo con i bookmaker.

Purtroppo ci fregņ la Lazio, che invece di vincere come d'accordo la partita con l'Avellino la pareggiņ, cosģ saltņ la nostra martingala sulle quattro partite. Quanto ai 50 milioni che avevo sborsato per conto di Cordova, costui non me li ha pił restituiti. Sono convinto che, nonostante mi avesse promesso la vittoria della Lazio, abbia fatto invece di tutto per il pareggio. Non so, probabilmente avrą giocato centinaia di milioni su questo risultato...

L'ultima partita su cui scommettemmo fu Bologna-Avellino. Durante la settimana prendemmo contatti con Stefano Pellegrini e altri giocatori dell'Avellino. Loro dissero: "Non c'č bisogno di accordi né di soldi: pareggiare a Bologna ci sta bene". Per il Bologna ci accordammo con Petrini, Savoldi, Paris, Zinetti, Dossena e Colomba. La partita non rispettņ le promesse: il Bologna vinse 1 a 0, noi perdemmo tutti i soldi, e a quel punto eravamo completamente rovinati.

Avevamo un debito con gli allibratori clandestini di ben 950 milioni. Soldi che, in gran parte, ci erano stati truffati dai calciatori. Non ci restava che una cosa da fare: l'esposto alla magistratura.»

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Giusto un anno fa l'Inter distruggeva la Roma in casa sua (4-1) in una partita che poi risultņ decisiva per le sorti del campionato, che gią appare un lontanissimo ricordo a 4 mesi di distanza. A chi vi scrive il cambio di allenatore proprio non č piaciuto cosģ come non č piaciuta la sconfitta,ennesima, nel derby cittadino: era dai tempi di Tardelli (2000-2001) che non si vedeva giocare cosģ male l'Inter in un derby. Squadra con poco mordente, con due fantasmi in campo, costati quasi 40 milioni di euro,che č riuscita a prendere un gol a difesa schierata con un colpo di testa di uno che quando salta "scava una fossa"...Eppure fioccano dichiarazioni di estrema sicurezza, a mio avviso millantata perchč quando si incominciano a far discorsi del tipo "ma tanto gli altri sono indietro...", significa che qualcosa si č rotto o che comunque ci sono dei problemi. Con le chiacchere siamo senz'altro campioni assoluti, ma il sottoscritto ha una nostalgia assoluta dei silenzi di chi č riuscito a dare 3 scudetti consecutivi ad una pseudo societą che non ne vinceva da 17. Non solo: la societą, il dirigente maggiore, l'AZDIMAG per antonomasia, ha sempre gridato l'algida purezza dei suoi intenti, salvo poi invischiarsi in cose non proprio pulite in borsa per coprire perdite colossali (vedi indagini SARAS)(SARAS2). In un anno l'Inter precipita dal primo al terzo posto, perde una partita in trasferta dopo solo 5 giornate di campionato quando in precedenza ci vollero BEN DUE ANNI per vedere l'Inter perdere, ed ancora una volta viene fatto un favore alla squadra governativa. Purtroppo ci dobbiamo gią attaccare ai ricordi di una supercoppa estiva ed ad un titolo platonico (il Vice titolo scovato su wikipedia....)pappagallando l'impianto mediatico di un certo club governativo stomachevole. (ulteriori documenti sull'inchiesta SARAS)

La Juve spreca, l'Inter no ed č sola
Roma e Fiorentina ko, risale il Milan

Zenga ferma i bianconeri, Cruz decide la sfida col Lecce. La Lazio travolge i viola ed č seconda con l'Atalanta

Č durato appena 72 ore il primato condiviso di Inter e Juve. Grazie al Catania, allenato dall’ex interista Walter Zenga, riuscito a strappare un prezioso 1-1 a Torino con la Juventus, l’Inter resta sola al comando della Serie A piegando con un sofferto 1-0 il Lecce al Meazza di Milano. Salato il prezzo del pari interno della Juve, slittata al quarto posto in classifica per via delle vittorie della Lazio e della sorpresa Atalanta, seconde a quota 9, uno in meno rispetto alla capolista. Ma č pił dutro il verdetto di due squadre attese come protagoniste. La Fiorentina viene travolta dalla Lazio 3-0 (nella ripresa tre gol in 8 minuti), la Roma cade rovinosamente a Marassi contro il Genoa (3-1). E' il momento del Napoli: batte il Palermo 2-1 e agguanta la Juve.

MILAN E NAPOLI RISALGONO - La squadra di Reja č diventata pił continua e sicura rispetto all'anno scorso. Hamsick č una garanzia e apre le marcature. Anche l'assenza di Lavezzi non si fa sentire: Zalayeta fa il 2-0 prima del rigore di Miccoli. Il Genoa sfrutta anche la superioritą numerica nella ripresa, dopo l'espulsione di De Rossi, che nel primo tempo aveva segnato il pareggio giallorosso dopo l'1-0 di Sculli. Doppietta di Milito e gerarchie rovesciate in campo e in classifica. Intanto il Milan si riavvicina al vertice. Il gioco non č convincente, ma intanto ora i risultati arrivano: a Reggio Calabria batte la Reggina 2-1 con gol di Borriello (poi uscito per infortunio) e Pato. «Sono molto contento per il gol - ha detto Pato ai microfoni di Sky -, arrivato su un grande passaggio di Kaką. Ma ora c'č l'Inter, una partita molto importante, da vincere. Se voglio giocare il derby? Certo - ha concluso il brasiliano - e voglio che la mia squadra vinca». Il Milan ha 6 punti e insieme a Genoa e Palermo č ottavo in classifica alle spalle di Catania e Udinese (7). Roma e Fiorentina hanno 4 punti, gli stessi del Lecce.

INTER E JUVE - L’Inter rimane dunque sola al comando della classifica battendo il Lecce 1-0 e grazie al pareggio della Juve. Decide il match una rete di Julio Cruz al 79'. Ma i nerazzurri faticano molto a trovare spazi e gioco. Una traversa di Ibrahimovic e un'occasione sprecata da Adriano non bastano a dare entusiasmo. Senza spazi offerti dagli avversari la squadra di Mourinho č soffocata e deve attendere invenzioni personali. Diverso il discorso della Juve di questo inizio di campionato: Sa andare in vantaggio presto ma non riesce mai a chiudere la partita. Cosģ a Torino con il Catania, come a Firenze con i viola, viene punita. E anche a Cagliari ha rischiato di buttare via tre punti. Come nella passata stagione i bianconeri non riescono ad avere ragione dei siciliani e per la terza volta di fila il risultato finale č 1-1, con Plasmati (23' della ripresa) che pareggia l'iniziale vantaggio di Amauri (16'), al terzo gol in campionato. Nell'assalto finale la Juve č anche sfortunata: due traverse nella stessa azione, diverse mischie finite male. Ma non si capisce come mai anche cambiando i protagonisti (stasera Giovinco al debutto al posto di Nedved) non cambi l'atteggiamento: doppo l'1-0 la Juve si ferma, crea poco e quel poco lo spreca. Cosģ rischia, anche perchč l'errore ci puņ essere sempre come nell'occasione del gol del Catania: cross da sinistra «bucato» prima da Legrottaglie poi da Chiellini, anche per uno strano rimbalzo del pallone.

 
 

LE ALTRE PARTITE - Siena e Sampdoria non sono andate oltre lo 0-0 allo stadio Artemio Franchi. In classifica i toscani salgono a 5 punti, mentre i doriani vanno a quota 3. Anche Chievo e Torino hanno pareggiato (1-1) al Bentegodi: i granata passano in vantaggio al 40' con Bianchi su calcio di rigore, il pareggio dei veronesi arriva al 50' con Marcolini. Torino e Chievo vanno a braccetto anche in classifica con 5 punti a testa. L'Udinese si č imposta per 3-0 sul Bologna. Allo stadio Dall’Ara i bianconeri sbloccano al 14' con il rigore di D'Agostino. Il raddoppio arriva al 21' con Floro Flores. I friulani dilagano al 73' con Pepe. In classifica l'Udinese sale a quota 7, mentre i felsinei restano a quota 3.

 

L'Inter vola anche in trasferta
Travolto in Toro con tre gol

<b>L'Inter vola anche in trasferta<br/>Travolto in Toro con tre gol</b>

L'esultanza di Maicon

TORINO - Dopo una partenza blanda, l'Inter ha preso spunto da un autogol di Pisano (tiro di Mancini), il terzo autogol in due partite, per vincere a mani basse. Unico neo, il finale. I nerazzurri hanno mollato, il Torino ha segnato e ha colpito una traversa. Uno strepitoso gol di Maicon e un contropiede micidiale di Ibrahimovic hanno atterrato il Toro che nulla ha potuto.

I granata avevano cominciato bene, ma l'autogol di Pisano li ha stroncati e certo non hanno giocato a favore della squadra di De Biasi gli infortuni di Rosina e Corini. Poi il bel finale, con una bella prestazione di Abbruscato. L'Inter comunque č risalita in cattedra e, in vista del derby della Madonnina, ha fatto capire di voler tornare padrona del campionato.

De Biasi si č affidato a una formazione gią ben collaudata, con tre attaccanti: Rosina, Amoruso e Bianchi. Il capitano non č stato fortunato: č dovuto uscire per un problema al polpaccio, solo Amoruso si č mosso bene. Mourinho ha recuperato Chivu in difesa, mentre a centrocampo J.Zanetti ha sostituito lo squalificato Muntari.

Davanti, tre punte dall'inizio: Adriano, Ibrahimovic e Mancini. Il Torino inizialente č parso meglio messo in campo, nei primi venti minuti, in cui l'Inter ha fatto parecchi errori nel gestire la palla. A centrocampo il Toro ha conquistato parecchi palloni ed č andato avanti, senza tuttavia portare reali pericoli a Julio Cesar: tiri fuori dello specchio della porta, qualche colpo di testa di Bianchi, iniziative di Amoruso senza fortuna.

Poi, l'Inter. Dopo una conclusione di Ibrahimovic, rasoterra, parato, i nerazzurri hanno preso in mano improvvisamente la partita: apertura di Adriano sulla destra per Mancini, che č andato sul fondo e ha messo in mezzo; Pisano (sfortunato) ha deviato alle spalle di Sereni. E' il terzo autogol di cui usufruisce l'Inter in questa stagione, anzi in due partite. Torino col morale a terra e raddoppio fulmineo della squadra di Mourinho nel giro di due minuti.


Vieira ha aperto su Maicon che dalla destra si č accentrato e, dal vertice dell'area, ha sparato un destro all'incrocio dei pali alla destra di Sereni, che nulla ha potuto. Un uno-due micidiale per il Torino che ha perso Rosina per infortunio. Mancini č stato anticipato da Pisano in extremis, ma l'Inter si č limitata ad amministrare la partita sino alla fine del primo tempo, da grande squadra, prima del rilassamento finale.

De Biasi ha cercato di tamponare la situazione con Barone al posto di Corini che non aveva fatto male.

Mourinho ha chiamato in causa Quaresma e Balotelli al posto di Mancini e Adriano. L'Inter si č addormentata un pņ e il Torino ha attaccato: Saumel ha messo da sinistra una palla per Abbruscato che ha insaccato anticipando i centrali nerazzurri. Poi lo stesso Abbruscato ha colpito una traversa in tuffo di testa e il Torino ha chiuso in crescendo. Mourinho striglierą i suoi per la chiusura in calando.

TORINO-INTER 1-3
TORINO: Sereni; Diana, Di Loreto, Pratali, Pisano; P.Zanetti (21'st Ogbonna), Corini (1'st Barone), Saumel; Rosina (29'pt Abbruscato), Amoruso;
Bianchi. In panchina: Calderoni, Colombo, Rubin, Ventola. Allenatore: De Biasi.

INTER: J.Cesar; Maicon, Burdisso, Materazzi, Chivu; Vieira, Cambiasso, J.Zanetti; Adriano (22'st Balotelli), Ibrahimovic (43'st Cruz), Mancini (18'st Quaresma).
In panchina: Toldo, Cordoba, Rivas, Crespo.
Allenatore: Mourinho.

ARBITRO: Farina di Novi Ligure.

RETI: 24'pt aut. Pisano, 25'pt Maicon, 6'st Ibrahimovic, 31'st Abbruscato.

NOTE: giornata grigia, terreno in mediocri condizioni, spettatori 20.000 circa. Angoli 5-0 per il Torino. Ammoniti P.Zanetti, Pisano, Balotelli, Pratali. Recupero: 1'; 2'.

 

Prima Mancini, poi Adriano
L'Inter sbanca Atene

Due assist di uno straordinario Ibrahimovic spianano la strada ai nerazzurri in casa del Panathinaikos. In vantaggio con l'ex giallorosso, Mourinho ritrova lo spunto dell'Imperatore, a segno pochi minuti dopo il suo ingresso. Decisivo anche Julio Cesar

Il gol di Adriano per il definitivo 2-0 dell'Inter. Afp
Il gol di Adriano per il definitivo 2-0 dell'Inter. Afp
ATENE (Grecia), 16 settembre 2008 - L'Inter batte il Panathinaikos nella prima notte europea della gestione Mourinho. I gol di Mancini (27' primo tempo) e Adriano (40' della ripresa). Almeno tre gli interventi importanti di Julio Cesar, determinante nella parte centrale dell'incontro.
PRESSIONE - L'inizio non č semplice. Cambiasso č accerchiato, Mancini riceve un paio di colpi proibiti di stile intimidatorio, i quattro davanti a Julio Cesar respingono il come un muro in procinto di cadere. Ma č solo un adattamento, peraltro indolore, all'atmosfera dello stadio Olimpico completamente rivestito di verde.
SUPER IBRA - Prima del gol di Mancini, l'Inter costruisce tre occasioni chiare. La prima evapora per l'indecisione di Ibrahimovic (invitato al banchetto da Vieira), la seconda ha le sembianze di una "trivela" che non buca le mani di Galinovic, la terza č una cannonata di Zlatan che obbliga il portiere del "Pana" al salto in lungo per respingere. Poi c'č il lampo di Ibrahimovic, un condensato di tecnica, coordinazione forza fisica. Mangia metri a tre difensori che gli rimbalzano addosso e poi apre le porte del paradiso a Mancini, che assesta il diagonale dell'1-0.
INTESA - Julio Cesar salva due volte sul sorpredente Moon, pericoloso da fuori (traversa) e nello stretto (scambio con con Gilberto Silva rovinato da un controllo difettoso in area). Rischi concreti, che mettono in evidenza i difetti dell'attuale assetto difensivo, colpito almeno una volta a partita dalla Supercoppa contro la Roma alla partita con il Catania e messo a dura prova da Cleyton a inizio ripresa. Se si guarda dal centrocampo in su tuttavia, l'Inter fa paura. Ibra e Mancini sembrano integrarsi alla perfezione, e fanno male.
SOFFERENZA - Se Mejuto Gonzalez avesse usato lo stesso metro del primo tempo (giallo a Materazzi al primo dubbio contatto con Salpingidis) Cleyton non avrebbe avuto il tempo di far saltare lo stadio con un sinistro a giro di poco fuori. Al di lą di tutto perņ, l'Inter soffre troppo nel finale, come dimostrano i due salvataggi del guardiano interista su punizione di Gilberto Silva e stoccata di Hristodoulopoulos.
IL BIS - Inseriti Muntari e Figo, quando si stratta di cambiare il peso offensivo Mourinho tiene in campo Ibrahimovic, il suo totem. E non sbaglia, perché lo svedese serve il pallone del 2-0 ad Adriano, appena entrato in campo. L'abbraccio tra Zlatan e il portoghese, considerate anche le incertezze difensive da limare, č un'immagine dall'alto valore simbolico a un anno di distanza dalla sconfitta contro il Fenerbahce dell'era Mancini. Almeno in Europa, il nuovo corso dell'Inter non poteva essere inaugurato nel modo migliore.

 

 

Roma, che figuraccia
Crolla in casa col Cluj

Nell'esordio stagionale di Champions, nel girone A, i giallorossi cadono all'Olimpico contro gli sconosciuti romeni allenati dall'italiano Trombetta. Vantaggio di Panucci, poi gli ospiti rimontano grazie alla doppietta dell'argentino Culio. Roma irriconoscibile, messa sotto nella ripresa

Christian Panucci segna di testa il provvisorio 1-0 della Roma. Afp
Christian Panucci segna di testa il provvisorio 1-0 della Roma. Afp
ROMA, 16 settembre 2008 - La Roma combina un disastro. Perde in casa 2-1 contro gli sconosciuti romeni del Cluj nella prima gara della fase a gironi di Champions. Rimontata come contro Napoli e Palermo. Il gol iniziale di Panucci č stato illusorio: i giallorossi, irriconoscibili, hanno subito il ritorno degli ospiti, debuttanti in coppa Campioni. Il Cluj ha meritato il successo, legittimato da un'eccellente prestazione complessiva, e in particolare da un secondo tempo in cui ha creato parecchi pericoli. La Roma ha palesato una condizione atletica preoccupante. Ma il campanello d'allarme riguarda soprattutto la retroguardia, peraltro decimata dagli infortuni. E che ha subģto due gol con l'Inter, uno con l'uomo in pił contro il Napoli, tre dal Palermo, due stasera. Male anche i nuovi acquisti. Riise sostituito, Baptista che non ha trovato la posizione, Loria in grave affanno. E Menez in panca: gli č stato preferito anche Montella. Le dimensioni del risultato sono evidenziate dalle quote degli scommettitori, che davano a 9 la vittoria dei romeni. La Roma dovrą ritrovarsi obbligatoriamente il 1° ottobre in Francia contro il Bordeaux. Con il Chelsea che vola, non sono ammessi altri passi falsi.
LA ROMA FA E DISFA - Nel primo tempo la Roma comincia bene, ma finisce male. Il gol del vantaggio di Panucci, di testa, la specialitą del difensore giallorosso, arriva gią al 17', e dopo un paio di enormi occasioni create da Vucinic, una delle quali respinta dal palo. Insomma, quando il centrale di Spalletti mette alle spalle di Stancioiu il cross da destra di De Rossi, bravo a recuperare palla e a calibrare poi una parabola perfetta sul primo palo, sembra che la Roma possa finalmente archiviare, e senza troppo affanno, la prima vittoria stagionale, dopo la sconfitta con l'Inter in Supercoppa e il punto in due partite racimolato in campionato. E invece la Roma forse si distrae, di sicuro si "allunga" in maniera preoccupante. La difesa (senza i titolari Mexes e Juan, acciaccati) č molto, troppo lontana dagli altri reparti. Un po' perchč non "sale" abbastanza, un po' perchč č abbandonata a se stessa dai centrocampisti. E i romeni, che non hanno proprio nulla da perdere, allora ci provano. Cominciano a tirare dalla distanza, mostrando discrete abilitą balistiche. Sul sinistro di Dubarbier, Doni alza sopra la traversa con i pugni. Poi arriva il pareggio. Grazie ad un sinistro calibrato da fuori area dell'argentino Culio. Poi i romeni provano addirittura ad esagerare. Dani in contropiede trova un bel destro in diagonale, Doni si salva con una respinta bassa. Ma la Roma soffre troppo. L'intervallo č provvidenziale. Č il caso di schiarirsi le idee. Perņ proprio in chiusura arriva un'altra brutta notizia. Panucci chiede il cambio: schiena sottosopra.
OLIMPICO GELATO - Nella ripresa si riparte con una sorpresa: Panucci tiene duro ed č in campo. Nonostante il lungo riscaldamento di Loria. Che deve comunque entrate dopo 2': Panucci proprio non ce la fa. Il Cluj dopo soli 4' passa in vantaggio con il secondo gol di Culio: uno splendido sinistro al volo dopo la respinta corta di testa di Cassetti. La Roma accusa il colpo. Irriconoscibile. In difficoltą atletica e psicologica. Spalletti non puņ pił aspettare: dentro Totti, pur lontano dalla miglior condizione. Esce Riise, fuori partita. Tonetto scala terzino sinistro, con Totti centravanti e Vucinic che si trasferisce sulla sinistra, da esterno alto. Ma sono ancora i romeni, che non credono ai loro occhi, spesso indisturbati nelle loro iniziative, a sfiorare il gol: punizione appena a lato di Muresan, omonimo del centrone romeno Nba di un po' di anni fa. La difesa giallorossa fa scena muta: Peralta, ex Inter, mai rimpianto, colpisce di testa la traversa.
ORGOGLIO - La Roma prova almeno a fare leva sull'orgoglio. Provano a suonare la carica De Rossi e Vucinic, i migliori della banda Spalletti, ma le occasioni latitano. Il centrocampista della Nazionale sfiora il pari con una botta da fuori area, passa vicinissima all'incrocio dei pali. Č purtroppo solo un episodio isolato. E nei 4' di recupero finali i giallorossi caricano a testa bassa, ma senza mai farsi pericolosi. Che serataccia.

 

 

Crisi Milan, ma Galliani conferma
la fiducia ad Ancelotti

Seconda sconfitta consecutiva in campionato: 2 a 0 sul campo del Genoa. Il Napoli rimonta sulla Fiorentina

ROMA - Peggio, per il Milan, non poteva andare: seconda sconfitta consecutiva in campionato. La squadra rossonera ha perso 2 a 0 sul campo del Genoa. La seconda giornata ha invece proiettato Lazio e Atalanta al comando della classifica a punteggio pieno. Ottima prova della squadra di Delio Rossi che, dopo la vittoria sul Cagliari, grazie a una splendida rete, la terza in campionato, dell'argentino Zarate e al gol, anche questo di pregevole fattura di Goran Pandev, ha avuto la meglio per 2-0 di un'attenta Sampdoria, con Cassano che ha perņ inciso poco sulla sfida. L'Atalanta conquista, invece, i tre punti a Bologna. I nerazzurri si impongono 1-0 grazie alla rete di Guarente nel primo tempo. Vittorie importanti anche per il Lecce che ha superato, 2-0, il Chievo con una rete ad inizio ripresa di Caserta ed il raddoppio di Castillo, appena entrato in campo; e il Siena che si č imposto, sempre 2-0, sul Cagliari con una rete di Calaiņ ed il raddoppio di Ghezzal. Pareggio per 1-1 tra Reggina e Torino con i gol di Amoroso e l'autorete di Di Loreto.

NEL POSTICIPO LA JUVENTUS BATTE L'UDINESE - Un gol di Amauri regala alla Juventus la prima vittoria in campionato. La squadra di Ranieri si impone per 1-0 sull'Udinese nel posticipo della seconda giornata di campionato, a decidere la partita il gol del brasiliano ex Palermo al 22' della ripresa. Ranieri sceglie la coppia Amauri-Iaquinta, in panchina Del Piero e Trezeguet. Marino si affida al 3-4-3. Parte bene la Juventus. Dopo un destro di Iaquinta, al 16' Amauri colpisce il palo di testa su cross di Camoranesi. Handanovic ha il suo da fare sui tentativi di Nedved e dei due attaccanti bianconeri, ma la difesa dell'Udinese se la cava sempre. I friulani si fanno vedere nel finale di primo tempo ma č centrale il colpo di testa di Quagliarella su cross di Di Natale. Nella ripresa ancora Juve. All'11 traversa di Poulsen, al 22' il gol di Amauri che sfrutta un rimpallo in area e con il piatto destro infila Handanovic. L'Udinese ci prova con Inler e, al 43', con Floro Flores che, solo davanti a Buffon, finisce a terra dopo un contatto con Chiellini, l'arbitro lascia correre. Finisce 1-0 per la Juventus, i bianconeri salgono a quota 4 punti, l'Udinese resta a 3.

MILAN IN AFFANO - E' rimasto solo il Cagliari a condividere l'ultimo posto in classifica con i rossoneri, che dopo due sole giornate devono gią confrontarsi con la parola "crisi". La sconfitta per 2-0 sul campo del Genoa č pił di un campanello d'allarme per Carlo Ancelotti. La squadra si muove poco e male, l'assortimento di assi non regala scintille. Il risultato premia la squadra migliore. Il Genoa č vivace e aggressivo, al contrario del Milan. I rossoblu provano ad innescare Diego Milito: l'argentino non lascia il segno come bomber ma si ricicla con successo come suggeritore. Č suo l'assist che libera Sculli nell'area del Diavolo: Abbiati battuto, 1-0. I rossoneri "giochicchiano" in modo lento e impreciso, senza creare una vera occasione da gol. Kaką e Ronaldinho faticano a dialogare, Shevchenko non affonda. Il trio di Palloni d'oro sparisce nell'intervallo, quando Ancelotti prova a cambiare volto alla sua squadra. Fuori Ronaldinho e dentro Seedorf, fuori Shevchenko e dentro Borriello. L'attaccante italiano, ex di turno, prova a rendersi pericoloso ma sbatte contro Rubinho. Dall'altra parte si vede il solito Sculli. Č lui al 59' a presentarsi davanti ad Abbiati: sinistro potente, il portiere respinge. La retroguardia del Milan accusa amnesie e regala troppo agli avversari. Al 64' ne approfitta Gasbarroni che scodella al centro un pallone da spingere in rete: nessuno arriva all'appuntamento col 2-0 e Zambrotta salva. Ancelotti cala l'ultima carta a disposizione e inserisce Pato. Al 70' il brasiliano manda subito un segnale con un colpo di testa che spedisce il pallone a fil di palo. All'83' il numero 7 ha una chance ancora pił ghiotta ma non riesce a superare Rubinho. I tentativi disperati di Ambrosini e Zambrotta servono a poco, la benzina del Diavolo finisce. Il Genoa puņ affondare il colpo nel finale: Maldini stende Milito, rigore. E' lu stesso a segnare il 2-0, e il Milan esce in ginocchio in ginocchio.

GALLIANI: «ANCELOTTI RESTA» - Adriano Galliani, sul fatto che Ancelotti resti sulla panchina del Milan, comunque non ha dubbi e lo ribadisce: «Assolutamente sģ, perņ non č che ve lo posso dire tutte le volte perchč diventa stucchevole. D'ora in poi non ve lo dirņ pił ma non č perché cambierņ opinione: č l'ultima volta che ve lo dico. Certo che Ancelotti rimane in panchina». «Quali sono i rimedi? Lavorare e uscire da questo problema, se le Nazionali ce lo consentiranno... Adesso - prosegue Galliani - abbiamo tre settimane tutte per noi. Non č una scusante, ma finora il nostro campionato non č iniziato perchč non siamo mai riusciti a lavorare tutti insieme per gli impegni delle Nazionali».

LA RIMONTA DEL NAPOLI - Anche se le curve erano vuote il Napoli al San Paolo contro la Fiorentina ha fatto tutto quello che doveva fare. Finisce 2-1 per i partenopei, che vanno al riposo sotto di un gol (Mutu) e rimontano nella ripresa grazie ad Hamsik e all'ex viola Maggio. Un successo che proietta la squadra di Reja nelle parti alte della classifica con 4 punti. I viola restano invece fermi a un punto. Poche occasioni nella prima mezz'ora ma ritmi alti e alcuni spunti individuali interessanti. La retroguardia viola, senza l'infortunato Gamberini e con l'inedita coppia di centrali formata da Dainelli e Da Costa (preferito a Kroldrup), fa fatica a contenere l'estro di Ezequiel Lavezzi. Le emozioni vere, perņ, si concentrano tutte negli ultimi 10 minuti del primo tempo. Fra il 36' e il 37' tremano le traverse: Gilardino si procura una punizione dal limite e Mutu centra l'incrocio dei pali con un destro potente a giro; poi, sul capovolgimento di fronte, Frey compie un miracolo sulla prima conclusione da distanza ravvicinata di Hamsik e Lavezzi sul tap-in si divora un gol giį fatto limitandosi a pareggiare il conto dei legni. Lo spettacolo prosegue al 40' e questa volta la coppia d'assi viola non sbaglia: Gilardino ispira con uno splendido colpo di tacco l'incursione di Mutu (in posizione dubbia), il romeno di sinistro anticipa Iezzo e manda al riposo i suoi in vantaggio di un gol. Il match cambia volto nella ripresa: al 48' Lavezzi si fa perdonare il clamoroso errore del primo tempo seminando il panico sulla destra e pennellando al centro per il solito Hamsik, che pareggia anche il conto dei gol. Poi, al 71', i partenopei mettono la freccia: ennesima sgroppata di Vitale sulla sinistra e palla al centro, Da Costa prolunga e serve un involontario assist per Maggio che di testa punisce Frey. Prandelli, sotto di un gol, corre ai ripari: fuori uno stanco Mutu e dentro Osvaldo, dentro anche Pazzini per Montolivo. La Fiorentina aumenta la pressione e a -10 dal termine reclama per un sospetto contatto in area fra Cannavaro e Gilardino. Iezzo fa buona guardia su un'incornata di Pazzini (84') e si ripete su un secondo tentativo della punta viola cinque minuti pił tardi. Forcing confuso della Fiorentina nei 2' di recupero, ma il risultato non cambia.

GLI ANTICIPI DEL SABATO - Anticipi nel segno dello spettacolo e dei grandi gol. Nel pomeriggio di sabato la Roma priva di Totti paga dazio a Palermo. Un super Miccoli, autore di una doppietta, stende i giallorossi, al secondo passo falso consecutivo dopo il pareggio ottenuto settimana scorsa in casa contro il Napoli. Primi punti ed esordio col botto per Ballardini, il tecnico rosanero scelto dal patron Zamparini per sostituire in panchina

 

Altri 15 milioni di euro per Muntari per allontanare lo smacco

 subito per i capricci di tal Lampard, giocatore inglese semi

 sconosciuto arrivato in auge grazie all'enorme "lapa" del nuovo

 allenatore dell'Inter che ogni giorno chiacchera, chiacchera e

 chiacchera come una cicala impazzita, cicale che poi alla fine non

 combinano niente di niente....L'Inter dell'imperatore in pectore

 della contabilitą creativa č tornata ai "fasti" di 4 anni fa, quando si

 chiaccherava di presunta potenza che poi puntualmente si

 scioglieva contro Empoli, Pescara, Lugano, Helsingborg.....

Inter: Muntari c'č, Quaresma forse

Branca esce allo scoperto: «Il portoghese puņ arrivare a breve». Oriali: «Ma ci sarą qualche addio doloroso»

 

 

Ricardo Quaresma

Ricardo Quaresma

L'Inter č a un passo da Ricardo Quaresma. Ad ammetterlo, in un'intervista concessa al quotidiano portoghese «Correio da Manha», č il direttore dell'area tecnica nerazzura, Marco Branca. Un annuncio che arriva proprio nel giorno della presentazione ad Appiano Gentile di Muntari.

 

NERAZZURRI SCATENATI - «Si sa che l'Inter č interessata a Quaresma ma lui č ancora un giocatore del Porto - ha dichiarato - . In ogni caso, credo che possa arrivare a breve nel nostro club, oggi sarą un giorno importante per lo sviluppo della trattativa». Josč Mourinho, quindi, dopo Mancini e Muntari, potrebbe presto essere accontentato con uno dei suoi pupilli. «Il nostro interesse per Quaresma č pubblico, lo ha ammesso persino Mourinho, ma dobbiamo aspettare - avverte Branca - Entro la fine della settimana perņ potremmo risolvere la questione». Il dirigente nerazzurro non si č sbilanciato perņ sulle cifre dell'affare. «Tutto a suo tempo», ha chiosato, ma pare che il club nerazzurro chiuderą per un prezzo vicino ai 25 milioni di euro. Secondo «Correio da Manha» l'affare verrą concluso quanto prima grazie anche all'inserimento di una clausola, che garantisce al Porto il 25% su un'eventuale futura cessione dell'esterno lusitano. «Il Porto non molla ma Quaresma č determinato ad andare via - assicura una fonte vicina al club portoghese - . Pensa gią a un futuro lontano da qui».

«ADDIO DOLOROSO» - A parte Quaresma, a questo punto il mercato dell'Inter č chiuso sul fronte degli arrivi. Ora bisognerą sfoltire la rosa e si consumerą «qualche addio doloroso». Č il consulente di mercato nerazzurro, Gabriele Oriali, a fare il punto della situazione alla luce anche delle esigenze manifestate dal tecnico Mourinho. «Quello di Muntari č l'ultimo acquisto - ha assicurato Oriali, smentendo Branca - ora si lav

 

DONADdddONI CACCIATO A CALCI, TORNA MISTER LIPPI IL RE DEL "CULO"....

Gli Europei si chiudono col successo della Spagna, il secondo dopo quello del 1964, sulla Germania, alla sesta finale europea,per 1 a 0 in una partita non entusiasmante. Donadoni paga i due rigori sbagliati da Di Natale e De Rossi e viene cacciato a calci. Al suo posto di nuovo Lippi dopo il biennio 2004-2006. E' la prima volta che ritorna un allenatore in nazionale (Valcareggi 1966-1974, Bearzot 1975-1986, Vicini 1986-1992,Sacchi 1992-1996,Maldini 1996-1998,Zoff 1998-2000,Trapattoni 2001-2004,Lippi 2004-2006,Donadoni 2006-2008,Lippi Bis 2008-......) 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

MANOVRE RIDICOLE E FALLIMENTO TOTALE DEL PROJECT FINANCIAL ITALIOTA: ALITALIA E TAV

Se il “NEON-GOVERNO” dichiara “lucidamente” che:” «L'Italia č un Paese molto solido nella sua economia»; a fronte di numeri impietosi che dicono invece:” La crescita economica italiana č ad un "punto morto" e nel 2008 il pil avanzerą solo dello 0,1%. Ȓ quanto annuncia la Commissione europea nelle previsioni economiche intermedie, spiegando che «questo dato rappresenta una revisione al ribasso delle gią deboli stime di crescita formulate nella primavera, pari allo 0,5%, e implica che non ci sarą nessun effetto traino per il 2009»(FONTE CORSER); la fumosa opposizione cerca dei rimedi tangibili nella….televisione. Dato che il “pappagallare” č l’unica cosa che riesce benissimo allo pseudo-capo dell’opposizione, ecco il sorgere del trio delle meraviglie televisive “sinistrate”: la dalemiana “Red” , la veltroniana “Youdem”, oltre a Rai3. I sinistrati ad onor del vero sono ancora sotto di due televisioni rispetto al “Champion Chips”, quest’ultimo che tra l’altro,recentemente,si č disfatto di una “sua” creatura, ovvero quella “TV delle Libertą” affidata ad una delle sue “Pompadur” :” "la tv della gente, non dei politici", di  Michela Vittoria Brambilla ha visto infatti tramontare il suo sogno mediatico: le trasmissioni della tv della Libertą sono state sospese. A casa i 13 giornalisti e tutta la squadra tecnica, dopo aver accumulato 20 milioni di debiti, un milione al mese, visto che la tv della rossa protetta di Silvio Berlusconi era stata inaugurata nel giugno 2007 con un messaggio dello stesso Presidente del Consiglio.” Visto lo “spazio” creatosi dal congelamento della “passeggiatrice” forzista, subito i “sinistri” vi ci sono precipitati dentro a tutta forza, loro che sbandierano ai quattro venti di essere ereditieri della “sana” tradizione politica di sinistra a fianco della gente (non si capisce bene quale…..). Eccovi i palinsesti del regno etereo delle Nuova Sinistra Italiota: “La veltroniana “Youdem” (acronimo di Yes Obama United in Dialog e Mutism) ha come logo la figurina Panini di Pizzaballa e si propone di educare il popolo della sinistra al dialogo con Berlusconi. I programmi si aprono con “Saranno fumosi”, a cura di Bettini, Realacci e Cerami. Schivo come sempre, Veltroni andrą in onda in prima serata, ma solo il sabato e la domenica, dagli studi di Sabaudia, col varietą bilingue “Yes Week End”. Ma pare abbia gią in serbo, per le elezioni europee, un grande exploit all’americana: “Loft”, la risposta italiana a “Lost”. Grande attesa per gli appuntamenti con la tv veritą: “RiforMissing”, variante riformista di “Chi l’ha visto?”, organizzerą le ricerche dei neoeletti del Pd provenienti dalla “societą civile” e misteriosamente inabissatisi in Parlamento: si parte con Calearo, Daniela Cardinale e il generale Del Vecchio, per proseguire coi due terzi del governo-ombra. La Madia, miracolosamente recuperata in pieno oceano da Piero e Alberto Angela in perlustrazione, racconterą la sua drammatica esperienza nella serie “La fossa delle Marianne”. Colaninno jr., a lungo dimenticato in un ripostiglio del Loft, verrą rispolverato e riattato per una nuova edizione di Don Matteo, che indaga sulla cordata Alitalia capitanata dal padre Roberto.(CHI E’ ROBERTO COLANINNO?? Ecco che corre in nostro aiuto la grande enciclopedia Wikipedia:” Definito imprenditore, durante il primo governo Prodi,erede diretto del “socialismo rampantista di craxiana memoria”, quello dei cosģ detti capitani coraggiosi che acquisivano a mani basse le “svendite” prodiane di ingenti segmenti produttivi italiani come il comparto IRI (Alfa Romeo, Cirio, Ansaldo,eccetera…),attraverso l’influenza della Cir di De Benedetti,diveniva amministratore delegato di Olivetti ed in tal guisa creava OMNITEL,societą fornitrice di servizi di fonia mobile. Da questo blocco, attraverso un’opa particolare (ovvero un’offerta di pubblico acquisto chiamata  Leverage BuyOut, (vedere nota a calce)che sfrutta i flussi di cassa della societą acquisita per pagarne i debiti)acquisisce il controllo,nel 1999, della compagnia telefonica nazionale TELECOM. L'operazione riesce, creando tuttavia un grosso debito in Telecom stessa, che la renderą vulnerabile ad una scalata successiva. In conseguenza di ciņ, nel 2001 vende la Telecom a Pirelli (Tronchetti Provera) e Benetton, creando una notevole plusvalenza (1,5 miliardi di euro) nelle casse di Bell, la societą veicolo lussemburghese con la quale Colaninno e Gnutti ottennero il controllo di Telecom. Per questa plusvalenza la societą č stata indagata per evasione fiscale e multata dall'Agenzia delle entrate per 1,937 miliardi di euro. L'accertamento con adesione a cui hanno aderito i soci di Bell ha permesso la riduzione delle sanzioni ad un quarto del minimo, cosģ la societą ha dovuto versare al Fisco solamente 156 milioni. Grazie a questa pacca sulle spalle, Colaninno acquisisce nel 2002 Piaggio, la casa italiana produttrice di veicoli a 2 e 3 ruote, per ora al quarto posto nel mondo come produzione.Da 6 anni dormiente, Colaninno ritorna alla carica grazie all’affare ALITALIA: con i buoni uffici del “Champion Chips” infatti, a fronte del fallimento della principale compagnia di bandiera aerea nazionale, viene creata la S.P.A. Compagnia Aerea Italiana a costo 0,totalmente svincolata dai debiti di Alitalia, con il monopolio totale delle rotte nazionali e con la facoltą di rinegoziare TUTTI i contratti di lavoro di Alitaria a SUO piacimento [ operazione artificiosa creata da “Champion Chips” allo scopo di aggirare l’ennesimo richiamo con multa dell’Unione Europea in relazione ai continui “aiuti di stato” elargiti alla compagnia di bandiera destinata al fallimento, i cui costi fallimentari verranno scaricati ovviamente sulla societą….SI TRATTA DI UNA LEVERAGE BUYOUT 2,dato che la prima,come abbiamo vista aveva dato i suoi frutti con Telecom……])  A notte fonda, per “Fuori Orario - Cose mai viste”, vecchi spezzoni di Veltroni che esalta l’Ulivo, denuncia il conflitto d’interessi e cita la questione morale. L’emittente dalemiana “Red” (acronimo di Ritorno e Distruggo, o di Riformismo Estrema Destra) ha come logo una barca a vela coi baffi e si propone - in contrapposizione con Youdem - di educare il popolo della sinistra al dialogo con Berlusconi. Nasce dalle ceneri di una tv satellitare il cui nome evoca il numero dei firmatari della petizione “Salva l’Italia” auspicati da D’Alema: “Nessuno”. E “Il mio nome č Nessuno” sarą anche una delle rubrica pił attese, a cura di Polito El Drito e Stefano Menichini: gią allertata la Protezione civile per arginare l’afflusso dei fans all’arrivo della coppia negli studi. Per le famiglie, a grande richiesta, torna “La signora in giallo”: Livia Turco di ritorno dal parrucchiere. Reduci dai trionfi in Sicilia e a Roma, Anna Finocchiaro e Francesco Rutelli ridanno vita al celebre gioco a premi “Signori, il fiasco č servito”. Molto attesi i programmi musicali del dj Bobo Craxi (musiche di evasione) e Pierluigi Bersani: dopo l’annunciata intervista col suo idolo Vasco Rossi, l’ex ministro sarą alle prese con un gruppo di tassinari romani suoi sfegatati ammiratori, che tentano di arrotarlo sulle strisce. Piero Fassino e Anna Serafini festeggiano le nozze di platino in Parlamento (11 legislature in due) con la sit-com “Il gioco delle coppie”. Sigla iniziale “Oak Fund” (di Tavaroli-Cip-Ciop), sigla finale “Che fretta c’era, maledetto Tronchetti Provera” (di D’Avanzo-Tavaroli). In prima serata il programma di punta: “Il commissario Max”, una serie italo-pugliese in cui un tizio in barca a vela infila naufragio via l’altro, precipita financo da un gommone, ma passa sempre per molto intelligente. Seguirą “Ikarus”, primo esperimento di talk show sociale che denuncia i drammi del precariato nel duro mondo degli skipper. Per il genere horror, Consorte, Latorre, Fiorani e Ricucci nel classico “La banca dei quattro”. Molto attese le rubriche “Gli Insaccąti”, con Curzi, Minoli e Saccą, e “Neri per caso”, con la nuova coppia Amato & Alemanno. Luciano Violante, dopo le aperture sulla giustizia che hanno scavalcato a destra Ghedini e Alfano, canterą con i Camaleonti e curerą un programma sui lifting dal titolo arboriano: “Violante1 a Violante2”. Invitato a partecipare con un programma tutto suo, Antonio Bassolino ha cortesemente declinato: “Spiacente, ma ho gią firmato l’esclusiva con Mediaset per una fiction sul miracolo napoletano”. Titolo provvisorio: “Il Ritorno di Er Monnezza”.

 

Nota:LEVERAGE BUY OUT

Il leveraged buyout o LBO č una particolare tipologia di operazione di acquisizione di una societą(Private equity), che prevede la creazione di una societą-veicolo distinta dagli investitori finanziari e dalla figura dello sponsor, che č l'intemediario finanziario alla ricerca di imprese target (la societą da acquisire, di solito non quotata in borsa), in genere un fondo private equity.

Nella Newco affluiscono le risorse finanziarie attraverso equity, debito senior e debito junior. Nella fase successiva si puņ verificare che:

1) La NewCo conferisce gli asset nella societą target e quindi riceve partecipazioni della stessa (schema Opennheimer).

2) Si ha una fusione per incorporazione tra societą target (in genere incorporante) e NewCo (incorporata),secondo lo schema Kkr.

Tale operazione puņ avere come investitori: - Management della societą (Managemet buyout) - Management di altre societą (Management buyin) - Lavoratori della societą (Workers buyout) e permette di entrare nella compagine sociale non solo attraverso capitale di rischio, ma anche tramite indebitamento finanziario.

Il debito contratto viene generalmente poi ripagato o con i flussi di cassa generati dall'impresa acquisita o vendendo rami dell'azienda (o business unit non strategiche). In questo secondo caso si parla anche di break-up.

Non vi č dubbio che la nuova societą avrą un indebitamento finanziario maggiore, quindi tale strumento si dovrebbe applicare con societą target caratterizzate da un basso grado di leva finanziaria, e con un'alta capacitą di produrre cash flow(contante), proprio perché la nuova societą dovrą essere in grado di ripagare gli oneri finanziari aggiuntivi.

Fino al 2003 vi era un espresso divieto di porre in essere operazioni di Lbo, poiché strumento di aggiramento per interposta persona (Newco) del divieto di sottoscrizione di azioni proprie (art.2357 c.c.) e del divieto di assistenza finanziaria per la sottoscrizione o l'acquisto di azioni proprie.

Di fatto la Newco č una scatola vuota priva di capacitą di produrre reddito, ma modi di sbagliata applicazione di tale strumento nel caso italiano, in particolare, vi č da dire che tale strumento applicato nella giusta maniera (qui entra in gioco il ruolo importante della consulenza dell'advisor) puņ garantire dei vantaggi legati al miglioramento della corporate governance, e, nel caso per esempio del Mbo e Wbo, di poter condividere il rischio di impresa con soggetti dipendenti della societą stessa.

Il leveraged buyout č stato espressamente reso lecito nell'ordinamento giuridico italiano a seguito della riforma del diritto societario del 2003, la quale ha permesso di superare i dubbi di legittimitą che venivano sollevati sulla base del divieto, contenuto nel primo comma dell'art. 2358 c.c. che inibisce alle societą di accordare prestiti o concedere finanziamenti per l'acquisto di proprie azioni.(…succede quando sei in forte perdita e non riesci a piazzare la tua “carta straccia”…teniamo presente che nel 2003 era all’opera il secondo governo “Champion Chips”)

La riforma ha perņ subordinato la liceitą della operazione all'adempimento di alcuni oneri. In particolare, gli amministratori delle societą interessate all'operazione dovranno predisporre un piano economico e finanziario, confortato da una relazione di esperti che ne attesti la ragionevolezza, nel quale devono essere indicate le fonti delle risorse finanziarie e devono essere descritti gli obiettivi che si intendono raggiungere.

Importante infine č la distinzione tra debito senior (ossia con garanzie e covenant positive e negative) e debito junior. Quest'ultimo viene remunerato dopo il debito senior.

In una operazione corretta di levereged buyout la concessione del debito senior č subordinata ad una serie di condizioni, quali:

- L'obbligo di pagare interessi e capitale nel caso in cui vi sia un esubero di liquiditą - Il mantenimento del rapporto Debt/Equity entro un certo valore(in genere 1,75).

Un'impresa puņ decidere il riacquisto delle proprie azioni, se il prezzo in Borsa č in forte calo. In questo modo, alimenta una domanda che rialza il corso azionario, agisce in controfase rispetto al mercato, comprando mentre la maggioranza degli investitori vende le proprie quote.

Il rialzo del prezzo cosģ ottenuto non č limitato solamente al momento in cui č lanciata la richiesta di acquisto e si manifesta la domanda: diminuendo le azioni in possesso di soggetti terzi, l'impresa diminuisce le azioni da remunerare, e, a paritą di utili, il dividendo per azione č pił alto, e di conseguenza il prezzo se calcolato in base al profitto atteso e ai fondamentali dell'impresa.

Il riacquisto puņ anche avere finalitą speculative, per creare un prezzo al di sopra della media degli ultimi periodi.

Da questa situazione puņ trarre vantaggio l'impresa per aumenti di capitale sociale a pagamento, collocando azioni a prezzi molto remunerativi; oppure il management per l'esercizio delle stock option, che danno il diritto di acquistare (donare) ad un prezzo inferiore al valore di mercato.

GLOSSARIO

Le stock option sono opzioni call europee o americane che danno il diritto di acquistare azioni di una societą ad un determinato prezzo d'esercizio (detto strike). Le stock option esistono non per tutte le societą per azioni, ma solo per quelle quotate.

Nelle opzioni call, tale diritto č esercitato se il prezzo d'esercizio č inferiore al valore corrente dell'azione quotata.

Tuttavia, le stock option sono un caso particolare. Esse sono conferite gratuitamente ai manager e (pił raramente) ai dipendenti. Entrambi non pagano alcun prezzo d'acquisto; l'opzione perde ogni valore dopo la scadenza e, dunque, prima della scadenza viene esercitata se il prezzo d'esercizio (strike price) č inferiore al valore di mercato cui č quotata l'azione sottostante.

Se il dipendente/manager non investe in Borsa e non dispone di un portafoglio gią diversificato, le azioni conferite direttamente o tramite opzioni esercitate entro la scadenza sono associate al rischio specifico dell'impresa e del settore, oltre a quello non eliminabile legato all'alta volatilitą dei titoli azionari anche nel breve termine.

Le opzioni su un titolo azionario sottostante hanno rispetto al conferimento diretto di azioni, un profilo rischio/rendimento pił bilanciato e ottimizzato.

Azioni e opzioni vengono distribuite a manager e talora a dipendenti come incentivo ad aumentare la loro produttivitą.

Il salario č composto di una parte fissa (salario base) e di una parte variabile, della quale le stock option sono una componente prevalente nei salari dei dirigenti.

Le azioni vengono valorizzate ad un prezzo inferiore al prezzo di mercato (la quotazione di borsa al momento della vendita) contro la legge di concentrazione che prevede che qualsiasi scambio di azioni da parte di qualunque soggetto economico, non possa avvenire al di fuori della borsa.

Il conferimento č legittimo poiché il dipendente non paga queste azioni/opzioni. Le azioni in quanto sono un frazionamento della proprietą dell'impresa, come qualunque proprietą, possono essere cedute gratuitamente (donazione) o contro un prezzo (vendita). La legge di concentrazione restringe alla Borsa il luogo della vendita della proprietą d'impresa, ma non da restrizioni alla donazione.

Tuttavia, fornisce un'opportunitą di arbitraggio, di un guadagno certo e immediato, rivendendo o esercitando le stesse opzioni in Borsa. Nel caso delle opzioni, l'arbitraggio č possibile se ad esempio il prezzo d'esercizio fissato č inferiore al valore al quale č quotato il titolo il giorno del conferimento dell'opzione, o nei giorni precedenti. La volatilitą dei titoli azionari č comunque alta anche nel breve periodo.

L'arbitraggio pił evidente č nella rivendita in Borsa di un'opzione che non č costata nulla al lavoratore. Questa alternativa č facilmente prevedibile che sia preferita al trattenimento dell'opzione per esercitarla quando il prezzo del sottostante supera lo strike,(perché spesso e volentieri lo strike,ovvero il prezzo d’esercizio,č superiore al valore dell’azione)specialmente se l'opzione č europea e puņ essere esercitata e divenire liquida soltanto a scadenza. La rivendita in Borsa ha analoghe commissioni e tassazione, ma č a rischio zero (il derivato ha un ampio mercato e, dunque, un'alta probabilitą di vendita) ed č subito liquidabile.

Infatti, per l'opzione il prezzo č stabilito con il modello di Black e Scholes che ipotizzano un moto browniano, una variazione casuale e continua dell'azione sottostante. Tale ipotesi č applicabile per i titoli di Borsa che variano con continuitą, ossia che godono di un ampio mercato secondario. Solo su azioni molto contrattate, scambiate quotidianamente in grandi volumi si sviluppa anche un mercato di derivati.

L'arbitraggio non ha perņ un costo nullo, in termini fiscali e di commissioni per l'esercizio di un'opzione.

COME SI PAGANO LE STOCK OPTION

L'esercizio della stock option impegna l'impresa che puņ pagare in tre modi:

1.      in denaro, richiedendo un'uscita di cassa per pagare il prezzo d'esercizio.

2.      in azioni cedute al prezzo d'esercizio, con un aumento di capitale "alla pari" (non a pagamento), in cui in particolare le azioni hanno un valore nominale uguale al prezzo d'esercizio dell'opzione.

3.      in azioni cedendo quote di proprietą della societą.

Nei primi due casi, l'operazione diminuisce la cassa o accresce la voce del passivo, il capitale sociale, diminuendo gli utili. Č visibile in bilancio agli azionisti.

Nel terzo caso, invece, il passaggio di quote non varia la voce del capitale sociale, ma soltanto la sua composizione. Salvo una citazione nella nota integrativa, puņ sfuggire agli azionisti. Se il conferimento di stock option con questa modalitą riguarda migliaia di dipendenti piuttosto che ha una cadenza mensile (anziché annuale), l'entitą di azioni della societą cedute č rilevante ed č un'informazione price-sensitive non comunicata al mercato.

LA RIVENDITA IN BORSA SENZA ESERCIZIO E L’OPZIONE PUT

In alternativa, senza alcun intervento dell'azienda né contabilitą, il dipendente puņ rivendere in Borsa la stessa opzione senza esercitarla.

Questa č una possibilitą di un aumento retributivo a costo zero per l'impresa. L'impresa emette delle opzioni (costo d'emissione nullo). Il dipendente che le riceve in "regalo" non le esercita, non le presenta all'incasso dell'impresa, ma le rivende in Borsa. Il possessore del titolo non esercita l'opzione a scadenza perché non č conveniente (valore dell'azione inferiore al prezzo d'esercizio). Non necessariamente quest'"arricchimento" a costo zero del lavoratore avviene a discapito di qualche soggetto con un flusso finanziario negativo (che ci rimette del denaro). La persona che non esercita l'opzione, puņ essersi cautelata sottoscrivendo un'opzione di segno opposto (un'opzione put con lo stesso prezzo d'esercizio e scadenza).

QUANDO SI ESERCITA L’OPZIONE

Quando il prezzo dell'azione quotata č maggiore del prezzo d'esercizio (strike) č conveniente esercitare l'opzione. L'azienda dovrą fornire delle azioni; anche qui il flusso non č negativo in quanto il prezzo di vendita (sia lo strike che la quotazione di borsa) non possono essere inferiori al valore nominale dell'azione. Essendo illegale vendere azioni sotto la pari, si possono stipulare opzioni con strike pari o superiore al valore nominale (che non varia nel tempo) delle azioni sottostanti; diversamente il contratto-derivato č nullo.

I RISCHI PER L’AZIENDA

Nel lungo periodo, il flusso di cassa dell'operazione puņ diventare negativo se si considera che č maggiore il numero di azioni da remunerare con gli utili oppure che il prezzo puņ essere penalizzato da un calo del dividendo per azione. L'azienda puņ azzerare tale fenomeno emettendo delle opzioni call di eguale scadenza e strike che incasserą se conveniente a scadenza. Cosģ, le azioni che dovrą cedere al mercato saranno quante quelle di cui rientrerą in possesso, senza cambiare la composizione dell'azionariato dell'impresa. La decisione del conferimento spetta all'Assemblea degli Azionisti, il cui pronunciamento č in generale incerto. Da una parte, puņ essere restia a dare gratis azioni che da parte loro sono state pagate, e ad aumenti di capitale non a pagamento dai quali l'impresa non incassa un sovraprezzo per finanziare la crescita. Tali aumenti allargano solo il numero di azioni (e di azionisti) fra i quali frazionare i dividendi senza allargare il raggio di attivitą dell'impresa e accrescere gli utili.

 

PERCHE’ L’OPZIONE??

Al conferimento di stock option e azioni si LEGA una considerazione ideologica ed economica. Le azioni sono "pezzi d'impresa", la proprietą dell'impresa frazionata; un loro possesso da parte dei dipendenti significa la partecipazione del lavoratore alla proprietą dei mezzi di produzione.

La diffusione della partecipazione dai soli dirigenti, ai quadri e ai dipendenti puņ essere intesa come il passaggio ad un modello di azionariato diffuso, sul modello di una public company americana. Ciņ puņ essere visto come l'impresa che si apre alla societą, coinvolgendo nella proprietą un numero crescente di persone.

Infine, č rilevante una considerazione organizzativa. Conferire a manager e dipendenti azioni della societą significa allineare il loro interesse personale a quello degli azionisti, ossia massimizzare il valore economico.

Tutte le considerazioni fatte sono valide, se il dipendente e il manager tengono le azioni nel lungo periodo, che equivale a speculare al rialzo e scommettere sul successo dell'impresa. Non valgono, se come prassi, azioni e opzioni vengono subito rivendute.

 

CORPORATE GOVERNANCE

All'interno di un'impresa (corporation) si definisce corporate governance l'insieme di regole, di ogni livello (leggi, regolamenti etc.) che disciplinano la gestione dell'impresa stessa. La corporate governance include anche le relazioni tra i vari attori coinvolti (gli stakeholders, chi detiene un qualunque interesse nella societą) e gli obiettivi per cui l'impresa č amministrata. Gli attori principali sono gli azionisti (shareholders), il management e il consiglio di amministrazione (board of directors).

L'interesse per i metodi di corporate governance č cresciuto molto in tempi recenti, soprattutto a causa del crollo di colossi come la societą energetica Enron Corporation.

 

PRIVATE EQUITY (ATTIVITA’ DI ACQUISIZIONE FINANZIARIA di SOCIETA’ A DEBITO)

Il private equity č un'attivitą finanziaria mediante la quale un investitore istituzionale rileva quote di una societą sia acquisendo le azioni, che apportando nuovi capitali all'interno di una societą (target). Generalmente le societą target (come nel caso di Telecom che era,nel 1998,un’azienda pubblica) non sono quotate in borsa, e presentano un'elevata capacitą di generare flussi di cassa costanti e altamente prevedibili, ovvero importanti tassi di crescita potenziale. L'investitore si propone di disinvestire nel medio-lungo termine realizzando una plusvalenza dalla vendita della partecipazione azionaria.(Come fece Colaninno nel 2001…)

Gli investimenti in private equity raggruppano un ampio spettro di operazioni, in funzione sia della fase nel ciclo di vita aziendale che l'azienda target attraversa durante l'operazione di private equity, sia della tecnica di investimento usata.

TIPI DI PRIVATE EQUITY

  • Seed capital o Angel Investing - investimenti in fase di start-up e senza fatturato

  • Venture capital - investimenti in societą avviate, ma con flussi di cassa negativi e grandi potenzialitą di crescita e fabbisogni di cassa per finanziare il lanci dei prodotti o sviluppare il mercato

  • Development Capital - investimenti in societą avviate, con flussi di cassa positivi in rapida crescita con fabbisogni di cassa legati allo sviluppo del mercato

  • Management Buyout (MBO) - Management Buyin (MBI) - societą medio/grandi dove il management assume un ruolo di imprenditore rilevando assieme ad un Fondo di private equity l'azienda. Si chiamano MBO quelli in cui il management dell'azienda compra e MBI quelli in cui sono manager esterni all'azienda che comprano.

  • Special Situation o fondi di Turnaround - investimenti in aziende in crisi. Si suddividono in Turnaround Operativi e Turnaround Finanziari

 

  • Leveraged buyout (LBO) - Investimenti di MBO/MBI in cui viene usata come technicality una grande quantitą di debito per acquistare la societą dove in taluni casi l'azienda viene venduta a pezzi per ripagare il debito (i break up)

  • Going Private - Investimenti in Aziende quotate per cui l'investitore di private equity vede un valore nel ritirare l'azienda dal mercato,sistemarla e rifocalizzarla e poi cederla con profitto.

  • Mezzanine Capital - Investimento sotto forma di Debito non garantito con un rendimento extra legato alla profittabilitą dell'investimento (l'equity kicker)

  • Fondi di private equity - Investono in Fondi di private equity

I fondi di private equity sono gestiti da gestori professionisti definiti General Partners.

FORMAZIONE DEL FONDO DI PRIVATE EQUITY

Generalmente, i fondi di private equity sono strutturati con particolari architetture societarie specializzate. In America si usano le Limited Partnership, simili alla Societą in accomandita per azioni della disciplina italiana. In Italia possono operare sia con strumenti quali le Societą Gestione Risparmio (SGR) sia tramite fondi "esteri" (basati in paesi con trattamenti fiscali particolari quali Lussemburgo, Belgio, Olanda, o le Channel Islands inglesi e molte altre).

I General partners di un fondo ottengono i fondi da Investitori Istituzionali che formalizzano il loro investimento diventando dei limited partners, ovvero senza responsabilitą oltre a quanto versato. I General partners invece sono responsabili in solido per le attivitą dei fondi. Quando i General partner identificano un investimento idoneo alle finalitą del Fondo, svolgono una serie di analisi e strutturano un processo di due diligence sull'azienda. Al buon esito della Due Diligence i General Partners "chiamano" quote di capitale dagli investitori (le Capital Call) e ciascun investitore la sottoscrive pro-quota.

Tutte le decisioni di investimento, gestione e dismissione sono gestite dai General Partners a volte raccolti assieme agli investitori principali nei Consigli di Amministrazione del Fondo. L'insieme degli investimenti di un fondo di private equity si definisce Investment Portfolio.

 

BUYOUT (MODO DI ACQUISIZIONE SPECIFICO MANAGERIALE)

Un buyout č una operazione di investimento per cui un'azienda č acquisita in gran parte da un gruppo di manager (definito generalemente Management Team) che diventano manager/imprenditori. Il Management Team acquirente viene generalmente affiancato da un financial sponsor, tradizionalmente un fondo di private equity, che fornisce gran parte delle risorse finanziarie per l'operazione.

Le operazioni di buyout si classificano in funzione della provenienza del Management Team

  • Management Buyout (o MBO) - operazione in cui il management esistente acquista l'azienda

  • Management Buyin (o MBI) - operazione in cui un Management Team esterno all'azienda pone in essere l'acquisizione

Se nella operazione MBO/MBI si fa utilizzo di una forte leva finanziaria come tecnicalita' dell'operazione si parla allora di Leveraged management buyout (o LBO o LMBO)- operazione di MBO/MBI con l'utilizzo della leva finanziaria.

MANAGEMENT TEAM BUYOUT

Il management buyout, noto com l'acronimo MBO, č una operazione di acquisizione di azienda da parte di un gruppo di manager interni all'azienda che assumono la figura di manager/imprenditori. Il gruppo di manager acquirenti vengono generalmente affiancati da un financial sponsor, tradizionalmente un fondo di private equity, che fornisce gran parte delle risorse finanziarie per l'operazione.

MANAGEMENT TEAM BUYIN

Il management buyin, noto com l'acronimo MBI, č una operazione di acquisizione di una azienda da parte di un gruppo di manager esterni all'azienda stessa che assumono la figura di manager/imprenditore.

WORKERS BUYOUT

Workers buyout č un'operazione di acquisto di una societą che prevede che l'acquisto venga realizzato dai dipendenti dell'impresa target attraverso l'intervento dei fondi pensione ed il ricorso ad un Employee Stock Ownership Plan (ESOP). Č una tipologia di operazione diffusa soprattutto negli Stati Uniti.

LEVA FINANZIARIA

Sfruttare la leva finanziaria, in sostanza, vuol dire prendere in prestito dei capitali confidando nella propria capacitą di investirli ottenendo un rendimento maggiore del tasso di interesse richiesto dal prestatore. L'uso della leva finanziaria č tipico degli investimenti azionari in prodotti derivati (futures) o i Leverage BuyOut, che consiste nel manovrare una determinata quantitą di strumenti finanziari utilizzando un investimento di capitale minimo.

Un caso eclatante di sfruttamento della leva finanziaria (intesa nel senso della ragioneria e della finanza aziendale) č dato dagli hedge fund. Questi soggetti economici spesso utilizzano valori della leva finanziaria assai elevati, anche superiori a mille — ossia, l'indebitamento finanziario netto di un hedge fund č spesso mille volte superiore al suo patrimonio netto.[

 IL DISASTRO TELECOM-ALITALIA, COME VISTO, COINCISE CON LA SALITA AL POTERE DEI "SINISTRI"PSEUDO LIBERAL CAPEGGIATI DALL'ASSE PRODI-DALEMA,UNA MISCELA DOROTEO-SOVIETICA CHE HA PRODOTTO MOSTRI IMPUNITI PAPPA E CICCIA CON IL VENTENNIO "IOTA" SORTO NEL 1994. QUESTO BRANCO DI MUMMIE CONTRORIFORMISTE AGGIORNATE AL TERZO MILLENNIO VENGONO POI CONTINUAMENTE SPALLEGGIATE DA CHI E' AL POTERE:

 
 

SCATTA IL RILANCIO !

Arrivano i rimborsi fiscali: 300 milioni per l'Irpef, 3 miliardi per l'Irpeg. I primi per le dichiarazioni dei redditi fino al 2006, i secondi per chi aspetta da oltre dieci anni

(Emblema)
(Emblema)

ROMA - Grazie ai fondi stanziati dal decreto anticrisi, sono in arrivo i rimborsi fiscali. Lo comunica l'Agenzia delle entrate. Sono infatti 300 i milioni di euro di rimborsi Irpef per chi ha presentato la dichiarazione dei redditi sino al 2006, mentre sono in corso di pagamento anche 3 miliardi di euro a favore dei contribuenti che aspettano rimborsi Irpeg da pił di dieci anni. L'operazione, si legge in una nota, verrą completata entro i primi mesi del 2009. «Questo intervento consente di fornire un tangibile sostegno alle imprese che potranno beneficiare di immediata liquiditą in un momento di crisi economico-finanziaria», dice la nota.

RIMBORSI - Nel 2008, invece, ammontano complessivamente a 6,5 miliardi i crediti per imposte dirette pagati dall'Agenzia. Per i contribuenti che hanno comunicato il codice bancario Iban, i rimborsi verranno accreditati direttamente sul conto corrente. Per tutti gli altri, invece, le somme verranno pagate con vaglia cambiario della Banca d'Italia oppure in contanti in un qualsiasi ufficio postale. Sul fronte delle imposte indirette, inoltre, toccano quota 7,3 miliardi i rimborsi Iva erogati in conto fiscale nel corso dell'anno, cui si sommano i 119 milioni di euro di rimborsi Iva auto richiesti dai contribuenti a seguito della sentenza della Corte di giustizia, i 347 milioni per altre imposte indirette e i 2,4 milioni di rimborsi per tasse di concessione governativa.

 

Crac Parmalat, dieci anni a Tanzi. I giudici del tribunale di Milano hanno assolto gli altri imputati, condannando solo l'ex patron

Calisto Tanzi (Ansa)
Calisto Tanzi (Ansa)

MILANO - I giudici del tribunale di Milano hanno condannato a dieci anni di reclusione Calisto Tanzi per la vicenda del crac Parmalat. Il pm aveva chiesto tredici anni. L'ex patron dell'azienda di Collecchio, era imputato insieme ad altre otto, tra persone fisiche e societą, per aggiotaggio, falso dei revisori e ostacolo alla Consob. Alla fine del 2003 Parmalat crollņ sotto il peso di un buco da oltre 14 miliardi di euro, trascinando nel baratro oltre 100.000 risparmiatori che avevano sottoscritto obbligazioni del gruppo. ASSOLTI GLI ALTRI IMPUTATI - I giudici che hanno condannato Tanzi hanno assolto sette degli altri otto imputati. Tra gli assolti ci sono gli uomini di Bank of America Luca Sala, Antonio Luzi e Louis Moncada e i consiglieri di amministrazione indipendente Paolo Sciumč, Luciano Spilingardi, Enrico Barachini e Giovanni Bonici, ex responsabile di Parmalat Venezuela. All'ottavo imputato, la societą Italaudit (ex Grant Thornton), č stata invece comminata una multa. «UNICO RESPONSABILE» - «Prendo atto che l'unico responsabile č evidentemente Calisto Tanzi» ha detto il legale difensore di dell'ex numero uno di Collecchio dopo la sentenza. Ma č presto per parlare di un ricorso in appello: «Prima - ha detto l'avvocato Giampiero Biancolella - dobbiamo leggere i motivi di questa sentenza».BANK OF AMERICA - Calisto Tanzi, dovrą risarcire Bank of America con 80mila euro. Č questa una delle decisioni pił sorprendenti contenute nella sentenza con cui il tribunale di Milano ha condannato solamente Tanzi a 10 anni di reclusione, assolvendo tutti gli altri imputati e dichiarando che Bank of America non deve essere sanzionata come responsabile civile e non dovrą versare un euro ai risparmiatori. «Siamo molto felici e la consideriamo una sentenza giusta e rispettosa del diritto» ha affermato Jacopo Pensa, legale di Antonio Luzi, ex dipendente di Bank of America, assolto. A un cronista che gli chiedeva se č possibile che Tanzi sia l'unico responsabile, l'avvocato ha risposto: «Puņ essere cosģ, ma certamente se l'ha fatto con altri, non l'ha fatto con chi č stato assolto questa sera». «CONFERMATO L'IMPIANTO ACCUSATORIO» - Non sembra turbato dalla sentenza del Tribunale di Milano, che ha condannato il solo Calisto Tanzi e ha assolto gli altri imputati, il procuratore aggiunto di Milano, Francesco Greco, il quale analizza la situazione nella sua complessitą e ricorda come su 29 imputati complessivi almeno una ventina siano stati condannati o abbiano patteggiato. «Per quanto riguarda il capo d'imputazione riguardante Bank of America - spiega il procuratore aggiunto - č stata riconosciuta la prescrizione, peraltro modificata a seguito della legge Cirielli». Pertanto, per il magistrato, «l'impianto dell'inchiesta rimane confermato». Impugnerete la sentenza? «Vedremo le motivazioni e decideremo».

PATTEGGIAMENTI - I giudici della prima sezione penale del Tribunale di Milano, chiamati anche a decidere se accogliere o meno le richieste di patteggiamento gią concordate con la Procura, hanno respinto una richiesta di patteggiamento presentata da due imputati: Maurizio Bianchi e Lorenzo Penca ritenendo la pena patteggiata non congrua e disponendo quindi la separazione delle loro posizioni. Per un'altra decina di imputati č stata invece accolta la richiesta di patteggiamento a pene che vanno dai 5 mesi e 10 giorni ai 2 mesi.

IN TOTALE DISFACIMENTO

«Giustizia, subito la riforma. Cambio la carta perchč per me č solo carta da culo»,
«Pronti al veto,me ne sbatto dell'inquinamento e dell'aumento dei tumori»
Ecco i buoni propositi di Testa d'Asfalto, tronfio e grasso di sondaggi omologati di dipendenti da lui asserviti e a lui favorevoli e mummificato di potere incerato,mettendo le mani unte su tutto un paese "bulgaro" ed asfaltato,NONCHč RICCHISSIMO ED ELDORATO AGONIATO PER MILIARDI DI PERSONE:"

Saldi, partenza tiepida a Roma e Milano

Al via le svendite nei principali centri italiani: code in centro. Consumatori: «Attenti ai ribassi eccessivi»

MILANO - Una partenza a corrente alternata per il primo giorno di saldi a Milano. Durante la mattina, le strade erano poco affollate nel quadrilatero della moda. Al contrario, molto buona l'affluenza nei negozi del centro e nelle grandi firme della galleria Vittorio Emanuele, visitate in buona percentuale anche da stranieri: russi e giapponesi in primis ma anche spagnoli, greci e turchi. Discorso a parte per gli outlet, le vere star di questo primo giorno di promozioni. Sia nel centro che nei grandi villaggi fuori cittą sono stati letteralmente presi d'assalto tanto che, dalle 9.30 del mattino si erano gią formati quattro chilometri di coda in direzione del centro commerciale Serravalle, in provincia di Alessandria, uno dei centri pił frequentati dai milanesi.

ROMA - Anche a Roma č partita la stagione delle occasioni, in programma fino al 13 febbraio, con file soprattutto nei negozi delle grandi firme in centro che propongono sconti fino al 50%. All'apertura delle saracinesche, tra le 9 e le 10, nonostante la pioggia, si sono formate parecchie file anche se non c'č stato un vero e proprio assalto. Le zone pił frequentate sono via del Corso, largo Goldoni, via Condotti. La coda pił visibile, tuttavia, era quella davanti alla mostra «Da Rembrandt a Vermeer» in via del Corso. «Fortunatamente l'assalto ai negozi non c'č stato - hanno detto alcuni negozianti -, ma contiamo che ci sia un'affluenza maggiore nel pomeriggio e nei prossimi giorni, soprattutto fino all'Epifania». Secondo il Codacons i saldi invernali nella capitale «sono partiti malissimo»: dal monitoraggio effettuato dalle 10 alle 12.30 emerge «un calo di presenze dei cittadini nelle principali vie dello shopping attorno al 35%, cui si associa una diminuzione media delle vendite del 20% rispetto allo scorso anno». Anche qui vanno meglio i centri commerciali e gli outlet. Il Codacons ha rilevato, inoltre, «irregolaritą in numerosi negozi 'non griffati', che espongono la merce con i cartellini indicanti solamente il prezzo finale e la percentuale di sconto, ma non il prezzo originale». L'associazione ha chiestp al sindaco Alemanno «di disporre immediati controlli da parte dei vigili urbani e sanzionare gli esercenti scorretti».

LATINA E VITERBO - Prima giornata di saldi anche a Latina. I negozi del capoluogo hanno esposto sulle vetrine le offerte di fine stagione con percentuali che vanno dal 30% al 50%. L'Ascom-Confcommercio avverte: «Diffidare da percentuali di sconto eccessive dato che č quasi impossibile applicare sulla merce di qualitą sconti che superano il 50-60%». Partenza a rallentatore a Viterbo e provincia. Le strade dello shopping del capoluogo, forse a causa della mattinata uggiosa, sono semideserte. Pochissime persone si fermano a davanti alle vetrine per valutare la merce esposta. Analoga la situazione nei paesi pił grandi: Civita Castellana, Montefiascone, Tarquinia e Vetralla.

TORINO - Tanta gente anche nel centro di Torino per il primo giorno di saldi. Letteralmente presi d'assalto alcuni dei principali negozi delle grandi catene di abbigliamento. Il primo giorno di sconti parte bene nel capoluogo piemontese. Particolarmente ricercato l'abbigliamento, il settore che maggiormente ha patito una flessione nelle recenti vendite natalizie. Nei negozi del centro sono in vendita capi al 30% di sconti ma non mancano quanti hanno deciso di iniziare subito con «il metą prezzo». Per le associazioni dei consumatori la crisi si farą sentire anche in questo periodo di saldi: Telefono Blu Sos Consumatori parla di una spesa media in Piemonte di 290 euro, 30 euro in meno rispetto allo scorso anno; per Federconsumatori si avrą un calo del 20% e per Confesercenti si avrą una diminuzione tra il 10 e il 15% in meno. Le associazioni dei consumatori anche quest'anno invitano all'attenzione negli acquisti: «Attenti ai saldi veri e non fasulli. Il consiglio č quello di acquistare prodotti di marca che magari sono stati visti nelle vetrine in precedenza e a prezzo normale».

NAPOLI - Per quanto riguarda Napoli, dove i saldi sono cominciati venerdģ, c'č una denuncia dell'Associazione contribuenti italiani. «I saldi partono male. Nel primo giorno a Napoli, il 42,3% dei commercianti non ha emesso lo scontrino fiscale» ha dichiarato Vittorio Carlomagno, presidente di Contribuenti.it, che con lo Sportello del contribuente monitora costantemente l'evasione fiscale in Italia. Dunque il 42,3% degli esercenti ispezionati sono stati sanzionati con multe a partire da 516 euro in su. Nel primo giorno di saldi, attraverso lo Sportello del contribuente ha raccolto numerose denunce di cittadini e turisti che all'atto del pagamento si sono ritrovati tra le mani scontrini di prova anziché scontrini fiscali. Contribuenti.it ha annunciato l'istituzione di una task force che, durante tutto il periodo dei saldi, si mescolerą ai cittadini in cerca di occasioni e buoni affari. Lo scopo č quello di evitare le solite fregature e aiutare i consumatori nei propri acquisti.

SICILIA - Scattano infine i saldi in Sicilia. Fino al 15 marzo i commercianti cercheranno di recuperare i mancati introiti dovuti alla crisi economica che ha provocato la contrazione dei consumi. Il giro d'affari stimato nell'isola č di circa 200 milioni di euro, con una spesa media calcolata dalla Cidec di circa 250, in linea con le previsioni della Confcommercio. A Palermo, a Catania e nelle altre cittą i piccoli negozi ma anche i centri commerciali pubblicizzano i saldi nelle vetrine, con punte fino al 70%.

MA COSA ACCADRA'.....A gennaio l’economia rallenta, ma tiene.
A febbraio Morfeo Napolitano nutre qualche preoccupazione per il PIL.
A marzo Tremonti implora gli italiani, Geronzi, Profumo e Passera di comprare Bot, Btp e CCT.
Ad aprile lo psiconano garantisce sul futuro dell’Italia.
A maggio Boss(ol)i rassicura che il federalismo č alle porte.
A giugno alle elezioni non ci va nessuno.
A luglio i nuovi disoccupati sono pił di due milioni.
Ad agosto Morfeo Napolitano spiega in diretta televisiva che una possibile crisi lo inquieta.
A settembre Tremonti taglia del 30% le pensioni e gli stipendi del pubblico impiego. Sempre a settembre il debito pubblico supera i 1900 miliardi. Sempre a settembre lo psiconano si fa riprendere in via Montenapoleone a Milano a fare acquisti per rassicurare gli italiani. Bondi, Cicchitto e Gasparri passano tutti i pomeriggi alla Upim a riempire i carrelli.
A ottobre gli insegnanti non ricevono lo stipendio e le scuole sono chiuse.
A novembre falliscono le amministrazioni pubbliche di Roma, Napoli, Palermo e Bari. Sempre a novembre lo psiconano si reca due settimane alle Barbados per dare l’esempio e dimostrare a tutti che la crisi č un’invenzione dei comunisti.
A dicembre, dall’elicottero, mentre varca il confine austriaco, Tremonti dichiara la bancarotta dello Stato e il federalismo fiscale. Nel senso che ognuno si terrą per sé quello che gli č rimasto in tasca.
A dicembre lo psiconano decide di prolungare per qualche anno le sue vacanze e di farsi assistere dal super consulente Lucianone Gaucci per trattare il suo rientro in Italia ai domiciliari con i tribunali della Repubblica.
Buon 2009!

Affluenza in CATASTROFICO calo:quasi il 50% non ha votato...Grillo dice che si deve cambiare il paese, ma č difficilissimo crederci non solo per la sperequazione che tocchi con mano quotidianamente ma anche per quello che vedi nel comportamento delle persone. Teniamo tutti famiglia e non vogliamo pił combattere per niente, non ci ribelliamo pił e quando lo facciamo riduciamo l'episodio ad efferatezza da cronaca nera fine a se stesso con contorno spettacolare di una informazione-disinformazione stomachevole. Mi spiace ma io il futuro non lo vedo e comunque per il paradiso che ci riversa la nostra disinformazione, per l'opulenza ostentata non solo dai nostri schifosi politicanti,ma anche dalle persone di questo paese di merda, sinceramente non mi viene quella scintilla positiva empatica nei confronti di chi mi sta intorno. Spero che scoppi un conflitto mondiale totale e non una guerra da cinegiornale goebbelsiano, in modo da trascinare questo paese in un crollo cosģ profondo da bloccare tutto quello che vedo, una specie di nuova calata dei barbari tale da incenerire il ricordo di questo brutto sogno che purtroppo vivo.

Vignetta di Roberto CorradiOra d'aria
l'Unitą, 15 dicembre 2008


E’ vero, ogni giorno inghiottiamo una tal quantitą di bocconi amari che ormai digeriamo anche i sassi. Ma quel che č accaduto una settimana fa, prontamente sparito dalle pagine dei giornali (in tv non ci č nemmeno arrivato) e dunque dal dibattito politico, meriterebbe una riflessione. Almeno nel centrosinistra, visto che nel centrodestra non si riflette: si obbedisce al padrone unico, o prevalente, comunque non facoltativo. Il governo Manidiforbice, sempre a caccia di soldi, aveva tagliato di un terzo (133 milioni su 540) i contributi alle scuole private “paritarie”, quasi tutte cattoliche. Poi i vescovi han protestato, minacciando di “scendere in piazza” con un’Onda nero-porpora. E in cinque minuti l’inflessibile Tremonti s’č piegato, restituendo quasi tutto il malloppo (120 milioni su 133).

Inutile discutere qui sulla costituzionalitą della legge 62/2000 che regala mezzo miliardo di euro l’anno alle scuole private, in barba alla Costituzione che riconosce ai privati il diritto di creare proprie scuole, ma “senza oneri per lo Stato”. Qui c’č un Paese allo stremo, dove - a causa della crisi finanziaria e dei folli sperperi su Alitalia e sull’Ici - si taglia su tutto, a partire da scuola pubblica, universitą pubblica, ricerca pubblica. E’ troppo chiedere anche ai genitori che mandano i figli in istituti privati, dunque non proprio spiantati, di contribuire una tantum ai sacrifici per il bene di tutti? Quel che č accaduto in Parlamento dimostra che sģ, č troppo. Anzi, non se ne puņ nemmeno discutere. Non solo il Pdl ha obbedito senza fiatare al “non possumus” vescovile. Non solo il Pd non ha detto una parola contro la sacra retromarcia tremontiana. Ma il ministro-ombra dell’istruzione Mariapia Garavaglia ha addirittura presentato al Senato una mozione per “l’immediato ripristino dei 133 milioni al fondo scuole paritarie”, e financo per l’aumento dello stanziamento in base alle promesse “del precedente governo”. Mozione firmata anche dai senatori Pd Rusconi, Bastico, Ceruti, Serafini, Soliani, Pertoldi e Vita, in nome di un imprecisato “diritto costituzionale”.

Le finalitą dichiarate sono nobilissime: evitare danni agli asili, che specie nei piccoli comuni sono esclusivamente privati. Ma forse tanto allarmismo sarebbe stato pił serio se accompagnato da qualche proposta per recuperare altrove le risorse necessarie: per esempio dando una ritoccatina al regime fiscale degl’immobili del clero che, anche quando dichiaratamente a scopo commerciale, in Italia sono esentasse. Certo, la cosa avrebbe suscitato non una, ma cento “onde” vaticane di protesta. Ma perché non prendere in parola il fondamentale discorso del Papa, l’altroieri, sul valore decisivo - per lo Stato e per la Chiesa - della separazione Stato-Chiesa? Cioč della laicitą delle nostre istituzioni? Non si tratta di tornare al vetero-anticlericalismo ottocentesco. Basta ricordare quel che scrisse nel 1952 a Pio XII un cattolico doc come Alcide De Gasperi, quando il Papa gli revocņ l’udienza privata nel trentesimo anniversario del suo matrimonio per essersi opposto al diktat vaticano di allearsi con i fascisti alle elezioni comunali di Roma: “Come cristiano accetto l’umiliazione, benchč non sappia come giustificarla. Come presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, la dignitą che rappresento e della quale non possono spogliarmi neppure nei rapporti privati, m’impongono di esprimere lo stu.pore per un gesto cosģ eccessivo”. Parole sante, e durissime. C’č qualche politico italiano, a destra o a sinistra, che oggi saprebbe ripeterle. In Abruzzo metą degli elettori non ha votato. Chiodi ha vinto, Costantini ha perso, ma era uno contro tutti, uno contro Veltrusconi. Per il PDmenoelle era meglio una sconfitta disastrosa che la vittoria di un uomo pulito. E l’ha ottenuta. Il Pdmenoelle voleva come candidato, al posto di Costantini, il sindaco di Pescara Luciano D’Alfonso, arrestato subito dopo le elezioni. Se si fosse presentato e avesse vinto sarebbe stato sindaco per un paio d’ore.
Il partito che non c’č avanza. Alle ultime elezioni politiche (incostituzionali perché non permettevano la scelta del candidato) non ha votato un italiano su quattro, adesso un abruzzese su due. Le retate dei politici proseguono in tutta Italia. Dopo l’Abruzzo, la Basilicata con il fermo del deputato PDmenoelle Margiotta e l’arresto dell’amministratore delegato della Total. Dopo la Basilicata, Napoli con l’arresto di due assessori PDmenoelle e la richiesta di arresto per i parlamentari Italo Bocchino del PDL e Lusetti del PDmenoelle.
I vertici del PDmenoelle non si dimettono, piuttosto preferiscono andare in galera. La Iervolino riflette, D’Alema non si fa processare, Franceschini vuole (tenetevi forte) la questione morale al primo posto e Topo Gigio Veltroni aspetta istruzioni da Arcore e dichiara che “ha innovato troppo poco”. Bassolino sarą premiato dal PDmenoelle con la candidatura alle prossime elezioni europee. Anche Del Turco, appena uscito di galera, ha ottenuto rassicurazioni, ma dal PDL, per sbarcare a Bruxelles e fare una vera politica riformista. Il Parlamento italiano non basta pił per contenere tutti gli inquisiti e i condannati. Per fortuna c’č l’Europa.
L’Italia sta sprofondando in un letamaio e in Parlamento si discute della riforma della Giustizia. C’č bisogno della riforma della Politica, non della Giustizia. Due milioni di disoccupati sono in movimento dal centro nord nella capitale. Non sentite gli zoccoli dei bisonti? Arriveranno prima loro o i magistrati? O ci sarą la famosa terza via, quella della fuga a Hammamet?
Vizzini, mi sente? Nella commissione del Senato(*) di cui lei č presidente č ferma la proposta di legge Parlamento Pulito. Un primo passo per la riforma della Politica. 350.000 persone hanno firmato. Se la legge non verrą discussa le inviterņ a Roma per chiederle conto del suo silenzio. No ai pregiudicati in Parlamento, due legislature e poi a casa, voto di preferenza per il candidato. Non sono richieste straordinarie, ma l’ABC della democrazia.
PD e PDmenoelle sono due gemelli siamesi, se li separi muoiono entrambi. Hanno lo stesso cuore, lo stesso cervello, gli stessi pregiudicati.
Franco Bernabč č alla guida di Telecom da circa un anno. Un periodo in cui il titolo č crollato sotto l'euro. Bernabč ha annunciato 9.000 licenziamenti. I sindacati hanno tirato un sospiro di sollievo. Pensavano ad almeno 20.000 uscite. Tra i licenziati non c'č Napoletone Luciani che dovrebbe diventare futuro presidente di Tim Brasil, in sostituzione di Araujo. Napoletone sta gią preparando il discorso per i dirigenti brasiliani, non parlerą di Alessandro Magno, ma del generale Custer.
Nell'anno di Bernabč l'Italia telematica ha ottenuto un primato mondiale insuperabile. Per la prima volta nella storia di Internet il numero di famiglie di un Paese che accede alla Rete č diminuito. E' come andare contro le leggi della termodinamica. In Europa ci superano tutti tranne Grecia, Romania e Bulgaria (tutte in crescita), ma non disperiamo, riusciremo a peggiorare. I comuni italiani senza ADSL sono migliaia, di solito non vengono serviti da Telecom perchč poco remunerativi. La diffusione del WiMax č al palo. Telecom aumenta il canone invece di abolirlo e il governo non fa una piega. Bernabč e gli attuali azionisti non hanno perņ chiesto indietro i soldi a Tronchetti, Buora, Ruggiero e sodali che hanno spolpato l'azienda. Bernabč e gli attuali azionisti non hanno citato la precedente gestione per le intercettazioni Telecom del fedele Tavaroli. I conti li pagano, come sempre, i clienti (canone), i piccoli azionisti (titolo), i dipendenti (licenziamenti).
Alla prossima assemblea Telecom ci sarņ. Bernabč non faccia come il tronchetto dell'infelicitą che si diede malato per non rispondermi. Si presenti. Se vuole gli farņ avere le domande qualche giorno prima per prepararsi. Il mancato sviluppo del Paese č legato alla deriva delle telecomunicazioni. Non ci puņ essere un mercato con un'azienda che gestisce, allo stesso tempo, i servizi e l'accesso ai servizi per i concorrenti. E' una situazione drogata, monopolistica. Servizi e dorsale vanno separati.
Bernabč sa bene chi ha distrutto il valore della Telecom. Conosce i nomi dei responsabili, dei politici e degli imprenditori con le pezze al culo. Non completi la loro opera. Li denunci, chieda loro un cospicuo risarcimento in qualitą di amministratore (le carte le ha), venda a Telefonica (tanto prima o poi succederą) e si ritiri nella sua Vipiteno.

 

 
 

Sciopero generale, cortei in tante cittą
Epifani: «Il peggio deve ancora arrivare»

INFATTI ECCO I NUMERI CHE ARRIVANO DAL TRENTINO

Le isole felici non ci sono pił. Le province di Trento e Bolzano sono anche loro Italia. Un'Italia buffonesca e ciarlatana. Da figli della Lupa siamo diventati figli dello struzzo. Per vedere la voragine dobbiamo caderci dentro.
Gli zoccoli dei bufali di montagna si sentono anche in pianura, sono zoccoli con l'eco. Trentatre trentini entrarono a Trento tutti e trentatre trotterellando. Trentatremila trentini e altoatesini usciranno dalle fabbriche tutti e trentatremila trotterellando. Dove andranno? A fare shopping come consiglia il Governo per rilanciare l'economia? Magari con una social card nuova di zecca?
Le dimensioni della disoccupazione, regione dopo regione, stanno assumendo dimensioni bibliche, al di fuori della umana comprensione. Quali fabbriche rimarranno in piedi tra un anno? E come faranno a mangiare milioni di famiglie? A queste domande nessuno sa rispondere.
Cesare Battisti, se ritornasse in vita, chiederebbe l'annessione del Trentino Alto Adige all'Austria.

PROVINCIA DI TRENTO: 40 mila precari a rischio
GARDOLO: 95 esuberi alla Whirpool (691 in Italia)
BOLZANO-TRENTO: 70 esuberi alla Telecom Italia
FOLGARIDA MARILEVA: a rischio pił di un terzo dei 170 dipendenti delle funivie
ALTO ADIGE: 1.340 cassintegrati da ottobre in una serie di aziende
ALTO ADIGE: nel periodo gennaio-ottobre 2007 le domande per i sussidi di disoccupazione erano 12.757, nello stesso periodo del 2008 sono salite a 18.553 (+ 45,3%). Le domande per cassa integrazione sono passate da 5.037 a 6.922 (+37,2%).

Post precedenti:
- Tra la via Emilia e il West
- La Serenissima disoccupata
- Quella cosa in Lombardia
- Gli zoccoli dei bisonti
 

Crisi nell'editoria Usa: fallisce l'editore
di Los Angeles Times e Chicago Tribune

Il New York Times ipoteca il proprio nuovissimo grattacielo realizzato da Renzo Piano

(Reuters)
(Reuters)

NEW YORK - L'editoria americana č in crisi. Il gruppo Tribune, che pubblica il Chicago Tribune e il Los Angeles Times, ha chiesto l'accesso alle procedure di in bancarotta a fronte di debiti per 13 miliardi di dollari (10 miliardi di euro). Il gruppo Tribune 161 anni dopo la sua fondazione ha chiesto di avviare le procedura per accedere alla cosiddetta «bancarotta protetta» dalle azioni dei creditori. Il gruppo, acquisto lo scorso anno dall'immobiliarista Sam Zell, č da tempo in difficoltą: ha gią messo in vendita la squadra di baseball dei Chicago Cubs (non inclusa nell'odierna procedura e il cui valore stimato č di 1 miliardo di dollari) e ha gią ceduto il quotidiano newyorkese Newsday. Il Los Angeles Times č il quarto giornale per tiratura con 773 mila copie, mentre il Chicago Tribune č l'ottavo con 541 mila. Tra le altre testate, che fanno del Tribune il secondo gruppo editoriale d'America, il Baltimore Sun, l'Orlando e il Sun Sentinel.

 

CRISI - Il New York Times ha ipotecato il grattacielo di 52 piani realizzato da Renzo Piano sulla Ottava Avenue. La societą possiede il 58% del grattacielo e i consulenti immobiliari dovranno trovare una serie di strumenti finanziari che portino al New York Times un'immediata iniezione di liquiditą da 225 milioni di dollari. Il Miami Herald č in cerca di acquirenti. Pił del 20% del settore editoriale ha problemi finanziari, secondo le stime del Wall Street Journal, e il calo del 15% della pubblicitą (cartacea e online) nei primi nove mesi dell'anno non sembra solo il frutto della recessione. La Cnn ha annunciato che verrą eliminata l'intera redazione scienza e ambiente.

 

L'APPELLO DI MARCO TRAVAGLIO E MASSIMO FINI

Con l’annuncio di Silvio Berlusconi di voler cambiare la Costituzione a colpi di maggioranza si č giunti al culmine di un’escalation, iniziata tre lustri fa, che porta dritto e di filato a una dittatura di un solo uomo che farebbe invidia a un generale birmano.

Da un punto di vista formale la cosa č legittima. La nostra Carta prevede, all’articolo 138, i meccanismi per modificare le norme costituzionali. Ma farlo a colpi di maggioranza lede i fondamenti stessi della liberal-democrazia che č un sistema nato per tutelare innanzitutto le minoranze (la maggioranza si tutela gią da sola) e che, come ricordava Stuart Mill, uno dei padri nobili di questo sistema, deve porre dei limiti al consenso popolare. Altrimenti col potere assoluto del consenso popolare si potrebbe decidere, legittimamente dal punto di vista formale, che tutti quelli che si chiamano Bianchi vanno fucilati. Ma la Costituzione non ha abolito la pena di morte? Che importa? Si cambia la Costituzione. Col consenso popolare. Elementare Watson. Senza contare che a noi la Costituzione del 1948 va bene cosģ, e non si vede un solo motivo per stravolgerla (altra cosa č qualche ritocco sporadico per aggiornarla).
 
Com’č possibile che in una democrazia si sia giunti a questo punto? Non fermando Berlusconi sul bagnasciuga, permettendogli, passo dopo passo, illiberalitą e illegalitą sempre pił gravi. Prima il duopolio Rai-Fininvest (poi Mediaset) che č il contrario di un assetto liberal-liberista perché ammazza la concorrenza e in un settore, quello dei media televisivi, che č uno dei gangli vitali di ogni moderna liberaldemocrazia. Poi un colossale conflitto di interessi che si espande dal comparto televisivo a quello editoriale, immobiliare, finanziario, assicurativo e arriva fino al calcio. Quindi le leggi “ad personas”, per salvare gli amici dalle inchieste giudiziarie, “ad personam” per salvare se stesso, il “lodo Alfano”, che ledono un altro dei capisaldi della liberaldemocrazia: l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Infine una capillare, costante e devastante campagna di delegittimazione della Magistratura non solo per metterle la mordacchia (che č uno degli obbiettivi, ma non l’unico e nemmeno il principale della cosiddetta riforma costituzionale), ma per instaurare un regime a doppio diritto: impunitą sostanziale per “lorsignori”, “tolleranza zero”, senza garanzia alcuna, per i reati di strada, che sono quelli commessi dai poveracci.

Presidente del Consiglio, padrone assoluto del Parlamento e di quei fantocci che sono i presidenti delle due Camere, padrone assoluto del centro-destra, se si eccettua, forse, la Lega, padrone di tre quarti del sistema televisivo, con un Capo dello Stato che assomiglia molto a un Re travicello, Silvio Berlusconi č ormai il padrone assoluto del Paese e si sente, ed č, autorizzato a tutto. Recentemente ha avuto la protervia di accusare le reti televisive nazionali, che pur controlla nella stragrande maggioranza (ieri, in presenza del suo inquietante annuncio, si sono occupate soprattutto della neve), di “insultarlo”, di “denigrarlo”, di essere “disfattiste” (bruttissima parola di fascistica memoria), di parlare troppo della crisi economica e quasi quasi di esserne la causa (mentre lui, il genio dell’economia, non si era accorto, nemmeno dopo il crollo dei “subprime” americani, dell’enorme bolla speculativa in circolazione).

Poi, non contento, ha intimidito i direttori della Stampa e del Corriere (il quale ultimo peraltro se lo merita perché ha quasi sempre avvallato, con troppi silenzi e qualche adesione, tutte le illegalitą del berlusconismo) affermando che devono “cambiare mestiere”.

Questa escalation berlusconiana ci spiega la genesi del fascismo. Che si affermņ non in forza dei fascisti ma per l’opportunismo, la viltą, la complicitą (o semplicemente per non aver capito quanto stava succedendo) di tutti coloro che, senza essere fascisti, si adeguarono.

Ma sarebbe ingeneroso paragonare il berlusconismo al fascismo. Ingeneroso per il fascismo. Che aveva perlomeno in testa un’idea, per quanto tragica, di Stato e di Nazione. Mentre nella testa di Berlusconi c’č solo il suo comico e tragico superego, frammisto ai suoi loschi interessi di bottega.

Una democrazia che non rispetta i suoi presupposti non č pił una democrazia. Una democrazia che non rispetta le sue regole fondamentali non puņ essere rispettata. A questo punto, perché mai un cittadino comune dovrebbe rispettarla, anziché mettersi “alla pari” col Presidente del Consiglio? “A brigante, brigante e mezzo” diceva Sandro Pertini quando lottava contro il totalitarismo. O per finirla in modo pił colto: “Se tutto č assurdo”, grida Ivan Karamazov “tutto č permesso”.

Massimo Fini
Marco Travaglio


Ecco i buoni propositi di Testa d'Asfalto, tronfio e grasso di sondaggi omologati di dipendenti da lui asserviti e a lui favorevoli e mummificato di potere incerato,mettendo le mani unte su tutto un paese "bulgaro" ed asfaltato

.Vignetta di Roberto Corradi

Il Madonno di Ceppaloni prosegue le sue quotidiane lacrimazioni con un'imbarazzante intervista a Repubblica, in cui dą dell'"ipocrita politico e morale" al figlio di Di Pietro perché "non molla la poltrona", mentre "io mi sono dimesso da ministro". Mastella sorvola sul fatto che lui era indagato a Catanzaro per truffa e finanziamento illecito e a S. Maria Capua Vetere per concussione, mentre Cristiano Di Pietro non č indagato nemmeno per divieto di sosta; e che non si dimise perché indagato (lo era da ottobre 2007, se ne andņ a gennaio 2008), ma perché Berlusconi gli aveva fatto ponti d'oro se avesse rovesciato Prodi. Lasciņ una poltrona per arraffarne di pił, poi per fortuna fu a sua volta buggerato da Al Tappone. L'inchiesta per estorsione č tuttora in corso a Napoli, dov'č indagata pure la signora Sandra. Quando scattņ il blitz i Mastella's, diversamente dai Di Pietro, furono difesi a edicole unificate: Stampa, Corriere e Messaggero uscirono con lo stesso titolo, "Cosģ fan tutti". Come se l'accusa fosse qualche innocua raccomandazione. In realtą - ha confermato la Cassazione - la first lady ceppalonica deve rispondere "in concorso con il marito Clemente... di aver tentato di costringere Luigi Annunziata, dg dell'ospedale S.Sebastiano di Caserta, a sottostare alle indicazioni del partito", minacciando di cacciarlo se non avesse nominato primari targati Udeur, anziché gente capace. "Quello č un uomo morto", strillava la nobildonna, che non risulta aver mai lasciato il partito (peraltro estinto) né la poltrona. Che sia anche lei, Dio non voglia, un'ipocrita politica e morale?

Vignetta di Roberto CorradiMimģ Metallurgico
Zorro (l'Unitą, 30 dicembre 2008)

Il destino cinico e baro continua ad accanirsi sui Mastella’s. Stavano quasi riuscendo a rifarsi una verginitą sulla pelle di Cristiano Di Pietro, a suon di interviste compiacenti. Ma proprio sul pił bello č giunta notizia delle dimissioni di Di Pietro jr. dall’IdV per un paio di semplici raccomandazioni: un gesto di grande dignitą, che infatti in Italia non fa mai nessuno, nemmeno se l’arrestano. Ieri il Giornale raccoglieva le lamentazioni di Elio Mastella, che si presenta come un umile “metalmeccanico” finito nel ”terribile tritacarne mediatico” e tiene a distinguersi da Cristiano: “Mai avuto raccomandazioni, mai provato a far carriera nel partito di papą”, che “č uno dei politici meno familisti”. Infatti Sandra, moglie di Clemente, presiede il consiglio regionale campano. Il cognato Pasquale Giuditta era deputato. Il consuocero Carlo Camilleri era capo del consorzio del Sele. L’altro figlio, Pellegrino, era consulente del governo e assicuratore de Il Campanile, con moglie all’Agcom. Elio, il metallurgico della porta accanto, era responsabile della “Iside Nova” che organizzava “eventi culturali” a Benevento patrocinati dal consiglio regionale di mammą, mentre la fidanzata Roberta era leader dei giovani Udeur e consigliera regionale in Liguria, e l’ex fidanzata Manuela era praticante al Campanile. Elio e Pellegrino acquistarono 4 alloggi pił la sede romana del Campanile a prezzi stracciati e ora pagano una super-rata mensile di 6700 euro, alla portata di ogni metalmeccanico. Meno male che papą non č familista, sennņ metteva a carico dello Stato anche la colf e la gatta.

 

 

A New York accordo sulla risoluzione. Tre o quattro katiuscia su Israele: feriti. L'artigilieria replica

Una manifestazione pro palestinesi a Beirut (Ansa)
Una manifestazione pro palestinesi a Beirut (Ansa)

NEW YORK - Un accordo di massima č stato raggiunto tra paesi occidentali e arabi su una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu su un cessate il fuoco a Gaza. Lo ha indicato a un gruppo di giornalisti del Palazzo di Vetro una fonte diplomatica di uno dei principali paesi della Lega Araba. Rimangono da risolvere alcuni dettagli e non č detto che l'approvazione della bozza di risoluzione sia possibile ancora oggi (giovedģ ndr.) Il Consiglio di Sicurezza riprenderą le consultazioni durante la notte per tentare di avvicinare in maniera definitiva le rispettive posizioni.

 

A GAZA - La giornata nella Striscia di Gaza, caratterizzata da deboli speranze di un cessate il fuoco č stata aperta da alcuni razzi «Katyusha» caduti giovedģ mattina sull'alta Galilea occidentale, nel nord di Israele, in prossimitą del confine col Libano, facendo rialzare la tensione nello Stato ebraico, che potrebbe ora trovarsi impegnato in uno scontro su due fronti: a sud contro i miliziani di Hamas che controllano la Striscia e a nord contro le fazioni filopalestinesi legate agli Hezbollah. Lo ha riferito la radio pubblica, precisando che ci sono alcune persone (si parla di cinque) ferite in maniera non grave. Intanto da papa Benedetto XVI arriva un appello per una tregua «anche perché l'opzione militare, da qualunque parte essa provenga, non č mai una soluzione». Tra gli appelli anche quello del Dipartimento di Stato Usa che ha chiesto ad Israele di aumentare lo spazio di tempo per l'accesso agli aiuti umanitari a Gaza. «Crediamo che debba esser aumentato ulteriormente», ha detto il portavoce Robert Wood, a proposito del corridoio umanitario aperto da Israele e che consente per tre ore libero accesso nel territorio alle organizzazioni e ai loro aiuti. Wood ha inoltre definito «terribile» la situazione a Gaza: «Siamo davvero preoccupati per quel che sta accadendo sul terreno».

L'ATTACCO E LA RISPOSTA - Sul fronte di guerra, secondo quanto precisano fonti militari, sono stati tre o quattro i razzi sparati dal sud Libano, caduti nei pressi di Nahariya. A questi lanci ha fatto seguito la risposta di Israele, che ha a sua volta sparato con lanci di artiglieria in direzione del territorio libanese. «Abbiamo sparato direttamente verso l'origine dei tiri di razzi, provenienti dal Libano», ha affermato un portavoce militare israeliano. Il ministro libanese del lavoro del partito Hezbollah, Mohammed Fneish, ha negato il coinvolgimento del gruppo nel lancio di razzi dal sud del Libano in Israele. Fneish ha specificato che Hezbollah non era al corrente del lancio di razzi Katyusha, in tutto tre, al quale Israele ha risposto con alcuni colpi di artiglieria. E secondo quanto ha riferito la tv israeliana altri lanci dal Libano e diretti verso il nord di Israele sarebbero avvenuti nella tarda mattinata. Non si ha ancora notizia di eventuali vittime causate da questo tiro incrociato.

HEZBOLLAH SOTTO ACCUSA - In Israele si stima che a sparare i razzi sia stata un'organizzazione palestinese col permesso perņ degli Hezbollah. Nei giorni scorsi Israele aveva pił volte avvertito gli Hezbollah a non aprire il fuoco per mostrare solidarietą con i palestinesi nella Striscia di Gaza, sottoposti a una dura offensiva israeliana. Per precauzione comunque lo spiegamento militare israeliano nel nord era stato rafforzato e riservisti richiamati alle armi. Hezbollah ha perņ comunicato al governo presieduto da Fuad Siniora di non essere responsabile del lancio di razzi. Anche i portavoce di Hamas hanno nel frattempo fatto sapere di non essere coinvolti nelle azioni sul fronte libanese e che le proprie operazioni militari sono condotte esclusivamente nella Striscia. Non sappiamo - hanno inoltre precisato alle agenzie di stampa - chi ci sia dietro a quelle iniziative.

LIBANESI E UNIFIL IN CAMPO - L'esercito libanese, nel frattempo, ha reso noto di aver preso «le misure necessarie» per rafforzare la sicurezza e «portare la situazione sotto controllo». «Dopo il lancio di razzi da parte elementi non identificati, unitą dell'esercito libanese in cooperazione con le forze dell'Unifil hanno preso le necessarie misure per portare la situazione sotto controllo e impedire ogni strumentalizzazione e porre in pericolo la sicurezza del Paese», ha reso noto l'esercito in un comunicato diffuso dall'agenzia ufficiale Nina.

IL PRECEDENTE - L'area al confine tra i due Paesi č la stessa che fu teatro della guerra-lampo dell'agosto 2006 tra le forze israeliane e le milizie sciite libanesi di Hezbollah; l'ultimo bombardamento con razzi dal Libano su Israele invece risaliva al giugno dell'anno scorso, ed era stato effettuato da estremisti palestinesi. L'odierno scambio di colpi č stato confermato anche da fonti delle forze di sicurezza di Beirut.

NUOVI SCONTRI A GAZA - Intanto continuano le operazioni a Gaza con accuse dell'Onu a Israele. Durante la tregua di tre ore (dalle 12 alle 15, ora italiana), spari israeliani avrebbero colpito un camion con le insegne dell'Onu che portava soccorsi umanitari nel nord della Striscia: l'autista č morto. Dopo questo avvenimento l'Agenzia dell'Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa) ha deciso di sospendere le sue operazioni nella Striscia di Gaza perché č troppo rischioso continuare la propria attivitą. «L'Unrwa ha deciso di sospendere tutte le sue operazioni nella Striscia di Gaza a causa delle azioni sempre pił aggressive contro le sue strutture e il suo personale», ha spiegato Adnan Abu Hasna, portovoce a Gaza della principale agenzia delle Nazioni Unite nella zona. Hasna non ha chiarito quanto durerą la sospensione. L'esercito israeliano ha reso noto che sta verificando l'incidente. Secondo quanto riferito da fonti mediche palestinesi alle agenzie di stampa, tre miliziani della Jihad islamica sono rimasti uccisi in un raid aereo israeliano nel nord della Striscia in una zona affollata a circa 150 metri da un ospedale. Anche dodici passanti sono rimasti feriti, hanno riferito le fonti. L’esercito israeliano non ha rilasciato commenti, ma ha ribadito che i miliziani palestinesi fanno deliberatamente uso di scudi umani per proteggersi. Giovedģ si sono registrati altri lanci di missili Qassam contro il sud di Israele. Un razzo č caduto nei pressi di Ashdod, mentre nella notte l’aviazione israeliana ha colpito una sessantina di obiettivi di Hamas a Gaza.

MUBARAK INVITA OLMERT - Il presidente egiziano Hosni Mubarak, tra i pił attivi sul fronte diplomatico internazionale nel cercare di trovare una soluzione alla crisi mediorientale, ha intanto invitato il premier israeliano Ehud Olmert al Cairo per discutere della proposta franco-egiziana per un cessate il fuoco nella Striscia.

L'Europa: «Cessate il fuoco»
Ma Israele bombarda Rafah. La Striscia di Gaza sotto embargo e ora sotto bombardamento a tappeto. Hamas, eletto democraticamente,non intende abdicare.

  ESTERI  

L'esercito israeliano spara a Gaza City
Delegazione Ue chiede il cessate il fuoco

I blindati entrati su pił fronti. Peres: «Guerra giusta». Papa: «Stop al conflitto». Iran: «Stop export petrolio»

GAZA - Il giorno dopo l'avvio dell'attacco di terra, l'esercito israeliano č entrato nella cittą di Gaza attaccando con i carri armati. Violenti combattimenti tra i militari e miliziani sono in corso dentro la cittą e in periferia. Presa di mira un'area commerciale molto frequentata nel centro: cinque civili palestinesi sono morti, una quarantina di feriti. A Netzarim, alle porte della cittą, una famiglia composta da cinque persone (tra cui una ragazzina di 14 anni) č stata sterminata: l'auto si cui si trovavano č stata presa di mira da un carro armato israeliano di stanza. Nella capitale la situazione č drammatica: č isolata dopo che sono stati bloccati tutti i principali punti di accesso, da giorni diversi quartieri sono privi di corrente elettrica e le linee telefoniche sono sull'orlo del collasso.

UN SOLDATO MORTO - Dopo un susseguirsi di notizie contrastanti sulle reciproche perdite, l'esercito israeliano ha ammesso la morte di un soldato, ucciso da un colpo di mortaio nell'area di Beit Lahiya, e il ferimento di altri trenta (di cui due gravi), dopo che Hamas aveva parlato di cinque militari morti e due rapiti. Sul fronte opposto, Hamas ammette di aver perso due miliziani, mentre Israele ritiene che dall'inizio dell'offensiva di terra ne siano stati uccisi almeno 50. Tra loro ci sono due comandanti di primo piano, morti domenica in un raid a Khan Younis. Inoltre a Rafah sarebbe stato ucciso in uno scontro a fuoco Muhhad Shalfuk, ritenuto uno dei capi delle forze speciali del movimento integralista. Nella sola giornata di domenica i palestinesi morti sono una quarantina (di cui pił di metą civili) e i feriti duecento, mentre il bilancio generale č salito a 493 vittime palestinesi e oltre 2.300 feriti. Le vittime israeliane sono cinque. Continuano inoltre le manifestazioni contro l'operazione «Piombo fuso»: a Kalkilya (Cisgiordania) un palestinese di 22 anni che partecipava a una protesta č stato ucciso da militari israeliani durante scontri con lancio di sassi. A Beirut, in Libano, le forze dell'ordine hanno disperso un corteo di manifestanti. A Tripoli, in Libia, sono scese in piazza 5mila persone.

IRAN: STOP EXPORT PETROLIO - E mentre la diplomazia internazionale fatica a trovare la strada per un cessate il fuoco, i pasdaran (le 'Guardie della rivoluzione' in Iran) hanno lanciato un appello ai Paesi islamici invitandoli a interrompere le esportazioni di petrolio verso le nazioni che sostengono Israele. Il comandante Bagherzadeh, citato dall'agenzia Irna, vede nel petrolio «uno dei potenti elementi di pressione» sulle nazioni che sostengono Israele nella «iniqua guerra» a Gaza, puntando sulla «dipendenza degli occidentali dai Paesi islamici per le risorse energetiche».

SCONTRI NEL NORD - Intensi i bombardamenti e gli attacchi di terra nel nord della Striscia, dove le truppe hanno occupato ampie porzioni di territorio, considerato base di lancio privilegiata dei razzi Qassam: almeno dodici palestinesi sono morti a Beit Lahiya per una cannonata. Tra le vittime ci sono almeno due miliziani, ma la maggior parte sono civili, fra cui quattro membri della stessa famiglia. L'esercito israeliano č avanzato su quattro diverse direttive, isolando due arterie di accesso a Gaza City e creando un cuneo nella zona centrale, all'altezza della ex colonia ebraica di Netzarim. Nella notte l'aviazione ha colpito 45 obiettivi fra cui tunnel, depositi di armi, lanciatori di razzi e di mortai. Alle operazioni ha partecipato anche la marina, che ha colpito il comando dell'intelligence a Gaza. Sul fronte palestinese, una trentina di razzi e diversi colpi di mortaio sono stati sparati verso diverse localitą del Neghev, ad Ashdod e Netivot. Centrata una casa a Sderot, un uomo č rimasto ferito. Un milione di israeliani che vivono a meno di 40 chilometri di distanza da Gaza sono costretti a restare in zone protette, nel timore di ulteriori attacchi.

RETROMARCIA UE - Le diplomazie sono al lavoro per cercare di trovare una via d'uscita, dopo la "fumata nera" al Consiglio di sicurezza dell'Onu e la Repubblica ceca, presidente di turno della Ue, fa dietrofront sulle dichiarazioni del portavoce del premier Mirek Topolanek, Jiri Potuznik, che aveva definito l'operazione «pił difensiva che offensiva» e che «non vi erano state né vittime né violenze». Frase che viene definita un «grave errore» dal ministro degli Esteri di Praga, Karel Schwarzenberg, che sottolinea perņ come si sia trattato di uno sbaglio imputabile al funzionario. Pił tardi il ministero degli Esteri aveva affermato a nome della Presidenza europea che Israele non ha il diritto di effettuare operazioni militari che «colpiscono in larga misura dei civili» e tale dichiarazione č «la sola ad essere valida», ha sottolineato Schwarzenmberg. Il ministro degli Esteri č a capo di una delegazione della Ue in partenza per il Medio Oriente, che ha gią fatto appello alle due parti perché arrivino a un cessate il fuoco: ne fanno parte il commissario europeo per le Relazioni estere Benita Ferrero-Waldner, l’alto responsabile della politica estera e di difesa della Ue Javier Solana, e i capi delle diplomazie francese e svedese, Bernard Kouchner e Carl Bildt. La delegazione arriverą nel pomeriggio al Cairo, lunedģ sarą in Israele, poi a Ramallah e ad Amman. Lunedģ a Gerusalemme č atteso anche il presidente francese Sarkozy.

«ASSICURARE AIUTI» - La Commissione Europea ha lanciato un appello ad Israele perché assicuri «uno spazio umanitario» per distribuire gli aiuti nella Striscia di Gaza e ha annunciato un aiuto supplementare di tre milioni di euro per il territorio palestinese. La Russia, «estremamente preoccupata», ha annunciato l'invio di una emissario nella regione. Dall'Italia arriva una nota della Farnesina che esprime «preoccupazione per la sorte di tanti civili innocenti» ed č scontro tra maggioranza e opposizione sulla mancata richiesta di un cessate il fuoco. Forte l'intervento all'Angelus di papa Benedetto XVI che ha implorato israeliani e palestinesi perché pongano «immediata fine» al tragico conflitto e ha chiesto «giustizia e pace» per la Terra Santa e per le popolazioni ancora una volta vittime dell'odio e della guerra, che «non sono la soluzione dei problemi». Il Papa ha ricordato «le vittime, i feriti, quanti hanno il cuore spezzato, chi vive nell'angoscia e nel timore».

PERES: «GUERRA GIUSTA» - Israele continua invece a definire l'offensiva necessaria e inevitabile. L’obiettivo dell'incursione č «distruggere le infrastrutture terroristiche di Hamas nell’area delle operazioni - ha detto la portavoce dell’esercito israeliano Avital Leibovitch -. Sarą un’operazione lunga e durerą numerosi giorni». Le fa eco il ministro della Difesa Ehud Barak, secondo cui l’offensiva non «sarą semplice o breve, ma siamo determinati». Barak, che ha richiamato decine di migliaia di riservisti, ha detto che l’obiettivo dell’operazione č promuovere «un cambiamento significativo» della situazione nel sud di Israele annientando Hamas. Alla riunione del Consiglio dei ministri a Tel Aviv ha aggiunto che l'attacco sarą prolungato ed eventualmente esteso «sulla base delle nostre necessitą». Il primo ministro israeliano Ehud Olmert ha sottolineato che Israele non vuole l'apertura di un nuovo fronte di guerra con il Libano, ma ha sottolineato di aver dato istruzione «ai responsabili della Difesa di tenersi pronti nel caso in cui qualcuno (Hezbollah, ndr) dovesse pensare di trarre vantaggio dal fatto che Israele sta operando sul fronte sud». Incontrando alcuni parenti dei soldati, Olmert ha detto che l'operazione di terra era «inevitabile» e secondo il presidente Shimon Peres quella che Israele sta combattendo contro Hamas «č una guerra necessaria e giusta». Lo ha detto incontrando un gruppo di bambini nel sud di Israele: «Se otterremo la nostra vittoria, ci sarą la pace». Al contrario il presidente dell'Autoritą nazionale palestinese Abu Mazen parla di «brutale aggressione» e ha ribadito la sua offerta per una condivisione dei poteri con Hamas, finora ignorata dall’organizzazione estremista, perché «l'unitą nazionale č divenuta la cosa pił importante».

STOP ALL'ONU - Nella notte c'č stato il nulla di fatto al Consiglio di Sicurezza dell'Onu dopo che gli Stati Uniti hanno bloccato un documento che chiedeva il cessate il fuoco immediato. La riunione, convocata d’urgenza alle 19 ora locale (l'1 in Italia) dopo l'avvio dell'operazione terrestre contro Hamas, si č conclusa cosģ senza un accordo. La Libia, unico paese arabo rappresentato in Consiglio di sicurezza, aveva presentato una bozza di risoluzione in cui esprimeva seria preoccupazione per l’escalation delle violenze a Gaza e chiedeva a tutte le parti in causa di osservare un immediato cessate il fuoco. Ma gli Stati Uniti hanno deciso di bocciare il documento, che non indicava in Hamas un gruppo terroristico reo, secondo gli Usa, di avere sottratto il potere a Gaza alla legittima autoritą nazionale palestinese guidata dal presidente Abu Mazen. Il vice ambasciatore americano all'Onu, Alejandro Wolff, ha spiegato che gli Stati Uniti non vedono l’intenzione di Hamas di rispettare il cessate il fuoco ponendo fine al lancio di razzi. Quindi, dato che i documenti del Consiglio vanno approvati all'unanimitą, il testo libico č caduto. Anche una seconda dichiarazione pił blanda, che chiedeva una tregua, č stata bocciata dagli Usa. Il ministero degli Esteri egiziano ha convocato gli ambasciatori dei cinque membri del Consiglio di Sicurezza (Gran Bretagna, Francia, Russia, Stati Uniti e Cina) per chiedere che «operino seriamente riguardo alla situazione attuale e assumano le proprie responsabilitą secondo quanto stabilito dalla Carta dell'Onu che prevede reazioni immediate agli avvenimenti».

HAMAS: «FARSA» - Hamas ha definito la riunione del Consiglio di sicurezza «una farsa che mostra l’ampiezza della sovranitą sulle sue decisioni esercitata dall’America e dall’occupazione sionista», si legge in un comunicato del portavoce Fawzi Barhoum. Il Consiglio di sicurezza «ha confermato il suo allineamento sulle posizioni dell’occupazione (israeliana, ndr) e gli ha dato la possibilitą per proseguire il suo massacro a Gaza» ha aggiunto Barhoum. Il presidente del Parlamento iraniano Ali Larijani ha detto che la Striscia di Gaza «diventerą il cimitero dei sionisti». Poche ore prima della "fumata nera" al Consiglio di sicurezza il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon aveva chiesto, dopo una telefonata con il premier israeliano Olmert, l'immediata cessazione dell'operazione di terra e a Israele di fare tutto il possibile per garantire la protezione dei civili, dicendosi «profondamente preoccupato per il fatto che l'escalation renderą inevitabilmente ancora pił grave la gią pesante situazione in cui si trova la popolazione». Domenica mattina c'č stato infine un nuovo appello del premier britannico Gordon Brown, che ha chiesto un immediato cessate il fuoco, spiegando che l'attacco di terra č «una fase molto pericolosa» del conflitto: «Gli israeliani devono avere assicurazioni che non ci saranno attacchi con i razzi sul loro territorio» ha detto in un'intervista alla Bbc.

Parigi, vertice Ue: chiesta una tregua permanente per consentire l'accesso umanitario nella striscia di Gaza. Giovedģ la Livni da Sarkozy. Frattini: «Da Israele nessun attacco coi tank. Colpa di Hamas». D'Alema: «Affermazioni contraddittorie»
Israele, Olmert: «I raid? Solo la prima fase»VideoFoto
Attacco della Marina israelianaLancio dei Qassam

COS'č LA STRISCIA DI GAZA

Storia [modifica]

La Striscia di Gaza non č riconosciuta internazionalmente come parte di qualsiasi paese sovrano. Si sostiene da parte della Autoritą nazionale palestinese che sia parte dei territori palestinesi, anche se in seguito alla battaglia di Gaza (2007), il controllo effettivo del territorio č passato ad Hamas. Israele, che ha governato la Striscia di Gaza dal 1967 al 2005, ancora controlla lo spazio aereo della striscia, le sue acque territoriali e l'accesso marittimo, cosģ come il lato israeliano della barriera tra Israele e la Striscia di Gaza. L'Egitto, che ha governato la Striscia di Gaza tra il 1948 ed il 1967 ne controlla la frontiera meridionale.

 

Dominazione Ottomana e Britannica (1517-1948) [modifica]

Nel 1517 gli Ottomani conquistano Gaza, e la terranno fino alla Prima Guerra Mondiale.

La Striscia di Gaza č stata presa dagli inglesi nella terza Battaglia di Gaza il 7 novembre 1917. Dopo la prima guerra mondiale, Gaza č diventata parte del Mandato britannico della Palestina sotto l'autoritą della Societą delle Nazioni.

Gli ebrei erano presenti a Gaza fino dal 1929.

Il dominio britannico sulla Palestina si č concluso con la dichiarazione d'indipendenza israeliana nel 1948.

 

Occupazione egiziana (1948-67) [modifica]

Secondo i termini del piano di partizione delle Nazioni Unite del 1947, la zona di Gaza era destinata a diventare parte di un nuovo Stato arabo. Dopo lo scioglimento del mandato britannico della Palestina e la Guerra civile in Palestina del 1947-1948, Israele ha dichiarato la sua indipendenza nel maggio 1948. L'esercito egiziano ha invaso la zona da sud, iniziando la guerra arabo-israeliana.

La Striscia di Gaza, come č noto oggi, č stata il prodotto di accordi successivi all'armistizio del 1949 tra Egitto e Israele, spesso definito come la "linea verde". L'Egitto ha occupato la Striscia dal 1949 (ad eccezione di quattro mesi di occupazione israeliana nel corso della Crisi di Suez del 1956) fino al 1967, non riuscendo mai ad annettere a sé il territorio, soltanto controllato e gestito attraverso un governatore militare. Ai rifugiati non č mai stata offerta cittadinanza egiziana.

 

Occupazione israeliana (1967-1994) [modifica]

Israele ha occupato la Striscia di Gaza di nuovo nel giugno 1967 durante la guerra dei sei giorni. L'occupazione militare č durata per 27 anni, fino al 1994. Tuttavia, secondo gli accordi di Oslo, Israele mantiene il controllo dello spazio aereo, le acque territoriali, l'accesso off-shore marittimo, l'anagrafe della popolazione, l'ingresso degli stranieri, le importazioni e le esportazioni, nonché il sistema fiscale.

Durante il periodo di occupazione israeliana, Israele ha creato un blocco di insediamento, Gush Katif, nell'angolo sud ovest della Striscia vicino a Rafah e il confine egiziano. In totale, Israele ha creato 21 insediamenti nella Striscia di Gaza, su circa il 20% del totale del territorio. Durante tale periodo l'amministrazione militare č stato anche responsabile per la manutenzione di impianti civili e dei servizi.

Nel maggio 1994, a seguito deglia accordi israelo-palestinese, noti come accordi di Oslo, un graduale trasferimento di autoritą governative per i palestinesi ha avuto luogo. Gran parte della Striscia (tranne che per la liquidazione blocchi militari e le zone insediate) passņ sotto il controllo palestinese. Le forze israeliane lasciarono Gaza City e le altre aree urbane, lasciando l'amministrazione alla nuova Autoritą palestinese.

 

Controllo dell'ANP (1994-2007) [modifica]

Bandiera palestinese

Striscia di Gaza
Territori palestinesi

L'Autoritą palestinese, guidata da Yasser Arafat, ha scelto la cittą di Gaza, come la sua prima sede provinciale. Nel settembre 1995, Israele e l'OLP firmarono un secondo accordo di pace che estende l'amministrazione dell'Autoritą palestinese alla maggior parte delle cittą della Cisgiordania. La Pubblica Amministrazione della Striscia di Gaza e Cisgiordania sotto la leadership di Arafat ha visto episodi di cattiva gestione.

Il 14 agosto 2005 il governo israeliano ha disposto l'evacuazione della popolazione israeliana dalla "Striscia" e lo smantellamento delle colonie che vi erano state costruite (piano di disimpegno unilaterale israeliano).

Il 15 agosto ebbe inizio l'operazione "Mano tesa ai fratelli", che tendeva a conseguire pacificamente lo sgombero dei coloni israeliani insediatisi nelle Striscia di Gaza e in alcuni insediamenti della Cisgiordania. I soldati israeliani passarono casa per casa, tentando di convincere i coloni rimasti a partire.

Il governo israeliano ordinņ ad ogni colono di nazionalitą israeliana di abbandonare gli insediamenti entro la mezzanotte, considerando chiunque fosse rimasto oltre il limite prefissato in condizione di illegalitą. Dopo la mezzanotte, il governo concesse due giorni di tolleranza, durante i quali le colonie furono progressivamente circondate da 40.000 militari e poliziotti israeliani, in un'area in cui la concentrazione di abitanti per metro quadrato rappresentava una delle pił alte in assoluto di tutto il globo.

Tutti i coloni che partirono entro la mezzanotte del 16 agosto, ebbero la possibilitą di utilizzare mezzi propri e si videro riconosciuto il diritto all'indennizzo stanziato dal governo. Trascorsi i due giorni di tolleranza, dalla mezzanotte del 17 agosto ebbe inizio l'evacuazione forzata: i militari furono autorizzati ad imballare ed a caricare in container beni e mobili rimasti nelle case. I coloni ancora presenti furono spostati di forza dagli insediamenti.

Nella colonia di Nevé Dekalim, l'insediamento pił importante della regione, si sono avuti gli scontri pił violenti. Qui vivono pił di 2.600 persone. In serata era circondato dalla polizia e dai militari. Secondo fonti da verificare un portavoce dell'esercito, parlando degli elementi israeliani pił oltranzisti che rifiutavano di abbandonare il territorio palestinese occupato dal 1967, affermņ che «il nostro problema non sono gli abitanti originari ma i militanti contrari all'evacuazione che si sono infiltrati illegalmente a Gaza».

Lo sgombero della Striscia terminņ il 22 agosto, con il trasferimento delle ultime famiglie della colonia di Netzarim. I soldati impegnati nell'evacuazione furono trasferiti in Cisgiordania, dove vennero evacuati i coloni di Hamesh e Sa-Nur.

L'11 settembre, con una cerimonia molto sobria svoltasi presso i resti della colonia di Nevé Dekalim, i comandanti militari di Israele ammainarono la loro bandiera a Gaza. Verso sera, lunghe colonne di mezzi militari israeliani abbandonarono la Striscia.

Il 12 settembre 2005 il territorio della Striscia di Gaza passņ in mano palestinese, e gli abitanti ebbero accesso alle aree che erano state loro precedentemente vietate. Alcuni palestinesi ne approfittano per vendicarsi dell’occupazione dando fuoco alle sinagoghe abbandonate e a circa 10 milioni di dollari di infrastrutture fra cui serre per coltivazioni. Il partito di al-Fatah governa in questo modo ufficialmente sulla striscia di Gaza, primo pezzo dello stato di Palestina.

 

Controllo di Hamas (2007-oggi) [modifica]

Per approfondire, vedi la voce Conflitto Israele-Striscia di Gaza.

Dopo quasi 2 anni di controllo da parte di al-Fatah, vengono indette nuove elezioni che vedono vincitore il partito integralista Hamas, che si installa nella Striscia di Gaza con l'intenzione di imporre la legge islamica al nuovo stato. Durante il giugno del 2007 la tensione tra Hamas, uscita vincitrice dalle elezioni in striscia di Gaza, e al-Fatah, il partito del presidente dell'Autoritą Nazionale Palestinese residente in Cisgiordania, sfocia in scontri aperti tra le due fazioni che in pochi giorni fanno un centinaio di morti.

Il 14 giugno 2007 Hamas, dopo una campagna militare efficace e violenta, conquista la sede militare dell'Anp arrivando di fatto al controllo dell'intera Striscia di Gaza.

L'Unione Europea, cosģ come gli USA, considerando Hamas un'organizzazione terroristica, interrompono l'invio degli aiuti verso la Striscia di Gaza. Inizia contestualmente una nuova fase del conflitto tra Hamas ed Israele che vede, da parte Israeliana, missioni di guerra e assassinii mirati contro esponenti palestinesi giudicati particolarmente pericolosi per la sua sicurezza, e da parte palestinese il lancio continuo di missili Qassam e tiri di mortaio contro installazioni e cittą Israeliane. Tale fase di guerra causa vittime tra i due eserciti in lotta, ma anche tra civili Israeliani e Palestinesi.

Il 1 marzo 2008, l'esercito dello Stato di Israele con l'operazione inverno caldo invade direttamente l'area con forze blindate ed aeree e, dopo aver distrutto installazioni militari di Hamas e tunnel per l'importazione illegale di armi, ritorna nelle proprie basi in Israele.

Attualmente il Territorio della Striscia di Gaza č completamente sotto il controllo del movimento palestinese Hamas. Proprio per il controllo esercitato da Hamas la Striscia di Gaza non riceve pił direttamente aiuti umanitari da parte di Europa e USA.

La situazione di vita della popolazione di Gaza č in certi momenti assai drammatica, a causa della penuria di prodotti essenziali o voluttuari (cibo, latte, carburante, sigarette...), e dell'impossibilitą di esportare qualsiasi manufatto prodotto nella Striscia. Questa situazione di tensione ha di recente (23 gennaio 2008) anche provocato l'abbattimento a furor di popolo di alcune postazioni di frontiera con l'Egitto al valico di Rafah, allo scopo di permettere a migliaia di persone di rifornirsi di vari generi di prima necessitą presso i negozi egiziani sul confine. I soldati egiziani hanno subito questa piccola crisi senza arrivare all'uso della violenza, per espressa volontą del presidente egiziano Mubarak. Nell'ambito di una tregua di sei mesi mediata nel giugno 2008 dall'Egitto, Hamas ha accettato di porre fine al lancio dei razzi in cambio di un alleggerimento del blocco da parte di Israele.

Il 18 dicembre 2008, Hamas ha annunciato di non voler rinnovare la tregua giunta al suo termine di scadenza. Secondo Israele la tregua non aveva scadenza.[2]

Il 27 dicembre 2008, in seguito al lancio di razzi Qassam da parte di Hamas in direzione del deserto del Negev e di alcuni centri urbani come Sderot o Ashkelon e cittą come Be'er Sheva, con conseguente ferimento di alcuni cittadini israeliani, i vertici politici israeliani hanno lanciato l'operazione piombo fuso contro la Striscia, consistente in una serie di bombardamenti aerei mirati a colpire obiettivi di alto profilo strategico-militare e altri sospettati di essere legati al governo di Hamas.[3][4][5]

I morti palestinesi secondo le fonti sarebbero pił di 400 a tutto il 3 gennaio 2009, mentre le vittime israeliane, dovute ai razzi Qassam sono 4.[6]

All'alba della mattina del 3 gennaio 2009 Israele comincia a colpire Hamas con colpi di artiglieria provenienti da mezzi stanziati a poche centinaia di metri dal confine con Gaza, preannunciando un'azione di terra; alle 20:00 circa (ora locale) Israele penetra con truppe armate, carri e mezzi blindati di vario tipo, all'interno della Striscia di Gaza da tre punti, dando inizio ai primi scontri a fuoco, e riuscendo ad assumere il controllo di alcune postazioni di lancio dei missili Qassam.[7]

Israele ha dichiarato che quest'offensiva č tesa a eliminare Hamas, ed č solo la prima parte di un piano che non si esclude si possa allargare.[8]

 

Economia [modifica]

La produzione economica nella Striscia di Gaza č diminuita di circa un terzo tra il 1992 e il 1996. Questa flessione č stata variamente attribuita alla corruzione e la cattiva gestione da parte di Yasser Arafat, e alle politiche di chiusura di Israele. Un grave effetto negativo sociale di questo rallentamento č stato l'emergere di un alto tasso di disoccupazione.

I coloni israeliani di Gush Katif avevano costruito serre e sperimentato nuove forme di agricoltura. Queste serre inoltre fornivano occupazione a molte centinaia di palestinesi di Gaza. Quando Israele si č ritirato dalla Striscia di Gaza nell'estate del 2005, le serre sono state acquistate con i fondi raccolti da ex Presidente della Banca mondiale, James Wolfensohn, e date al popolo palestinese per iniziare la loro economia. Tuttavia, lo sforzo di miglioramento č stato limitato a causa dello scarso approvvigionamento di acqua, dell'incapacitą di esportare prodotti a causa di restrizioni israeliane di confine, e della corruzione dilagante all'interno dell'Autoritą palestinese. La maggior parte delle serre sono state saccheggiate o distrutte.[9][10]

I principali partner commerciali della Striscia di Gaza sono Israele, Egitto, e la Cisgiordania. Prima della seconda rivolta palestinese scoppiata nel settembre 2000, circa 25.000 lavoratori dalla Striscia di Gaza ,ogni giorno si recavano in Israele per lavoro.[11]

Israele, Stati Uniti, Canada, e l'Unione europea hanno congelato tutti i fondi al governo palestinese dopo la formazione di un governo controllato da Hamas dopo la sua vittoria nel 2006 nelle elezioni legislative palestinesi.

 

Religione [modifica]

Il 99.3% della popolazione č musulmano; lo 0,7% č invece cristiano.[12]

Kamikaze in azione a Bagdad: 38 morti

Attentato vicino a una moschea, mentre decine di sciiti
si stavano preparando per le celebrazioni dell'"Ashura"

BAGDAD - Sanguinoso attentato a Bagdad: una donna kamikaze si č fatta esplodere a Kadhimiya, vicino alla pił importante moschea sciita della capitale, intorno alle 11 (le 9 italiane), uccidendo almeno 38 persone (35 secondo altre fonti) e ferendone 55. Č stato colpito un checkpoint vicino alla moschea dedicata all'imam Moussa, mentre decine di sciiti si preparavano per le celebrazioni dell'"Ashura", la festa religiosa che la morte di Hussein, nipote del profeta Maometto. «Una donna che aveva con sé una bomba ha azionato la sua cintura esplosiva davanti a uno degli ingressi del mausoleo» ha detto un portavoce delle forze di sicurezza, spiegando che le vittime sono in gran parte pellegrini iraniani, tra cui molte donne e bambini.

 

"Umanitą! Popolo italiano!
Siete tutti in vacanza, siete in ferie, eh? Con la social card, eh! Social Card, due parole inglesi per prendervi per il culo in italiano.
Siete in ferie, ma non lo siete solo voi: č l'Italia che č in ferie. L'Italia va in ferie un mese, riaprirą il 12 gennaio... chissą se riaprirą, l'Italia.
Signori, abbiamo una grande occasione: il 2009 andremo contro un muro, ci sbatteremo una facciata pazzesca ma ci farą svegliare da questo coma e ci farą capire in che situazione siamo.Ci farą solo bene, questo shock. Sarą uno shock traumatico. Siamo tutti nel tunnel, e c'č gente che va in televisione a dire: "bisogna uscire dal tunnel, ci usciremo nel 2010".State nel tunnel! State nel tunnel! Fuori č ancora peggio!
Signori, la democrazia se n'č andata sotto i nostri occhi, i cittadini sono tagliati fuori, cinque persone hanno eletto questo social network di pregiudicati, ruffiani, amici degli amici, avvocati che fanno leggi per gli amici degli amici.
Signori, in Abruzzo il 50% non č andato a votare: č il nostro partito. Lo dicevamo noi di non andare a votare, perché erano elezioni illegali e anticostituzionali. 50% pił quello che ha preso Di Pietro: noi siamo la maggioranza del Paese! Loro sono la minoranza, e lo vedi dai loro sguardi: hanno paura.
Noi esportiamo cose meravigliose: prima la pizza, la cultura... adesso esportiamo delinquenti e pregiudicati o presunti tali, in Europa. Ci andranno Del Turco, Bassolino... questa č la grande caratteristica che abbiamo.
Ma il 2009 farą nascere delle cose meravigliose: siamo in guerra, siamo in guerra! Per cortesia, ogni cittadino si deve mettere un elmetto, uscire e farsi la democrazia fai da te! Farsi la sua politica, e voi avete un potere enorme: quello del vostro piccolo portafoglio, come spendere e come non spendere. Io sto seguendo i consigli dello psiconano, che ormai vaneggia sui consumi. Siamo noi, quelli vogliono risparmiare, che creano il delirio dell'economia.
Siamo veramente in un momento strano, in un momento in cui all'asta dei buoni del Tesoro, BTP e CCT, due aste sono
andate deserte
. C'č qualcosa che non quadra pił se i grandi istituti non comprano. Il nostro debito sta salendo, le imprese che chiudono non danno pił tasse quindi non ci sarą pił reddito per lo Stato. L'IRPEF non la si pagherą, il debito salirą, č gią oltre 1700 miliardi e dobbiamo pagare 80 miliardi di euro di interessi all'anno e ci rompiamo i coglioni col lodo Alfano...Lo vediamo dalla faccia di Tremonti, che č un fantasma che si aggira.
Signori questa sarą una grande battaglia, č una grande occasione per cambiare le cose e le cambieremo. Le cambieremo, perché partiremo dal basso con le liste civiche, rovesciamo la piramide. I cittadini entrano nei comuni, creano trasparenza con gli altri cittadini. Dai comuni alle Regioni, poi dalle regioni in Parlamento. Rovesciare la piramide, č questa la nostra battaglia. Perņ i cittadini devono avere un'informazione corretta, che potete trovare solo sulla Rete, perché i giornali sono ormai una questione del passato.
Non c'č pił nulla da trovare nei giornali, la veritą non c'č pił. Sarą qualcosa di straordin... Ciro! Ciro! Non toccare i sacchetti di sabbia alla finestra! Lascia stare il fucile a pompa! Dicevo... dovete stare sereni.
I giovani mi chiamano, i ragazzi mi chiedono: "che futuro abbiamo?". Ragazzi non preoccupatevi per il futuro: non ce l'avete. Una preoccupazione in meno. Dove andremo a finire? Andremo a finire che cento imprenditori, cento zecche hanno salassato questo sistema.
Questi politici che sono lģ da venti, trent'anni. La moglie di Fassino, del globulo, la signora Serafini č trent'anni in politica e non ho capito che cazzo ha fatto in trent'anni. La Carfagna... abbiamo delle cose che ci guardano allucinati da tutto il mondo.
Abbiamo nani... non bastava uno psiconano, ce n'č un altro, Brunetta che č un iPod nano.
Abbiamo cose che non si riescono a capire, siamo nel delirio, nella controtendenza.
Il mondo va verso le energie rinnovabili, Obama parla di rifiuti zero, di rinnovabili e noi parliamo di inceneritori e discariche, di diossina, di tumori.Il mondo va verso le rinnovabili e noi parliamo di nucleare. Il nucleare. Siamo in mano a dei malati di mente, malati di mente: ve l'immaginate una centrale nucleare costruita da Ligresti e controllata da Tronchetti Provera?
Siamo oltre ogni limite, perņ il 2009 daremo una di quelle facciate, ma una di quelle facciate che sarą la nostra resurrezione. Noi risorgeremo, cari amici, risorgeremo dal basso. Forti, forti con l'elmetto in testa. Lo faremo per noi e se non lo faremo per noi lo faremo per i nostri figli e i nostri nipoti.
Se i cittadini saranno esautorati da qualsiasi diritto... perché le leggi popolari le insabbiano - noi abbiamo fatto una legge popolare per mandare via i pregiudicati, due legislature, voto di preferenza - č nella commissione. Devono decidere se discutere quelle leggi popolari. Quattrocentomila persone sono andate a firmarle. Se non le discutono verremo noi lģ, a farvele discutere, ve le discuteremo sulla faccia, vi guarderemo negli occhi.
I cittadini sono tolti da qualsiasi diritto costituzionale, dai referendum alle leggi popolari, alle petizione. Li mandano via dai comuni. I cittadini devono riappropriarsi della democrazia. Quindi buona guerra, buon 2009. State su e soprattutto state sereni! Ciro! Lascia stare i sacchetti!" Beppe Grillo.... Uno stupro di gruppo
alla mega festa di Roma In 5 aggrediscono una ragazza. I medici: violenza feroceROMA — Lei cercava la techno. Ma la sua notte di festa č stata interrotta da un branco di violentatori. In quattro, forse in cinque, hanno stuprato una ragazza di 25 anni, di Ariccia.

Festeggiamenti per la notte di Capodanno a Roma (Benvegnł_Guaitoli)
Festeggiamenti per la notte di Capodanno a Roma (Benvegnł_Guaitoli)

Picchiata, offesa e lasciata sulla pista da ballo di «Amore 09», l'evento organizzato (per la prima volta) alla nuova Fiera di Roma, per l'occasione presidiata all'esterno da funzionari della Municipale di ventennale esperienza. Perché, con i numeri previsti per la megafesta, il comune di Roma non voleva correre il rischio d'intasare raccordo anulare e direttrici cittadine. Tra le 6 e le 6.30 termina il Capodanno della ragazza e inizia, per lei, un 2009 prematuramente drammatico. Un giovane della sicurezza la trova con gli abiti strappati, il viso gonfio, la voce che trema e l'espressione stravolta. Subito la consegna ai medici del «118». La dottoressa che la visita per prima descrive: «Aveva un labbro gonfio, ecchimosi sul collo, lividi dietro la testa e di lato». Ma quello che colpisce anche i primi soccorritori č la perdita di sangue, che «fa pensare ad una violenza prolungata e feroce». All'ospedale San Camillo, presidiatissimo da agenti di sicurezza privata e forze dell'ordine, la ragazza viene medicata e poi trasferita in stato di choc al reparto di Ginecologia, dove una poliziotta arriverą nel tardo pomeriggio per raccogliere la sua deposizione: oltre due ore di informazioni e dettagli, incluso l'identikit degli aggressori.

«Ero con un gruppo di amici, volevamo sentire musica e ballare», racconta. Quando un gruppetto di ragazzi l'ha adocchiata, avvicinata e stretta da un lato, lei non aveva pił amici attorno. Era sola al centro del branco. Nel pomeriggio gli organizzatori dell'evento, curato da «Roma for Music» (24 sale con 28 dee-jay di livello mondiale che sparavano musica a tutto volume), oltre a mettersi a disposizione dell'autoritą giudiziaria hanno espresso parole di «grave condanna» per l'episodio di violenza. Puntualizzando che per la serata erano stati mobilitati numerosi addetti dalla sicurezza. Agenti di polizia in borghese erano all'interno, mescolati a ragazzine, adolescenti e poco pił che ventenni di tutta Italia.

Verso le due del mattino, era gią chiaro che «Amore 09» aveva superato l'attesa (della prevendita) di 30 mila presenze. All'esterno controlli dei carabinieri e pattuglie della municipale, avevano gią raccolto gli umori (inclusi quelli alcolici) del Capodanno - evento per partecipare al quale erano arrivati pullman stracarichi e perfino dei taxi-pull di teenager in abitino e coprispalle, a sfidare la pioggia ghiacciata. Con i primi soccorsi si era diffusa anche la notizia che uno degli aggressori era stato fermato. Un giovane in piumino bianco, subito rilasciato dalla polizia. La ragazza resta al San Camillo, dove la direzione sanitaria, le ha messo a disposizione una consulente psicologa. All'ora del pranzo sono arrivati i genitori. Alta Velocitą, alti prezzi Finisce la promozione sulla Milano-Bologna: dal 13 gennaio +10%. L'unico sconto resta per acquisti on line MILANO - Anno nuovo, fine degli sconti. Si sapeva che l'Alta Velocitą avrebbe aumentato i vantaggi e i costi per i viaggiatori. Passata l'euforia dell'inaugurazione del 14 dicembre, ora che č diventato (quasi) normale fare Milano-Bologna in treno in 65 minuti a 300km all'ora, si capisce meglio di quanto sono salite le tariffe.

I COSTI - Trenitalia -come si legge sul sito - offre l'occasione fino al 13 gennaio «di scoprire l'emozione di viaggiare ad Alta Velocitą» ed offre a prezzi di lancio i biglietti con il 10% di sconto (e un ulteriore 5% per l'acquisto on line). Dal 13 gennaio, passata l'emozione, arriva la tariffa piena.
Milano-Bologna: 56 euro in prima, 39 in seconda. Milano-Firenze: 67 euro in prima, 47 in seconda. Milano-Roma: 109 euro in prima (80,8 nel novembre scorso), 79 in seconda (56,10 nel novembre scorso). Milano-Napoli: 119 in prima (103,6 a novembre 2008), 84 in seconda (73,20 a novembre 2008).
GLI AUMENTI - Nel novembre 2008 l'Alta Velocitą ancora non c'era sulla tratta Bologna-Milano ma i biglietti erano gią stati aumentati del 15% dall'inizio del 2008. Con l'avvio dell'Alta Velocitą Milano-Bologna il costo dei biglietto č stato modificato: «Č un nuovo prodotto», dice Trenitalia, «che non ha termini di paragone». Č anche vero che i vecchi Eurostar non esistono pił e che l'unica linea adesso č questa, tranne che per pochi Intercity.
E' vero - come dice l'ad di Trenitalia Moretti - che la "metropolitana d'Italia"accorcia la Penisola: Roma-Milano in 3 ore e 30 minuti con arrivo e partenza dal centro delle cittą (solo con i diretti Milano-Roma, perņ, gli AVFast, dieci al giorno; mentre con gli altri 15 AV giornalieri servono 3 ore e 59minuti). Milano-Bologna in 65 minuti; Milano-Napoli in 5 ore e 35 (4 ore e 50, come pubblicizzato quando fu lanciata l'Alta Velocitą, solo con l'unico Eurostar AvFast delle 18.45). Firenze-Milano in 2 ore e 09. E' altrettanto vero che chi usa l'AV (e non puņ far altro visto che i tempi degli Intercity, gią molto ridotti, non sono pił concorrenziali) la paga a caro prezzo. Da notare (e non č poco, visto che l'Alta Velocitą costa di pił per impiegare meno tempo) che nelle tratte Milano-Roma si paga la stessa cifra sia che si prenda l'Eurostar che si ferma a Bologna e Firenze (e impiega 3 ore 59 minuti) sia quello Fast che non si ferma e impiega mezz'ora meno (3 ore e 30).
 

Mauro Moretti (Newpress)
Mauro Moretti (Newpress)

ABBONAMENTI - Una sorpresa arriva dagli abbonamenti mensili illimitati al prezzo di 10 corse. Dunque Milano-Bologna 560 euro in prima e 390 in seconda. Milano-Firenze 670 in prima e 470 in seconda. Milano-Roma 1.090 in prima, 790 in seconda. Il novembre scorso Trenitalia aveva "sistemato" le tariffe degli abbonamenti causando non pochi scontenti tra i pendolari affermando di aver portato una variazione media di circa il 6% in pił con un range che va da -40% dei prezzi dell'Eurostar City a un +15% per il treni ad Alta Velocitą . L'idea di fondo era (ed č) quella di far pagare 10 corse intere per un abbonamento mensile. Ma se questo puņ avere una logica per i pendolari mattina-sera (ad esempio Milano-Bologna) che cosģ risparmiano, per chi viaggia settimanalmente sulla tratta Firenze-Milano e Roma-Milano il discorso č assai diverso.
Resta un dato chiaro. A ottobre 2008, ad esempio, per l'abbonamento sull'Eurostar tratta Firenze-Milano in seconda classe si spendevano 232 euro (abbonamento Intercity + 2 euro ogni volta che si prendeva il treno: con un carnet da 20 tagliandi si arrivava cosģ a 272 euro). A novembre con la sistemazione l'abbonamento č salito a 357 euro. A gennaio, con l'avvio dell'Alta Velocitą, il costo del biglietto mensile č stato definito in 470 euro (e due euro a viaggio se si vuole il posto a sedere assicurato). Un aumento di oltre il 40% in due mesi. Lo stesso per i mensili Milano-Roma: a ottobre 2008, 439 euro per la prima e 335 per la seconda (con il carnet da 20 tagliandi a 40 euro). A novembre 560 in seconda e 870 in prima. Ora 1.090 in prima, 790 in seconda. (
Tutte le nuove tariffe degli abbonamenti)

Video - il viaggio di inaugurazione tra politici e proteste di Nino Luca

PENDOLARI REGIONALI - E l'anno nuovo promette male anche per i pendolari lombardi che utilizzano gli Eurostar e che si troveranno un abbonamento pił caro come conseguenza della decisione di Trenitalia di separare il servizio dei treni regionali da quelli Eurostar ed Intercity. Per andare da Brescia a Milano č previsto un aumento mensile del 47% (da 83 a 122 euro). In alcuni casi l'aumento potrą sfiorare anche il 120%, scrive l'edizione lombarda de La Repubblica. Sul trasporto regionale la querelle tra Trenitalia e le singole regioni va avanti ormai da tempo. Fs «non č responsabile», hanno sottolineato pił volte i vertici. «Il servizio universale non dipende da noi ma dalle Regioni, noi diamo il servizio e da parte loro ci deve essere la copertura dei costi ma, attualmente i contributi non coprono nemmeno la metą dei costi degli abbonamenti» continua a ripetere Moretti. L'unica certezza, anche in questo caso, č che chi ci rimette sono i pendolari: strizzati tra aumenti e servizi non adeguati e una giungla tariffaria non sempre chiara.

 
L'ETERNA GUERRA JUGOSLAVA

Kosovo, bombe nella cittą divisa Ritorna l'incubo delle violenze,4 Gennaio 2009

Quindici feriti a Mitrovica. La missione Eulex inizia tra le tensioni

Due bombe, e l'incubo della violenza che ritorna. Il Kosovo non ha ancora festeggiato il suo primo anno d'indipendenza, e Mitrovica č lģ a ricordare al mondo che la pace — dentro il Paese — č tutt'altro che conquistata. Una cittą divisa in due, Mitrovica: il fiume Ibar a separare i serbi al nord dagli albanesi al sud, il ponte e i soldati della Nato a custodire il dogma delle vite parallele. Finché non c'č un contatto tra le due comunitą, o un incidente, e allora scattano le vendette. Venerdģ sera la prima bomba č scoppiata in un caffé della zona nord. Nessun ferito, ma i vetri saltati delle macchine in strada scatenano la rabbia serba. Due ore, ed č la rappresaglia. Non c'č il bisogno di superare il fiume, basta arrivare a Bosnjacka Mahala, l'enclave dell'enclave, il quartiere albanese e musulmano nel cuore della Mitrovica serba. Vetrine spaccate, due negozi albanesi bruciati. Arrivano i pompieri, la tv serba Most (Ponte) riprende le fiamme, e scoppia un secondo ordigno.

Quindici i feriti alla fine di questa pazza notte di violenze, compresa una giornalista, il suo cameraman e sette vigili del fuoco, prima che le pattuglie della Nato riportino la calma. Tanta violenza da che cosa nasce? Sono giorni che a Mitrovica c'č tensione, da quando un ragazzo serbo č stato accoltellato. Agli arresti di due albanesi č seguita la ritorsione serba: raid contro le botteghe, caccia alle auto dei «nemici». E torna il ricordo di quell'altro incidente, quattro anni fa, che incendiņ Mitrovica e scatenņ i pogrom antiserbi. Allora, nel marzo 2004, tre fratellini affogarono nell'Ibar, mentre scappavano — si diffusero incontrollate le voci — da una gang slava. La vendetta fu violenta. E cosģ sistematica che — si ricostruģ dopo — doveva essere per forza organizzata: 19 morti, 900 feriti, 4mila profughi serbi, 35 monasteri ortodossi in fiamme.

Dietro le tecniche paramilitari s'intravide lo stile dei guerriglieri «rivoluzionari» dell'Uck, il monito dei duri dell'«armata liberatrice» frustrata alla comunitą internazionale: non abbiamo pił voglia di aspettare l'indipendenza. Stavolta, nessuno s'aspetta l'escalation. La libertą sotto vigilanza il Kosovo ormai l'ha raggiunta. Restano Mitrovica, la cittą enfaticamente chiamata la «Berlino dei Balcani», a ricordare quanta strada c'č da fare. Il 9 dicembre anche qui sono entrati i poliziotti di Eulex, la pił grande missione di polizia nella storia Ue. Ma i rapporti col premier kosovaro Thaci partono tesi. Solo un mese fa, tre spie tedesche sono state messe in carcere a Pristina, con la fantomatica accusa d'aver piazzato la bomba alla sede della missione Ue. Berlino č riuscita a riportarli a casa, ma le tre spie esposte sui giornali e «bruciate» sono state un pesantissimo colpo a Frau Merkel: la vendetta di Thaci — cosģ l'hanno interpretata i giornali tedeschi — quando ha scoperto di aver il gabinetto infiltrato da informatori dei 007 tedeschi. Gli stessi che da anni ricostruiscono, e denunciano agli altri governi Ue, i loschi traffici (sigarette, prostituzione, auto rubate) che fioriscono all'ombra del governo kosovaro. No, i poliziotti europei a Pristina non sono attesi solo a una (amichevole) parata.

La Jugoslavia degli anni Ottanta [modifica]

L'ereditą di Tito (1980-1986) [modifica]

Dopo la morte di Tito (1980) la Jugoslavia visse un periodo (1980 - 1986) di relativa serenitą. Sembrava che il sistema costruito e rivisto nei decenni da Tito riuscisse a funzionare, nonostante la progressiva scomparsa di tutti i protagonisti della Resistenza e della politica titoista (nel 1983 morģ anche Aleksandar Leka Ranković, figura storica di ex ministro e capo dei servizi segreti).

Tito era riuscito a bilanciare le rappresentanze etniche e a placare antichi odi in un equilibrio che appariva stabile, grazie probabilmente anche al "cemento" dell'ideologia socialista rinnovata in chiave antistalinista e per alcuni versi filo-occidentale. La Jugoslavia socialista e federale, cosģ come costruita da Tito e da Edvard Kardelj, il teorico e costituzionalista sloveno, si basava sulla politica della Fratellanza e Unitą (Bratsvo i Jedinstvo) fra i diversi popoli jugoslavi, garantendo a ciascuno, comprese le minoranze nazionali, dignitą, autonomia decisionale e rappresentativitą istituzionale. Tuttavia il regime jugoslavo aveva utilizzato anche la forza per stroncare quei movimenti, come la Primavera Croata del 1971, che avevano dimostrato l'emergere del nazionalismo etnico, nonché di essere un pericolo per l'unitą della Federazione, il ruolo centrale della Lega dei Comunisti Jugoslavi e il sistema economico dell'autogestione e del "socialismo di mercato".

Un contributo al successo dell'operazione di Tito era certamente venuto dagli aiuti anche economici provenienti da Occidente e volti a tenere staccata la Jugoslavia dalla sfera di influenza sovietica, e a farne, anche grazie alla personalitą del presidente jugoslavo, il Paese-guida del Movimento dei Non-Allineati.

Nel 1983 il primo ministro, la croata Milka Planinc, varņ un grande piano di stabilizzazione, sottoposto al controllo tecnico del fondo monetario internazionale, con l'ambizioso obiettivo di ridurre l'inflazione, creare posti di lavoro, diminuire la dipendenza dalle importazioni e contenere il debito pubblico. Si trattava insomma di rilanciare l'economia, anche se con misure decisamente pesanti per un paese che si definiva socialista. L'economia, ingolfata dopo la straordinaria crescita degli anni settanta [1], era una delle principali cause di scontro fra le diverse repubbliche. Comunque la situazione non sembrava certo drammatica: il paese godeva di un certo prestigio internazionale e nel 1984 Sarajevo ospitņ anche la XIV Olimpiade Invernale [2].

 

Destabilizzazione del Paese (1987-1989) [modifica]

La crisi del sistema si fece evidente nel 1987. Nell'estate di quest'anno scoppiņ lo scandalo finanziario e politico dell'Agrokomerc, la pił grande azienda bosniaca, che delineņ una sorta di tangentopoli jugoslava.

Sulla scena politica serba si era messo nel frattempo in luce Slobodan Milošević, divenuto presidente della Repubblica Socialista di Serbia nel novembre del 1987.

I rapporti fra le varie repubbliche erano abbastanza sereni, nonostante la montante insofferenza slovena (un Paese storicamente e tradizionalmente legato alla Mitteleuropa, che considerava la sua vera "patria" culturale) per le strutture federali; all'interno della Serbia era invece evidente il malessere tra i Serbi e gli Albanesi del Kosovo. La provincia serba era ormai a schiacciante maggioranza albanese (anche per l'alto tasso di crescita degli Albanesi, mentre la percentuale di Serbi diminuiva progressivamente) e chiedeva, come gią in passato, maggiore autonomia politica, anche attraverso la costituzione della settima repubblica jugoslava, il Kosovo sganciato dalla Serbia.

Nel 1986 venne pubblicato il Memorandum dell'Accademia Serba delle Scienze (noto anche come Memorandum SANU), un documento di intellettuali serbi che denunciavano una generale campagna anti-serba,esterna e interna alla repubblica, e forniva le basi ad un rinato nazionalismo serbo basato sulla riedizione della teoria della "Grande Serbia", gią presente (e concausa scatenante del primo conflitto mondiale) nella prima metą del Novecento. Milošević non esitņ a soffiare e cavalcare questa ondata nazionalista, adottando la teoria secondo la quale "la Serbia č lą dove c'č un serbo". Nell'ottobre 1988 costrinse alle dimissioni il governo provinciale della Vojvodina, a lui avverso; riformņ la costituzione serba, eliminando l'autonomia costituzionalmente garantita al Kosovo (28 marzo 1989); guidņ infine enormi manifestazioni popolari (Belgrado, 18 novembre 1988 e in Kosovo, 28 giugno 1989).

In Croazia nel maggio del 1989 si formņ l'Unione Democratica Croata (Hrvatska Demokratska Zajednica o HDZ), partito anti-comunista di centro-destra che a tratti riprendeva le idee scioviniste degli ustascia di Ante Pavelić, guidato dal controverso (si vedano alcune dichiarazioni sulla religione ebraica [3]) ex generale di Tito Franjo Tuđman.

In Slovenia scoppiņ il caso di quattro giornalisti (tra i quali il pił noto era Janez Janša), accusati di aver tentato di pubblicare segreti militari nella popolare rivista d'opposizione Mladina. I quattro giornalisti scoprirono dei documenti su un ipotetico intervento militare federale in Slovenia, in caso di un'evoluzione democratica e soveranista del paese. Il processo ai quattro imputati - che si tenne in lingua serbo-croata e non in sloveno, violando il principio del pluirilinguismo - scatenņ proteste popolari e dette avvio alla cosiddetta "Primavera slovena".

Nel frattempo anche nel piccolo Montenegro la vecchia dirigenza titoista venne spazzata via (1989): alla presidenza della Repubblica venne eletto il giovane e filo-serbo Momir Bulatović.

 

Fine della Jugoslavia (1990) [modifica]

Gruppi etnici
(dati censimento 1991)
[4]
Serbi 36%
Croati 20%
Albanesi 15%
Bosniaci musulmani 10%
Sloveni 8%
Macedoni 6%
"Jugoslavi" 3%
Montenegrini 2%
Ungheresi 2%

In un clima sempre pił teso, destava seria preoccupazione anche la situazione economica, con una Federazione ormai troppo scissa tra nord e sud [5]. Il dinaro jugoslavo subģ diverse svalutazioni e il potere d'acquisto diminuģ progressivamente. Il governo federale fu affidato ad un tecnico (19 febbraio 1989), l'economista croato Ante Marković, che propose una solida e strutturale riforma economica e preparņ la domanda di adesione del paese alla Comunitą Economica Europea.

Il piano economico sembrava funzionare, nonostante le inevitabili conseguenze sociali (aumento della disoccupazione e della povertą, diminuzione dei sussidi statali), ma venne travolto dalle turbolenze etniche e dalla disgregazione complessiva della Federazione.

Il 20 gennaio del 1990 venne convocato il quattordicesimo e ultimo congresso (convocato straordinariamente) della Lega dei Comunisti Jugoslavi, con uno scontro frontale tra delegati serbi e sloveni, in particolare riguardo la situazione in Kosovo, la politica economica e le riforme istituzionali (creazione di una nuova federazione o confederazione, la terza Jugoslavia). Per la prima volta nella storia, Sloveni e Croati decisero di ritirare i loro delegati dal congresso. Ormai era chiaro che il Paese viaggiava a due velocitą, non pił armonizzabili.

 

L'indipendenza slovena (1991) [modifica]

Nel nord della Federazione vennero indette subito libere elezioni, che determinano la vittoria di forze di centro-destra: in Slovenia la coalizione democristiana Demos formņ un nuovo governo, mentre Kučan restņ presidente della Repubblica; in Croazia i nazionalisti dell'HDZ di Tuđman vinsero le consultazioni (22 aprile - 7 maggio 1990).

Il 23 dicembre 1990 in Slovenia si tenne un referendum sull'indipendenza, o meglio sulla sovranitą slovena, dal momento che si parlava anche della costruzione di una nuova confederazione di repubbliche, le cui basi andavano ridiscusse. Va inoltre precisato che la costituzione della RFSJ prevedeva costituzionalmente il diritto alla secessione unilaterale per ciascuna delle sei repubbliche costituenti.

Data l'indisponibilitą serba a rivedere radicalmente l’assetto dello stato, la sera del 25 giugno 1991 fu convocato in seduta plenaria il Parlamento Sloveno (Skupščina) per discutere e votare l'indipendenza; tutti erano favorevoli, tranne il comandante delle truppe jugoslave, che era pure membro effettivo dell'assemblea. Egli fece un discorso minaccioso. Nel corso della seduta, poco prima della votazione definitiva, il Presidente del Parlamento diede lettura di un telegramma appena pervenuto dal Sabor di Zagabria, il Parlamento Croato, nel quale si comunicava che che la Croazia era indipendente. Ad avvenuta votazione, nella piazza centrale di Lubiana il presidente Milan Kučan proclamņ davanti al popolo l'indipendenza slovena. La conclusione del discorso di Kučan lasciava intendere un'immediata risposta delle truppe federali: Nocoj so dovoljene sanje, jutri je nov dan ("Stasera i sogni sono permessi, domani č un nuovo giorno"). Il 26 giugno il giornale sloveno "Delo" di Lubiana usciva con un titolo a nove colonne, cosģ tradotto: "Dopo pił di mille anni di dominazione austriaca e pił di settanta anni di convivenza con la Jugoslavia, la Slovenia č indipendente".

La risposta dell'Armata Popolare Jugoslava (JNA) non si fece attendere: il 27 giugno l'esercito intervenne in Slovenia. Si trattņ di una vera e propria guerra di aggressione. Infatti, come sopra precisato, era prevista la possibilitą di secessione degli stati federati. Iniziņ cosģ la prima guerra in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale.

Janez Janša, divenuto ministro sloveno della difesa, cercņ di costituire un esercito nazionale, soprattutto mediante le milizie territoriali della Repubblica, istituite da Tito in chiave anti-sovietica. Gli Sloveni presero il controllo delle basi militari federali nel Paese e delle frontiere con Italia ed Austria. La guerra (“Guerra dei dieci giorni”) si concluse in poco pił di una settimana, essendo la nazione etnicamente compatta e sostenuta politicamente dal Vaticano di Giovanni Paolo II[6] (in chiave anticomunista ed in difesa del gran numero di cattolici sloveni) dall'Austria e soprattutto dalla Germania per le ragioni storiche gią accennate, che si impegnņ subito a riconoscerne l'indipendenza e spinse perché anche l’intera CEE facesse lo stesso.

L'impreparazione da parte dell'Armata Popolare Jugoslava fu tragicomica: entrando in Slovenia il comando si dimenticņ di fare rifornimento di carburante, che ovviamente in Slovenia nessuno gli vendeva. Il Governo Sloveno ordinņ ai propri militari di tenere sotto controllo gli jugoslavi e di non sparare, se non per legittima difesa. Inoltre fu ordinato da parte dello stesso governo che a tutte le caserme occupate in Slovenia dall'Armata Jugoslava fosse tolta la fornitura di luce, acqua e gas. Cosģ il comando jugoslavo fu costretto a ritirarsi. Perņ intanto Belgrado stava gią brigando con Roma per far evacuare le truppe jugoslave via Trieste. Infatti a Belgrado si asseriva che non era possibile un altro modo per far rientrare le truppe in patria. Il Presidente della Repubblica Italiana, Francesco Cossiga, appena ebbe sentore di ciņ, immediatamente si fece portare a Trieste e dalla Prefettura informņ i Triestini delle intenzioni jugoslave. I Triestini, memori dei tragici 40 giorni di occupazione jugoslava nel 1945, si ribellarono occupando il Comune di Trieste. Fu chiesto al Governo Sloveno perché non lasciasse evacuare le truppe jugoslave. La risposta del ministro Janša fu immediata. Egli rispose che nessuno proibiva loro l'evacuazione dalla Slovenia, perņ, imbarcandosi a Capodistria, tutti i militari dovevano uscire dalla Slovenia completamente disarmati. Soltanto agli ufficiali era concesso di portare con sé la pistola di ordinanza. Cosģ infatti avvenne e la crisi triestina rientrņ.

L'8 luglio vennero firmati gli Accordi di Brioni, siglati da Kučan, Tuđman, divenuto presidente croato, Marković, premier federale, dal serbo Borisav Jović, presidente di turno della presidenza collegiale jugoslava e dai ministri degli esteri della troika europea Hans van den Broek (Paesi Bassi), Jacques Poos (Lussemburgo) e Joćo de Deus Pinheiro (Portogallo). Gli accordi prevedevano l'immediata cessazione di ogni ostilitą dell'esercito jugoslavo in Slovenia e il congelamento per tre mesi della dichiarazione di indipendenza. La piccola repubblica diventava cosģ indipendente da Belgrado.

La guerra in Croazia (1991-1995) [modifica]

Tuđman al potere e l'inizio della guerra [modifica]

Le elezioni croate della primavera del 1990 avevano visto vincere i nazionalisti di Tuđman, supportati anche dalla diaspora, davanti ai comunisti riformati di Ivica Račan.

Nell'estate del 1990, nella regione montagnosa della Krajina (ai confini con la Bosnia), a maggioranza serba, venne proclamata la formazione della Regione Autonoma Serba della Krajina. In un clima di tensione sempre pił forte, i Serbi bloccarono per un certo periodo le strade percorse dai turisti che si recavano per le vacanze in Dalmazia. Il 2 settembre si tenne nella stessa regione un referendum sull'autonomia e per una possibile futura congiunzione con la Serbia.

Il 19 marzo 1991 si svolse in Croazia un referendum per la secessione del Paese dalla Jugoslavia. La consultazione venne boicottata nelle Krajine. Il 9 aprile il presidente Tuđman, riorganizzando le forze di polizia speciali, ordinņ la costituzione di un esercito nazionale croato (Zbor Narodne Garde). Nel maggio a Borovo Selo, nelle immediate vicinanze di Vukovar, vennero uccisi in un'imboscata prima due e poi dodici poliziotti croati.

La dichiarazione di indipendenza (25 giugno), conseguenza diretta dei risultati del referendum, provocņ l'intervento militare jugoslavo, deciso a non permettere che territori abitati da Serbi fossero smembrati dalla Federazione e slegati dalla madrepatria serba. La teoria nazionalista serba diventa cosģ ideologia portante di tutta la Jugoslavia e delle sue guerre.

L'attacco, iniziato nel luglio del 1991, coinvolse numerose cittą croate: Ragusa/Dubrovnik, Sebenico, Zara, Karlovac, Sisak, Slavonski Brod, Osijek, Vinkovci e Vukovar.

 

L'assedio di Vukovar [modifica]

Il simbolo della guerra serbo-croata č divenuto l'assedio alla cittą di Vukovar, nella Slavonia (25 agosto - 18 novembre 1991), un territorio in cui Serbi e Croati riuscivano a convivere, fino a poco tempo prima, serenamente. La cittą fu bombardata e quasi completamente rasa al suolo dai Serbi, che impegnarono 20.000 uomini e 300 carri armati. Oltre alle truppe regolari dell'JNA, a Vukovar combatterono anche i paramilitari di Željko Ražnatović "Arkan", responsabili, assieme all'esercito, di saccheggi e uccisioni di centinaia di civili (compresi i malati presenti nell'ospedale cittadino), ignorando ogni convenzione di guerra.

L'assedio si conclude con la vittoria serba il 18 novembre, con circa 1100 civili uccisi e 5000 persone deportate in Serbia.

 

L'evoluzione della guerra [modifica]

Piano strategico d'invasione della Croazia dell'Esercito popolare jugoslavo (1991). L'JNA fu incapace di avanzare secondo i progetti a causa della resistenza croata.

Il 5 ottobre Tuđman si rivolse alla popolazione croata, esortandola a mobilitarsi e difendere il Paese, attaccato dall'JNA e da diverse formazioni paramilitari, espressioni dell'"imperialismo serbo". Questa espressione č densa di riferimenti storici, che non dovevano passare inosservati e inavvertiti in un paese in cui la memoria storica del "piccolo imperialismo serbo" anteguerra non doveva essere mai stata sepolta. Il 7 ottobre una forte esplosione colpģ la sede del governo a Zagabria, durante una riunione a cui partecipavano Tuđman, il presidente federale Stjepan Mesić [7] e il primo ministro federale Marković. Il governo croato accusņ i vertici dell'JNA di essere responsabili dell'attacco, mentre l'esercito jugoslavo asserģ che l'esplosione era opera delle stesse forze di Tuđman. Il giorno seguente il parlamento croato sciolse ogni residuo legame con le istituzioni federali. L'8 ottobre venne proclamato giorno dell'indipendenza croata.

Il 19 dicembre 1991, nel periodo in cui infuriava maggiormente la guerra, i Serbi della Krajina proclamarono ufficialmente la nascita della Repubblica Serba della Krajina ed č da questo punto che scaturģ la Guerra di indipendenza croata.

Il 4 gennaio 1992 entrņ in vigore il quindicesimo (e finalmente per un certo periodo rispettato da entrambe le parti) "cessate il fuoco". L'JNA si ritirņ dalla Croazia entrando in Bosnia, dove la guerra non era ancora iniziata, mentre la Croazia (assieme alla Slovenia) venne riconosciuta ufficialmente dalla CEE (15 gennaio) ed entrņ a far parte dell'ONU (22 maggio).

Nei mesi successivi il conflitto continuņ su piccola scala e le forze croate tentarono di riconquistare le cittą passate sotto il controllo serbo, in particolare nell'area di Ragusa/Dubrovnik (il cui centro fu bombardato dai Serbi il 6 dicembre 1991) e Zara.

Nel settembre 1993, nell'ambito dell'operazione Sacca di Medak (Medački džep) contro i Serbi di Krajina, i Croati, guidati dal generale Janko Bobetko, compirono una serie di crimini contro l'umanitą e di violazioni del diritto internazionale di guerra, causando la morte anche di 11 militari delle forze di peacekeeping dell'ONU.

Nel frattempo la Croazia venne coinvolta pienamente nella guerra in Bosnia-Erzegovina (iniziata nell'aprile del 1992). Alcune fra le persone pił vicine a Tuđman, tra cui Gojko Šušak e Ivić Pašalić, provenivano infatti dalla regione dell'Erzegovina e sostenevano finanziariamente e militarmente i Croati di Bosnia.

Nel 1993, scoppiņ la guerra fra Croati di Bosnia e Bosgnacchi (cittadini bosniaci di religione musulmana). I Croati avevano infatti proclamato il 28 agosto 1993 la Repubblica dell'Herceg Bosna con lo scopo di aggregare la regione di Mostar alla Croazia.

Franjo Tuđman partecipņ ai colloqui di pace fra Croati di Bosnia-Erzegovina e Bosgnacchi, conclusi con gli accordi di Washington (1 marzo 1994). Gli Americani imposero la creazione di una Federazione Croato-Musulmana, e di un'alleanza ufficiale tra Croazia e Bosnia-Erzegovina (ratificata a Spalato, 22 luglio 1995). Tuttavia sembra che Tuđman pił volte si sia incontrato con Milosević allo scopo di spartire, anche con le armi, la Bosnia-Erzegovina tra Croazia e Serbia [8].

 

Le operazioni Lampo e Tempesta [modifica]

Mappa dell'Operazione Tempesta condotta dalle forze croate.

Nei primi giorni di maggio del 1995 venne lanciata dalle forze croate nelle pianure della Slavonia l'operazione Lampo (Operacija Bljesak). Nell'agosto dello stesso anno iniziņ anche l'operazione Tempesta (Operacija Oluja) nella regione della Krajina. Obiettivo di queste campagne militari era la riconquista del territorio croato controllato dai Serbi. Le operazioni militari, unitamente alla martellante propaganda delle radio serbe (che paventavano il massacro dei civili da parte delle truppe croate), costrinsero alla fuga migliaia di civili (secondo i dati dell'ultimo censimento jugoslavo del 1991 i Serbi rappresentavano il 12,16% della popolazione croata). Si stima che pił di 200.000 Serbi furono obbligati alla fuga dall'esercito croato, che si rese protagonista di una delle operazioni di pulizia etnica pił rilevanti di tutto il periodo 1991 - 1995. Il Tribunale Internazionale dell'Aja ritenne responsabili di tali atrocitą diversi comandanti militari croati, tra cui il generale Ante Gotovina [9].

Le operazioni militari terminarono con un netto successo militare croato (le forze serbe non opposero grande resistenza).

La guerra si concluse pochi mesi dopo (Accordi di Dayton, dicembre 1995). Gli accordi prevedevano che i territori a forte presenza serba nell'est del Paese (Slavonia, Baranja e Sirmia) fossero temporaneamente amministrati dalle Nazioni Unite (UNTAES). L'area fu formalmente reintegrata nella Croazia il 15 gennaio 1998.

Le Krajine negoziarono una pacifica reintegrazione nella Repubblica Croata.

La guerra in Bosnia-Erzegovina (1992-1995) [modifica]

La situazione in Bosnia-Erzegovina [modifica]

Gruppi etnici in Bosnia-Erzegovina
(dati censimento 1991)
Bosniaci musulmani 44%
Serbi 31%
Croati 17%
"Jugoslavi" o altro 8%

Mentre la guerra infuriava in Croazia, la Bosnia-Erzegovina, formata da tre diverse etnie (Bosniaci, Serbi e Croati) era in una situazione di pace momentanea ed "artificiale", in quanto le tensioni etniche erano pronte ad esplodere.

Nel settembre del 1991 l'Armata Popolare Jugoslava distrusse un piccolo villaggio all'interno del territorio bosniaco, Ravno, abitato da Croati, nel corso dell'operazioni militari d'assedio di Ragusa/Dubrovnik (cittą sulla costa dalmata situata in Croazia).

Il 19 settembre l'JNA spostņ alcune truppe nei pressi della cittą di Mostar, provocando le proteste delle autoritą locali. Preoccupati dall'idea che i Serbi stessero per attuare il progetto della "Grande Serbia", occupando parte del territorio bosniaco, il 18 novembre 1991 i Croati dell'Erzegovina formarono la "Comunitą Croata di Hergec Bosnia" (Hrvatska Zajednica Herceg-Bosna), embrione della futura Repubblica dell'Herceg Bosna, allo scopo di proteggere i loro interessi nazionali. Tuttavia, almeno fino al marzo del 1992, non vi furono episodi di scontro frontale tra le diverse nazionalitą, che si stavano perņ preparando al conflitto, ormai imminente.

 

Il referendum per l'indipendenza [modifica]

Il 25 gennaio il Parlamento, nonostante la ferma opposizione dei Serbo-bosniaci, decise di organizzare un referendum sull'indipendenza della Repubblica. Il 29 febbraio e il 1 marzo si tenne dunque nel territorio della Bosnia-Erzegovina il referendum sulla secessione dalla Jugoslavia. Il 64% dei cittadini si espresse a favore. I Serbi boicottarono perņ le urne e bloccarono con barricate Sarajevo. Il Presidente della Repubblica, il musulmano Alija Izetbegović [10], chiese l'intervento dell'esercito, affinché garantisse un regolare svolgimento delle votazioni e la cessazione delle tensioni etniche. Il partito che maggiormente rappresentava i Serbi di Bosnia, il Partito Democratico Serbo di Radovan Karadžić, fece sapere perņ subito che i suoi uomini si sarebbero opposti in qualsiasi modo all'indipendenza.

Subito dopo il referendum l'JNA iniziņ a schierare le sue truppe nel territorio della Repubblica, occupando tutti i maggiori punti strategici (aprile 1992). Tutti i gruppi etnici si organizzarono in formazioni militari ufficiali: i Croati costituirono il Consiglio di difesa croato (Hrvatsko Vijeće Obrane, HVO), i Bosgnacchi l'"Esercito di Bosnia-Erzegovina" (Armija Bosne i Hercegovine, Armija BiH), i Serbi l'Esercito della Repubblica Serba (Vojska Republike Srpske, VRS). Erano inoltre presenti numerosi gruppi paramilitari: fra i Serbi le "Aquile Bianche" (Beli Orlovi), fra i Bosgnacchi la "Lega Patriottica" (Patriotska Liga) e i "Berretti Verdi" (Zelene Beretke) , fra i Croati le "Forze Croate di Difesa" (Hrvatske Obrambene Snage).

 

La guerra fra le tre nazionalitą [modifica]

La guerra che ne derivņ fu sicuramente la pił complessa, caotica e sanguinosa guerra in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Vennero firmati dalle diverse parti in causa diversi accordi di cessate il fuoco, inizialmente accettati, per essere stracciati solo poco tempo dopo. Le Nazioni Unite tentarono pił volte di far cessare le ostilitą, con la stesura di piani di pace che si rivelarono fallimentari (piani falliti di Carrington-Cutileiro, settembre 1991, Vance-Owen, gennaio 1993, Owen-Stoltenberg, agosto 1993). Inoltre le trattative venivano spesso condotte da mediatori spesso deboli e inadatti (come gli inglesi Peter Carrington e David Owen), che finirono per far aggravare il conflitto pił che pacificarlo.

Inizialmente i Bosniaci e i Croati combatterono alleati contro i Serbi, i quali erano dotati di armi pił pesanti e controllavano gran parte del territorio rurale, con l'eccezione delle grandi cittą di Sarajevo e Mostar. Nel 1993, dopo il fallimento del piano Vance-Owen, che prevedeva la divisione del Paese in tre parti etnicamente pure, scoppiņ un conflitto armato tra Bosniaci musulmani e Croati sulla spartizione virtuale del territorio nazionale. Č stato dimostrato il coinvolgimento del governo croato di Tuđman in questo conflitto, che lo rese in questo modo internazionale (Zagabria sostenne militarmente i Croato-Bosniaci).

Mostar, gią precedentemente danneggiata dai Serbi, fu costretta alla resa dalle forze croato-bosniache. Il centro storico fu deliberatamente bombardato dai Croati, che distrussero il famoso vecchio ponte (Stari Most, 9 novembre 1993).

Il bilancio della guerra fu spaventoso: la capitale del Paese, Sarajevo, fu assediata (dalle truppe serbo-bosniache) per 43 mesi. Ciascuno dei tre gruppi nazionali si rese protagonista di crimini di guerra e di operazioni di pulizia etnica.

Il Centro di ricerca e documentazione di Sarajevo ha diffuso le cifre documentate (ma non definitive) sui morti della guerra in Bosnia-Erzegovina: 93.837 quelli accertati fino al dicembre 2005. Di questi 63.687 sono Bosgnacchi (67,87%), 24.216 Serbi (25,8%), 5.057 Croati (5,39%) e 877 dichiaratisi Jugoslavi al censimento del 1991 o stranieri (0,93%).

 

L'assedio di Sarajevo [modifica]

Per approfondire, vedi la voce Assedio di Sarajevo.

Il 5 aprile 1992 migliaia di cittadini avevano organizzato per le strade di Sarajevo marce pacifiche per la conclusione del conflitto e di protesta contro i tre partiti etnici e nazionalisti al potere, il Partito Democratico Serbo (DDS) di Karadžić, il Partito dell'Azione Democratica (SDA) di Izetbegović e la Comunitą Democratica Croata (HDZ) di Mate Boban. Un manifestante venne trovato ucciso: iniziņ l'assedio di Sarajevo. Il giorno dopo la Comunitą Europea riconobbe ufficialmente lo stato di Bosnia-Erzegovina, mentre i deputati serbi di Bosnia proclamarono l'indipendenza della Repubblica Serba di Bosnia-Erzegovina (Republika Srpska).

Il 2 maggio 1992 venne ufficializzato dai Serbi, che si erano appostati sulle colline vicine, il blocco generale della cittą. I principali accessi alla cittą vengono bloccati, cosģ come i rifornimenti di cibo e medicine. Sarajevo si ritrovņ priva di elettricitą, acqua e riscaldamento. Per tentare di arginare il blocco serbo, l'ONU riaprģ l'aeroporto di Sarajevo, dal quale la cittą sarą a lungo dipendente.

In meno di 10 anni dalle Olimpiadi all'assedio

Il periodo pił duro per la cittą fu quello compreso tra la seconda metą del 1992 e la prima metą del 1993. Gli attacchi serbi si fecero pił intensi e vennero commesse numerose atrocitą, anche se alcuni abitanti serbi di Sarajevo decisero di unirsi agli assediati e di difendere la cittą. Tra il 1992 e il 1995, gli stessi Serbi di Sarajevo furono oggetto di pulizia etnica da parte dei Bosniaci musulmani, venendo espulsi dalla cittą, mentre diverse migliaia vennero uccisi.

Nel settembre 1993 si stimarono in 35.000 gli edifici e le strutture cittadine distrutte, tra cui ospedali, industrie, la sede della Presidenza della Bosnia-Erzegovina, ministeri, sedi di media e giornali, la Biblioteca Nazionale, nonché migliaia di abitazione civili.

Fra le diverse atrocitą commesse, la pił grave fu l'uccisione di 68 bosniaci civili da parte di Serbi in un mercato della cittą (12 giugno 1993).

 

Srebrenica [modifica]

Per approfondire, vedi la voce Massacro di Srebrenica.

Ratko Mladić, generale serbo-bosniaco responsabile del massacro.

Nel luglio 1995 furono uccisi 7500-8000 bosniaci maschi, in gran parte civili, in etą tra l'adolescenza e la vecchiaia, nella zona di Srebrenica (Bosnia orientale, ora parte della Repubblica Serba). Il massacro fu ordinato dall'Esercito della Repubblica Serba, agli ordini del generale Ratko Mladić; alle operazioni di sterminio parteciparono anche le unitą speciali degli "Scorpioni". Pretesto sarebbero stati i massacri compiuti in diversi villaggi serbi nella zona di Vranica, la settimana precedente al massacro di Srebrenica, da parte di milizie musulmane uscite dalla cittą.

La zona di Srebrenica era stata dichiarata zona protetta dalle Nazioni Unite (Risoluzione 819 dell'aprile 1993) e costituiva un'enclave in territorio serbo-bosniaco abitata da Bosniaci musulmani e protetta dalle forze militari dell'ONU.

L'Esercito serbo-bosniaco violņ gli accordi entrando una prima volta nell'enclave nel giugno del 1995. Constatando l'assenza di alcun intervento di difesa da parte dell'ONU, il presidente serbo-bosniaco Radovan Karadžić autorizzņ all'esercito la presa della cittą il 9 luglio 1995. Le numericamente insufficienti truppe dell'ONU (tre compagnie olandesi) non intervennero a favore della popolazione civile e il generale Karremans si limitņ a chiedere un intervento urgente delle forze aeree della NATO per bloccare i Serbo-bosniaci. La cittą cadde l'11 luglio e l'intera popolazione venne evacuata nei pressi del sobborgo industriale di Potočari. Qui venne divisa in due gruppi, donne e bambini (che raggiunsero con dei pullman Tuzla) e uomini, in gran parte uccisi, a volte alla presenza degli stessi caschi blu olandesi.

Il massacro provocņ un enorme reazione nell'opinione politica internazionale, segnando l'inizio della fine della guerra in Bosnia. Dopo i primi mesi in cui il ministero della difesa olandese vietņ ai suoi soldati qualsiasi dichiarazione riguardo a Srebrenica, in seguito ai risultati del rapporto commissionato dal'Aja l'intero governo olandese (guidato, come nel 1995, da Wim Kok), si dimise nell'aprile del 2002.

 

Gli accordi di Dayton [modifica]

Per approfondire, vedi la voce Accordi di Dayton.

Suddivisione del territorio bosniaco nella Federazione croato-musulmana (azzurro), Repubblica Serba (rosso) e Distretto Autonomo di Brčko (verde)

La guerra si concluse con la firma degli accordi stipulati a Dayton, Ohio, tra il 1 e il 26 novembre 1995. Parteciparono ai colloqui di pace tutti i maggiori rappresentanti politici della regione: Slobodan Milošević, presidente della Serbia e rappresentante degli interessi dei Serbo-bosniaci (Karadžić era assente), il presidente della Croazia Franjo Tuđman e il presidente della Bosnia Erzegovina Alija Izetbegović, accompagnato dal ministro degli esteri bosniaco Muhamed "Mo" Sacirbey. La conferenza di pace fu guidata dal mediatore americano Richard Holbrooke, assieme all'inviato speciale dell'Unione Europea Carl Bildt e al viceministro degli esteri della Federazione Russa Igor Ivanov.

L'accordo (formalizzato a Parigi, 14 dicembre 1995) sanciva l'intangibilitą delle frontiere, uguali ai confini fra le repubbliche federate della RSFJ, e prevedeva la creazione di due entitą interne allo stato di Bosnia Erzegovina: la Federazione Croato-Musulmana (51% del territorio nazionale, 92 municipalitą) e la Repubblica Serba (RS, 49% del territorio e 63 municipalitą).

Le due entitą create sono dotate di poteri autonomi in vasti settori, ma sono inserite in una cornice statale unitaria. Alla Presidenza collegiale del Paese (che ricalca il modello della vecchia Jugoslavia del dopo Tito) siedono un serbo, un croato e un musulmano, che a turno, ogni otto mesi, si alternano nella carica di presidente - primus inter pares.

Particolarmente complessa la struttura legislativa: ciascuna entitą č dotata di un parlamento locale: la Repubblica Serba di un'assemblea legislativa unicamerale, mentre la Federazione Croato-Musulmana di un organo bicamerale. A livello statale vengono invece eletti ogni quattro anni gli esponenti della camera dei rappresentanti del parlamento, formata da 42 deputati, 28 eletti nella Federazione e 14 nella RS; infine della camera dei popoli fanno parte 5 serbi, 5 croati e 5 musulmani.

Bandiera della Repubblica Serba di Krajina

In rosso i territori della Repubblica Serba di Krajina

Stemma della Repubblica Serba di Krajina


La Repubblica Serba di Krajina (
serbo: Република Српска Крајина, РСК) fu una entitą autoproclamata dalla maggioranza serba abitante in Krajina e Slavonia, due regioni della Croazia. Istituita il 1ŗ aprile 1991, non ricevette mai alcun riconoscimento internazionale.

Durante il 1995 le forze dell'esercito croato rioccupararono gran parte del territorio dell'autoproclamata repubblica, mentre solamente nel 1998 l'ONU abbandonņ una zona cuscinetto tra Croazia e Serbia, nella parte pił orientale della Slavonia.

 

Voci correlate [modifica]

Storia [modifica]

Per approfondire, vedi la voce Storia della Bosnia-Erzegovina.

 

Dall'antichitą all'era moderna [modifica]

Durante i primi secoli dell'etą cristiana, la Bosnia fu parte dell'Impero Romano. Caduta Roma, essa venne contesa da Bisanzio e dai regni romano-barbarici occidentali.

Gli Slavi si insediarono nella regione nel VII secolo ed i regni di Croazia, Doclea e Rascia/Serbia e ducati di Zachumlia e Terbunia si divisero il controllo della Bosnia nel IX secolo. L'XI e il XII secolo videro la regione sotto il dominio del regno di Ungheria-Croazia.

Il regno medioevale di Bosnia ottenne l'indipendenza attorno al 1200 e la mantenne fino al 1463, quando i turchi ottomani conquistarono la regione. Durante il dominio ottomano, molti bosniaci ed erzegovinesi abbandonarono i loro legami con la Cristianitą in favore dell'Islam. La Bosnia fu sotto il controllo ottomano fino al 1878, quando venne data in amministrazione all'Austria-Ungheria. Mentre coloro che abitavano in Bosnia furono dal 1908 ufficialmente all'interno dell'impero austro-ungarico.

Gli Slavi del sud, in Serbia e altrove, iniziarono a richiedere uno stato slavo meridionale; la Prima guerra mondiale iniziņ quando un nazionalista serbo, Gavrilo Princip, assassinņ l'arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo.

L'Austria-Ungheria dichiarņ guerra alla Serbia dopo aver visto rifiutate le proprie richieste di partecipare alla ricerca e alla persecuzione delle organizzazioni terroristiche; la Russia si schierņ a fianco della Serbia, mentre la Germania si schierņ a fianco dell'Austria; ne scaturģ la Prima guerra mondiale. L'Italia non rispettņ la Triplice Alleanza, poiché il trattato prevedeva una difesa comune contro un attacco esterno e non un attacco diretto come fece l'Austria, cosģ entrņ in guerra contro gli ex alleati senza il voto del Parlamento, non interventista. Dopo la Grande guerra, la Bosnia divenne parte del regno di Jugoslavia, solo per essere ceduta alla Croazia controllata dal governo nazionalista dello Stato indipendente di Croazia durante la Seconda guerra mondiale.

 

 

 Sciopero generale, cortei in tante cittą
Epifani: «Il peggio deve ancora arrivare»

INFATTI ECCO I NUMERI CHE ARRIVANO DAL TRENTINO

Le isole felici non ci sono pił. Le province di Trento e Bolzano sono anche loro Italia. Un'Italia buffonesca e ciarlatana. Da figli della Lupa siamo diventati figli dello struzzo. Per vedere la voragine dobbiamo caderci dentro.
Gli zoccoli dei bufali di montagna si sentono anche in pianura, sono zoccoli con l'eco. Trentatre trentini entrarono a Trento tutti e trentatre trotterellando. Trentatremila trentini e altoatesini usciranno dalle fabbriche tutti e trentatremila trotterellando. Dove andranno? A fare shopping come consiglia il Governo per rilanciare l'economia? Magari con una social card nuova di zecca?
Le dimensioni della disoccupazione, regione dopo regione, stanno assumendo dimensioni bibliche, al di fuori della umana comprensione. Quali fabbriche rimarranno in piedi tra un anno? E come faranno a mangiare milioni di famiglie? A queste domande nessuno sa rispondere.
Cesare Battisti, se ritornasse in vita, chiederebbe l'annessione del Trentino Alto Adige all'Austria.

PROVINCIA DI TRENTO: 40 mila precari a rischio
GARDOLO: 95 esuberi alla Whirpool (691 in Italia)
BOLZANO-TRENTO: 70 esuberi alla Telecom Italia
FOLGARIDA MARILEVA: a rischio pił di un terzo dei 170 dipendenti delle funivie
ALTO ADIGE: 1.340 cassintegrati da ottobre in una serie di aziende
ALTO ADIGE: nel periodo gennaio-ottobre 2007 le domande per i sussidi di disoccupazione erano 12.757, nello stesso periodo del 2008 sono salite a 18.553 (+ 45,3%). Le domande per cassa integrazione sono passate da 5.037 a 6.922 (+37,2%).

Post precedenti:
- Tra la via Emilia e il West
- La Serenissima disoccupata
- Quella cosa in Lombardia
- Gli zoccoli dei bisonti
 

Mobilitazione generale contro la politica economica del governo. Il leader Cgil: «Dati buoni, soprattutto a Nord»

ROMA - Č il giorno dello sciopero generale indetto dalla Cgil per protestare contro la politica economica del governo. Tante le persone scese in piazza per partecipare ai cortei organizzati in diverse cittą italiane. A causa della grave situazione legata al maltempo, la mobilitazione non riguarda il trasporto ferroviario e i trasporti pubblici locali nelle zone pił colpite dalla pioggia, in particolare Roma e Venezia. Epifani ha partecipato alla manifestazione di Bologna, che si č conclusa con il suo intervento in piazza Maggiore. «Il peggio deve ancora arrivare» ha detto, ricordando i 400mila in cassa integrazione e sottolineando come lo sciopero del 50% alla Fiat Mirafiori «dimostri quale forza, dignitą e unitą abbiano quei lavoratori nell'affrontare la crisi». Poi l'attacco a Berlusconi: «Ogni tanto usa la metafora per sé del buon padre di famiglia ma un buon padre farebbe tutto, anche di pił, di fronte a questa crisi». Il leader della Cgil ha salutato i 112 lavoratori della Maserati ai quali non sarą rinnovato il contratto di lavoro e ha espresso solidarietą ai sindacati greci per l'uccisione del giovane Alexis Grigoriopoulos.

A ROMA BERTINOTTI E GIORDANO - Nella Capitale flagellata dal maltempo al corteo della Cgil hanno partecipato 30mila persone. Presenti il segretario generale della Cgil Roma e Lazio Claudio Di Berardino, il segretario generale della Spi-Cgil (pensionati) Carla Cantone, l'ex presidente della Camera Fausto Bertinotti e l'ex segretario di Rifondazione Comunista Franco Giordano. «Questa manifestazione č una speranza - ha detto Bertinotti -. Siamo di fronte a scelte che segnano l'Italia e l'Europa. Bisogna garantire l'occupazione e creare un modello di sviluppo economico e sociale alternativo». Il corteo degli studenti č partito da piazzale Aldo Moro al grido di «blocchiamo» e con in testa lo striscione «Contro tagli precarietą e privatizzazione l'onda generalizza lo sciopero». Gli studenti si sono uniti ai Cobas, ma poi se ne sono separati dirigendosi verso il ministero dell'Istruzione. Alcuni manifestanti sono entrati nel Colosseo e hanno esposto un enorme striscione «No 133». Su un altro striscione si legge «Lavoro e universitą, stessa rabbia stessa precarietą. Con Alexis nel cuore».

A MILANO QUATTRO CORTEI - A Milano sono quattro i cortei: della Cgil, dei sindacati di base e degli studenti. Pesanti i disagi per la circolazione. I manifestanti - 50mila per il sindacato confederale e altrettanti se non di pił per Cobas, Sdl-Intercategoriale e Cub - seguono due percorsi diversi per poi ricongiungersi in piazza Duomo. In testa al corteo Cgil, dietro lo striscione della Camera del lavoro, sfilano il segretario milanese Onorio Rosati e la segretaria nazionale Morena Piccinini. Poco pił avanti c’č uno stendardo della federazione dei lavoratori della conoscenza - Flc Scuola universitą e ricerca. Tante le bandiere rosse del sindacato listate a lutto, per ricordare la strage delle morti sul lavoro. Cub, Sdl-intercategoriale e Cobas chiedono la continuitą del reddito, cioč di garantire a tutti i lavoratori dipendenti, precari e atipici almeno l'80% di retribuzione in caso di perdita del lavoro, con finanziamento a carico dei datori di lavoro e dello Stato. Viene contestata la finanziaria del governo Berlusconi cosģ come la riforma scolastica. Molti gli slogan contro i ministri Gelmini e Brunetta.

EPIFANI A BOLOGNA - A Bologna il serpentone - 200mila i partecipanti - si č snodato sotto una pioggia battente e un mare di ombrelli colorati, guidato dal segretario generale Guglielmo Epifani. Presente anche il ministro ombra dell’Economia, Pierluigi Bersani, e altri esponenti del Pd. Mancava il sindaco Cofferati per impegni istituzionali gią annunciati nei giorni scorsi. «Ma con il cuore sta qua, lo vedrņ dopo - ha detto Epifani -. Malgrado la pioggia il clima č straordinario, spero che il governo voglia ascoltare». «I primi dati dello sciopero - ha aggiunto il leader sindacale - sono molto buoni e confortanti, soprattutto nelle fabbriche del nord, e questo dą ragione alla domanda di cambiamento della politica del governo». E ai colleghi di Cisl e Uil: «Mi rammarico che non siamo insieme perché le ragioni di questo sciopero sono sacrosante. Se non avessimo fatto la grande manifestazione sulla scuola del 30 ottobre non avremmo avuto oggi la retromarcia della Gelmini». Il corteo č aperto dallo striscione «Sciopero generale contro la crisi, pił lavoro, pił salario, pił pensioni, pił diritti». Spiccano tre faccioni di cartapesta con Berlusconi, la Gelmini e Brunetta. Molti manifestanti sono arrivati su due treni speciali e con 600 pullman da tutta la regione.

FIRENZE BLOCCATA - Quattro i cortei che percorrono il centro di Firenze: quello della Cgil, quello dei Cobas e quello degli studenti. Da Santissima Annunziata si č mosso il corteo del Movimento antagonista, diretto verso via Valfonda, dove ha sede l'Associazione industriali, per una manifestazione contro le morti sul lavoro. A Genova oltre 10mila persone (20mila secondo gli organizzatori) partecipano al corteo. A Perugia i manifestanti sono 5mila, 10mila ad Ancona. A Lanciano, in Abruzzo, sono scese in piazza circa 2mila persone, insieme al leader dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro.

ADESIONE ALTA A TORINO - A Torino il corteo č aperto da tre grandi palle di neve con scritto «Disoccupazione», «Rischio Povertą», «Precarietą» e lo striscione «Contro la valanga della crisi. Pił lavoro, pił salario, pił pensione, pił diritti». Secondo il sindacato l'adesione nelle aziende metalmeccaniche del Torinese va dal 90% dell'Itca e della Teksid al 70% dell'Alenia, all'80% della Microtenica. L'adesione allo sciopero dei lavoratori di Palazzo Civico č del 40%, mentre tra quelli del mondo della scuola arriva al 45%. Nello stabilimento Fiat Mirafiori l'adesione č stata, secondo la Cgil, intorno al 50%. Per l'azienda il dato medio di partecipazione č del 16% tra operai e impiegati di tutti gli stabilimenti italiani.

NAPOLI E CAMPANIA - A Napoli sono circa 40mila - secondo gli organizzatori - i lavoratori scesi in piazza. Il serpentone di persone, bandiere e striscioni contro la precarietą e la disoccupazione, si snoda fino alla centrale piazza del Gesł, dove il segretario della Fiom Gianni Rinaldini tiene il comizio conclusivo insieme al segretario provinciale Giuseppe Errico. Altri quattro i cortei in Campania. Al corteo di Bari partecipano circa 30mila persone secondo gli organizzatori. A Palermo un gruppo di studenti, staccandosi dal corteo principale cui partecipano anche esponenti locali del Pd, ha occupato il consolato greco in via Noto per esprimere solidarietą al movimento studentesco greco dopo la morte del 15enne. Oltre 15mila i manifestanti in piazza a Cagliari.

«OBIETTIVI GIUSTI» - Prima dell'inizio delle manifestazioni Epifani, intervenuto a Panorama del giorno, ha detto che «lo sciopero (proclamato senza l'appoggio di Cisl e Uil, ndr) č sempre un mezzo per avere degli obiettivi, mai un fine. Io credo che gli obiettivi dello sciopero sono giusti». Serve, ha aggiunto, «per chiedere al governo di affrontare la crisi, che come si vede giorno dopo giorno sta avendo effetti molto pesanti sull'occupazione, sui giovani precari, sulla vita delle imprese, sui redditi dei dipendenti e dei pensionati». Epifani chiede al governo di aprire un tavolo con i sindacati e Confindustria per affrontare insieme le questioni aperte dalla crisi: «Perché non lo fa? Di cosa ha paura?».

BONANNI: «ERRORE STORICO» - Molto critica la posizione del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, che parla di «uno sciopero generale del lavoro che non aiuta i lavoratori, non serve a impostare una seria politica contro la crisi economica, accentua le divisioni anziché favorire la convergenza di tutto il sindacalismo confederale attorno a una politica riformista e di sviluppo». In un intervento pubblicato su Ilsussidiario.net, quotidiano online della Fondazione per la Sussidiarietą, definisce la mobilitazione «un errore di portata storica proprio perché non soltanto il nostro paese, ma l'Europa e il mondo intero sono di fronte alle dimensioni inedite e gigantesche di una crisi che non č solo finanziaria, ma colpisce i settori produttivi, aggredisce i livelli di vita di grandi masse e fa intravedere i sintomi di una recessione senza precedenti». Renata Polverini (Ugl) in un editoriale su Il Secolo d'Italia parla di iniziativa «miope», «lo sciopero pił anacronistico del dopoguerra», mentre al paese serve «dialogo». L'unica sigla che ha aderito alla mobilitazione, oltre alla Cgil, č la Cosnil (Confederazione Sindacati Italiani Lavoratori), che annuncia l'astensione dal lavoro di 20mila iscritti.

 

Usa, monete locali contro la crisi

I promotori: «Cambiando cento dollari i clienti riceveranno 110 milwaukee»

WASHINGTON – Ricordate l’Italia degli Anni settanta, a corto di monete, dove molte comunitą sopperivano al vuoto stampando le proprie banconote, e a volte non si trattava di spiccioli? Ebbene, due comunitą di Milwaukee, la prima cittą del Wisconsin, intendono fare lo stesso per sconfiggere la recessione. I quartieri di Riverside e Eastside decideranno mercoledģ se lanciare i propri soldi. Sura Faraj, il promotore della iniziativa, si dice certo del suo successo. Ha spiegato che i produttori e i commercianti locali concederanno in pratica uno sconto del 10 per cento ai clienti: «Cambiando cento dollari» ha asserito «i clienti riceveranno 110 milwaukee. Non potranno usarli nelle catene dei grandi magazzini nazionali, solo coi fornitori cittadini. E ciņ aiuterą le nostre piccole e medie imprese e i nostri negozianti».

I PROBLEMI LEGALI - Secondo Faraj, l’iniziativa č legale, basta che le banconote non somiglino al dollaro: «Un tempo» ha ricordato «in America circolavano le monete pił diverse, a beneficio delle varie comunitą». Da una ricerca da lui condotta, nel mondo ci sono circa 2.000 monete locali, non tutte legali, ma comunque tollerate dallo stato. L’iniziativa, rivelata dal quotidiano Chicago tribune, č appoggiata dai fautori del "localismo”, un movimento economico in rapida crescita, a cui giudizio i costi della maggioranza dei prodotti sono maggiorati inutilmente dai trasporti, che contribuiscono tra l’altro ad aumentare l’inquinamento.

L'ESEMPIO DEL NORD DAKOTA - Le due comunitą di Milwaukee hanno tratto ispirazione dal Nord Dakota, lo stato che nell’attuale recessione sta facendo meglio di tutti proprio perché pratica con cura il “localismo”. Nel Nord Dakota, le banche non hanno concesso mutui subprime, le autoritą hanno tenuto la finanza sotto controllo, e lo stato ha continuato a prosperare, al punto da avere il bilancio in attivo. Le vendite delle auto sono crollate quasi ovunque negli Stati uniti ma nel Nord Dakota quest’anno sono aumentate del 27 per cento. I disoccupati sono il 3,4 per cento, la metą della media nazionale. Il Nord Dakota si attiene rigidamente al dollaro, ma il Chicago tribune non esclude che l’esempio di Milwaukee venga seguito da altre cittą in altri stati.

 

Obama: imponente piano infrastrutture

Il presidente eletto promette gli investimenti pił ingenti dagli anni '50 ad oggi. «Internet in tutte le scuole»

 

Barack Obama (Epa)
Barack Obama (Epa)

WASHINGTON - Importanti annunci del presidente eletto degli Stati Uniti nel discorso radiofonico settimanale del Partito democratico. Obama ha promesso che metterą in atto il pił importante piano di investimenti nelle infrastrutture dagli anni Cinquanta ad oggi.

 

POSTI DI LAVORO - Milioni di posti di lavoro verranno dal «maggior investimento nelle nostre infrastrutture nazionali dalla creazione della rete federale delle autostrade negli anni Cinquanta». Il piano prevede che gli Stati perdano i finanziamenti se non agiranno rapidamente per costruire o riparare strade e ponti. «Metteremo una regola semplice - ha detto Obama -: usali o li perdi». L'obiettivo del presidente eletto, quello di creare almeno 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2011, č stato ribadito all'indomani dei dati sull'occupazione Usa, con il taglio di 533.000 posti nel solo mese di novembre. La recessione ha spinto il tasso di disoccupazione al 6,7% e potrebbe portarlo sopra l'8% alla fine del prossimo anno.

RISPARMIO ENERGETICO - Obama ha anche promesso accorgimenti di risparmio e sensibilitą ambientale: «Per prima cosa, lanceremo un massiccio sforzo per rendere gli edifici pubblici pił efficienti dal punto di vista energetico - ha detto Obama -. Il nostro governo ora paga la pił alta bolletta energetica del mondo. Sostituire vecchi impianti di riscaldamento e installare lampadine a basso consumo negli edifici federali farebbe risparmiare miliardi di dollari ai contribuenti e creerebbe nuovi posti di lavoro».

PIŁ INTERNET - Un altro tema affrontato nel discorso radiofonico č la possibilitą di accesso a internet, che secondo il presidente eletto va accresciuta grazie alla banda larga in modo che «ogni bambino possa connettersi». «Rinnoveremo la nostra autostrada informatica, č inaccettabile che gli Stati Uniti siano solo al 15° posto per quanto riguarda l'adozione della banda larga», ha detto Obama. Internet dovrą entrare in ogni scuola. La modernizzazione dell'istruzione si baserą infatti su due essenziali punti, l'efficienza energetica e l'installazione di computer in ogni aula scolastica. Obama ha riferito in dettaglio alcune delle misure per il rilancio economico che intende mettere immediatamente in esecuzione dopo il 20 gennaio, quando assumerą ufficialmente la carica di presidente.

 

Il governo salva Geronzi
Tanzi e Cragnotti

di LIANA MILELLA

Il governo salva Geronzi Tanzi e Cragnotti

Una recente immagine di Sergio Cragnotti


ROMA - Un'altra? Sģ, un'altra. E per chi stavolta? Ma per Cesare Geronzi, il presidente di Mediobanca negli impicci giudiziari per via dei crac Parmalat e Cirio. La fabbrica permanente delle leggi ad personam, col marchio di fedeltą del governo Berlusconi, ne produce un'altra, infilata nelle pieghe della legge di conversione del decreto Alitalia. Non se ne accorge nessuno, dell'opposizione s'intende, quando il 2 ottobre passa al Senato. Eppure, come gią si scrivono i magistrati nelle maling list, si tratta d'una "bomba atomica" destinata a far saltare per aria a ripetizione non solo i vecchi processi per bancarotta fraudolenta, ma a bloccare quelli futuri.

Con un semplice, e in vero anche mal scritto, articolo 7bis che modifica la legge Marzano sui salvataggi delle grandi imprese e quella sul diritto fallimentare del 1942. L'emendamento dice che per essere perseguiti penalmente per una mala gestione aziendale č necessario che l'impresa si trovi in stato di fallimento.

Se invece č guidata da un commissario, e magari va anche bene come nel caso della Parmalat, nessun pubblico ministero potrą mettere sotto processo chi ha determinato la crisi. Se finora lo stato d'insolvenza era equiparato all'amministrazione controllata e al fallimento, in futuro, se la legge dovesse passare com'č uscita dal Senato, non sarą pił cosģ. I cattivi manager, contro cui tutti tuonano, verranno salvati se l'impresa non sarą definitivamente fallita.

Addio ai processi Parmalat e Cirio. In salvo Tanzi e Cragnotti. Salvacondotto per l'ex presidente di Capitalia Geronzi. Colpo di spugna anche per scandali di minore portata come quello di Giacomelli, della Eldo, di Postalmarket. Tutto grazie ad Alitalia e al decreto del 28 agosto fatto apposta per evitarne il fallimento. Firmato da Berlusconi, Tremonti, Scajola, Sacconi, Matteoli. Emendato dai due relatori al Senato, entrambi Pdl, Cicolani e Paravia. Pronto per essere discusso e approvato martedģ prossimo dalla Camera senza che l'opposizione batta un colpo.


Ma ecco che una giornalista se ne accorge. Č Milena Gabanelli, l'autrice di Report, la trasmissione d'inchieste in onda la domenica sera su Rai3. Lavora su Alitalia, ricostruisce dieci mesi di trattative, intervista con Giovanna Boursier il commissario Augusto Fantozzi, gli chiede se č riuscito a garantirsi "una manleva", un salvacondotto per eventuali inchieste giudiziarie. Lui risponde sicuro: "No, io non ho nessuna manleva".

Ma quel 7bis dimostra il contrario. Report ascolta magistrati autorevoli, specializzati in inchieste economiche. Come Giuseppe Cascini, segretario dell'Anm e pm romano dei casi Ricucci, Coppola, Bnl. Il suo giudizio č senza scampo. Eccolo: "Se la norma verrą approvata non saranno pił perseguibili i reati di bancarotta commessi da tutti i precedenti amministratori di Alitalia, ma neppure quelli compiuti da altri manager di societą per cui c'č stata la dichiarazione d'insolvenza non seguita dal fallimento".

Cascini cita i casi: "Per i crac Cirio e Parmalat c'č stata la dichiarazione d'insolvenza, ma senza il fallimento. Il risultato č l'abrogazione dei reati fallimentari commessi da Tanzi, Cagnotti, dai correi". Non basta. "Subito dovrą essere pronunciata sentenza di assoluzione perché il fatto non č pił previsto dalla legge come reato per tutti gli imputati, inclusi i rappresentanti delle banche".

Siamo arrivati a Geronzi. Chiede la Gabanelli a Cascini: "Ma la norma vale anche per lui?". Lapidaria la risposta: "Ovviamente sģ". Le toghe s'allarmano, i timori serpeggiano nelle mailing-list. Come in quella dei civilisti, Civil-net, dove Pasquale Liccardo scrive: "Ho letto la nuova Marzano. Aspetto notizie sulla nuova condizione di punibilitą che inciderą non solo sui processi futuri ma anche su quelli in corso". Nessun dubbio sulla portata generale della norma. Per certo non riguarderą la sola Alitalia, ma tutte le imprese.

Vediamolo questo 7bis, cosģ titolato: "Applicabilitą delle disposizioni penali della legge fallimentare". Stabilisce: "Le dichiarazioni dello stato di insolvenza sono equiparate alla dichiarazione di fallimento solo nell'ipotesi in cui intervenga una conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento, in corso o al termine della procedura, ovvero nell'ipotesi di accertata falsitą dei documenti posti a base dell'ammissione alla procedura".

La scrittura č cattiva, ma l'obiettivo chiaro: finora i manager delle grandi imprese finivano sotto processo per bancarotta a partire dalla sola dichiarazione d'insolvenza. Invece, se il 7bis passa, l'azione penale resterą sospesa fino a un futuro, e del tutto incerto, fallimento definitivo. Commentano le toghe: "Una moratoria sine die, un nuovo colpo di spugna, una mano di biacca sulle responsabilitą dei grandi manager le cui imprese sono state salvate solo grazie alla mano pubblica". Con un assurdo plateale, come per Parmalat. S'interromperą solo perché il commissario Bondi evita il fallimento.

Ma che la salva Geronzi sia costituzionale č tutto da vedere. Gli esperti gią vedono violati il principio d'uguaglianza e quello di ragionevolezza. Il primo perché la norma determina un'evidente disparitą di trattamento tra i poveri Cristi che non accedono alla Marzano, falliscono, e finiscono sotto processo, e i grandi amministratori. Il secondo perché l'esercizio dell'azione penale dipende solo dalla capacitą del commissario di gestire l'azienda in crisi. Se la salva, salva pure l'ex amministratore; se fallisce, parte il processo. Vedremo se Berlusconi andrą avanti sfidando ancora la Consulta.
(9 ottobre 2008)

MA DOPO IL COSģ DETTO LODO ANGELINO JOLIE ALFANO-SCHIF(O)ANI, E DOPO LA LEGGINA BLOCCA PROCESSI, ECCOLI DI NUOVO IN AZIONE CON UN NUOVO TENTATO DECRETO PER SALVARE TUTTI GLI AMICONI DELLO "IOTA":

LEGA ED AN NON FANNO PASSARE IN CDM LA SALVA IMPRENDITORI 2. ALLUCINANTI LE AFFERMAZIONI DEL COSģ DETTO MINISTRO DI GIUSTIZIA DOPO LA BOCCIATURA. RATIFICATO POI IL TRATTATO CON LA LIBIA CHE PREVEDE IL VERSAMENTO DI 5 MILIARDI DI DOLLARI COME RISARCIMENTI DI NON SI SA BENE CHE COSA (ANCORA LA SECONDA GUERRA MONDIALE????)

ROMA - Il controverso disegno di legge sulla cosiddetta «messa in prova» degli incensurati che cancella anche il reato per i colpevoli di furto, falso in bilancio, usura, truffa, corruzione di minorenni elaborato dal ministro della Giustizia Angelino Alfano, č stato rinviato ad altra seduta del Consiglio dei ministri. «Č una proposta tutta da esaminare», ha commentato il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, al termine della riunione di governo. «Su questo tema bisognerą avviare una profonda riflessione. La novitą di questo Ddl č che oggi chi ottiene la condizionale la incassa senza obblighi, invece dopo dovrą fare lavori socialmente utili». La Russa si č detto «completamente d'accordo» con il ministro dell'Interno Roberto Maroni che č contrario alla parte del Ddl che prevede la conversione della reclusione per pene fino a quattro anni in lavori socialmente utili.

ALFANO - «Si rassegni chi immagina che ci saranno trappole su indulti o amnistie. La posizione del governo č chiara: non ne faremo», ha detto il ministro della Giustizia Alfano, il quale ha spiegato che il Ddl «messa in prova» non era all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri. «Il principale punto del provvedimento č dire basta alla sospensione condizionale della pena gratis: chi ha fatto un danno alla societą dovrą ripararlo lavorando obbligatoriamente, altrimenti niente condizionale e si fa il carcere per cui si č stati condannati». Sulla messa alla prova degli indagati, che č «un istituto completamente distinto» il ministro preannuncia «approfondimenti», tenendo conto anche delle perplessitą avanzate da Lega e An.

CRISI E ALITALIA - La Russa ha poi reso noto che al Consiglio dei ministri non si č discusso di crisi economica né di Alitalia in quanto «il ministro dell'Economia Giulio Tremonti non era presente» per altri impegni.

LIBIA - Il governo ha invece approvato il disegno di legge per la ratifica del trattato di amicizia tra Italia e Libia. Il provvedimento prevede «un risarcimento non simbolico per gli esuli italiani che persero tutti i loro beni», ha spiegato La Russa. «Č una piccola storia, non un fatto eclatante come le foibe. Č piccola ma importante». L'Italia si č impegnata con la Libia a scusarsi per la colonizzazione(??? MA SONO COSE DI OLTRE 60 ANNI FA !!!!!!! Scuse per la colonizzazione quando i Tribunali militari italiani CONTINUANO A CONDANNARE LA GERMANIA PER LE STRAGI NAZISTE SENZA RICEVERE LA BENCHč MINIMA SODDISFAZIONE E LA GERMANIA E' UN PAESE DELL'UNIONE EUROPEA!!!) e a pagare cinque miliardi di dollari nei prossimi 25 anni per le infrastrutture. L'accordo prevede anche la realizzazione di un'autostrada costiera dal confine con l'Egitto a quello con la Tunisia.

INFANZIA - Approvato anche il Ddl che istituisce il garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Il provvedimento non sarą terreno di scontro politico in quanto la tutela dei minori non č né di destra né di sinistra», ha affermato il ministro per le Pari opportunitą, Mara Carfagna.. Il garante, che verrą nominato per quattro anni dai presidenti di Camera e Senato, «sarą una figura indipendente con compiti di proposta, consultivi e di ascolto». Verrą istituito un numero telefonico di emergenza gratuito (il 114) per segnalare violazioni dei diritti dei minori o situazioni a rischio per i minori. Il ministro ha quindi aggiunto che chiederą all’opposizione di approvare il testo in sede legislativa per fare in modo che diventi legge al pił presto.

 

La finanza di progetto (o project financing in inglese) č una operazione di finanziamento a lungo termine, che consiste nell'utilizzo di una societą neocostituita (cosiddetta SPC, Special Purpose Company) la quale serve a mantenere separati gli assets del progetto da quelli dei soggetti proponenti l'iniziativa d'investimento (i cosiddetti "promotori").

Il Project financing In Italia [modifica]

In Italia, Il Project Financing ha trovato spazio perlopił nella realizzazione di opere di pubblica utilitą. In questa configurazione di Project Financing i soggetti promotori propongono ad una Pubblica amministrazione di finanziare, eseguire e gestire un'opera pubblica, il cui progetto č stato gią approvato, in cambio degli utili che deriveranno dai flussi di cassa (cash flow) generati per l'appunto da una efficiente gestione dell'opera stessa. Č stata istituita nel 1999 nel Ministero dell'Economia la task force italiana per il project financing: Unitą Tecnica Finanza di Progetto (UTFP).

Fonti normative [modifica]

In Italia possiamo parlare di una impostazione diversa da quella classica del Project financing[1]. In altri termini mentre la impostazione classica incardina l'operazione di PF su una equa ripartizione del rischio tra il soggetto promotore (quota di equity o capitale di rischio) e le banche (quota di debt o prestito obbligazionario), in Italia il rischio viene prevalentemente assunto dal soggetto promotore. Questo spiega lo scarso successo in Italia del PF, nonostante la copiosa normativa che procedura la realizzazione delle opere pubbliche.

La disciplina positiva del project financing č stata introdotta per la prima volta in Italia con la legge 11 novembre 1998 n. 415, cd. Legge Merloni-ter, con l'obiettivo di contenere la spesa pubblica e fornire una modalitą alternativa alla Finanza d'impresa per la realizzazione di opere pubbliche, dove il finanziamento dell'opera con capitale privato č solo parziale.

In pratica, la legge del 1998 prevedeva una concessione "speciale" per la costruzione e gestione di un'opera pubblica a favore del soggetto che la realizza su terreno di proprietą pubblica; il terreno viene dato in concessione d’uso oppure in diritto di superficie. In cambio del terreno e degli utili di gestione, il soggetto privato si accolla le spese di realizzazione.

La norma del 1998 prevedeva anche che, nel caso in cui la gestione dell’opera fosse particolarmente onerosa, il Comune poteva contribuire alla sua realizzazione: detto contributo veniva concesso a fronte di un controllo da parte dell’Ente Pubblico sulle tariffe praticate all’utenza (con la riforma del 2002, questa clausola č stata abrogata, per cui di fatto le tariffe sono libere).

Alla legge n. 415/1998 ha fatto seguito la legge 1ŗ agosto 2002 n. 166 (cd. legge Merloni-quater), che ha ampliato il numero dei potenziali soggetti promotori (includendovi le Camere di commercio e le fondazioni bancarie ed ha abolito il limite temporale di durata della concessione.

Le novitą introdotte dalla successiva legge 18 aprile 2005 (cd. Legge comunitaria 2004) riguardano sostanzialmente il contenuto dell'avviso pubblico che le Amministrazioni committenti sono tenute a pubblicare per indicare quali opere possono realizzarsi con capitali privati. Nel 2004, infatti, il legislatore nazionale ha dovuto adeguarsi alle osservazioni formulate dalla Commissione europea nella procedura d'infrazione n. 2001/2182, con cui si contestavano all'Italia alcune difformitą della legislazione nazionale con quella comunitaria in materia di appalti pubblici.

Da ultimo, il Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 163 del 2006, in vigore dal 1ŗ luglio 2006), ha riunito in un unico corpo le disposizioni sulla contrattazione pubblica e, negli articoli da 153 a 160 ha riscritto la disciplina nazionale del project financing, abrogando tutte le leggi precedenti. Tuttavia la sostanza della disciplina č rimasta pressoché identica.

LA STORIA DELLA FINANZA DI PROGETTO ITALIOTA

 

La storia che voglio raccontarvi parla di grandi capitali e di piccoli uomini, di treni che correranno vuoti a 300 km/h dentro a gallerie scavate nell"uranio, di societą private costituite con il denaro pubblico, piramidi di Cheope fatte di smarino e grattacieli di fibre d"amianto, di cittadini che difendono i propri diritti additati come canaglie e di canaglie senza scrupoli che si fingevano persone attente all"ambiente e ai diritti dei propri cittadini, di sindaci bastonati dalla polizia in una Valle decisa a resistere all"ennesimo stupro del proprio territorio, di come un grande investimento non produrrą altro che  impoverimento, di quando le parole degli esperti vengono trasformate in sussurri ed il biascicare incompetente dei politici assurge a realtą incontrovertibile

 

La storia inizia il 7 agosto 1991 con la nascita di Tav spa, la societą a capitale misto pubblico e privato deputata a costruire in Italia quasi 900 km di linee ferroviarie per i treni ad alta velocitą .

In realtą dopo il disastroso risultato economico del tunnel sotto la Manica non si riscontrava assolutamente traccia di privati disposti a rischiare il proprio capitale nella costruzione di grandi infrastrutture e quello di presentare Tav spa come una societą a capitale misto era un mero artificio volto a far si che l"Italia potesse rispettare i parametri di Maastricht che imponevano il rapporto deficit-pil al 3%. Lo Stato garantģ il finanziamento del 40% in conto capitale, mentre finanziņ il restante 60% (quello di appannaggio dei privati) attraverso prestiti bancari, accollandosi gli interessi degli stessi fino al completamento dell"opera.

Il 10 marzo 1998 le Ferrovie di Stato che detenevano la maggioranza del capitale pubblico acquisirono il 100% di Tav spa e dal primo gennaio del 2003, ormai nell"ambito della legge obiettivo Tav spa č entrata nell"orbita di Infrastrutture spa, il cui azionista unico č la Cassa Depositi e Prestiti.

Tutto questo gioco di scatole cinesi, nato una quindicina di anni fa dalla fervida fantasia dell"allora ministro del Bilancio Cirino Pomicino e perfezionato poi dal governo Berlusconi sotto il nome di project financing ha come unico scopo quello di permettere allo Stato di contrarre enormi debiti, senza perņ doverli iscrivere nel proprio Bilancio, evitando cosģ che essi incidano nei parametri del Patto Europeo di stabilitą .

I privati esistono veramente ma rivestono il ruolo di General Contractor grazie al perfezionamento di un"altra intuizione del buon Cirino Pomicino. Fiat IRI ed ENI (i General Contractor) sono concessionari con l"esclusione della gestione, hanno cioč tutti i poteri del committente pubblico nella gestione dei subappalti, nella direzione dei lavori, negli espropri, ma non hanno poi la gestione diretta dell"opera, (caso unico in Europa) per cui il loro solo interesse, essendo disancorati dalla successiva gestione, sarą quello di fare durare i lavori il pił a lungo possibile al fine di fare levitare al massimo la spesa. Inoltre il General Contractor a differenza del concessionario tradizionale di lavori o servizi pubblici potrą affidare i lavori a chi vuole anche con trattativa privata ed essendo un privato non sarą mai perseguibile per corruzione, in quanto eventuali tangenti potranno essere giustificate sotto forma di provvigioni. Un"architettura senza dubbio ingegnosa attraverso la quale si trasferisce tutto il rischio d"impresa dal privato allo Stato che alla fine dei lavori sarą perņ costretto a restituire i prestiti delle banche, aprendo cosģ una voragine senza fondo nella quale precipiterą giocoforza la nostra gią fragile economia. La conseguenza di tutto ciņ č che il progetto dell"Alta Velocitą , presentato nel 1991 con un costo previsto di 26.180 miliardi di lire, rischierą invece di costare, una volta terminato in un lontano futuro, circa 80 miliardi di euro e gli italiani ne pagheranno i debiti fino al 2040 ad un ritmo di 2 miliardi e 300 milioni di euro l"anno.

Ci sarebbero molte altre cose da raccontare concernenti questi 14 anni nei quali il progetto Alta Velocitą ha preso forma e mosso i suoi primi passi, anni nei quali la zona del Mugello č stata devastata dalle gallerie con conseguenze idrogeologiche irreversibili, anni nei quali personaggi legati a doppio filo alla politica e all"imprenditoria come Necci Lorenzo, Pacini Battaglia, Icalza Ercole e molti altri si sono spartiti tangenti miliardarie, sono stati indagati, hanno corrotto giudici, vinto e perso processi, il tutto continuando a mantenere sempre posizioni preminenti all"interno delle istituzioni. Anni di grossi guadagni per chi come l"attuale ministro delle infrastrutture Pietro Lunardi, attraverso la Roksoil azienda di famiglia si č aggiudicato un numero infinito di opere e consulenze o chi come Romano Prodi fondņ la Nomisma, societą bolognese indagata nel 1992 nell"ambito di una consulenza miliardaria sull"Alta Velocitą , le cui conclusioni a fronte di un"analisi quanto mai approfondita e retribuita si manifestavano nell"enunciato che la velocitą fa risparmiare tempo.

Anni nei quali 13.779 lavoratori impegnati nel progetto Tav hanno lavorato a ciclo continuo con turni che potevano impegnarli anche per 48 ore di seguito, in gallerie dove l"aria era inquinata, la luce poca ed i rischi molti, come molti sono stati fra loro gli operai deceduti in incidenti sul lavoro. Basti pensare che nei soli primi 6 mesi di lavori sulla tratta Torino - Novara si sono annoverati 350 infortuni dei quali 2 mortali.

Ma la storia che voglio raccontarvi č una storia ad Alta Velocitą , dove non esiste tempo per soffermarsi a riflettere, valutare i giudizi degli esperti, confrontarsi con le istituzioni locali. Esiste solamente una montagna di denaro senza fine sulla quale gettarsi con voracitą assassina ed una montagna di roccia da sventrare al pił presto per garantire la sopravvivenza del bengodi.

Il progetto per la costruzione della Linea ferroviaria Alta Velocitą ā€“ Alta Capacitą Torino ā€“ Lione si č evidenziato fin da subito come il pił scellerato ed economicamente dispendioso dell"intero programma Tav e la nostra storia vuole entrare nel merito delle motivazioni che hanno spinto decine di migliaia di persone ad osteggiarlo con veemenza fin dalla sua nascita.

L"intenzione dei progettisti č quella di costruire un tracciato che partendo da Settimo Torinese (periferia nord est di Torino) attraversi buona parte della Valle di Susa per poi sbucare in Francia attraverso un tunnel di 52 km sotto il massiccio dell"Ambin. Tale tracciato accreditato come parte integrante di un fantomatico Corridoio 5 Lisbona ā€“ Kiev viene definito indispensabile ed irrinunciabile dalla maggior parte degli uomini politici di ogni razza e colore, nonché dalla Confindustria e da tutti i poteri forti che attendono di spartirsi le enormi somme di denaro garantite dall"opera per almeno i prossimi 15 anni. Le ragioni addotte per suffragare la necessitą assoluta del progetto si sono sempre limitate a demagogiche affermazioni secondo le quali la Torino ā€“ Lione sarebbe indispensabile al rilancio del Piemonte che senza di essa resterebbe isolato dall"Europa, oppure a proclami privi di fondamento secondo i quali l"opera risulta indispensabile per l"innovazione del sistema dei trasporti italiano e garantirą un enorme ritorno sia dal punto di vista economico che da quello occupazionale. E" stata anche ventilata, in realtą senza troppa convinzione, la necessitą di garantire attraverso l"opera la gestione del supposto futuro incremento dei flussi passeggeri e commerciali, nonché ipotizzato un futuro trasferimento alla rotaia del traffico su gomma tramite le navette in grado di trasportare i Tir, con conseguenze positive in termini d"inquinamento ambientale.

Quando le commissioni tecniche, scientifiche e gli esperti hanno iniziato nel corso degli anni ad analizzare il progetto nelle sue varie sfaccettature č perņ emersa una realtą in profonda distonia con le roboanti dichiarazioni della folta schiera di politici, pennivendoli e mestieranti vari che si sono prodigati e si prodigano nel tentativo di dare alla Torino ā€“ Lione una patente di opera necessaria che non ha assolutamente ragione di esistere.

Quella di un Piemonte isolato dal resto d"Europa č un"affermazione talmente assurda da meritare di albergare solo nella fantasia di una mente malata. Lungo la sola la Valle di Susa passano infatti attualmente circa il 35% delle merci che valicano le Alpi, troppe veramente per una regione in stato d"isolamento. La Valle di Susa č una valle alpina larga in media solamente 1,5 km con abbondanza d"insediamenti abitativi ed industriali. Attraverso di essa gią oggi passano un"autostrada, due strade statali, una linea ferroviaria passeggeri e merci a doppio binario, un fiume, molteplici strade provinciali, acquedotti, condutture del gas, linee elettriche aeree ed interrate.

Dovrebbe essere evidente per chiunque come una realtą naturale gią cosģ fortemente violentata non sia assolutamente in grado di sostenere il peso di nuove pesanti infrastrutture, se non al prezzo di conseguenze disastrose sia per il territorio che per la qualitą di vita di coloro che lo abitano. La costruzione della Torino ā€“ Lione comporterą nella sola parte italiana l"estrazione dalle gallerie di 16 milioni di metri cubi di smarino (almeno 6 volte il volume della piramide di Cheope) per i quali occorreranno 2.500.000 passaggi di camion solo per stoccare nelle varie discariche i materiali di risulta. I recenti studi d"ingegneria dei trasporti affermano che quando tra una quindicina di anni l"opera sarą terminata solo l"1% dell"attuale traffico su gomma si trasferirą sulla ferrovia. La contropartita di questo deludente risultato sarą pagata in maniera salatissima dai cittadini della Valle e della cintura di Torino, in quanto si calcola che durante questi 15 anni almeno 500 camion circoleranno giorno e notte per il trasporto dei materiali di scavo dai tunnel ai luoghi di stoccaggio, con il conseguente aumento d"inquinanti, polveri e rumore.

Oltre ai grossi rischi di natura idrogeologica focalizzati nella bassa valle, ad elevato rischio alluvionale, le cui conseguenze potrebbero ripercuotersi in maniera drammatica anche sulla cittą di Torino, gli studi hanno messo in evidenza due punti di estrema criticitą del progetto Alta Velocitą ā€“ Alta Capacitą Torino ā€“ Lione.

Il primo riguarda la galleria di 23 km Musinč/Gravio che dovrebbe attraversare un terreno caratterizzato da rocce ricche di amianto. Secondo le analisi commissionate dalla Rete Ferroviaria Italiana ai geologi dell"Universitą di Siena il volume previsto di materiale estratto contenente amianto dovrebbe essere di almeno 1.150.000 metri cubi.

Non risulta sia stato previsto alcun piano di sicurezza volto ad impedire la dispersione delle fibre d"amianto durante le fasi di lavorazione e di stoccaggio. La metą del materiale estratto contenente amianto (paragonabile per volume ad un grattacielo alto 400 metri) č previsto sia stoccata in un sito a cielo aperto nei pressi del comune di Almese, senza nessuna protezione e giocoforza esposto ai forti venti di fhon che spesso soffiano nella valle (mediamente per 40 giorni all"anno) in direzione Torino.

In un dossier curato dal dottor Edoardo Gays, oncologo dell"ospedale San Luigi di Orbassano viene sottolineato come l"amianto, riguardo al quale non esiste per l"uomo una soglia minima di tollerabilitą , causa oltre ad altre affezioni il mesotelioma pleurico, un tumore maligno che si manifesta anche dopo 15, 20 anni dall"inalazione delle particelle, esso porta al decesso in media entro 9 mesi dal momento della diagnosi ed ha un tasso di mortalitą nell"ordine del 100%.
Sempre il dottor Gays nel suo studio esprime grossa preoccupazione per le conseguenze degli scavi e dello stoccaggio dei materiali contenenti amianto sulla salute dei cittadini ed afferma che alla luce di queste condizioni le morti per mesotelioma rischieranno di aumentare di oltre 100 volte su scala regionale.

Il secondo punto critico č costituito dal tunnel di 52 km che dovrą correre sotto il massiccio dell"Ambin, preceduto da una galleria di prospezione lunga oltre 7 km e del diametro di 6 metri. All"interno del massiccio dell"Ambin sono infatti presenti numerosi giacimenti di uranio, come documentato dal CNR fin dal 1965. Per maggior precisione il materiale presente č pechblenda, una forma particolarmente radioattiva. Una parte dello smarino estratto sarą perciņ con tutta probabilitą carica di radioattivitą ed estremamente pericolosa sia in fase di scavo che di stoccaggio. L"uranio si disperde nell"aria e puņ essere inalato, inoltre contamina le falde acquifere e va ad inquinare i corsi d"acqua che possono essere utilizzati per l"irrigazione. L"uranio se inalato o ingerito provoca contaminazione interna e puņ essere causa di linfomi e leucemie. Occorre anche sottolineare che la distribuzione delle falde acquifere all"interno del massiccio dell"Ambin č estremamente complessa e le conseguenze degli scavi rischiano di compromettere gravemente il sistema idrografico dell"area, come gią avvenuto nel corso degli scavi delle gallerie per la linea Alta Velocitą Firenze ā€“ Bologna nella zona del Mugello.

Se alla luce delle analisi fin qui esposte il progetto della linea ferroviaria Alta Velocitą ā€“ Alta Capacitą Torino ā€“ Lione si dimostra in maniera incontrovertibile un"opera altamente pericolosa per la salute e l"incolumitą dei cittadini, non solo della Valle di Susa ma anche della cintura torinese e del capoluogo stesso, anche gli studi inerenti all"utilitą ed al ritorno economico del tracciato mostrano imbarazzanti incongruenze nel merito delle quali non si puņ evitare di entrare.

I traffici di lunga distanza sull"asse Lisbona ā€“ Kiev, che motiverebbero il concetto di Corridoio 5 sono ad oggi irrilevanti. Il traffico passeggeri di lunga distanza si muove e si muoverą in aereo, poiché risulta ampiamente dimostrato come le ferrovie ad Alta Velocitą non siano assolutamente competitive nelle distanze superiori ai 500 km. I traffici merci di lunga distanza sono estremamente esigui, la velocitą non č un requisito fondamentale (basta osservare il successo delle ferrovie statunitensi con velocitą commerciali nell"ordine dei 30 km/h.) anzi contribuisce ad aumentare i costi a dismisura, favorendo sull"asse in oggetto l"alternativa marittima.

L"attuale linea ferroviaria Torino ā€“ Modane č oggi utilizzata solamente al 38% della sua capacitą . Le navette predisposte per il caricamento dei Tir sono state usate solo durante il breve periodo di chiusura del Frejus, altrimenti partono ogni giorno vuote. Gli unici due treni giornalieri del collegamento ferroviario diretto Torino ā€“ Lione sono stati soppressi per mancanza di passeggeri. Una scarsitą di traffico davvero disarmante per una direttrice cosģ importante da giustificare l"investimento di 21 miliardi di euro (la metą dei quali di competenza italiana) al fine di dotarla di una linea ad Alta Velocitą .

Negli anni passati, quando ancora la pesante crisi economica europea non si era manifestata in tutta la sua interezza, il governo aveva affidato ad una societą molto quotata, la Setec Economie il compito di valutare i benefici dell"opera.
Tale societą aveva analizzato i volumi tendenziali di traffico per gli anni a venire, stimando con un ottimismo che alla luce della contrazione odierna del mercato non puņ che far sorridere, un volume di traffico che avrebbe dovuto attestarsi nel 2015 intorno ai 174 treni/giorno. La linea esistente, una volta effettuati gli interventi di potenziamento previsti, molti dei quali gią in corso dovrebbe consentire gią nel 2008 una capacitą di circa 220 treni/giorno, un valore ampiamente compatibile con qualsiasi ottimistica previsione.

Alla luce di questi dati si stenta veramente a comprendere, se non nell"ottica della spartizione mafiosa dei finanziamenti pubblici, per quale arcana ragione anziché perseguire lo sfruttamento della linea attuale ottimizzandone le potenzialitą , s"intenda invece portare a termine un progetto totalmente inutile come quello della linea ferroviaria Alta Velocitą ā€“ Alta Capacitą Torino ā€“ Lione, finalizzata ad una capacitą di trasporto superiore di oltre 5 volte agli attuali livelli di traffico, oltretutto alla luce del fatto che detti livelli anziché in crescita esponenziale come si prevedeva nel passato sono scesi del 9% solamente nell"ultimo anno.

Appare inoltre lapalissiano come il costo esorbitante di un"opera di queste dimensioni, stimato in circa 11 miliardi di euro per la sola competenza italiana e passibile (come l"esperienza ci insegna) di ulteriori notevoli incrementi durante i 15 anni di lavori, non potrą assolutamente essere ammortizzato attraverso i ricavi derivanti da un traffico composto da elementi di sola fantasia. Tale costo ricadrą per forza di cose sulle spalle di tutta la collettivitą con effetti a dir poco disastrosi.

La storia che ho voluto raccontarvi si č ormai trasformata in pura cronaca di attualitą , una cronaca che vede riproporsi la biblica lotta di Davide contro Golia.
Da un lato i cittadini della Valle di Susa e tutti gli abitanti dell"area torinese che hanno avuto la sensibilitą e la capacitą di riuscire a comprendere i termini del problema pur attraverso la disinformazione messa in atto dai grandi media asserviti alle ragioni della politica. Insieme a loro i sindaci dei comuni della Valle, alcuni studiosi, medici ed esperti che si manifestano quali spiriti liberi non aggiogati al carro dei potenti, nonché esigue frange della politica appartenenti ai Verdi ed a Rifondazione Comunista.

Dall"altro le arroganti falangi del potere, i ministri del governo insieme agli onorevoli dell"opposizione, fino ad arrivare al Presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso (donna che per l"occasione č giunta al punto di abiurare ogni parola esperita in tanti anni di militanza ambientalista) ed al sindaco di Torino Sergio Chiamparino.

Tutti uniti, coesi, forti di quella protervia che deriva loro dalla consapevolezza di poter gestire l"opinione pubblica attraverso le televisioni, i giornali e gli esperti compiacenti, convinti di potere reprimere ogni forma di protesta con la furia belluina della polizia e la militarizzazione del territorio.

Il primo scontro si č gią svolto il 31 ottobre, quando il potere ha usato i manganelli della polizia per bastonare i tanti, tantissimi cittadini, nonché alcuni sindaci che si erano inerpicati sulla montagna sopra Monpantero nel tentativo d"impedire la conquista del primo lembo della loro terra, sul quale sarebbe stata installata la prima trivella a sancire di fatto l"inizio dell"opera.

Il lembo di terra č stato conquistato solo con l"ausilio dell"inganno, in maniera probabilmente illegale ed č ora presidiato dalla polizia. Le trivelle non hanno ancora potuto mettersi in moto ma la Presidente della regione Piemonte Mercedes Bresso ed il sindaco di Torino Sergio Chiamparino si sono gią espressi con durezza, affermando che la ferrovia Alta Velocitą ā€“ Alta Capacitą Torino ā€“ Lione si farą in ogni caso, poiché si tratta di un progetto irrinunciabile e nessun tipo di protesta riuscirą ad impedirne la realizzazione.

In risposta al rifiuto di ogni dialogo che non passi attraverso l"uso dei manganelli da parte delle istituzioni, il 16 novembre tutta la Valle di Susa si fermerą unita in uno sciopero generale contro l"ennesima violenza perpetrata nei confronti del territorio e dei suoi abitanti.

La storia ovviamente non finisce qui e come tutte le storie potrą riservare infinite sorprese anche a coloro che si sentono onnipotenti quando tengono in mano il bastone del potere. I contestatori NO TAV della Valle di Susa potrebbero un giorno di questi apparire al resto d"Italia nella loro veste reale, non uno sparuto gruppo di estremisti ecologisti, no global, luddisti, nemici del progresso, bensģ semplicemente tanti cittadini coraggiosi disposti a mettersi in gioco e lottare per difendere i loro diritti, la propria salute e la propria terra.

Quel giorno potrebbero diventare tantissimi e poi ancora di pił, cosģ tanti da uscire dall"invisibilitą nella quale si č cercato per lungo tempo di nasconderli, troppi perché i poliziotti possano bastonarli tutti, ed allora forse inizierą una storia diversa che parlerą di treni costruiti per essere utili alla qualitą di vita dell"uomo e non di uomini sacrificati nel nome dei treni e della velocitą .

Marco Cedolin

 

Una manovra inesistente
da cinque miliardi. Propagandati 80 miliardi di euro al G20, la Cgil ne chiedeva 23, siamo arrivati a 5….Il fallimento del Project Financing italiota.

di EUGENIO SCALFARI


PRESI UNO per uno i provvedimenti della manovra di Tremonti sono quasi tutti da approvare anche se alcuni di essi (dirņ tra poco quali) suscitano forti preoccupazioni. Ma la manovra nel suo complesso č inesistente. Mobilita in tutto e per tutto cinque miliardi di danaro fresco cioč il 30 per cento di un punto di Pil per quanto riguarda il sostegno della domanda e gli stimoli alla produzione.

Il piano di investimenti č apparentemente pił ambizioso perché ammonta a 16 miliardi, ma non sono risorse fresche. Erano somme gią previste e stanziate su altri capitoli e con altre destinazioni. Il ministro dell'Economia avrebbe potuto (anzi dovuto) mobilitarle fin dallo scorso giugno, visto che aveva precocemente intuito che una crisi di enormi proporzioni stava arrivando. Ha perso cinque mesi preziosi e purtroppo ne dovranno passare a dir poco altri dodici prima che si aprano i cantieri e sia assunta la mano d'opera necessaria.

Naturalmente quest'avarizia nella spesa č motivata dalla necessitą di stare nei limiti imposti dalle regole europee. Questo aspetto della questione merita d'essere approfondito.
Il deficit lasciato dal precedente governo Prodi era al di sotto del 2 per cento. A metą novembre, cioč prima della manovra approvata venerdģ scorso ma dopo la Finanziaria 2009, il deficit viaggiava attorno al 3 per cento. Scontava infatti i tre miliardi dovuti all'abolizione dell'Ici, i tre miliardi derivanti dall'operazione Alitalia, l'aumento del fabbisogno derivante dai minori incassi tributari.

L'insieme di questi fenomeni hanno peggiorato i nostri conti pubblici per un punto di Pil e questa č la ragione della politica dei tagli voluta da Tremonti "per mettere in sicurezza il bilancio" come ha pił volte ripetuto.

 

 

Se non fosse stata abolita l'Ici (che non ha prodotto nulla di positivo sul rilancio della domanda), se non fosse stata creata la nuova Alitalia tricolore e non si fosse abbassata la guardia sull'evasione fiscale ( SE NON FOSSERO STATI BUTTATI NEL MEDITERRANEO BEN 5 MILIARDI DI DOLLARI PER RISARCIMENTI FANTASCIENTIFICI ALLA LIBIA IN CAMBIO DI UN CONTENIMENTO DEI FLUSSI INESISTENTE…)SE FOSSE APPLICATA LA SENTENZA EUROPEA SU RETE QUATTRO LA CUI INADEMPIENZA CI COSTA 350.000 EURO DI MULTA AL GIORNO A PARTIRE DAL 1 GENNAIO 2006, SE FOSSERO ABOLITI I FINANZIAMENTI PUBBLICI A PARTITI ANCHE INESISTENTI CHE SUCCHIANO BEN 300 MILIONI DI EURO ANNUI, SE FOSSE ABOLITO IL FINANZIAMENTO PUBBLICO AI GIORNALI PARI AD UN MILIARDO DI EURO ANNUI avremmo avuto oggi un punto di Pil, cioč 15 miliardi, da spendere per rivitalizzare i consumi e un altro mezzo punto di sforamento consentito da Bruxelles per chi ha i conti in sicurezza. DOBBIAMO INFINE AGGIUNGERE CHE L’ITALIA, DAL GIUGNO 2007, HA VISTO DIMINUIRE “LA SPESA” IN PENSIONI ACCANTONATE, IN QUANTO IL 40% DEI LAVORATORI DIPENDENTI, FONTE CORSER,HA OPTATO PER I FONDI PENSIONE CON LE LORO GESTIONI PER ORA DEFICITARIE. SIGNIFICA CHE NEL PROSSIMO FUTURO LO STATO ELARGIRA’ MENO PENSIONI A FRONTE DI ACCANTONAMENTI IN FONDI BRUCIATI DAI PESSIMI ANDAMENTI DEI MERCATI. (SEMPRE IL CORSER PARLA DI UN RECUPERO FISCALE DA PARTE DEI LAVORATORI SU QUEI FONDI)

In totale 22 miliardi. Vedi caso, č la stessa cifra chiesta da Epifani e dall'opposizione per determinare la svolta che non c'č stata e non poteva esservi. Tremonti ha ripetuto pił volte che non fa miracoli e l'ha detto perfino Berlusconi che i miracoli č di solito convinto di poterli fare. Se il nostro ministro dell'Economia avesse in giugno avuto nei confronti del "premier" la stessa grinta dei giorni scorsi, se avesse bloccato l'Ici e l'Alitalia tricolore, se non avesse dato tregua all'evasione fiscale, oggi avrebbe avuto la possibilitą di effettuare una politica keynesiana che viceversa č stata impossibile nelle condizioni date.

* * *

Ho premesso che i singoli provvedimenti approvati venerdģ scorso sono tutti da approvare. Quasi tutti. Confermo. Ho detto che alcuni sono politicamente preoccupanti. In particolare č preoccupante l'autorizzazione data alla Cassa Depositi e Prestiti di utilizzare il risparmio postale per operazioni bancarie vere e proprie, che rappresenta un'innovazione radicale e non prevista dallo statuto della Cassa e dalle leggi che ne regolano l'attivitą.

Il risparmio postale ammonta pił o meno a centomila miliardi ed č destinato ad aumentare in futuro. Il suo impiego č di concedere mutui a basso tasso d'interesse agli enti locali per il finanziamento di opere pubbliche da essi deciso. I mutui hanno garanzia pubblica e pertanto il risparmio postale č pubblicamente garantito.

L'innovazione voluta da Tremonti non č da poco. D'ora in avanti la Cassa potrą effettuare direttamente e sotto la propria responsabilitą finanziamenti ad infrastrutture "segnalate" da enti locali che non saranno perņ loro i debitori. La Cassa aprirą dunque una sua gestione speciale per un importo per ora limitato a 30 miliardi; le operazioni saranno controllate dal Tesoro e non passeranno per i canali usuali della pubblica amministrazione. Si tratterą insomma di finanziamenti bancari e quindi discrezionali decisi dagli organi dirigenti della Cassa sotto il controllo del Tesoro.

Tremonti voleva una banca del Sud? Adesso ce l'ha per tutt'Italia ed č una banca di grandi dimensioni. L'autorizzazione di venerdģ scorso prelude alla riscrittura dello statuto della Cassa e alla "mainmise" sull'intera raccolta del risparmio postale. Si tratta di un'innovazione in linea coi tempi ma č preoccupante la potenza e la discrezionalitą che viene in tal modo conferita ad un singolo ministro. Mi sorge il dubbio che vi sia l'ombra dell'incostituzionalitą, in quanto la nuova norma č contenuta in un decreto-legge che, per quanto riguarda questo specifico provvedimento, non mi pare abbia le caratteristiche dell'urgenza prevista dalla Costituzione.

* * *

Le cifre della manovra vera e propria sono le seguenti. Bonus per le famiglie (che sarą versato nel febbraio 2009) 2.400 milioni; aumento della Cassa integrazione 600 milioni; ancoraggio dei mutui immobiliari al tasso del 4 per cento per un costo di 600 milioni. (PER ANCORAGGIO DEI MUTUI SI INTENDE L’ANCORAGGIO DEI TASSI DI INTERESSE ALL’INDICE BCE PIUTTOSTO CHE ALL’EURIBOR. Solo che, di fronte a questo provvedimento le banche sono gią corse ai ripari aumentando lo SPREAD, che č il secondo elemento che calcola gli interessi,vanificando in tal modo il cosģ detto risparmio…) A CUI SI DEVE AGGIUNGERE IL DECRETO DI LUGLIO CHE IMPONEVA ALLE BANCHE IL RIPORTO DELLE RATE AI TASSI DEL 2006 CON ALLUNGAMENTO DEI TEMPI DEI MUTUI.Totale 3.600 milioni.

I provvedimenti di stimolo alle imprese e di detassazione ammontano complessivamente a circa due miliardi, sicché il totale generale della manovra č, come gią si č detto, di cinque miliardi e mezzo.
Bene il bonus alle famiglie, bene il rafforzamento degli ammortizzatori sociali, bene l'Iva da pagare al momento dell'incasso, bene gli sconti sull'Ires e sull'Irap, bene il blocco delle tariffe ferroviarie in favore dei pendolari, bene aver annullato la detassazione degli straordinari (in tempi di recessione sono ben poche le aziende che ricorrono agli straordinari che comunque vanno contro la formazione di nuovi posti di lavoro. Finalmente il ministro dell'Economia l'ha capito).

Non va invece affatto bene non aver detassato i salari e le pensioni. Tremonti ha sempre parlato della necessitą di evitare i benefici a pioggia e di concentrarli invece su pochissimi obiettivi, soprattutto in un periodo di scarsitą. Invece ha fatto esattamente il contrario ed č per questo che la sua non č una manovra ma uno stillicidio di interventi disseminati in 36 articoli. Ne bastavano un paio o poco pił. Bastava concentrare tutte le risorse disponibili sulla detassazione dei salari al di sotto d'una soglia di 30 mila euro di reddito.

Qui si apre un altro tema della massima importanza: i provvedimenti presi riusciranno a rimettere in moto la domanda? Perché esiste il concreto rischio che la pioggia dei benefici vada a risparmio e non a consumi.
Se si trattasse di benefici duraturi, strutturali, gli effetti sui consumi quasi certamente ci sarebbero. Si tratta invece di "una tantum" e quindi gli effetti desiderati č improbabile che si verifichino. Ma come fare a renderli duraturi con risorse cosģ limitate?

Ci sono tre possibili soluzioni a questo problema.
1. Tagliare gli sprechi e devolverli al sostegno duraturo dei salari, cioč ad una vera e propria redistribuzione del reddito. Ma i tagli sono stati gią effettuati nella Finanziaria e con tutt'altra destinazione.
2. Tassare i redditi miliardari, le innumerevoli rendite esistenti, i redditi sommersi.
3. Puntare sulla crescita e sulle nuove risorse tributarie che essa determinerebbe.

Le soluzioni di cui ai numeri 2 e 3 non sono alternative e possono essere utilmente miscelate. Ma se non s'imbocca questa strada avremo soltanto provvedimenti "spot" di assistenza sociale e come tali con un pregevole significato etico, ma nessun effetto di rilancio sulle capacitą produttive del Paese.

Aggiungo che l'insieme delle misure fin qui approvate penalizzano nettamente i salariati delle regioni settentrionali, nelle quali si concentra la parte maggiore del lavoro operaio. Si parla tanto di questione settentrionale ma non sembra che l'opinione nordista, prevalente nella maggioranza di centrodestra, si sia resa conto di quest'aspetto tutt'altro che marginale del decreto in questione. I benefici a pioggia sulle famiglie hanno tagliato fuori il lavoro dipendente che entra nel quadro solo tangenzialmente e marginalmente.

Per il lavoro autonomo ci sarą la revisione degli studi di settore e la detassazione avverrą in quel modo. Ma per il lavoro dipendente non č previsto nulla di specifico. Non si capisce in questo quadro che cosa abbiano ottenuto la Cisl e la Uil che hanno dato il loro accordo a questa pseudo-manovra. La detassazione dei miglioramenti salariali di secondo livello? Ed č per questi spiccioli che hanno rotto l'unitą sindacale?

* * *

Ci sarebbero parecchie altre osservazioni da fare sui 36 articoli del decreto. Faccio solo qualche esempio.
Esiste un fondo soprannominato Scajola, per dire infrastrutture emergenziali. Esiste un altro fondo soprannominato Sacconi, per dire provvedimenti aggiuntivi sul lavoro ove si rendessero necessari (e si renderanno sicuramente necessari) c'era, e sarą in parte riposizionato, un fondo per le aree sottosviluppate (Fas) di oltre 50 miliardi, dei quali 25 sono stati ricollocati da Tremonti per infrastrutture a tempo futuro.

Quest'abitudine di accumulare denari in fondi provvisori dai quali attingere a tempo opportuno puņ essere un accorgimento utile in casi eccezionali ma se diventa, come sta diventando, un uso corrente la conseguenza sarą quella di indebolire ancora di pił di quanto gią non sia il potere di controllo del Parlamento accrescendo la discrezionalitą dell'Esecutivo.

Nessuna notizia sul tema dei "bond" e delle obbligazioni convertibili che le banche con patrimoni insufficienti dovrebbero emettere e il Tesoro sottoscrivere. Tutto rinviato. Meglio cosģ, č un segno di soliditą del nostro sistema bancario. Sembra perņ che Tesoro e banche stiano trattando un accordo sul credito alle piccole e medie imprese, quello che la Confindustria chiede con crescente insistenza ma di cui ancora non c'č preannuncio. Sembra che il governo vorrebbe affidare ai prefetti (!) la vigilanza sull'esecuzione dell'accordo in questione quando e se si farą. Se questa fosse la soluzione, avremo una politicizzazione del credito che neppure il fascismo riuscģ ad imporre al sistema bancario. Capisco che siamo in tempi molto agitati, ma l'eccezionalitą non giustifica lo stravolgimento dei mercati e della Costituzione materiale.

Post scriptum. La ciliegina su questa torta purtroppo assai sottile č rappresentata dal raddoppio dell'Iva, dal 10 al 20 per cento, sui contratti di Sky con i propri utenti. Si tratta di milioni di contratti e di un provvedimento che raschierebbe l'intero margine lordo di quell'impresa che opera sull'emittenza digitale.
Siamo in pieno conflitto di interessi. Un governo presieduto dal proprietario di Mediaset emana un decreto che mette fuori mercato un suo diretto concorrente.

 

CITIGROUP - Intanto la banca statunitense Citigroup ha ufficializzato la decisione di eliminare altri 50.000 posti di lavoro, pari al 14% del totale dell'organico del gruppo, e un piano per ridurre i costi del 20%. La societą ha annunciato i provvedimenti sul suo sito web, confermando cosģ le indiscrezioni diffuse dall'emittente CNBC. Il numero uno di Citigroup, Vikram Pandit, presenterą oggi ai dipendenti il piano di riduzione del personale e dei costi.

Borse, un altro forte calo
con le banche battistrada

Primi scambi in rialzo, poi gli operatori interpretano come un segnale d'allarme una dichiarazione del segretario al Tesoro Usa. Wall Street cede, l'Europa chiude sui minimi. Il Mibtel -2,24%
di LUCA PAGNI

Borse, un altro forte calo con le banche battistrada


MILANO - Ci hanno provato, ma il tentativo non č andato a buon fine. Anzi: le Borse europee - che pure avevano iniziato la seduta odierna in deciso rialzo - hanno dovuto archiviare una nuova seduta in pesante perdita.

A congelare le speranze dei mercati di riprendersi dopo la bastosta di martedģ ci ha pensato il segretario al Tesoro statunitense: l'ex manager di Goldman Sachs, Hank Paulson, ha confermato l'intenzione di usare i 700 miliardi di dollari del fondo votato dal Parlamento per rafforzare direttamente il capitale delle banche e di non comprare asset tossici degli istituti. Paulson ha aggiunto che il Tesoro sta valutando aiuti anche ai gruppi non bancari.

Nelle sale operative, il suo intervento č stato subito letto come un ulteriore segnale negativo sullo stato di salute di altri comparti industriali, che non potrą non influenzare i bilanci di fine anno e quindi le quotazioni di Borsa. Immediate sono scattate le vendite che hanno colpito tutte le piazze del vecchio Continente: in chiusura ribassi superiori al 3% a Parigi, Zurigo e Amsterdam. Francoforte ha accusato un calo del 2,96%, Madrid e Londra hanno limitato i danni con un calo del 2,25%.

Piazza Affari non č stata da meno: l'indice Mibtel ha perso il 2,25%, mentre lo S&P's/Mib il 2,33%. Nel complesso, guardando soltanto ai titoli principali, l'Europa ha bruciato altri 165 miliardi di euro di capitalizzazione, che si aggiungono ai 205 volatilizzati nella seduta di ieri. Le parole del segretario al Tesoro Paulson, del resto, hanno influenzato anche le quotazioni del petrolio: sul mercato di New York, il barile Wti con consegna a dicembre č sceso fino a quota 56,41 dollari, mentre a Londra il Brent č arrivato a 52,8 euro.

 


A Piazza Affari sotto pressione anche oggi i titoli bancari, ad eccezione di Unicredit (+0,65%), che ha diffuso dati trimestrali migliori delle attese degli analisti, escludendo nuovi aumenti di capitale. Sotto tensione Intesa Sanpaolo (-6,86%), reduce dallo scivolone della vigilia (-16,86%) dopo i dati dei 9 mesi. Gił anche Bpm (-5,58%), mentre i dati dei primi 9 mesi hanno pesato su Fondiaria-Sai (-4,71% a 16 euro), nonostante l'annuncio dell'ad Fausto Marchionni secondo il quale il dividendo "sarą cash e competitivo con qualsiasi altro investimento sul mercato".

In rosso anche i titoli dell'energia, con Eni (-3,24%), Enel (-2,64%) e Saipem (-2,92%). In controtendenza A2a (+1,06% a 1,52 euro), mentre Edison č sprofondata (-7,81% a a 1,12 euro) dopo i dati.

Non si arresta la corsa al ribasso di Fiat; oggi ha ceduto un altro 3,99 % a quota 5,65 euro, in linea con il calo dei rivali in Europa. Gił anche Pirelli (-2,33% a 0,29 euro), Pininfarina (-6,85% a 3,77 euro) e Brembo (-3,42% a 5,64 euro). Pochi i rialzi: tra questi Tenaris (+3,97%), Atlantia (+1,11%) tra le blue chip. Bene anche Rcs (+2,37%), Cir (+4,34%) e Astaldi (+3,25%), dopo i dati trimestrali.
(12 novembre 2008)

 

D'Alema-Unipol, no del Parlamento Ue
all'uso delle intercettazioni

L'aula di Strasburgo nega la revoca dell'immunitą parlamentare: «Il processo č gią in fase avanzata»

 

Massimo D'Alema
Massimo D'Alema

STRASBURGO - Il Parlamento europeo ha deciso di non revocare l'immunitą parlamentare a Massimo D'Alema e di non autorizzare l'uso delle intercettazioni telefoniche nell'ambito del processo Unipol, cosģ come richiesto dalla procura di Milano. L'aula di Strasburgo ha approvato con 543 sģ, 43 no e 90 astenuti la relazione del popolare tedesco Klaus Heiner Lehne, confermando la decisione della commissione giuridica dell'Europarlamento.

SENZA OGGETTO - Nella relazione si argomenta che il procedimento giudiziario nei confronti dei «terzi intercettati» č comunque «gią in fase avanzata», e quindi la richiesta della procura di Milano č «senza oggetto».

 

 

LA RICHIESTA - Nel luglio 2007 il giudice per le indagini preliminari Clementina Forleo ha chiesto alla Camera l'autorizzazione all'uso delle intercettazioni indirette che riguardavano D'Alema nell'ambito del procedimento sulla tentata scalata alla Bnl del 2005. Dopo che la Camera si č dichiarata non competente perché al momento delle intercettazioni D'Alema era europarlamentare, la procura di Milano ha chiesto l'autorizzazione all'Europarlamento. Secondo il relatore, in base all'ordinanza del Gip le fonti di prova utilizzate sono gią «sufficienti a suffragare l'ipotesi accusatoria» nei confronti dei terzi intercettati che «sono gią stati rinviati a giudizio e il loro procedimento giudiziario č gią in fase avanzata».

 

Metodo di calcolo illegale
degli interessi sui mutui
Si puņ chiedere il rimborso

Una sentenza del tribunale di Bari ha stabilito che il sistema "alla francese", che riguarda quasi tutti i mutui in Italia, viola la legge. Sul sito dell'Adusbef il modulo per chiedere la restituzione

Metodo di calcolo illegale degli interessi sui mutui Si puņ chiedere il rimborso


Roma - L'associazione dei consumatori Adusbef, guidata da Elio Lannutti, pubblica
sul suo sito, a disposizione dei mutuatari, il modello per la richiesta di rimborso degli interessi calcolati nel piano di ammortamento del mutuo in modo 'anatocistico', come spiega un comunicato. L'iniziativa arriva dopo il pronunciamento di un tribunale che ha evidenziato come il tasso sottoscritto al 13%, attraverso il tasso 'anatocistico' č arrivato al 14,276%.

Infatti, il 29 ottobre scorso il tribunale di Bari (sezione distaccata di Rutigliano, giudice Pietro Mastronardi) ha pronunciato un sentenza sui mutui definita dall'Adusbef "epocale" perchč "applicabile alla massima parte dei contratti in italia". Si tratta di mutui basati sull'ammortamento "alla francese", nel quale le rate sono costanti, composte dalla somma di quota capitale (che cresce progressivamente) e quota interessi (che cala al pagamento delle rate) e calcolate con la formula dell'interesse composto (cioč del calcolo di interessi sugli interessi). Nel caso - continua il comunicato - era coinvolta una famiglia di imprenditori pugliesi, difesa dal vicepresidente di Adusbef, l'avvocato Antonio Tanza del Foro di Bari, che nell'aprile 2001 ha portato in giudizio il Banco di Napoli (oggi gruppo Intesa Sanpaolo).

Sotto la lente sono finiti due mutui aperti a gennaio 1988 (da 350 milioni di lire, decennale, rate semestrali, tasso fisso) e a maggio 1989 (da un miliardo, tasso variabile, decennale, rate semestrali). Nei due contratti sotto esame, una consulenza tecnica ha dimostrato che la rata era calcolata con la formula dell'interesse composto che non era espressamente indicata dal contratto.

 


La consulenza ha evidenziato un aumento del costo effettivo del contratto dovuta a un tasso effettivo superiore a quello nominale: pił erano le rate, pił costava il mutuo. I clienti, alla firma dei contratti, non si erano resi conto dell'alto tasso effettivo da pagare perché il tasso nominale annuo era davvero quello indicato per iscritto nel contratto, mentre quello effettivo poteva essere desunto solo dall'esame del piano di ammortamento.

Invece di un tasso del 13% sul mutuo da 350 milioni di lire, i clienti pagavano un tasso effettivo annuale del 14,276 per cento, sottolineano all'Adusbef. Il magistrato ha accolto la richiesta e ha affermato che il calcolo dell'interesse nel piano di ammortamento deve essere trasparente ed eseguito secondo le regole matematiche dell'interesse semplice e non di quello composto utilizzato appunto nell'ammortamento "alla francese". Il codice civile richiede il calcolo dell'interesse giorno per giorno (articolo 820/821), non puņ essere applicato quello composto se non nei limiti dell'articolo 1.283 che prevede che il patto anatocistico (cioč di capitalizzazione composta) sia successivo alla maturazione dell'interesse e mai precedente, come invece accade nell'ammortamento "alla francese".

La banca che utilizza nel contratto questo tipo di capitalizzazione viola non solo l'articolo 1.283 del codice civile ma anche l'articolo 1.284 che, in caso di mancata determinazione e specificazione o di incertezza (tra tasso nominale contrattuale e tasso effettivo del piano di ammortamento allegato al contratto), impone l'applicazione del tasso legale semplice e non quello ultralegale, indeterminato o incerto.

I risparmiatori hanno ottenuto l'annullamento parziale dei contratti di mutuo per violazione della buona fede nella conclusione ed esecuzione dei contratti e per difformitą tra tasso contrattuale (indicato agli atti) e quello effettivo di ammortamento. I piani di ammortamento sono stati ricalcolati al tasso legale di volta in volta in vigore, con l'eliminazione dell'anatocismo, determinando una quota interessi inferiore a quella pagata.

 

Tremonti: «Se le banche falliscono
banchieri a casa... o in galera»....purtroppo in Italia il fallimento NON esiste (vedere,scorrendo le notizie,la parte riguardante le 3 LEGGI AD HOC contro il fallimento,Prodi1,Prodi2,

Marzano...)

Audizione in Senato del ministro dell'Economia: «L'intervento statale serve a tutelare il risparmio»

 

Giulio Tremonti (LaPresse)
Giulio Tremonti (LaPresse)

ROMA - Lo strumento allo studio del governo per finanziare l'economia e aiutare il sistema bancario ad affrontare la crisi dei mercati sarą quello dell'emissione da parte del Tesoro di prestiti obbligazionari. Lo ha detto il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, durante un'audizione al Senato, sottolineando che la misura entrerą nel prossimo decreto in via di emanazione. «Uno strumento - ha sottolineato - č quello dei prestiti obbligazionari. Il Tesoro fa un'emissione, vediamo se il Tesoro direttamente o un'altra articolazione, e la liquiditą viene impiegata per sottoscrivere obbligazioni». In ogni caso, ha precisato Tremonti, l'intervento dello Stato per sostenere le banche non č un finanziamento alle banche, ma una misura a tutela del risparmio. Quindi, «se la banca fallisce i banchieri vanno a casa, o vanno in galera...».

RISPARMIO - Il titolare dell’Economia ribadisce poi che il decreto numero 155 e il successivo decreto adottati dal governo hanno alla «base il principio costituzionale della tutela del risparmio, che č un bene pubblico». Non si tratta di provvedimenti «per salvare le banche ma per salvare il risparmio, se le banche entrano in crisi si definisce un meccanismo di salvataggio bancario». Secono Tremonti, non c'č nessun ritardo nei provvedimenti a sostegno dell'economia reale: «Nessun paese europeo ha adottato provvedimenti prima dell'Ecofin della scorsa settimana».

 

E' la crisi della produzione industriale a provocare la disperata ricerca di espedienti per valorizzare i capitali nella circolazione, non viceversa. Ecco perché i finanziarizzati e disperati - raschiano il fondo del barile nella folle speranza di vedere il loro denaro aumentare negli scambi di denaro; ecco perché rubano i risparmi alle vecchiette e vendono patacche di titoli che inglobano i mutui dei poveracci, le loro carte di credito insolventi, perfino i futures sulle loro pensioni e sulle loro tombe. Mentre per le stesse ragioni prenotano materie prime a venire (hedge funds) e dislocano le loro industrie in Cina,Romania,Bulgaria,Taiwan, si danno alla speculazione monetaria, ecc. ecc. Perfino le nazioni non possono evitare di essere coinvolte in questa follia: ed ecco esplodere i fondi sovrani, gestiti da Stati che si comprano banche e fondi d'investimento di altri Stati. E non c'č niente da fare, perché l'aumento del debito-credito č una situazione particolare di rendita che permette agli Stati Uniti di sopravivere. E ricattano il mondo: se volete il capitalismo, essi dicono, dovete alimentare il suo motore primo, che pulsa a Washington. A causa di questo ricatto possiamo tranquillamente escludere due opzioni: 1) che quel particolare debitore rappresentato dagli USA si lasci pignorare fabbriche e case; 2) che un giorno paghi il suo debito. Perciņ al mondo capitalistico non resta altro da fare che tenerlo a galla. Se ci riesce......

 

UN PAESE SEMPRE PIU' PIDUIZZATO E NEOFASCISTA...."

Il segretario Cgil dopo la riunione di ieri sera a Palazzo Grazioli fra
premier, Marcegaglia, Bonanni e Angeletti cui non č stato invitato

Epifani infuriato con il governo
"Gravissimo non averci invitato"

"Incontro immediato con il governo e chiarimenti dai leader di Cisl e Uil"
Bersani: "Tutti i sindacati sono uguali, comportamento non serio e fazioso"

Epifani infuriato con il governo "Gravissimo non averci invitato"

Guglielmo Epifani


ROMA - "Quello che č accaduto ieri sera, se confermato, č gravissimo, una cosa senza precedenti". Il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani ha commentato cosģ, parlando al direttivo dell'organizzazione, la notizia dell'incontro di ieri sera a palazzo Grazioli, fra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, alcuni ministri, la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia e i segretari di Cisl e Uil Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti.

Epifani chiede "un immediato incontro con il governo" e annuncia una lettera ai leader di Cisl e Uil e al presidente di Confindustria con la quale chiederą conferma dell'incontro di ieri sera, che, se confermato, "apre un problema formale nei rapporti con le altre organizzazioni sindacali e con la Confindustria".

"Il presidente Berlusconi dimostra cosģ - si legge in una nota - di non avere alcun rispetto nei confronti dei suoi interlocutori, quando esprimono opinioni diverse dalle sue". Sul tema della crisi "il governo non prevede momenti formali di confronto con tutte le parti sociali, mentre quelli 'riservati' li tiene solo con alcuni soggetti, escludendo la Cgil, l'Ugl e tutte le altre rappresentanze di impresa", prosegue il leader Cgil.

"Nei confronti della Cgil č un comportamento particolarmente grave perché abbiamo inviato al governo e alle altre parti sociali una piattaforma con le proprie proposte per affrontare la crisi - ha aggiunto Epifani -. Con questo atteggiamento il governo esprime, cosģ, la volontą di non aprire un confronto con la Cgil".

 


Immediata la condanna del Pd, che denuncia la gravitą dell'accaduto: "Non č serio. Tutti gli interlocutori fino a prova contraria sono uguali - dice Pierluigi Bersani, ministro ombra dell'Economia - mentre un governo che cerca di dividerli non fa l'interesse del paese. Sono faziosi, ideologici, non hanno nessuna attitudine ad un sano pragmatismo", aggiunge Bersani.

 

I radicali: «Il referendum?
Un diritto abolito di fatto»

Cappato: «In passato la volontą popolare č stata spesso tradita. Ma oggi molti fanno solo propaganda»

Marco Cappato
Marco Cappato

MILANO - «Io i referendum di Grillo li ho firmati». E dunque? «A me sembrava tutto in regola». Marco Cappato, eurodeputato radicale, č «sorpreso» dalla decisione della Cassazione di dichiarare «insufficiente» il numero di firme raccolte dal comico genovese durante il V2 Day sull'abolizione dell’Ordine dei giornalisti, sull'abolizione dei finanziamenti pubblici all'editoria e sull'abrogazione della legge Gasparri sulle frequenze tv. I magistrati avrebbero riscontrato «vizi formali» (e per questo Grillo č stato convocato per il 25 novembre). «Noi avevamo avvisato sui rischi legati ai tempi della raccolta, che č un'altra cosa» spiega Cappato. «Siccome era stato detto che a firmare erano stati in moltissimi, non mi aspettavo certo questa motivazione».

 

SENTENZE EVERSIVE - Voi radicali avete una certa esperienza in materia: da cosa puņ dipendere lo stop ai referendum di Grillo? «Nel merito non mi posso esprimere, non conosco i fatti nel dettaglio. Quindi non so se le firme raccolte siano insufficienti o meno. Una cosa č certa: il diritto al referendum nel nostro Paese esiste sulla carta, ma di fatto č stato abolito in decenni di sentenze eversive della "Corte-anticostituzionale", che ha cancellato milioni di firme, e dal Parlamento italiano, che ha fregato e tradito la volontą popolare su tantissimi temi: dalla riforma elettorale al finanziamento pubblico dei partiti. Il referendum č stato distrutto da questo regime di illegalitą che ci governa».

PROPAGANDA - Grillo sull'informazione, Di Pietro sul Lodo Alfano, il Pd sul mondo della scuola: si moltiplicano le iniziative referendarie Ma č ancora uno strumento utile? «Certo, se la Costituzione fosse applicata». E perņ? «Ho l'impressione che i neofiti del referendum pensano di usarli semplicemente come un'arma di propaganda». Con chi ce l'ha? «Con l'annunciato referendum sulla scuola, ad esempio: penso che sia stato lanciato solo per far parlare giornali e tv, senza capire bene su cosa e come farlo. Non mi sembra un modo serio di procedere».

LA RISPOSTA DI GRILLO...Finalmente si ritorna a parlare di Beppe Grillo sui media. Ne sentivo la mancanza. Ora che la Cassazione ha valutato insufficienti o non valide le firme per i referendum sull'abolizione dell'ordine dei giornalisti e del finanziamento ai giornali (un miliardo di euro all'anno) e per la fine del duopolio radiotelevisivo Mediaset-RAI si possono stappare bottiglie di champagne nelle redazioni e nelle segreterie dei partiti politici. Approfittatene, perchč la festa durerą ancora per poco. La pubblicitą sta migrando in Rete insieme all'informazione e voi non ci sarete.
Mi rimetto alla decisione della Cassazione, non voglio neppure discuterla, ne prendo atto. Ma c'č una cosa che forse ancora non sapete. Le firme per Parlamento Pulito (il disegno di legge popolare proposto da Grillo l'8 settembre 2007 con il PRIMO V DAY...) sono valide. Qualche giornalista vi ha informato della bella notizia?
Le vostre firme sono arrivate in
Senato, la discussione della legge č stata "assegnata alla 1Ŗ Commissione permanente (Affari Costituzionali) in sede referente il 22 maggio 2008. Annuncio nella seduta ant. n. 7 del 27 maggio 2008." Aspetto di essere convocato. Nella Commissione č presente anche Francesco Cossiga! Belin, che culo!

 

La scuola si ferma: «Governo dialoghi»
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18:00   POLITICAI sindacati: «Siamo un milione». Veltroni in piazza: «Protesta non č politica»
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Bologna, scontri tra polizia e studenti
Ferita una giornalista del «Corriere»

Beppe Grillo contestato dai manifestanti: «Non vogliamo primedonne». E lui: «Cercate i poliziotti finti»

BOLOGNA - Tensione a Bologna nel corteo degli studenti anti-Gelmini, che percorso il centro si č diretto verso la sede di Confindustria: la polizia, in via Castiglione, ha cercato di impedire ai manifestanti di proseguire. Sono cosģ iniziati cori contro gli agenti, all'insegna dello slogan «Bisogna andare avanti, indietro non si torna», in particolare da alcuni anarchici in testa al corteo. I manifestanti hanno cercato di sfondare il cordone, e sono volate alcune manganellate. I manifestanti hanno risposto con bottiglie e un fumogeno. Un cordone di carabinieri ha impedito ai manifestanti di entrare in vicolo Santa Lucia, dove si trova la sede di Confindustria, dato che questo tratto del percorso era stata vietato dalla Questura.

GIORNALISTA FERITA - Durante gli scontri tra manifestanti e polizia, Benedetta Boldrin, una giornalista del Corriere di Bologna č stata raggiunta alla testa da una bottiglia lanciata dai manifestanti ed č rimasta lievemente ferita. Č stata portata in ospedale. Il corteo č defluito in via Santo Stefano, senza quindi raggiungere la sede di Confindustria presidiata dalle forze dell'ordine. Al corteo hanno partecipato circa 30mila persone tra studenti e insegnanti.

Beppe Grillo contestato a Bologna (Ansa)
Beppe Grillo contestato a Bologna (Ansa)

BEPPE GRILLO - A Bologna č arrivato anche Beppe Grillo per esprimere la propria solidarietą ai manifestanti. E non ha perso occasione per lanciare una nuova provocazione: «Dovete cercare di scoprire chi sono i poliziotti finti (ascolta l'intervista). C'č un filmato messo online (guarda) dove si vede benissimo questi qui con le mazze che parlano affettuosamente con un poliziotto quasi da collega a collega. Queste cose le hanno sempre fatte dai G8» ha detto ai cronisti. Grillo ha chiesto al ministro dell'Interno Roberto Maroni di spiegare cosa č successo in piazza Navona e di chiarire la presenza di infiltrati. Quindi - ha aggiunto - dovrebbe dimettersi.

 

CONTESTATO: «BUFFONE» - Poco dopo perņ Grillo č stato pesantemente contestato dai manifestanti. Quando il comico e il gruppo dei suoi sostenitori hanno raggiunto frontalmente il corteo che stava entrando in via Zamboni, nella zona universitaria, dalle file dei manifestanti sono partite cascate di fischi e grida: «Buffone, non vogliamo le primedonne». I ragazzi, che sfilavano dietro lo striscione d'apertura «Noi la crisi non la paghiamo», erano visibilmente indispettiti dall'arrivo di Grillo circondato da giornalisti e gli hanno chiesto di mettersi dietro lo striscione come tutti gli altri. Non sono mancati momenti di tensione. Uno degli organizzatori ha urlato che «il protagonismo č da un'altra parte». Grillo gli ha dato del «maresciallo». Uno dei supporter del comico č stato spintonato, ma a quel punto č stato lo stesso comico genovese a invitare alla calma i suoi. «Sono cinque o sei, ma hanno perfettamente ragione - ha detto Grillo -, č la loro manifestazione e la gestiscono loro. Nonostante tutto siamo con loro. Certo, sbagliano la comunicazione».

«POCHI DEI CENTRI SOCIALI» - Dopo la contestazione, Grillo si č diretto verso piazza Verdi, dove č stato raggiunto da altri manifestanti che gli hanno chiesto di aderire alla manifestazione: gli č stato anche offerto un camice bianco dei precari che ha indossato, prima di dirigersi verso piazza Maggiore. Secondo lo staff di Grillo, la contestazione sarebbe opera di una ventina di esponenti dei centri sociali bolognesi che gią in passato si erano manifestati critici con i «grillini». «Non sono venuto a prendere dei meriti - ha spiegato Grillo ai giornalisti dopo aver lasciato il corteo, - la manifestazione č loro. Sono venuto a dare una testimonianza, non sono qui per fare un comizio». Riferendosi alla fredda accoglienza ricevuta, Grillo ha detto: «Mi vedono come un artefice della caduta della sinistra. Devono identificare bene chi sono i nemici». Il comico ha poi descritto l'iniziativa degli studenti contro il provvedimento Gelmini come «una cosa fantastica» perché permette di «rovesciare la piramide e mettere al centro gli studenti».

 

ROMA - Paolo Guzzanti, senatore di Forza Italia, torna a criticare Silvio Berlusconi e, stavolta, attraverso le pagine del suo blog, se la prende anche con Mara Carfagna. Il ministro viene definito "calendarista alle pari opportunitą", "inadatta" a ricoprire quel ruolo. Non solo: quella di Berlusconi, nei suoi confronti, sarebbe stata una "nomina di scambio", offerta in cambio di qualcosa che il senatore non specifica.

Una presa di posizione che fa seguito alle dichiarazioni, rilasciate lo scorso 8 ottobre, quando Guzzanti aveva attaccato il premier per aver lodato la Russia di Putin. "Berlusconi mi fa vomitare", aveva detto in quell'occasione. Adesso critica senza troppe mezze misure il ministro delle Pari Opportunitą: "Secondo quanto dicono alcuni testimoni che considero credibili, attendibili e tutt'altro che interessati - scrive nei commenti, rispondendo ad un suo lettore - esistono proporzionati motivi per temere che la signorina in questione occupi il posto per motivi che esulano dalla valutazione delle sue capacitą di servitore dello Stato, sia pure apprendista. La sua intelligenza politica č nulla".

Ancora: "Resta aperta una questione irrisolta: quali meriti straordinari hanno condotto questo giovane cittadino della Repubblica ad una carriera cosģ fulminea? Mi chiedo come questa persona abbia ottenuto il posto".

Ma l'accusa di Guzzanti č pił pesante, perché č quella di una vera e propria nomina di scambio, un favore fatto alla Carfagna dal premier. Facendo riferimento ad alcune intercettazioni mai pubblicate dai giornali, ma che lui avrebbe letto, Guzzanti risponde ad un lettore che gli chiede se le "nomine di scambio" fossero pił d'una: "Per quel che ne so, dai testi oculari, pił di una. Per questo lo scandalo sarebbe devastante, costituzionalmente e istituzionalmente devastante. Pił di scambio, tratterebbesi di compenso. Come scrisse Cossiga: 'ai miei tempi si offriva un filo di perle o un appartamento'".


Guzzanti č padre della comica Sabina, alla quale proprio la Carfagna ha chiesto
un milione di euro di danni. A chi lo attacca per questa sua presa di posizione contro la Carfagna, Guzzanti dice: "C'entra il senso dello Stato, il primato delle regole, la limpidezza della democrazia. Abbasso la mignottocrazia, viva la Repubblica". E nel post vero e proprio, il senatore si chiede se sia possibile che in una democrazia "il capo di un governo nomini ministro persone che hanno il solo e unico merito di averlo servito, emozionato, soddisfatto personalmente? Potrebbe essere il suo giardiniere che ha ben potato le sue rose, l'autista che lo ha ben guidato in un viaggio, la meretrice che ha ben succhiato il suo uccello, ma anche il padre spirituale che abbia ben salvato la sua anima, il ciabattino che abbia ben risuolato le sue scarpe". Infine, un altro interrogativo: "č lecito o non č lecito che si faccia ministro in uno Stato immaginario e anzi in un Pianeta di un'altra costellazione, una persona che ha come suo merito specifico ben soddisfatto il capo del governo?".

 

Alitalia, rotta trattativa sui contratti
Cai a sindacati: 'Prendere o lasciare'

Alitalia, rotta trattativa sui contratti Cai a sindacati: 'Prendere o lasciare'


ROMA - Nella notte Compagnia Aerea Italiana ha abbandonato il tavolo di confronto con i sindacati sui contratti per la nuova Alitalia. Dopo oltre sette ore di negoziato, Cai aveva ripresentato le proposte contrattuali iniziali e chiedendo di prendere o lasciare. Viste le distanze, l'amministratore di Cai Rocco Sabelli assieme alla delegazione ha abbandonato la trattativa.

"Gli spazi - ha detto Sabelli dopo una sospensione di due ore - sono esauriti". A questo punto la palla passa alle nove sigle sindacali che non hanno altra scelta che "prendere o lasciare" la proposta avanzata dalla Cai. Uno sviluppo che non č arrivato inatteso. Gią nel pomeriggio di ieri fonti sindacali facevano presente che l'unica "notizia" possibile nell'arco della serata era una rottura: se il confronto avesse imboccato la strada dell'accordo, sarebbero state necessarie almeno ventiquatt'ore, giusto in tempo per il consiglio di amministrazione della Cai, fissato per domani alle 15.

La posizione di Cai. Al mattino fonti Cai hanno fatto sapere che per la societą "la trattativa sui contratti č chiusa". "Non č un'improvvisata - hanno aggiunto - tutti i documenti hanno presentato gli accordi di Palazzo Chigi, dunque o a questo punto i sindacati firmano o per noi la partita č chiusa". Le fonti della societą hanno detto inoltre che ieri sera sono stati riscritti i criteri di selezione, ma le organizzazioni sindacali "non hanno voluto firmare questi documenti e non hanno voluto neanche firmare i contratti". I sindacati hanno voluto inoltre affrontare un altro argomento, quello sulla previdenza, che secondo le stesse fonti Cai "non č pertinente all'argomento contratti". Le organizzazioni sindacali hanno fatto notare che i provvedimenti in atto non garantiscono per un numero sufficiente di persone la certezza della pensione dopo sette anni di cassa integrazione.

 


Infine le stesse fonti della Cai ribadiscono che su 45 mila giornate di permesso sindacale per tutte e nove le sigle la societą ne ha proposte 3.500, e questo non č stato condiviso dai sindacati: "C'č un'indisponibilitą - hanno concluso le fonti - a cambiare la mentalitą con cui č stata gestita fino ad oggi l'Alitalia. Fino ad oggi č stata gestita come oggetto per fare sindacato e non per trasportare passeggeri".

La posizione dei sindacati. In una nota diffusa nella notte le nove sigle dei lavoratori di Alitalia hanno definito "incomprensibile" la rottura, negando che sia avvenuta sulla questione dell'agibilitą sindacale e sottolineando "la difformitą dei testi consegnati rispetto agli accordi di Palazzo Chigi".

Per i sindacati, Cai non ha compiuto alcun passo per andare incontro alle loro richieste, tanto che dopo alcune controproposte fatte ai criteri di selezione del personale, dopo una pausa di due ore, Sabelli - dicono i sindacati - č tornato al tavolo ponendo un aut aut anche sui contratti (quello da dirigenti per i comandanti e quello collettivo di lavoro): prendere o lasciare.

Un ultimatum che ha spiazzato i sindacati, convinti di proseguire il confronto senza soluzione di continuitą almeno sino all'ultimo minuto disponibile, cioč fino alla mezzanotte di domani, quando scade il termine per Cai per consegnare l'offerta vincolante al commissario straordinario di Alitalia Augusto Fantozzi. Al quale, a questo punto, i sindacati chiedono un incontro immediato.
(30 ottobre 2008)

 

 

SALVARE CRAGNOTTI,TANZI E GERONZI !!!

Se invece č guidata da un commissario, e magari va anche bene come nel caso della Parmalat, nessun pubblico ministero potrą mettere sotto processo chi ha determinato la crisi. Se finora lo stato d'insolvenza era equiparato all'amministrazione controllata e al fallimento, in futuro, se la legge dovesse passare com'č uscita dal Senato, non sarą pił cosģ. I cattivi manager, contro cui tutti tuonano, verranno salvati se l'impresa non sarą definitivamente fallita.

Addio ai processi Parmalat e Cirio. In salvo Tanzi e Cragnotti. Salvacondotto per l'ex presidente di Capitalia Geronzi. Colpo di spugna anche per scandali di minore portata come quello di Giacomelli, della Eldo, di Postalmarket. Tutto grazie ad Alitalia e al decreto del 28 agosto fatto apposta per evitarne il fallimento. Firmato da Berlusconi, Tremonti, Scajola, Sacconi, Matteoli. Emendato dai due relatori al Senato, entrambi Pdl, Cicolani e Paravia. Pronto per essere discusso e approvato martedģ prossimo dalla Camera senza che l'opposizione batta un colpo.

 


Ma ecco che una giornalista se ne accorge. Č Milena Gabanelli, l'autrice di Report, la trasmissione d'inchieste in onda la domenica sera su Rai3. Lavora su Alitalia, ricostruisce dieci mesi di trattative, intervista con Giovanna Boursier il commissario Augusto Fantozzi, gli chiede se č riuscito a garantirsi "una manleva", un salvacondotto per eventuali inchieste giudiziarie. Lui risponde sicuro: "No, io non ho nessuna manleva".

Ma quel 7bis dimostra il contrario. Report ascolta magistrati autorevoli, specializzati in inchieste economiche. Come Giuseppe Cascini, segretario dell'Anm e pm romano dei casi Ricucci, Coppola, Bnl. Il suo giudizio č senza scampo. Eccolo: "Se la norma verrą approvata non saranno pił perseguibili i reati di bancarotta commessi da tutti i precedenti amministratori di Alitalia, ma neppure quelli compiuti da altri manager di societą per cui c'č stata la dichiarazione d'insolvenza non seguita dal fallimento".

Cascini cita i casi: "Per i crac Cirio e Parmalat c'č stata la dichiarazione d'insolvenza, ma senza il fallimento. Il risultato č l'abrogazione dei reati fallimentari commessi da Tanzi, Cagnotti, dai correi". Non basta. "Subito dovrą essere pronunciata sentenza di assoluzione perché il fatto non č pił previsto dalla legge come reato per tutti gli imputati, inclusi i rappresentanti delle banche".

Siamo arrivati a Geronzi. Chiede la Gabanelli a Cascini: "Ma la norma vale anche per lui?". Lapidaria la risposta: "Ovviamente sģ". Le toghe s'allarmano, i timori serpeggiano nelle mailing-list. Come in quella dei civilisti, Civil-net, dove Pasquale Liccardo scrive: "Ho letto la nuova Marzano. Aspetto notizie sulla nuova condizione di punibilitą che inciderą non solo sui processi futuri ma anche su quelli in corso". Nessun dubbio sulla portata generale della norma. Per certo non riguarderą la sola Alitalia, ma tutte le imprese.

Vediamolo questo 7bis, cosģ titolato: "Applicabilitą delle disposizioni penali della legge fallimentare". Stabilisce: "Le dichiarazioni dello stato di insolvenza sono equiparate alla dichiarazione di fallimento solo nell'ipotesi in cui intervenga una conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento, in corso o al termine della procedura, ovvero nell'ipotesi di accertata falsitą dei documenti posti a base dell'ammissione alla procedura".

La scrittura č cattiva, ma l'obiettivo chiaro: finora i manager delle grandi imprese finivano sotto processo per bancarotta a partire dalla sola dichiarazione d'insolvenza. Invece, se il 7bis passa, l'azione penale resterą sospesa fino a un futuro, e del tutto incerto, fallimento definitivo. Commentano le toghe: "Una moratoria sine die, un nuovo colpo di spugna, una mano di biacca sulle responsabilitą dei grandi manager le cui imprese sono state salvate solo grazie alla mano pubblica". Con un assurdo plateale, come per Parmalat. S'interromperą solo perché il commissario Bondi evita il fallimento.

Ma che la salva Geronzi sia costituzionale č tutto da vedere. Gli esperti gią vedono violati il principio d'uguaglianza e quello di ragionevolezza. Il primo perché la norma determina un'evidente disparitą di trattamento tra i poveri Cristi che non accedono alla Marzano, falliscono, e finiscono sotto processo, e i grandi amministratori. Il secondo perché l'esercizio dell'azione penale dipende solo dalla capacitą del commissario di gestire l'azienda in crisi. Se la salva, salva pure l'ex amministratore; se fallisce, parte il processo. Vedremo se Berlusconi andrą avanti sfidando ancora la Consulta.
(9 ottobre 2008)

Lodo Alfano, il processo Mills sospeso solo per Berlusconi

Gli atti alla Corte Costituzionale
 
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© APCOM
Milano, 4 ott. (Apcom) - Anche gli atti del processo -Berlusconi-Mills, dopo quelli del caso Mediaset, finiranno alla Corte Costituzionale affinchč venga valutata la legittimitą del lodo Alfano. Ma i giudici della decima sezione penale del Tribunale di Milano hanno deciso la sospensione solo per l'imputato Berlusconi, atto dovuto. Per David Mills si va avanti a partire dal 10 ottobre.
 
Per i giudici il lodo contrasta con 6 articoli della Costituzione, a cominciare da quello relativo all'uguaglianza dei cittadini per finire con la violazione del principio della ragionevole durata del processo. E soprattutto, sostiene il collegio, non basta una legge ordinaria, ci voleva una norma di revisione costituzionale per garantire la sospensione dei processi alla alte cariche dello Stato. I giudici poi criticano fortemente il lodo anche in quello che era considerato dalla maggioranza di centro-destra un segno di disponibilitą: la possibilitą di rinunciare alla guarentigia. "Irragionevole", spiega il collegio, perchč la garanzia riguarda la funzione e non la persona.
I giudici di Milano non vogliono applicare la norma varata dal Parlamento affinchč il presidente del Consiglio possa occuparsi dei problemi del paese - commenta Nicolņ Ghedini, difensore del premier e deputato del Pdl - evidentemente al Tribunale di Milano non interessa nulla dei rifiuti di Napoli e dell'Alitalia. La decisione č stata presa da un collegio presieduto dal giudice Gandus che noi abbiamo ricusato e in merito aspettiamo l'esito in Cassazione".
Nicoletta Gandus impiega 40 minuti a leggere due ordinanze, 12 sulla costituzionalitą del lodo, 3 pagine per decidere di proseguire con Mills imputato. Il lodo Alfano ne esce a pezzettini. Adesso la patata bollente passa sul tavolo della Consulta che dovrebbe riunire gli atti dei due processi al Cavaliere di Arcore e decidere nel giro di almeno 6 mesi, pił o meno quanti ne erano bastati a gennaio 2004 per bocciare il lodo Schifani. E i giudici dicono che le lacune indicate dalla Corte Costituzionale per dire no 4 anni fa non sono state sanate dal lodo Alfano. Anzi.
Gią dalla prima riga dell'ordinanza si capisce tutto. "La rilevanza della questione posta č di assoluta evidenza... La questione della costituzionalitą non č manifestamente infondata", sono le parole testuali. Poi il collegio ricostruisce l'andamento del processo rogatoria per rogatoria e appare subito chiaro che per Mills il processo non sarą sospeso. "Non č necessario mantenere uniti i due imputati per l'accertamento dei fatti", si leggerą infatti nella seconda ordinanza.
Il vigente sistema delle guarentigie č disciplinato esclusivamente da norme di rango costituzionale, č di immediata evidenza che ogni eventuale modifica puņ essere adottata solo con norme di pari forza e con la procedura prevista". E' questo il passaggio cruciale, in cui i giudici attaccano duramente il metodo della legge ordinaria varata dal Parlamento. I giudici inoltre rilevano che il lodo nulla dice sull'utilizzabilitą delle prove gią assunte. Insomma, si riprende il 10 ottobre con Mills unico imputato. E' prevista la deposizione del consulente tecnico della difesa Berlusconi. "E come faranno a sentirlo? - fa osservare Ghedini - Hanno creato un guazzabuglio giuridico di difficile soluzione. Sģ, possono portarlo a forza in aula...
Comunque Mills sarą assolto. Poi arriverą l'assoluzione pure per Silvio Berlusconi davanti a un altro collegio perchč i giudici di oggi saranno diventati nel frattempo incompatibili avendo deciso sul co-imputato".
Ironia della sorte, ci sono moltissimi addetti ai lavori dei pił diversi orientamenti politici secondo i quali da anni ci si accapiglia per niente. Il fatto oggetto del processo, datato febbraio 1998, č in prescrizione dopo 10 anni da alcuni mesi. Per ora il processo č tenuto in piedi dalla contestazione suppletiva del pm, secondo il quale il reato di corruzione si sarebbe consumato non quando Mills ebbe la disponibilitą dei 600 mila dollari, ma nel momento in cui li utilizzņ.

 

Treni. Doppio binario velocitą & ritardi

Dal 13 dicembre si potrą andare da Milano a Roma in 3 ore e 40 minuti. Siamo saliti in carrozza oggi, per capire che cosa cambierą tra due mesi. Anche per i 2 milioni di pendolari che, nell’attesa, sopportano sporcizia, ressa e lentezze da lumaca

 

 

La copertina del nuovo Magazine
La copertina del nuovo Magazine

Nel grande salone della Stazione Centrale di Milano non funziona neanche un orologio. Parte degli ambienti č imballata da tendoni e transenne. Su tutto spicca un gigantesco cartellone di pubblicitą del film La mummia. I lavori sono in corso dal 2005 (costo previsto 120 milioni di euro). Gruppi di viaggiatori, molti gli stranieri, si aggirano cercando l’uscita giusta per la metropolitana, i taxi, il pullman per Malpensa. Ai binari č in corso la solita caccia al tesoro per trovare una macchinetta obliteratrice che funzioni. Non č il massimo come accoglienza nella futura cittą dell’Expo. Ma prestissimo, assicurano le Ferrovie dello Stato e Grandistazioni, Milano centrale diventerą la porta d’accesso alla “nuova frontiera del viaggiare”. Dal 13 dicembre, tra 66 giorni, come le Fs annunciano da mesi con i due totem del conto alla rovescia a Milano e a Bologna (e persino con email ai possessori di Cartaviaggio), per percorrere i 182 chilometri che tagliano la pianura padana basterą un’ora. Per arrivare a Roma ne occorreranno 3 e 40 minuti (3 ore e mezza per il no-stop), che si ridurrano a 3 alla fine del 2009. Ci sono voluti oltre 30 anni (e 45 milioni di euro a km) per concludere una vicenda iniziata a metą anni Ottanta, sotto la gestione di Ludovico Ligato, quando si costituisce la Sistav-Italferr Spa per creare infrastrutture per l’alta velocitą. Nel 1991 nasce la Tav Spa (societą pubblica al 40% e privata al 60%), per costruire otto tratte di AV con un investimento di oltre 26 miliardi di lire. Č una storia molto italiana, questa, ricostruita nel marzo scorso in un’audizione al Senato dal presidente e dall’ad delle Ferrovie dello Stato Spa, Innocenzo Cipoletta e Mauro Moretti, fatta di costi che lievitano all’infinito, grazie al sistema dei general contractors (ovvero un concessionario committente che puņ trarre vantaggio dal fatto che i lavori siano pił lenti e costosi possibile), varianti, compensazioni alle amministrazione locali, milioni di euro che si trasformano in debito pubblico. «Credo che se nel 1991 ci avessero detto che l’alta velocitą andava realizzata tutta con denaro pubblico, ci avremmo riflettuto bene», commentņ un senatore.

 

Ma tant’č. Tra un paio di mesi per i 16.335 chilometri delle ferrovie italiane (di cui 9.282 a binario unico) inizierą ufficialmente l’era della doppia velocitą: quella alta, tra Milano e Napoli, tratta su cui attualmente si concentra il 45% dei passeggeri, e quella bassa, che riguarda principalmente i due milioni di pendolari. Realtą che corrono parallele su binari, č il caso di dirlo, che non si incrociano mai. Con la liberalizzazione ferroviaria in Europa del 2010 e l’imminente arrivo dei privati (vedi pag. 53) cambieranno le abitudini dei viaggiatori. Č gią successo nei paesi europei che hanno investito sul trasporto di uomini e merci su rotaia: secondo la Uic (Unione internazionale ferrovie, l’organismo internazionale che riunisce le aziende ferroviarie del mondo) in Francia dal 1995 al 2006 l’aumento dei passeggeri č stato del 42%, in Spagna del 32, in Germania del 23. I confronti tra noi e il resto del mondo sono impietosi. Berlino ha un servizio ferroviario suburbano dal 1930 con una rete per l’area metropolitana di 3000 km. A Francoforte č di 1500, a Parigi di 1400, contro i 188 di Roma dove da vent’anni si discute di anello ferroviario e i 180 di Milano dove il Passante, iniziato nel 1984, non č ancora finito. La Ue punta sulla rotaia. E alcuni paesi si attrezzano: il trasporto di merci su ferrovia in Germania tra il ’95 e il 2006 č aumentato del 30%, da noi, dove si continuano a costruire autostrade come la Mantova-Cremona, č diminuito del 6%. Ma cosa deve aspettarsi il viaggiatore in Italia dal 13 dicembre, dopo il grande concerto rock previsto per l’inaugurazione della nuova Centrale di Milano? Le incognite sono ancora molte e fino al 30 ottobre, data della conferenza stampa annunciata da Trenitalia, resteranno tali. Innanzitutto i prezzi. I nostri, nonostante gli aumenti (un Eurostar Milano-Roma in II classe costa 59 euro, nel 2001 ne costava 46,48), le tariffe, soprattutto dei treni tradizionali, restano basse, frutto della logica: «paghi poco, pretendi meno». Moretti ha detto che aumenti ci saranno, a partire dalla tratta Milano- Bologna, «anche se non al livello di Francia e Germania», e che l’alta velocitą «deve essere un servizio di massa», smentendo una previsione dell’Economist: «L’AV č il modo futuro di viaggiare dei ricchi europei, mentre i poveri useranno i voli low-cost con livelli di comfort molto inferiori ». Certo, si pagherą di pił: se ne sono accorti gli abbonati della tratta AV Napoli-Roma, gią attiva, che hanno iniziato a utilizzarla con l’abbonamento Intercity di 160 euro (in seconda) pił coupon da 2 euro a viaggio, salvo scoprire dopo poco che era salito a 5.

 

 

Il sistema sarą completato nel 2009 quando saranno terminate, secondo le previsioni, anche le firmatissime stazioni AV: Napoli Afragola (15 km dal centro della cittą) progettata da Zaha Hadid, Firenze Belfiore (Norman Foster e Ove Arup), Torino Porta Susa (Gruppo Arep), Roma Tiburtina (Paolo Desideri), Bologna (Arata Isozaki). A quel punto si capirą se le previsioni di Fs (incremento di passeggeri sulle tratte nobili, miglioramento del servizio per i pendolari grazie alla liberazione delle tratte) si avvereranno. I diretti interessati, i pendolari, ne dubitano. Uno dei rischi, segnalato dallo stesso Cipoletta al Senato, č che, liberate le tratte, manchino i treni. Come per la Milano-Lecco: binari finiti, dopo 30 anni di lavori, treni inesistenti. Mancano i soldi, paradosso per un’azienda che di denaro pubblico ne ha consumato a fiumi. Occorrono 6 miliardi e mezzo per l’acquisto degli attesi 1000 nuovi treni per i pendolari. E i nuovi Etr600 e 610 sono costosissimi. In compenso la Corte dei conti in maggio ha reso noto l’importo del trattamento di fine rapporto dell’ingenger Elio Catania: 8.535.089,69 euro, oltre due milioni in pił rispetto alla liquidazione di 6 milioni e 7 che spettņ a Giancarlo Cimoli quando lasciņ Fs per Alitalia

 

Cosģ sulle tratte dei pendolari circolano treni vecchi, sporchi, affollati fino all’inverosimile. E incredibilmente lenti. In Lombardia, dove la Regione (con il decreto Bassanini le competenze relative al trasporto ferroviario locale sono state trasferite dallo Stato alle Regioni che stipulano contratti con i concessionari, in primo luogo Trenitalia) ha gią annunciato aumenti intorno al 10% per il 2009, arriva in ritardo un treno su tre. La stessa percentuale indicata dal Censis: un terzo dei treni parte e arriva in ritardo, in media di 16 minuti per spostamento. Su alcune tratte l’effetto lumaca č assicurato: Roma-Viterbo, un’ora e 50 minuti per 80 km, Trento-Venezia, pił di 3 ore per 148 km, Terontola- Perugia tre quarti d’ora per 39 km. Poi ci sono i treni-incubo come il Mantova-Milano delle 5.25 capace di arrivare dopo oltre 2 ore e mezza di viaggio. Per non parlare delle tratte a sud di Napoli. Da Palermo a Trapani, 107 km di distanza, occorrono, se va bene, 2 ore e 20 minuti, ma ci sono treni che ci mettono anche 3 ore e mezza. Al netto dei ritardi, s’intende. Insieme alla sporcizia, l’affollamento delle carrozze, i ritardi sono l’incubo dei pendolari. Un’indagine di Legambiente basata su dati Censis (Pendolaria 2008) li ha fotografati. Quelli del treno sono tanti (2 milioni, su 13 di italiani che si spostano quotidianamente), in continuo, sebbene lento, aumento, spendono una media di 50 euro al mese, la maggioranza percorre tratte intorno ai 25 km, solo un 4% va da una regione all’altra. Impiegano in media 45 minuti per ogni tragitto. Ultimamente si sono organizzati: sognando la class action, alcuni gruppi pensano a cause per danno biologico, altri auspicano quello che i dirigenti Fs temono: l’arrivo, salvifico, dei tedeschi o dei francesi (ricorda qualcosa?). Ci sono comitati pił istituzionali, come la battagliera associazione dei pendolari di Piacenza, che non disdegna consigli pratici (come, per chi va a Milano, di fare l’abbonamento da Pontenure: č pił lontano ma costa meno, misteri del federalismo ferroviario), i pendolari di Terni, quelli di Bergamo. Qui le speranze di cambiamento non arrivano: prevale un rassegnato pessimismo. Mortificati dalla rete ferroviaria, cercano il riscatto (caustico) in rete. I pił attivi sono Frenitalia, La Repubblica dei pendolari, Fratelli di Tav, Binario Morto, Ritarditalia, sottotitolo: «Tutti i ritardi dei treni minuto per minuto, con la collaborazione involontaria ma indispensabile di Trenitalia», tenuto da un perito informatico, che ha aggiornato le leggi di Murphy («Primo principio del pendolare: Se arrivi alla stazione in orario il treno č in ritardo. Se arrivi alla stazione in ritardo il treno č in orario»). A dispetto della volontą di ammodernamento le Fs restano, in effetti, una fonte di umorismo involontario: a volte memorabile, come lo spot che invitava a fare il biglietto per andare a trovare lo zio Pietro a Matera, cittą non raggiungibile in treno. O la vicenda surreale dei treni Vivalto in Liguria: acquistati per la linea tra Savona a Spezia, si fermano a Sestri Levante perché troppo alti per le gallerie. O quella dei cani con le pulci proporzionate al peso corporeo.

I treni italiani sono roba da iniziati. Gente che non si stupisce se sulla stessa tratta si possono pagare decine di tariffe differenti grazie a una classificazione di treni e di piani tariffari da mal di testa. Gente che sa che i ritardi si registrano non al momento dell’arrivo del treno al binario, ma nel cosiddetto «segnale di porta», punto che segna l’ingresso nell’area stazione, a un chilometro e mezzo dal binario: cosģ i 15 minuti dichiarati diventano 20. Ne servono 25 sull’Eurostar per ottenere non un rimborso, bensģ un bonus del 50% del prezzo del biglietto; con Intercity ed Eurocity, servono 30 minuti per un bonus del 30%; con Espresso ed Intercity notte, per un ritardo di un’ora il bonus č del 30%.

Vallo a spiegare a uno straniero: forse per questo il modulo per i rimborsi č solo in italiano, anzi in “trenitaliano”, la lingua in cui il controllore si chiama personale viaggiante, i treni materiale rotabile e i passeggeri che salgono sul treno l’incarrozzamento. Non č stata un’estate facile per Trenitalia: due incidenti su Eurostar in una settimana a Milano, viaggiatori attaccati da zecche e pulci, la protesta dei passeggeri dell’Eurostar Lecce-Milano per 7 ore di ritardo. Ma l’autunno sembra promettere bene, complice anche la crisi Alitalia che ha provocato il travaso di passeggeri su Trenitalia. A Natale, con il nuovo orario, potrebbe fare il pieno. Peccato che chiamando il call center 892021 vi sentirete rispondere che ancora non si possono acquistare. «Riprovi pił avanti, magari in novembre».

Alifarsa

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La cordata per Alitalia sta tagliando la corda. Tutta colpa della crisi internazionale. I 16 salvatori della compagnia di bandiera sono a corto di liquido. Il capofila Roberto Colaninno aveva promesso di versare 150 milioni di euro in CAI, la nuova societą. Non i suoi, come consuetudine dai tempi della scalata a Telecom Italia. I soldi contava di prenderli in prestito, come ogni imprenditore italiano che si rispetti. La scelta č stata oculata. La banca che doveva assistere CAI era infatti la Lehman Brothers. Questi portano sfiga... Appena lo hanno saputo a New York la Lehman č fallita dopo essere sopravvissuta anche al 1929 e si č scatenato il panico nelle Borse mondiali. Colaninno sta cercando altri finanziatori, aspettiamo il prossimo nome per toccarci.
La nuova Alitalia doveva partire, secondo l'amministratore delegato Corrado Passera di Banca Intesa, il primo novembre. Se partirą l'anno prossimo sarą un miracolo. Ancora adesso non si sa chi dei magnifici 16 si presenterą all'assemblea del 28 ottobre. Potrebbero uscire Aponte, l'Ilva di Emilio Riva e Fossati, ma anche il fondo Clessidra, e pure la Marcegaglia voleva mollare tutto, come ha riportato il Corriere della Sera. Il partner straniero non si sa ancora chi č, quale peso avrą. L'unica cosa chiara č che l'Alitalia č gią fallita, che Air One, con cui dovrebbe fondersi, ha una barca di debiti e Banca Intesa, sponsor dell'operazione, č tra le maggiori creditrici di tutte e due.
Io sono affascinato da come č stata gestita Alitalia. E' l'uovo di Colombo. Si prende una societą fallita per colpa della politica e dei sindacati. La si divide in due parti. Una con tutti i debiti a carico dei contribuenti che viene chiamata: "bad company". E una senza debiti, detta "good company", che si offre a prezzo di realizzo a imprenditori senza soldi (Colaninno), concessionari dello Stato (Benetton) o interessati a EXPO 2015 (Tronchetti). Gente che la potrą rivendere dopo un certo tempo con il dovuto guadagno a una compagnia straniera che entra da subito nel capitale. Un esempio per ogni italiano. Si impacchettano le rate del mutuo, i debiti con i fornitori, le perdite in Borsa e la suocera in una bad company e la si passa allo Stato. Casa, crediti, stipendio, interessi si conferiscono invece a una good company e si riparte come nuovi.
Da Banca Intesa fanno sapere che "la cordata č granitica". Mai visto una corda di granito. Una lapide, invece sģ.

 

L'OPA su Mediaset

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Emilio Fede su Roberto Saviano



Lo psiconano ha lanciato l’allarme per le aziende a rischio
OPA.
L’Offerta Pubblica di Acquisto, o OPA, č un’offerta finalizzata all'acquisto di prodotti finanziari.
Se l’azione di una societą vale poco o nulla, lanciare un’OPA č conveniente, si offre una cifra superiore alla quotazione e si rastrellano le azioni sul mercato fino a raggiungere la maggioranza.
L’azionista che preferisce l’uovo oggi alla (possibile) gallina domani puņ vendere le sue azioni (di solito lo fa) a chi ha lanciato l’OPA e incassare molto di pił di quanto valgono.
Per fare un esempio a caso, la Mediaset dello psiconano č a rischio OPA. Ieri il suo valore in Borsa era di 3,990 euro per azione. Il 41,11% in meno da inizio 2008.
Da inizio 2007 Mediaset č scesa da 9,501 euro a 3,990. Se un anno fa per comprarla bisognava pagare 100, oggi costa circa 40. Un affarone.
Un’OPA su Mediaset porterebbe numerosi vantaggi. La Presidenza del Consiglio e in futuro quella della Repubblica. Togliersi dalle balle Emilio Fede e Paolo Liguori e Clemente Mimun. Guadagnare un patrimonio grazie alla pubblicitą incassata da Publitalia. Veline senza limiti.
E non solo. Ci sarebbe vera informazione. Travaglio direttore del telegiornale. Saviano inviato speciale (e non emigrato all’estero). Dario Fo responsabile della cultura.
Quanto costa liberarci dalla camicia di forza di Testa d’Asfalto? Poco, bisogna solo trovare chi ci mette i soldi.
Ci sono tutti i presupposti per lanciare un’OPA. Ho bisogno di un partner industriale. La BBC per esempio. Io sono a disposizione per la comunicazione dell’asta pubblica. A una condizione: condividere e rendere pubblici palinsesto e conduttori prima dell’OPA.
Aspetto una telefonata, un fax, una mail. Astenersi perditempo.
 

Crisi mutui: il governo olandese ricapitalizza la pił grande banca del Paese

 

 

Il sequestro dell'inceneritore Marcegaglia

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La storia delle cose

Una buona notizia: a Modugno, vicino a Bari, č stato sequestrato l'inceneritore della Marcegaglia anche grazie a un esposto dei ragazzi del Meetup Bari 2. E' una grande vittoria per la salute dei pugliesi. Una sconfitta per i politici e per i confindustriali assistiti dallo Stato.
In materia di ambiente ognuno ha i ministri che si merita, ma noi abbiamo esagerato. Due dichiarazioni da far gelare il sangue a Dracula:
- Stefania Prestigiacomo, ministro dell'Ambiente: "Stiamo andando malissimo su Kyoto. Abbiamo un trend di crescita delle emissioni del 13% invece di una diminuzione del 6,5%. ma anche qui... ha senso che ci si faccia carico noi dell'inquinamento del mondo qundo a sfilarsi da Kyoto sono stati Paesi come gli Stati Uniti...?"
- Renato Brunetta, ministro per la PA e l'Innovazione, sulla riduzione delle emissioni inquinanti: "L'Europa ha poco da bacchettare perchč 20-20-20 (20% in pił di efficienza energetica, 20% in meno di emissioni inquinanti e il 20% di energia tratta da fonti rinnovabili entro il 2020, ndr) č una follia. Per le imprese e per i Paesi... č una follia soprattutto per un Paese manifatturiero come l'Italia che ha un'intensitą e una densitą di imprese superiore alla media europea perché il nostro Paese trarrebbe svantaggi". Ma ha poi ha aggiunto, rassicurante: " Noi vogliamo un ambiente pulito. Vogliamo controlli di tipo ambientale che non uccidano le nostre imprese e le nostre famiglie".
Datemi un secchio per vomitare...

"Ciao Beppe,
sono Lello Ciampolillo del
Meetup Bari 2, volevo segnalarti che in un mare di notizie 'immondizia' oggi ne abbiamo una positiva. La magistratura funziona. I politici no.
il 22/09/08 il dott. Francesco Bretone pm della Procura di Bari, ha
sequestrato l'area di costruzione dell'inceneritore della Eco Energia Srl (gruppo Marcegaglia) a Modugno (BA) ed ha messo 4 persone sotto inchiesta; di queste una č un dirigente del settore ecologia della Regione Puglia. Il sequestro č stato recentemente convalidato dal Gip. Le indagini sono state svolte anche a seguito di due esposti presentati dal meetup Bari2 assistito dall'avv Gaetano Filograno.Gli esposti in questione evidenziavano la pericolositą degli insediamenti tra Bari e Modugno di una centrale a turbogas e appunto dell'inceneritore, inseriti in un contesto gią fortemente inquinato dalla zona industriale a ridosso della cittą di Bari, nonchč dalla presenza di una centrale elettrica Enel all'interno della cittą, convertita recentemente da olio combustibile a gas sulla cui legittimitą il ns. meetup sta svolgendo approfondimenti tecnici e giuridici da sottoporre agli organi competenti.
Oltre a sottolineare l'ottimo lavoro della procura di Bari, che si preoccupa della salute dei cittadini contrariamente ai politici locali sia di destra che di sinistra, ci preme evidenziare alcuni tra i motivi che hanno portato al sequestro preventivo e all'iscrizione nel registro degli indagati del dirigente della Regione. Quest'ultimo ometteva di:
- motivare sullo smaltimento delle ceneri prodotte dalla centrale considerate nello studio di impatto ambientale (S.I.A.) erroneamente come rifiuto non pericoloso
- rilevare che lo stoccaggio e il trattamento delle ceneri avveniva all’interno dello stesso termovalorizzatore e che trattandosi di operazione di trattamento di rifiuto pericoloso occorreva per l’impianto una specifica autorizzazione
- rilevare che il CDR (combustibile da rifiuto) sarebbe stato prodotto anche all’interno della stessa centrale da un impianto privo di autonoma autorizzazione.
Ci chiediamo il perchč di queste "omissioni", e la risposta č forse perchč sarebbero stati costretti ad ammettere che la termovalorizzazione non risolve il problema dei rifiuti anzi lo acuisce perchč il rifiuto bruciato si trasforma in nanopolveri, diossine e cenere che a differenza dei primi sono tossici e di una tipologia estremamente pericolosa, e tutti questi rifiuti hanno bisogno di discariche speciali per rifiuti tossici.
Ora veniamo ai politici. Il presidente della regione Puglia Vendola, che alcuni giorni fa aveva mandato a noi cittadini pugliesi, una lettera in cui ci esortava a "fare la differenza" intende
costruire 5 inceneritori ( ) o meglio (sono sue parole) termovalorizzatori del CDR. Pochi giorni fa l'assessore regionale all'ambiente Losappio ad un nostro quesito sugli inceneritori rispondeva cosģ:
"La termovalorizzazione del CDR č per noi la chiusura del ciclo per la parte residuale dello stesso".
Sperando che si possa fare lo stesso con questa classe politica, lasciamo a te il commento su quest'ultima affermazione e sull'intera vicenda. Loro non si arrenderanno mai, noi neppure."
Lello Ciampolillo, organizer meetup Bari 2

 

 

FALLIMENTO - «Con liquiditą insufficiente per far fronte ai propri obblighi, Wamu non era pił in condizioni abbastanza solide e sicure per proseguire la propria attivitą», spiega in una nota la Fdic, l'organismo federale di supervisione sui depositi bancari, che assicura totale protezione ai clienti per i depositi fino a 100mila dollari. Jp Morgan ha annunciato un aumento di capitale da 8 miliardi di dollari per mantenere i propri standard di solvibilitą. L'istituto si aspetta costi prima delle tasse per 1,5 miliardi ma stima anche risparmi da economie di scala per un pari ammontare, per la maggior parte entro il 2010. Dall'incorporazione nascerą il secondo gruppo bancario statunitense, il primo nel settore delle carte di credito, con 2.040 miliardi di attivo e 5.410 filiali in 23 stati dell'Unione. Wamu, la cui fondazione risaliva al 1889, porta in dote 307 miliardi di attivo e 188 miliardi di depositi.

 

 

INCERTEZZA - Alle stelle anche l'Euribor ad un mese, salito di tre punti base al 5,01% (era al 4,63% appena una settimana fa secondo la Bloomberg) segnando un nuovo massimo dal dicembre del 2000. Ad esacerbare le tensioni di questi giorni č stato l'accordo, prima raggiunto e poi disfatto, al Congresso statunitense sull'approvazione del maxi-piano di salvataggio del sistema finanziario.

Usa, il debito pubblico supera il Pil

15 mila miliardi dopo i salvataggi di Stato Quasi metą dei bond del Tesoro all’estero

 

Sidney Winter, docente della Wharton School di Philadelphia, cosģ riassume la crisi americana in una mail a un collega della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa: «Abbiamo scoperto che la nostra ricchezza č di qualche migliaio di miliardi di dollari inferiore alle attese e ora dobbiamo decidere come ci dividiamo la sberla ». La sberla č violenta. E gli Stati Uniti non ne nascondono pił i lividi sui loro conti pubblici e privati. Per cominciare, la Federal Reserve si scopre senza pił margini di manovra. Ha gią impegnato la metą delle riserve, circa 500 miliardi, in prestiti al mercato e finanziamenti al Tesoro (Consolidated statement of condition of all Federal Reserve Banks, 18 settembre 2008).

E non č nemmeno chiaro se le toccherą anche fare le due iniezioni di capitali freschi per 100 miliardi ciascuna per la nazionalizzazione di Freddie Mac e Fannie Mae. Gli americani vedono la loro banca centrale diventare una holding che, direttamente e indirettamente, controlla la pił grande compagnia assicurativa del mondo, l’Aig, e le due pił grandi agenzie di mutui, Fannie & Freddie, e che, dopo il salvataggio della banca d’investimento Bear Stearns, funge pure da ricettacolo di titoli tossici, anche in valuta estera. Questa banca centrale zoppicante non avrebbe potuto far fronte, senza «stampare» altra moneta, al piano del governo per ritirare dai portafogli delle banche titoli illiquidi, e cioč non pił negoziabili, nella misura straordinaria di 700 miliardi di dollari. Eppure, chi mai dovrebbe farsi carico di un piano salva-banche se non l’istituzione che eroga il prestito di ultima istanza? L’apertura dell’ombrello del Tesoro sopra l’ombrello della Fed ben segnala la gravitą del momento, portata all’estremo dal rischio di un imminente tracollo di Goldman Sachs e Morgan Stanley, le ultime due banche d’investimento rimaste su piazza.

Ancora venerdģ 18 settembre, all’annuncio del piano, nessuno credeva che Goldman e Morgan avrebbero chiesto la licenza di banche commerciali, rinunciando alla totale libertą di manovra avuta fin qui in cambio della protezione della Fed e del Tesoro. E invece domenica la licenza l’hanno implorata e ottenuta. Coincidenza che aggiunge pił di un sospetto alle domande di fondo che il piano salva-banche propone di per sé. I 700 miliardi richiesti da Hank Paulson, il segretario al Tesoro che viene dalla Goldman e che dunque fa il pompiere dopo avere per anni attizzato il fuoco con i colleghi di Wall Street, saranno ottenuti con emissioni di titoli di Stato aggiuntive rispetto al programma ordinario di rifinanziamento del debito pubblico. A quali tassi saranno offerti? I risparmiatori americani stanno fuggendo dalla Borsa verso i Treasury bonds, il cui rendimento (somma algebrica del tasso d’interesse e del differenziale tra il prezzo corrente e quello d’emissione) č sceso poco sopra lo zero. Questa tendenza dovrebbe facilitare il collocamento delle emissioni aggiuntive.

Ma la scelta dei risparmiatori, dettata dalla paura, riapre la questione del rischio Paese nel momento in cui lo Stato interviene dove i capitali privati domestici rinunciano senza pił essere sostituiti da quelli delle economie emergenti e dei loro sovereign wealth funds. Ora Morgan, con la licenza in tasca, sta cercando nuovi soccorsi a Pechino: sarą interessante valutare il prezzo e i diritti di governance che il China Investments pattuirą dopo la batosta subita al primo ingresso. Quanto poi delle emissioni al servizio del piano non fosse accettato dai mercati, sarą fatalmente accollato alla Fed in contropartita a nuova moneta. Il rischio Paese, dunque. Ne influenzano il livello la politica estera, la potenza militare, l’interdipendenza con l’estero che detiene il 45% del debito pubblico Usa, mentre 40 anni fa ne aveva 9 volte meno.

Il rischio America dipenderą dalla capacitą di generare reddito mentre si va esaurendo la spinta ai consumi indotta dai tagli fiscali di Bush, costati 160 miliardi al bilancio federale e non pił replicabili. Ma dipenderą anche da altro. Dall’entitą del debito pubblico, per esempio. Di quello che si vede oggi e che, con il consolidamento di Freddie & Fannie, arriva a 15 mila miliardi contro un prodotto interno lordo che quest’anno viaggia sui 14300 miliardi. E del debito pubblico che si intravede per domani a consuntivo dei salvataggi, operazioni non amate da nessuno e tuttavia necessarie a evitare che la crisi finanziaria colpisca in modo troppo radicale i fondi pensione privati, gią in drammatica sofferenza, con la conseguente necessitą di estendere l’ombrello pubblico alla previdenza privata. Il rischio Paese, infine, dovrebbe considerare anche la ricchezza delle famiglie.

Secondo il Bureau of economic analisys del governo americano, nel 2005 la ricchezza netta pro capite (case e risparmi meno i debiti) era pari a 176 mila dollari, pił 38,2% a valori costanti rispetto al 1995. Secondo la Banca d’Italia, sempre nel 2005 la ricchezza netta pro capite degli italiani era pari a 134 mila euro, pił 47% benché il reddito sia aumentato solo in ragione di uno a tre rispetto a quello americano. Diversi stili e obiettivi di vita? Maggior presenza in Italia di redditi non ufficiali? Vero. Ma alla base c’č la maggior propensione americana a indebitarsi quale emerge dalla tabella sulla ricchezza delle famiglie nei diversi Paesi del G-7 (Girouard, Kennedy, André, Has the rise in debt made households more vulnerable?, Oecd working paper, 2006). E una pił ineguale distribuzione del patrimonio tale per cui l’americano medio (ovvero la fascia di popolazione egualmente lontana dalle fasce pił ricche e dalle pił povere) dispone di una ricchezza inferiore a quella dell’italiano comparabile (Sierminska, Brandolini, Smeeding, Comparing wealth distribution across rich countries, Banca d’Italia, 2007). Questa caratteristica americana accentua il rischio dei fallimenti.

La crisi dei mutui subprime dimostra la pericolositą delle piccole insolvenze private quando i debiti siano integrati ai piedi del castello di carte montato dalla finanza. Per questo la decisione cui fa cenno il professor Winter non č tanto semplice: come ci si divide il dolore per la sberla? Gli obiettivi condivisi del piano salva-banche sono due: a) impedire il tracollo dei mercati finanziari; b) minimizzare, per quanto possibile, l’onere per il contribuente. I critici radicali ritengono che questo piano salvi dal peggio i re decaduti del mercato, ma non il mercato. Perciņ propongono di trasformare i crediti in azioni e poi di chiamare i mercati a ricapitalizzare le banche sopravvissute. I sostenitori dell’intervento, ormai vincenti al Congresso e al Senato, osservano che, essendo le ban che esposte con altre banche o con soggetti a loro legati, avremmo solo una partita di giro. Ma il piano Paulson č vago su due punti cruciali: la determinazione del prezzo dei titoli tossici e la definizione dei diritti di proprietą in capo al pagatore di ultima istanza, e cioč al contribuente.

Il governatore della Fed, Ben Bernanke, acquisterebbe i titoli al prezzo di realizzo alla scadenza che dipende dal valore futuro dei beni sottostanti: caso classico, le case per i subprime. Nessuno sa stimare questo valore, ma tutti capiscono che il prezzo di Bernanke č pił alto di quello di mercato. La differenza serve a ricapitalizzare le banche senza fare tutti gli aumenti di capitale che servirebbero. Ai soci delle banche e ai loro ricchi gerenti si farebbe dunque il doppio regalo di rendere liquido l’illiquido, migliorando gią cosģ i ratios patrimoniali, e di farlo a prezzo di favore. L’iniziale crisi di liquiditą č diventata una crisi di capitali a causa dell'impennata delle garanzie richieste dalle controparti. Il regalo, se ne conclude, č obbligato. Certo, lo Stato potrebbe sempre acquistare con una serie di aste al ribasso a sconti decrescenti sul valore facciale dei titoli tossici. In questo modo, caldeggiato da Winter, si riduce il favore sul prezzo. Ma resta aperta la questione dei diritti di proprietą.

La buona regola vorrebbe che chi paga comanda cosģ da assicurarsi una gestione diversa e, con il tempo, riportare a casa qualcosa. Dati i valori in campo, il Tesoro nazionalizzerebbe il sistema bancario americano se adottasse la buona regola. Sarebbe la rivoluzione. Ma sarebbe solo una rivoluzione apparente. La classe dirigente č sempre la stessa se il segretario del Tesoro č un banchiere della Goldman Sachs in quiescenza; e il massimo consigliere economico di Barack Obama, da ministro di Clinton, abolģ il Glass Steagal Act, che per mezzo secolo aveva tenuto a freno il delirio di onnipotenza dei banchieri, per poi diventare un boss di Citicorp.

 

 

 
...inganno  ALITALIA: E' STRAFALLITA MA VIENE TENUTA IN PIEDI PER RAGIONI POLITICHE. LA CAI E' UNA SPECULAZIONE, FRA DUE ANNI IL PARTNER STRANIERO SI PRENDERA' TUTTO CIO' CHE E' AVANZATO DI BUONO. TUTTI I DEBITI ALLO STATO ITALIANO E QUINDI ALLA NAZIONE: BEN TRE MILIARDI DI EURO, A CUI SI AGGIUNGONO I 300 MILIONI DI COSTI ANNUI DELLA POLITICA, IL MILIARDO DI SOVVENZIONAMENTO PUBBLICO AI GIORNALI, I 300.000 EURO DI MULTA QUOTIDIANI PER L'INADEMPIENTE RETE4 (DI PROPRIETA' DI TESTA D'ASFALTO)DAL 2006 (SIAMO GIUNTI A CIRCA 300 MILIONI DI EURO....)...

"Buongiorno a tutti, riprendiamo il nostro appuntamento settimanale dopo le vacanze. Spero che vi siate riposati, tutti o quasi tutti, perché quest'anno ci sarą molto da fare. Forse avete visto sul blog di Beppe Grillo che abbiamo raccolto le prime dieci puntate di "Passaparola" in un DVD: chi fosse interessato trova le istruzioni per procurarselo.
La notizia di oggi č che l'operazione Alitalia č un grandissimo successo per il governo. Chi l'ha detto? Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che si loda e si imbroda da solo, anche perché dagli esperti ha ricevuto soltanto pernacchie e critiche, per non parlare della stampa e di tutti operazioni internazionali che si misurano sul libero mercato e non sull'italietta autarchica che sta ritornando insieme ai rigurgiti di fascismo giustamente denunciati da Famiglia Cristiana. Non si capisce bene che cosa stia festeggiando questo signore visto che negli utlimi quindici anni č stato Presidente del Consiglio per circa sette, cioč la metą: in questi quindici anni, Alitalia ha perso quindi miliardi di euro di soldi nostri, quindi la metą dei soldi persi č colpa sua, dei suoi governi, e l'altra metą č colpa dei governi di centrosinistra perché la politica ha sempre tenuto le mani su Alitalia e, come vedremo, continuerą a tenercele anche dopo averla fatta fallire innumerevoli volte.
Prodi e Padoa Schioppa, una delle poche cose buone fatte dal governo di centrosinistra, avevano trovato la quadra: erano riusciti a convincere AirFrance a rilevare tutto. Il che avrebbe comportato niente fallimento, niente ricorso alla legge Marzano sulle aziende decotte, nascita di un polo europeo molto grosso, avrebbe compreso AirFrance, KLM e Alitalia, che si sarebbe potuto misurare sui mercati internazionali dove ormai le compagnie aeree sono grandi, consorziate, fondate su alleanze tra pił Paesi. Ce la saremmo cava con 2150 esuberi: questo era il piano che era stato presentato da Messieur Spinetta, e cosģ sarebbe stato se si fosse chiusa la trattativa con i francesi subito, all'inizio della primavera, mentre adesso ne avremo 6-7000, di esuberi, cioč il triplo. L'AirFrance avrebbe pagato un miliardo e settecento milioni per comprarsi le azioni dell'Alitalia e avrebbe investito 750 milioni, in pratica avrebbe sborsato e ci sarebbero arrivati dalla Francia la bellezza di due miliardi e seicento milioni. Ora vedremo che, invece, quei soldi glieli diamo noi. Non solo non li incassiamo, ma li perdiamo. In pił sarebbe stata salvata e ristrutturata Malpensa e sarebbe stato potenziato l'aeroporto di Fiumicino. Questo, in sintesi, era ciņ che era stato concordato tra il governo Prodi e l'AirFrance e che č saltato perché sono arrivati Berlusconi e suoi lanzichenecchi e perché i sindacati, completamente accecati dal breve periodo, non hanno saputo scegliere tra un piccolo sacrificio oggi e un enorme dissanguamento domani, quello che invece avremo.
Cosa non va in questo nuovo piano che č stato chiamato "Fenice", perché pare quasi l'araba Fenice che risorge dalle sue ceneri - č un truffa naturalmente: sono abilissimi a chiamare le cose con un nome diverso da quello reale per nascondere la realtą -? L'Alitalia viene divisa in due societą. La Bad Company, la discarica, rimane a noi, allo Stato, con tutti i debiti. E' una societą che contiene debiti. La Good Company, invece, č quella meravigliosa, profumata, balsamica. Quella va ai privati, sedici privati, scelti privatamente con trattativa privata da Berlusconi e dai suoi uomini, che hanno ottime armi per chiedere piccoli favori agli imprenditori in vista di restituirli in grande stile, come vedremo, con vari conflitti di interessi. Quindi noi ci teniamo i debiti e quel poco che vale di Alitalia lo regaliamo ai privati che fanno anche la figura dei salvatori della Patria, dei Cavalieri Bianchi.
La Bad Company, affidata a uno che si chiama Fantozzi perchč si capisca bene qual č il problema, č dunque piena di buchi e li ripianeremo noi. I conti pubblici verranno ulteriormente sfasciati, saranno pił in rosso che mai e noi pagheremo progressivamente una "tassa Alitalia" anche se non la chiameranno cosģ, ce la nasconderanno sotto qualche voce strana. Anche perchč Alitalia viene incorporata ad AirOne che a sua volta č piena di buchi. Oltre a non incassare, spenderemo, probabilmente, intorno al miliardo di euro - un terzo dei tagli alla scuola decisi da questo governo - e in pił avremo 6-7000 persone per la strada che verranno messe in cassa integrazione a zero ore, avranno vari scivoli, ovviamente pagati con la cassa integrazione sempre con soldi nostri, e alla fine qualcuno verrą licenziato e - questi sono liberisti - vogliono infilare del personale in esubero nelle Poste. Un mese fa ci avevano detto che le Poste sono sovradimensionate e devono ridurre il personale, adesso ci raccontano che il personale delle Poste aumenterą perché arriveranno gli steward, le hostess, forse qualche pilota. Verranno travestiti da postini cosģ risolveremo il problema. Naturalmente pagheremo noi.
La Good Company, quella buona che viene regalata ai privati nell'ambito della famosa usanza tutta italiana di privatizzare gli utili e statalizzare le perdite, č formata da sedici grandi e lungimiranti capitani coraggiosi che, tutti insieme, sono riusciti a mettere da parte la miseria di un miliardo di euro; che non basta, naturalmente, a rilanciare Alitalia. Basti pensare che il prestito ponte, fatto ad aprile dal governo Prodi morente su richiesta del nascente governo Berlusconi, era di 300 milioni e l'Alitalia in tre mesi se li č mangiati. Dove prenderanno questi soldi? Mica li tirano fuori dalle loro tasche: in gran parte arriveranno dalle banche che sono molto coinvolte, come vedremo, in questa cordata. Taglieranno tutto il tagliabile, ridurranno le rotte internazionali, squalificheranno ulteriormente Fiumicino, Malpensa resterą al palo con Bossi, la Moratti e Formigoni che ululeranno alla Luna: mentre prima se la prendevano col governo di centrosinistra adesso gli sarą un po' pił difficile prendersela con il loro. In compenso abbiamo una caterva, un groviglio, una giungla di conflitti di interessi perché non c'č solo quello di Berlusconi. Il conflitto di interessi, non risolto da nessuno quando ce l'aveva soltanto lui, adesso č diventato un'epidemia e ce l'hanno in tanti.
Primo conflitto di interessi: abbiamo Carlo Toto, proprietario dell'AirOne, che con 450 milioni di debiti riesce a piazzare il colpo della vita. L'AirOne viene incorporata all'Alitalia, intanto il nipote Daniele č stato candidato ed eletto nel Popolo della Libertą. E' li a vigilare, evidentemente. Abbiamo tre soggetti che sono impegnati in opere pubbliche e sono addirittura pubblici concessionari dello Stato. Lo Stato, in questo conflitto di interessi, li ha convocati facendogli sapere che era bene per loro se aderivano all'appello del Presidente del Consiglio. Sono Salvatore Ligresti, noto immobiliarista, assicuratore, palazzinaro, pregiudicato per Tangentopoli. Marcellino Gavio, un altro che ai tempi di Di Pietro entrava e usciva dalla galera. L'ottimo Marco Tronchetti Provera che dopo aver ridotto come ha ridotto la Telecom č anche lui nel settore immobiliare. In pił abbiamo la famiglia Benetton, l'apoteosi del conflitto di interessi perchč č pubblico concessionario per le Autostrade, č gestore, dopo averlo costruito, dell'aeroporto di Fiumicino, e in futuro sarą uno dei proprietari di Alitalia. Come gestore di Fiumicino deciderą lui quali tariffe far pagare all'Alitalia per usare Fiumicino. Tutto in famiglia.
Gli immobiliaristi di cui sopra, e di cui anche sotto come vedremo, sono tutti molto interessati a una colata di miliardi che sta arrivando su Milano e la Lombardia per l'Expo. L'Expo prevedere 16 miliardi freschi per pagare nuove infrastrutture, costruzioni, palazzi, due autostrade, due metropolitane, una tangenziale, una stazione, ferrovie, ecc... indovinate chi si accaparrerą questi lavori? Esattamente coloro che hanno fatto i bravi e hanno accolto l'appello del governo.
Poi abbiamo Francesco Bellavista Caltagirone che con l'ATA ha delle mire su Linate. Abbiamo Emilio Riva, un acciaiere eccezionale supporter di Berlusconi. E abbiamo l'ottima famiglia Marcegaglia: non solo c'č la Emma, che č un'ottima valletta di Berlusconi, che cinge con il suo braccio nelle riunioni di Confindustria come se fosse una Carfagna o una Brambilla qualsiasi, ma abbiamo anche la sua famiglia, il gruppo imprenditoriale Marcegaglia, famoso per condanne e patteggiamenti assortiti da parte del padre e del fratello della signora. Che č presidente di Confindustria, tra l'altro, e quindi tratta per conto di tutti gli industriali con il governo e privatamente si č infilata in questa meravigliosa avventura.
Abbiamo la banca Intesta dell'ottimo banchiere Passera, banchiere di centrosinistra che si č messo subito a vento, e che fungerą con il conflitto di interessi: prima ha fatto l'advisor per trovare la soluzione per Alitalia e poi č entrata nella compagine azionaria della nuova Alitalia, la Good Company.
Abbiamo i fratelli Fratini che sono, anche loro, immobiliaristi toscani, magari interessati a mettere un piedino a Milano in occasione dell'Expo, per prendere la loro fettina di torta.
Abbiamo un certo Davide Maccagnani che č molto interessante: Alberto Statera su Repubblica ha raccontato chi č, uno che produceva missili per testate nucleari e adesso si č riconvertito all'immobiliare. Si presume che avrą anche lui le sue contropartite sotto forma di terreni.
In realtą gli interessi stanno a terra anche se Alitalia dovrebbe volare.
Poi, dulcis in fundo, il presidente dei sedici campioni del Tricolore, che č Roberto Colaninno, che gią ha dei meriti storici per avere riempito di debiti, comprandola a debito, la Telecom ai tempi della Merchant Bank D'Alema & C. a Palazzo Chigi, e adesso si propone anche lui per il suo bel conflitto di interessi familiare in quanto suo figlio, Matteo, č ministro ombra dell'industria del Partito Democratico. Cosģ ombra che non ha praticamente proferito verbo di fronte a questo scandalo nazionale perché prima era contrario, naturalmente alla soluzione Berlusconi, poi č arrivato papą. Come si dice "i figli so' piezz 'e core", ma pure i padri! Ha detto "sono un po' in imbarazzo", poi il giorno dopo ha detto "no, non sono per niente in imbarazzo". Insomma, non ha detto niente e soprattutto continua a rimanere ministro molto ombra, diciamo ministro fantasma, dell'industria del Partito Democratico.
Fatto interessante: qualche anno fa furono condannati in primo grado per bancarotta nel crack del Bagaglino Italcase, una brutta e sporca faccenda immobiliare, alcuni big dell'industria e della finanzia italiana come il banchiere Geronzi, Marcegaglia papą - il papą della valletta - e Colaninno Roberto - papą del ministro fantasma. Bene, tutti e tre a vario titolo sono impegnati, dopo la condanna in primo grado, in questa meravigliosa avventura, perché anche Mediobanca si sia mossa dietro le quinte poiché Geronzi sta per diventare il padrone unico della finanza italiana eliminando anche quei pochi controlli che venivano dalla gestione duale della banca che fu di Cuccia. Insomma, questo č il quadro. E' interessante perché probabilmente sono state violate una mezza dozzina di leggi, d'altra parte non ci sarebbe Berlusconi se fossimo tutti in regola con la legge.
Intanto la legge del mercato: vengono addirittura sospese le regole dell'Antitrust e i poteri del garante dell'antitrust perché bisogna dare tempo di consumare tutti questi conflitti di interessi e queste occupazioni del libero mercato. Intanto, il matrimonio Alitalia-AirOne che sgomina qualsiasi concorrenza in Italia soprattutto sulla tratta Milano-Roma. Sarą gestita in monopolio da questa nuova Good Company dove c'č dentro Toto e l'Alitalia. Non ci sarą concorrenza, non si potrebbe e allora si sospendono le regole. Che sarą mai, una pił una meno... un piccolo lodo Alfano per la nuova Alitalia non si nega a nessuno. La concorrenza va a farsi benedire: i prezzi quindi li fisserą il monopolista quindi non ci sarą possibilitą di gare al ribasso. La condizione che ci era stata imposta dalla Commissione Europea, dal governo europeo, per autorizzare il famoso prestito ponte che ha consentito all'Alitalia di fumarsi quegli ultimi 300 milioni di euro, era che l'Alitalia per un anno non si espandesse, restasse esattamente cosģ com'era. Con questo accordo viene violata quella condizione perché Alitalia si mangia AirOne e quindi si espande, altroché! Ben prima di quell'anno che era stato imposto dalla Commissione Europea che quindi, se le parole e gli accordi hanno ancora un senso, dovrebbe condannarci e vietarci questa operazione.
In pił viene cambiata un'altra legge italia, la legge Marzano sulle imprese decotte, che dovrą essere modificata perché questi capitani coraggiosi mica entrano in Alitalia rischiand qualcosa: non rischiano niente! Vogliono mettersi preventivamente al riparo dal rischio che qualche creditore o dipendente della vecchia Alitalia si rivalga sulla nuova, cioč chieda loro di sobbarcarsi qualche rischio. Verranno tutelati in tutto e per tutto, saranno inattaccabili, anche loro anche uno scudo spaziale, il loro piccolo Lodo Alfano per cui se qualcuno gli chiede qualcosa fanno finta di niente, dicono "io non so chi sei, mi trovo qua per caso". Nessun rischio di revocatoria o di rivalsa da parte dei creditori e dipendenti. E dove andranno a rivalersi? Naturalmente dalla Bad Company, quella decotta, quella nostra, dello Stato: pagheremo tutto noi. Per cambiare gli ammortizzatori sociali, altra deroga alla legge Marzano perché ci sarą bisogno di risorse per queste 6-7000 persone che finiranno per la strada o alle Poste, come ci č stato raccontato spiritosamente, in quanto non siamo attrezzati per far fronte a questa fiumana di lavoratori in uscita. In pił, il governo promette di detassare le aziende che assumono ex dipendenti dell'Alitalia. E' un'altra cosa spettacolare: l'Italia č piena di aziende decotte, di gente che finisce per la strada: quei lavoratori lģ si fottono, mentre gli ex-lavoratori Alitalia avranno il privilegio di poter andare da alcune aziende che se li assumeranno avranno riduzioni fiscali. Cosģ: cittadini di serie A e cittadini di serie B.
L'Europa ci tiene d'occhio anche perchč il prestito ponte aveva anche escluso che per un anno la societą Alitalia venisse messa in liquidazione in regime concordatario. L'Alitalia aveva dunque garantito di pagare tutti i creditori. Adesso, se la nuova societą non li paga, quelli si rivalgono ma non solo. La Good Company dovrą comprarsi tutti gli aerei e gli slot dalla Bad Company - l'attuale Alitalia moribonda - e rifare tutti i contratti dei dipendenti o almeno di quelli che terrą con sé. Quanto pagherą tutti questi beni la Good alla Bad? Se li pagassero per quello che valgono sulla carta, la vecchia Alitalia probabilmente avrebbe i soldi per onorare i suoi debiti, circa 2-2.5 miliardi di euro. Naturalmente, visto l'aria che tira, se i nuovi proprietari tirano fuori un miliardo di euro per comprare quella roba č gią tanto. Quindi, la vecchia Alitalia rimarrą in profondo rosso, non avrą i soldi per pagare i creditori, e i creditori da chi andranno? Non potendo andare dalla Good che č immunizzata andranno dal governo che dovrą tirare fuori i soldi. A questo punto ci arriva addosso l'Europa perché se lo Stato paga i debiti di un'azienda si configura come aiuto di Stato. Questo č vietato perché, altrimenti, tutte le altre aziende d'Europa si incazzano e dicono "perchč noi dobbiamo andare avanti con le nostre gambe e se non ce la facciamo falliamo mentre in Italia lo Stato interviene a rabboccare quando i conti delle sue societą sono in rosso?". Ci arriverą addosso una procedura di infrazione, con condanna, con multa che aggraverą ancora la spesa di questa operazione folle e faraonica. In pił, la nuova Alitalia, dato che sarą l'unico soggetto solvibile dovrą sobbarcarsi, allora sģ, tutti i debiti che lo Stato non poteva pagare. Dovrą pagare tutti i creditori e rimborsare quei trecento milioni di prestito ponte allo Stato, visto che la Bad Company č dello Stato. Lo Stato non puņ restituirsi i soldi da solo, sarebbe una partita di giro.
Come avete visto Berlusconi ha risolto brillantemente anche l'emergenza Alitalia con lo stesso sistema con cui dice di aver risolto l'emergenza monnezza a Napoli: nascondendo il pattume sotto il tappeto. Che succederą in futuro? Questi 16 capitani coraggiosi devono rimanere fermi per cinque anni. Dopo cinque anni possono rivendere le loro quote della Good Company. Secondo voi che cosa fanno? Sono 16 soggetti nessuno dei quali ha il minimo interesse e il minimo background per occuparsi di voli. Non gliene frega niente dell'Alitalia, gliene importa in virtł delle contropartite. Prenderanno le loro quote e le venderanno a quello che sta per diventare il partner industriale, quello che sa come si fa a volare, che sarą AirFrance se vincerą Tremonti o Lufthansa se vincerą Gianni Letta che ha gestito questa operazione. Entro il 2013 questi possono rivendere. E che faranno? Svenderanno, come si sa, ai francesi o ai tedeschi, cosģ i francesi dell'AirFrance si prenderanno la compagnia italiana, che diventerą compagnia francese - non ci sarą pił nessuna bandierina da nessuna parte, č tutto finto che questa sia una cordata italiana - a condizioni migliori di quanto se l'avrebbero presa se si fosse dato retta a Prodi e Padoa Schioppa. Pagheranno quattro lire invece che due miliardi e seicento milioni che si erano impegnati a pagare. La prenderanno anche molto pił snella perché non ci saranno pił i dipendenti in esubero e i debiti da cui li avremo liberati a spese nostre. Questa sģ č la svendita di Alitalia ai francesi e agli stranieri, mentre quella di Prodi non lo era. Avremo cosģ una compagnia francese che si chiamerą Alitalia e che probabilmente raschierą via molto presto il simbolino dalle ali degli aerei.
Ci resta comunque una consolazione in tutto questo: in questi cinque anni potranno continuare a fare il bello e il cattivo tempo in Alitalia: potranno continuare a metterci il naso, avendo portato loro questi imprenditori. Faranno fare a questi imprenditori pił o meno quello che vorranno, sono tutti imprenditori assistiti o amici dei politici, nel solco di quella tradizione per la quale Alitalia č sempre rimasta in rosso: che la gestivano con criteri politici e non manageriali.
Pensate soltanto che un mese fa il governo Berlusconi ha stanziato un milione di euro per ripristinare l'imprescindibile volo Roma-Albenga tanto caro al ministro Scajola che sta a 30 km da Albenga, cioč Imperia, e ci tiene ad atterrare con l'aereo nel cortile di casa.E' meglio che rimanga ancora un po' in mani italiane perchč la gestiscono cosģ, un po' come il vecchio ministro Nicolazzi gestiva le Autostrade e si faceva fare lo svincolo a Gattico, proprio sotto casa sua, nella famosa autostrada Roma-Gattico.
Ci resta un'altra consolazione, cioč il fatto che ritorna il comunismo: Berlusconi che convoca imprenditori, cambia leggi, organizza cordate, il governo che dirige gli affari dell'impresa privata, sistema debiti, sposta dipendenti, fa piani quinquennali, ecc. ricorda tanto la grande Unione Sovietica di Stalin, di Breznev, di Cernienko. Il modello Putin sta entrando in Italia e sta tornando il dirigismo, la pianificazione sovietica. Il Cavaliere, che non sa e non ha mai saputo cosa sia il libero mercato, ripristina, se Dio vuole, l'industria di Stato. L'ultimo vero comunista č lui. Passate parola." Marco Travaglio

 

 

Il Milan senza punte
umiliato dal Chelsea:0-5

Nel finale del terzo posto della "Russian Railway Cup" i rossoneri in formazione rimaneggiata, vengono fatti a pezzi dalla squadra di Scolari che vince 5-0. Apre la festa Lampard, poi Anelka segna quattro gol. Sconcertante prova di Kalac

Paolo Maldini tenta inutilmente di contrastare Nicolas Anelka. Ap

Paolo Maldini tenta inutilmente di contrastare Nicolas Anelka. Ap

MOSCA, 3 agosto 2008 - Umiliato. Fatto a pezzi. Il Milan lascia Mosca pesantemente sconfitto dal Chelsea. La finalina del terzo posto della Russian Railway Cup finisce 5-0 per i Blues. Rimaneggiati, senza un'idea ben precisa di formazione, i rossoneri non entrano mai in partita subendo a 360 gradi il gioco degli inglesi, molto pił in palla. Gap devastante, sottolineato dalla differenza di preparazione, ma anche dall'approccio all'amichevole.

SENZA UNA PUNTA - D'altronde basta guardare la formazione dei rossoneri per capirne di pił. Ancelotti schiera Kalac in porta, una difesa composta da Bonera, Maldini, Simic, Favalli, con Zambrotta e Jankulovski esterni di centrocampo e Gattuso e Flamini centrali, poi Pirlo e Ambrosini. Un mischione senza senso, dovendo rinunciare a quasi tutti gli attaccanti, con Paloschi in panchina. Chelsea autorevole e autoritario. Scolari non scherza e oppone al Milan, Cech; Ivanovic, Alex, Terry, A.Cole; Ballack, Mikel, Lampard; Wright-Phillips, Anelka, Malouda. E bastano diciotto minuti ai londinesi per affettare il Milan. Al 3' segna Lampard, all'8' e al 18' Anelka. Roba da brividi. Zeljko Kalac non ne azzecca uno; roba da terzo portiere, altro che dualismo con Abbiati o Dida. E la difesa? Da mettersi le mani nei capelli: spazi aperti, praterie concesse agli inglesi che fanno il bello e il cattivo tempo. Poi tanta confusione in mezzo, mentre il Chelsea con calma britannica dilaga.

ALLARME - Poi arriva la ripresa e a nulla servono gli inserimenti Seedorf, Kaladze, Digao, Antonini e Paloschi. Il Chelsea infatti esagera a va ancora in gol due volte con Anelka, esaltando addiritttura Roman Abramovich che in tribuna, in dolce compagnia, si spella le mani per gli applausi. Al 66' poker-Anelka lascia il posto ad Andriy Shevchenko che fino a quel momento aveva assistito in piedi dalla panchina la prestazione sconcertante dei suoi ex compagni di squadra. E Sheva riesce presino a creare scompiglio, entrambe le volte dilatando i limiti di Kalac, evidentemente sotto choc e improponibile per il futuro. La mattanza finisce senza ulteriori schiaffoni, consegnando al Milan una figuraccia evitabile che, nonostante il valore della gara, resterą nella storia. Chissą, magari utile per far capire alla dirigenza rossonera che con il campionato di serie A non si cherza e che ha ancora un mese di tempo per acquistare un portiere e almeno un paio di difensori veri. Altrimenti lo scudetto resterą un miraggio.

Il tabellino

MILAN-CHELSEA 0-5 (0-3)

MARCATORI: Lampard al 3', Anelka all'8' e 19' p.t. Anelka al 5' e al 13' s.t.

MILAN (4-5-1): Kalac; Bonera (1' st Paloschi), Maldini (1' st Digao), Simic (1' st Kaladze), Favalli (19' st Antonini); Zambrotta, Gattuso, Flamini, Jankulovski, Pirlo; Ambrosini (1' st Seedorf).

CHELSEA (4-4-2): Chech (26' st Cudicini); Ivanovic (16' st Ferreira), Alex, Therry (16' st Carvalho), A. Cole; Ballack (1' st Deco), Mikel, Lampard, Malouda; R. Philips (28' st Sinclair), Anelka (21' st Shevchenko).

NOTE - Spettatori 35.000. Ammonito Jankulovski per gioco falloso. Angoli: 4-3 per il Milan.

Nel "lontanissimo" 2004 erano gli interisti a scendere in piazza per protestare contro il padrone Moratti reo di condurre una societą di calcio allo sfascio ed alla sconfitta perenne. Sorsero gli Interisti Indipendenti (vai al sito) e tutta una serie di siti che raggrupparono non poche persone per fare pressione contro la gestione Moratti. (

www.bastamoratti.altervista.org ) Questa fronda scomparve di fronte ad uno degli obiettivi raggiunti da Moratti, ovvero la vittoria. Sono arrivate le vittorie (CALCIOPOLI DOCET) ma lo sfascio č rimasto (vedere contabilitą creativa, falsi in bilancio...) soprattutto a livello economico. Nel 2006 all'Inter veniva assegnato lo scudetto d'ufficio con il Milan coinvolto in Calciopoli costretto a partire con una penalizzazione che peserą nella stagione successiva che vedeva l'Inter vincere lo scudetto sul campo. Tuttavia il Milan pareggiava i conti vincendo l'ex Coppa dei Campioni. Nel 2008 le penalizzazioni scomparivano, l'Inter ribadiva il successo del 2007 ma il Milan addirittura non riusciva a raggiungere il quarto posto utile per la partecipazione all'ex Coppa dei Campioni. Un insuccesso grave per i tifosi del Milan che cosģ decidono di protestare l'insufficienza del loro presidente Premier dell'Italonia dei magnaccia e dei papponi al potere. Ma non solo: anche il Milan pappagallava la contabilitą creativa interista:"Nel 2005 Inter e Milan hanno venduto i propri marchi, il Milan alla controllata Milan Entertainment srl,incassando una plusvalenza di 181,3 milioni di euro;l'Inter ha ceduto lo stemma alla controllata Inter Brand srl per 159 milioni....". A quanto pare la plusvalenza inventata non č bastata, la campagna acquisti rossonera langue e negli ultimi due anni si sono succeduti tutta una serie di bidoni pił morti che vivi: Vieri, Ronaldo, Emerson, Favalli, Gilardino, Gourchuff....Questo l'incipit del sito: "Questo succede(oltre ai fattori che cita Galliani nelle interviste)per il famoso conflitto di interessi.Un patron di una societą non puņ governare l'Italia per cercare di risollevarla e poi spendere fior fior di euro per la stessa.In effetti questo ragionamento č logico e va bene per tutti ,ma non per noi.Non possono essere i milanisti a pagare per risollevare le sorti dell'Italia e degli Italiani(???...che cosa sacrificherebbero i milanisti?? Mah.....).Oltretutto c'č una politica assurda di Fininvest che č quella di non investire pił con forza nel Milan...."

 

 

La rabbia di Ancelotti
"Qualcuno era in vacanza"

Il tecnico del Milan durissimo coi suoi dopo la batosta nell'amichevole contro il Chelsea: "Atteggiamento sbagliato in una partita comunque importante. Non c'č nulla da salvare". Sulle assenze: "Piuttosto dobbiamo lavorare sulla fase difensiva"

Carlo Ancelotti, deluso dopo la brutta prova del suo Milan. Afp

Carlo Ancelotti, deluso dopo la brutta prova del suo Milan. Afp

MOSCA (Rus), 3 agosto 2008 - E alla fine si arrabbiņ anche il buon Carletto. Perché un 5-0 sul groppone, anche se si tratta di un'amichevole, non puņ piacere. E allora Ancelotti ci č andato gił duro: "Ci sono stati un atteggiamento e un'attenzione sbagliati nel confronto di un'amichevole importante", ha detto il tecnico milanista.

NULLA DA SALVARE - "Si trattava di un'amichevole importante. La partita era gią difficile, poi dopo il risultato di 3-0 nel giro di quindici minuti le cose si sono ulteriormente complicate. La brutta figura rimane, ma speriamo che le vacanze siano finite oggi. Non c'č nulla da salvare, piuttosto dobbiamo guardare avanti". Questa, la prima pillola dell'arrabbiatura.

LACUNE IN DIFESA - Qualche attenuante, perņ, potrebbe starci: le assenze. Ma nemmeno qui Ancelotti vuole campare scuse: "Il gioco in attacco non fa testo a causa delle numerose assenze, ma dobbiamo certamente lavorare sulla fase di difesa. Anche se rientrerą un giocatore importante come Nesta, non credo che lui da solo possa risolvere tutti i problemi. Sarą necessario che tutti siano pił concentrati, pił attenti, in modo da concedere meno. La mancanza degli attaccanti ci permetterą di lavorare sulla difesa che in questo momento č troppo lacunosa".

PORTIERI - Infine, due parole sui portieri. Kalac č stato il peggiore in campo contro il Chelsea: "Dida giocherą la prossima amichevole, poi vedremo. C'č tempo per valutarli fino al 31 agosto, poi decideremo". Ultima battuta sull'infortunio di Kaką. "Non ci sono novitą: il bollettino medico parlava di infiammazione - ha concluso Ancelotti -, ma se non si sbilanciano i dottori certamente non mi sbilancio io".

 

Ecco, SECONDO L'ECONOMIST(noto giornale "comunista" inglese...), come Berlusconi ha intenzione di risolvere la PESANTISSIMA CRISI ECONOMICA ITALIANA.

Silvio Berlusconi novello Nerone: suona - il violino - mentre l'Italia brucia. Ecco l'ultimo PEZZO ....

Con questo titolo - accompagnato da una vignetta che raffigura il premier in smoking con il capo cinto da alloro che sorridente suona il violino mentre alle sue spalle imperversa un rogo avvolto da coriandoli che precipitano verso un coniglietto - il settimanale britannico Economist torna ad attaccare Silvio Berlusconi e il suo governo che, dopo soli due mesi "sta in maniera piuttosto deprimente assomigliando sempre pił a quello precedente" guidato dal Cavaliere del "Consigliori".

In un editoriale che sarą pubblicato nel numero di domani, l'Economist passa in rassegna i primi provvedimenti assunti dal governo, lamentando come Berlusconi - che in campagna elettorale "trasudava sobrietą" - in soli tre mesi abbia messo al centro della sua agenda politica "gli interessi propri e delle proprie aziende".

Fra le misure 'ad personam' in progetto il settimanale cita il tentato decreto per evitare il passaggio di Rete4 - gruppo Mediaset, di proprietą di Berlusconi - sul satellite; il paventato dl sulle intercettazioni, anche questo motivato da "motivi personali". Si citano poi altri due provvedimenti che "secondo i critici di problemi legali di Berlusconi” sarebbero al centro di altre due misure" allo studio del governo: la sospensione dei processi - che blocca anche quello Berlusconi/Mills - e "l'immunitą" per le quattro pił alte cariche dello Stato.

Berlusconi ha annunciato almeno una "riforma radicale" per l'autunno, ma č quella della giustizia, conclude l'Economist.

Secondo il settimanale tali scelte sono rese ancora pił gravi dalla attuale congiuntura negativa che mostra una economia italiana piatta: "Il motore della buona nave italiana sta crepitando; il vento lo sta spingendo contro le rocce ed il capitano č impegnato in altre faccende".(Come ad esempio comprare un giocatore di calcio per 45 miliardi di vecchie lire ed esaltare lo sperpero organizzando una sarabanda pacchiana nello stadio cittadino…..)

Sempre in economica, piuttosto che parlare di liberalizzazioni, il governo sembra spingere altri soldi dei contribuenti "nella azzoppata e fallimentare compagnia aerea nazionale, Alitalia".

 

 
 

Juve a picco con l'Amburgo,

0-3 !!

I bianconeri nella seconda partita dell'Emirates Cup a Londra perdono 3-0 con i tedeschi. Gol di Guerrero e doppietta di Olic. Primo tempo sottotono per la squadra di Ranieri, che gioca meglio nella ripresa col tridente, ma nel finale subisce due gol. Annullato gol valido a Camoranesi

Alessandro Del Piero in azione contro l'Amburgo. Afp

 Altri 15 milioni di euro per Muntari per allontanare lo smacco subito per i capricci di tal Lampard, giocatore inglese semi sconosciuto arrivato in auge grazie all'enorme "lapa" del nuovo allenatore dell'Inter che ogni giorno chiacchera, chiacchera e chiacchera come una cicala impazzita, cicale che poi alla fine non combinano niente di niente....L'Inter dell'imperatore in pectore della contabilitą creativa č tornata ai "fasti" di 4 anni fa, quando si chiaccherava di presunta potenza che poi puntualmente si scioglieva contro Empoli, Pescara, Lugano, Helsingborg.....


 

 
 

Accuse a Telecom e Pirelli
Tronchetti non č indagato

L'ipotesi di reato č corruzione. L'imprenditore e Buora sentiti in segreto come testi

 

 

Marco Tronchetti Provera (Carino)

Marco Tronchetti Provera (Carino)

MILANO — La Procura di Milano indaga per corruzione le societą Telecom e Pirelli, non chi č stato sino a poco tempo l'azionista di riferimento dell'una ed č presidente dell'altra, Marco Tronchetti Provera: la fotografia dell'esito finale di 3 anni di inchiesta sul dossieraggio illegale praticato dalla Security aziendale di Giuliano Tavaroli arriva indirettamente dall'esito dall'interrogatorio che, in gran segreto, alla fine di giugno i pm sono riusciti a far passare inosservato a tutti, benché svolto quasi sotto il naso di tutti: nella palazzina della polizia giudiziaria in piazzetta Umanitaria accanto al Tribunale, nell'orario lavorativo d'un giorno feriale dell'ultima settimana del mese.

 

DOPPIO VERBALE - E simultaneo: in una stanza interrogato Tronchetti, in un'altra l'ex top manager Carlo Buora. Entrati senza avvocato, sono usciti sempre senza difensore: segno che sono rimasti testimoni, persone informate sui fatti. Com'č possibile, vista l'ondata di arresti (almeno 5 rate) che dal 2005 hanno disvelato il gigantesco dossieraggio economico e politico con informazioni raccolte in maniera illecita dal loro manager della sicurezza sui pił vari soggetti, da Carlo De Benedetti al vicedirettore del Corriere Massimo Mucchetti? La risposta, in mancanza del deposito finale degli sterminati atti dell'inchiesta, č che gli inquirenti abbiano ritenuto di non disporre di elementi sufficienti per poter sostenere in un processo che Tronchetti e Buora fossero consapevoli dei metodi illegali (accesso abusivo a banche dati, violazione dei computer altrui, commercio di tabulati telefonici) con i quali la Security di Tavaroli acquisiva le informazioni che poi a volte e in parte metteva a disposizione dei vertici aziendali.

AGENZIA 007 - A volte, e in parte. Perché l'inchiesta sembra ritenere che la divisione aziendale di Tavaroli funzionasse in realtą come una agenzia di servizi illeciti non di rado offerti a segmenti di organismi istituzionali (come i servizi segreti), che perņ in quei casi agivano fuori dalle finalitą istituzionali, in conto proprio o dei propri committenti "privati". Anche su questo versante, cosģ come Tavaroli č il manager di maggior livello nel gruppo Telecom-Pirelli raggiunto dall'indagine, all'interno dell'ex Sismi l'inchiesta non ha sinora ritenuto di avere elementi da contestare all'ex direttore Niccolņ Pollari, attestandosi al livello del gią arrestato ex capo del controspionaggio Marco Mancini.

LEGGE 231 - Se le persone fisiche di Tronchetti e Buora non sono indagate, lo sono invece le societą Telecom e Pirelli in base alla legge 231 sulla responsabilitą amministrativa delle societą per reati commessi da proprie figure apicali nell'interesse aziendale. I due colossi quotati in Borsa sono indagati (e tecnicamente toccherą a loro dimostrare che i modelli organizzativi interni di controllo non avrebbero comunque potuto parare l'attivitą di Tavaroli) non per la miriade di violazione delle banche dati di forze di polizia e dello stesso gestore telefonico commesse dai poliziotti-carabinieri-finanzieri al soldo della Security aziendale (reato che non č compreso fra quelli per i quali scatta la legge 231); ma per l'invece contemplato reato di corruzione, cioč appunto per le tangenti versate agli uomini delle forze dell'ordine prestatisi a violare e consultare abusivamente le banche dati.

40 MILIONI DI EURO - Per paradosso, le medesime due societą indagate, che qui rischiano una sanzione attorno al milione e mezzo di euro ma non contraccolpi nei contratti con lo Stato, sono invece "parti offese" rispetto all'altro reato contestato a Tavaroli e a suoi investigatori privati di fiducia come Giampaolo Spinelli o Emanuele Cipriani, al quale fu sequestrato il Dvd con l'archivio Zeta di dossier illecitamente formati: l'appropriazione indebita di circa 40 di milioni di euro di Telecom e Pirelli spesi da Tavaroli per retribuire appunto queste attivitą.

NO INTERCETTAZIONI - Nonostante un ricorrente equivoco ormai triennale, ancora all'attuale stato dell'inchiesta non risulta che la Procura abbia contestato a uomini Telecom-Pirelli alcun caso di intercettazione telefonica illegale, non avendo trovato riscontro ad alcuni spunti pur presenti negli atti: come la presenza di una quindicina di «sonde» molto simili a un possibile sistema di allerta rispetto a intercettazioni attivate dall'autoritą giudiziaria, o come le affermazioni di seconda mano riferite da alcuni indagati

REBUS FALO' - Resta quello della praticabilitą della distruzione che una mal fatta legge (al vaglio della Consulta da 15 mesi) impone per i dossier illeciti sequestrati su 4.000 persone e 350 societą di cui la legge: 70 faldoni da 400 pagine l'uno.

 

 
 
 
DA UN'INDAGINE ITALIOTA...

Il bilancio presidente dell'Antitrust nella sua relazione annuale al Parlamento

Catricalą: «I cartelli corrompono il libero mercato tra le forze economiche»

L'80% delle banche e assicurazioni quotate presenta problemi di conflitti di ruolo

 

ROMA - «I cartelli non sono peccati veniali; sono gravi misfatti contro la societą perché corrompono la libera competizione delle forze economiche sul mercato: negli Stati Uniti sono considerati fatti criminosi, puniti con la prigione». Č quanto dichiarato dal presidente dell'Antitrust, Antonio Catricalą, nella sua relazione annuale al Parlamento.

MASSIMO SCOPERTO - La commissione di massimo scoperto applicata dalle banche č una «prassi iniqua e penalizzante per i risparmiatori e per le imprese: deve essere abolita». Antonio Catricalą, aggiunge come «sui tempi e sulle modalitą di cessazione si dovrą innescare concorrenza tra gli istituti, in piena libertą di mercato».

CONFLITTI RUOLO BANCHE-ASSICURAZIONI - L'80% delle banche e assicurazioni quotate presenta problemi di conflitti di ruolo, legati alla presenza nei propri organi di amministrazione di persone che siedono contemporaneamente nei board dei concorrenti. Lo ha detto il presidente dell'Antitrust, Antonio Catricalą, riferendosi ai primi dati emersi dall'indagine conoscitiva sulla governance di banche e assicurazioni condotta dal Garante.

PORTABILITA’ MUTUI - L’Antitrust ha avviato 23 istruttorie contro le banche per accertare eventuali ostacoli alla applicazione della legge sulla portabilitą gratuita dei mutui. Lo afferma il presidente dell’Authority, Antonio Catricalą, nella relazione annuale al Parlamento. «Nonostante la nostra tempestiva presa di posizione - spiega Catricalą - e nonostante un intervento della Banca d’Italia, molte banche si sono ostinatamente attardate in una prassi che noi riteniamo elusiva della legge che impone la portabilitą dei mutui senza oneri per i risparmiatori, sģ da costringerci ad aprire ben 23 procedure istruttorie».

LIBERALIZZAZIONI - Sarebbe «un errore imperdonabile rinunciare a politiche di liberalizzazione e apertura dei mercati». Per questo, il presidente dell'Antitrust, Antonio Catricalą, esprime «l'auspicio di una veloce e definitiva approvazione» delle misure varate dal Governo in sede parlamentare. Aprire e liberalizzare il mercato diventa fondamentale «soprattutto per l'Italia, che non gode di materie prime e di autonome risorse energetiche», per la quale «una politica di chiusura sarebbe disastrosa». Catricalą, evidenziando come «competizione non significhi indifferenza verso i pił deboli», cita il «pensiero cristiano», che conduce al merito e all'impegno personale come passaggi necessari per l'applicazione del principio di sussidiarietą «ma anche» la visione laica della cultura d'occidente «per la quale» il mercato č una forma di garanzia rispetto a ogni integralismo ed estremismo».

CLASS ACTION - Il rinvio della class action «rischia di disattendere» le «speranze di migliaia di persone che chiedono tutela in tempi brevi». Č l'allarme che lancia Catricalą, che comunque rileva come il nuovo semestre che ci separa dall'entrata in vigore «puņ essere utile a individuare le soluzioni tecniche che meglio corrispondono agli obiettivi di celeritį dei processi di allargamento dell'intervento al settore pubblico». L'azione dell'Antitrust, aggiunge Catricalą, «sarebbe utile anche in relazione al nuovo istituto», data «la continua e proficua collaborazione con le associazioni dei consumatori».

CARBURANTI - L'Autoritą garante della concorrenza e del mercato vigilerą «con rigore» per i prossimi cinque anni sull'attuazione degli impegni presi dalle compagnie petrolifere ai fini dell'apertura dei mercati della distribuzione dei carburanti. Catricalą aggiunge: «Sono stati vietati gli scambi informativi sui prezzi. Si č incentivata la diffusione della modalitą di rifornimento self service. Sono stati favoriti l'ingresso e lo sviluppo degli operatori della grande distribuzione organizzata. Č stata messa a disposizione di operatori non verticalmente integrati una quota delle strutture logistiche, a condizioni eque, non discriminatorie e determinate secondo criteri conoscibili in anticipo». Infine, «il leader di mercato si č impegnato a contenere i prezzi entro un differenziale massimo e a praticare sconti per il self service, tali da eguagliare il listino alla media europea. Vigileremo con rigore, per i prossimi 5 anni, sull'attuazione degli impegni, data la rilevanza strategica del settore per l'intera economia».

SANZIONI PER 86 MLN, PRIMI IN UE - Ammontano a 86 milioni di euro le sanzioni complessive decise dall’Antitrust nel 2007. Č il bilancio tracciato dal presidente dell’Authority. In particolare, «per i casi in cui sono state accertate violazioni delle normative comunitaria e nazionale che vietano le intese restrittive, abbiamo comminato sanzioni per 62 milioni: solo per questa misura la «Global Competition Review» ci colloca al primo posto nella lotta ai cartelli tra tutte le autoritą nazionali dell’Unione europea. In aggiunta - sottolinea Catricalą - occorre considerare altri 24 milioni di euro in ammende per abusi di posizione dominante». «Dal 2006 a oggi - aggiunge il numero uno dell’Antitrust - il numero dei provvedimenti decisi, con esclusione di quelli relativi a questioni solo amministrative, delle archiviazioni e delle segnalazioni, fa registrare un incremento del 39%». Inoltre, nel 2007 «le concentrazioni esaminate sono state 864, ben 147 in pił del 2006. La cifra costituisce il massimo storico dalla nascita dell’istituzione».

 

 
 
 
 

Accuse a Telecom e Pirelli
Tronchetti non č indagato

L'ipotesi di reato č corruzione. L'imprenditore e Buora sentiti in segreto come testi

 

 

Marco Tronchetti Provera (Carino)
Marco Tronchetti Provera (Carino)

MILANO — La Procura di Milano indaga per corruzione le societą Telecom e Pirelli, non chi č stato sino a poco tempo l'azionista di riferimento dell'una ed č presidente dell'altra, Marco Tronchetti Provera: la fotografia dell'esito finale di 3 anni di inchiesta sul dossieraggio illegale praticato dalla Security aziendale di Giuliano Tavaroli arriva indirettamente dall'esito dall'interrogatorio che, in gran segreto, alla fine di giugno i pm sono riusciti a far passare inosservato a tutti, benché svolto quasi sotto il naso di tutti: nella palazzina della polizia giudiziaria in piazzetta Umanitaria accanto al Tribunale, nell'orario lavorativo d'un giorno feriale dell'ultima settimana del mese.

 

DOPPIO VERBALE - E simultaneo: in una stanza interrogato Tronchetti, in un'altra l'ex top manager Carlo Buora. Entrati senza avvocato, sono usciti sempre senza difensore: segno che sono rimasti testimoni, persone informate sui fatti. Com'č possibile, vista l'ondata di arresti (almeno 5 rate) che dal 2005 hanno disvelato il gigantesco dossieraggio economico e politico con informazioni raccolte in maniera illecita dal loro manager della sicurezza sui pił vari soggetti, da Carlo De Benedetti al vicedirettore del Corriere Massimo Mucchetti? La risposta, in mancanza del deposito finale degli sterminati atti dell'inchiesta, č che gli inquirenti abbiano ritenuto di non disporre di elementi sufficienti per poter sostenere in un processo che Tronchetti e Buora fossero consapevoli dei metodi illegali (accesso abusivo a banche dati, violazione dei computer altrui, commercio di tabulati telefonici) con i quali la Security di Tavaroli acquisiva le informazioni che poi a volte e in parte metteva a disposizione dei vertici aziendali.

AGENZIA 007 - A volte, e in parte. Perché l'inchiesta sembra ritenere che la divisione aziendale di Tavaroli funzionasse in realtą come una agenzia di servizi illeciti non di rado offerti a segmenti di organismi istituzionali (come i servizi segreti), che perņ in quei casi agivano fuori dalle finalitą istituzionali, in conto proprio o dei propri committenti "privati". Anche su questo versante, cosģ come Tavaroli č il manager di maggior livello nel gruppo Telecom-Pirelli raggiunto dall'indagine, all'interno dell'ex Sismi l'inchiesta non ha sinora ritenuto di avere elementi da contestare all'ex direttore Niccolņ Pollari, attestandosi al livello del gią arrestato ex capo del controspionaggio Marco Mancini.

LEGGE 231 - Se le persone fisiche di Tronchetti e Buora non sono indagate, lo sono invece le societą Telecom e Pirelli in base alla legge 231 sulla responsabilitą amministrativa delle societą per reati commessi da proprie figure apicali nell'interesse aziendale. I due colossi quotati in Borsa sono indagati (e tecnicamente toccherą a loro dimostrare che i modelli organizzativi interni di controllo non avrebbero comunque potuto parare l'attivitą di Tavaroli) non per la miriade di violazione delle banche dati di forze di polizia e dello stesso gestore telefonico commesse dai poliziotti-carabinieri-finanzieri al soldo della Security aziendale (reato che non č compreso fra quelli per i quali scatta la legge 231); ma per l'invece contemplato reato di corruzione, cioč appunto per le tangenti versate agli uomini delle forze dell'ordine prestatisi a violare e consultare abusivamente le banche dati.

40 MILIONI DI EURO - Per paradosso, le medesime due societą indagate, che qui rischiano una sanzione attorno al milione e mezzo di euro ma non contraccolpi nei contratti con lo Stato, sono invece "parti offese" rispetto all'altro reato contestato a Tavaroli e a suoi investigatori privati di fiducia come Giampaolo Spinelli o Emanuele Cipriani, al quale fu sequestrato il Dvd con l'archivio Zeta di dossier illecitamente formati: l'appropriazione indebita di circa 40 di milioni di euro di Telecom e Pirelli spesi da Tavaroli per retribuire appunto queste attivitą.

NO INTERCETTAZIONI - Nonostante un ricorrente equivoco ormai triennale, ancora all'attuale stato dell'inchiesta non risulta che la Procura abbia contestato a uomini Telecom-Pirelli alcun caso di intercettazione telefonica illegale, non avendo trovato riscontro ad alcuni spunti pur presenti negli atti: come la presenza di una quindicina di «sonde» molto simili a un possibile sistema di allerta rispetto a intercettazioni attivate dall'autoritą giudiziaria, o come le affermazioni di seconda mano riferite da alcuni indagati

REBUS FALO' - Resta quello della praticabilitą della distruzione che una mal fatta legge (al vaglio della Consulta da 15 mesi) impone per i dossier illeciti sequestrati su 4.000 persone e 350 societą di cui la legge: 70 faldoni da 400 pagine l'uno.

 

 

 

 
 
DA UN'INDAGINE ITALIOTA...

Il bilancio presidente dell'Antitrust nella sua relazione annuale al Parlamento

Catricalą: «I cartelli corrompono il libero mercato tra le forze economiche»

L'80% delle banche e assicurazioni quotate presenta problemi di conflitti di ruolo

 

ROMA - «I cartelli non sono peccati veniali; sono gravi misfatti contro la societą perché corrompono la libera competizione delle forze economiche sul mercato: negli Stati Uniti sono considerati fatti criminosi, puniti con la prigione». Č quanto dichiarato dal presidente dell'Antitrust, Antonio Catricalą, nella sua relazione annuale al Parlamento.

MASSIMO SCOPERTO - La commissione di massimo scoperto applicata dalle banche č una «prassi iniqua e penalizzante per i risparmiatori e per le imprese: deve essere abolita». Antonio Catricalą, aggiunge come «sui tempi e sulle modalitą di cessazione si dovrą innescare concorrenza tra gli istituti, in piena libertą di mercato».

CONFLITTI RUOLO BANCHE-ASSICURAZIONI - L'80% delle banche e assicurazioni quotate presenta problemi di conflitti di ruolo, legati alla presenza nei propri organi di amministrazione di persone che siedono contemporaneamente nei board dei concorrenti. Lo ha detto il presidente dell'Antitrust, Antonio Catricalą, riferendosi ai primi dati emersi dall'indagine conoscitiva sulla governance di banche e assicurazioni condotta dal Garante.

PORTABILITA’ MUTUI - L’Antitrust ha avviato 23 istruttorie contro le banche per accertare eventuali ostacoli alla applicazione della legge sulla portabilitą gratuita dei mutui. Lo afferma il presidente dell’Authority, Antonio Catricalą, nella relazione annuale al Parlamento. «Nonostante la nostra tempestiva presa di posizione - spiega Catricalą - e nonostante un intervento della Banca d’Italia, molte banche si sono ostinatamente attardate in una prassi che noi riteniamo elusiva della legge che impone la portabilitą dei mutui senza oneri per i risparmiatori, sģ da costringerci ad aprire ben 23 procedure istruttorie».

LIBERALIZZAZIONI - Sarebbe «un errore imperdonabile rinunciare a politiche di liberalizzazione e apertura dei mercati». Per questo, il presidente dell'Antitrust, Antonio Catricalą, esprime «l'auspicio di una veloce e definitiva approvazione» delle misure varate dal Governo in sede parlamentare. Aprire e liberalizzare il mercato diventa fondamentale «soprattutto per l'Italia, che non gode di materie prime e di autonome risorse energetiche», per la quale «una politica di chiusura sarebbe disastrosa». Catricalą, evidenziando come «competizione non significhi indifferenza verso i pił deboli», cita il «pensiero cristiano», che conduce al merito e all'impegno personale come passaggi necessari per l'applicazione del principio di sussidiarietą «ma anche» la visione laica della cultura d'occidente «per la quale» il mercato č una forma di garanzia rispetto a ogni integralismo ed estremismo».

CLASS ACTION - Il rinvio della class action «rischia di disattendere» le «speranze di migliaia di persone che chiedono tutela in tempi brevi». Č l'allarme che lancia Catricalą, che comunque rileva come il nuovo semestre che ci separa dall'entrata in vigore «puņ essere utile a individuare le soluzioni tecniche che meglio corrispondono agli obiettivi di celeritį dei processi di allargamento dell'intervento al settore pubblico». L'azione dell'Antitrust, aggiunge Catricalą, «sarebbe utile anche in relazione al nuovo istituto», data «la continua e proficua collaborazione con le associazioni dei consumatori».

CARBURANTI - L'Autoritą garante della concorrenza e del mercato vigilerą «con rigore» per i prossimi cinque anni sull'attuazione degli impegni presi dalle compagnie petrolifere ai fini dell'apertura dei mercati della distribuzione dei carburanti. Catricalą aggiunge: «Sono stati vietati gli scambi informativi sui prezzi. Si č incentivata la diffusione della modalitą di rifornimento self service. Sono stati favoriti l'ingresso e lo sviluppo degli operatori della grande distribuzione organizzata. Č stata messa a disposizione di operatori non verticalmente integrati una quota delle strutture logistiche, a condizioni eque, non discriminatorie e determinate secondo criteri conoscibili in anticipo». Infine, «il leader di mercato si č impegnato a contenere i prezzi entro un differenziale massimo e a praticare sconti per il self service, tali da eguagliare il listino alla media europea. Vigileremo con rigore, per i prossimi 5 anni, sull'attuazione degli impegni, data la rilevanza strategica del settore per l'intera economia».

SANZIONI PER 86 MLN, PRIMI IN UE - Ammontano a 86 milioni di euro le sanzioni complessive decise dall’Antitrust nel 2007. Č il bilancio tracciato dal presidente dell’Authority. In particolare, «per i casi in cui sono state accertate violazioni delle normative comunitaria e nazionale che vietano le intese restrittive, abbiamo comminato sanzioni per 62 milioni: solo per questa misura la «Global Competition Review» ci colloca al primo posto nella lotta ai cartelli tra tutte le autoritą nazionali dell’Unione europea. In aggiunta - sottolinea Catricalą - occorre considerare altri 24 milioni di euro in ammende per abusi di posizione dominante». «Dal 2006 a oggi - aggiunge il numero uno dell’Antitrust - il numero dei provvedimenti decisi, con esclusione di quelli relativi a questioni solo amministrative, delle archiviazioni e delle segnalazioni, fa registrare un incremento del 39%». Inoltre, nel 2007 «le concentrazioni esaminate sono state 864, ben 147 in pił del 2006. La cifra costituisce il massimo storico dalla nascita dell’istituzione».

 

 
 
 
 

L'ira di Berlusconi sui giudici
«Vogliono sovvertire il voto»
.La magistratura respinge la ricusazione perchč infondata. Il processo per la corruzione in atti giudiziari del Premier va avanti, tempo utile fino alla prossima "leggina" ad hoc ovvero il riesumato Lodo Schifani (blocco dei processi verso le pił alte cariche dello stato) allegato ai Lodi ex Cirielli(dimezzamento dei tempi di prescrizione) e Lodo Pecorella (ricorso al secondo grado solo per le sentenze di condanna e non di assoluzione)

 Il processo Mills va avanti, nonostante la ricusazione, e il premier da Bruxelles attacca a testa bassa: «Denuncerņ i pm. Non userņ la norma blocca-processi». Replica dell'Anm: «Basta insulti, ora faccia i nomi»
 

LA PSEUDO REAZIONE DI WALTERLOO:

Veltroni: «In piazza in autunno»
Il premier: «Ha fallito, se ne vada»

 Il leader Pd: «L'emendamento che sospende
i processi colpisce il ruolo di garanzia del capo dello Stato».
Replica dispettosa del Cavaliere: «Indagheremo sulla bancarotta di Roma». Originale proponimento da parte di un personaggio gią condannato per corruzione (SME- Ariosto, Mondadori). Nel frattempo TRAMONTANO LE "NOTTI BIANCHE POLO DEL LUSSO ROMANE. Il buco finanziario lasciato da Walterloo non lascia scampo al club dei billionare alla Briatore.

 

 

Inter 05/06 senza requisiti?
Via Durini replica. La legge berluscaniota sulla depenalizzazione del falso in bilancio aveva salvato il club neroazzurro penalmente il 31 gennaio scorso. Rimane aperto il discorso sportivo tuttavia....

Un funzionario Covisoc: "Se la societą non avesse coperto le proprie perdite con plusvalenze fittizie, non avrebbe superato i parametri richiesti per l'iscrizione al campionato 2005-2006". Il club nerazzurro respinge le accuse

Massimo Moratti, patron dell'Inter. Ap
Massimo Moratti, patron dell'Inter. Ap
MILANO, 20 giugno 2007 - ""Se la societą non avesse coperto le proprie perdite con plusvalenze fittizie, non avrebbe superato i parametri richiesti per l'iscrizione al campionato 2005-2006". Č quanto si č appreso sulle risposte al pm di Milano Carlo Nocerino, che indaga su un'ipotesi di falso in bilancio che coinvolge Inter e Milan, date dal funzionario Covisoc Maugeri la primavera scorsa. Nell'indagine sono iscritti nel registro degli indagati il presidente dell'Inter Massimo Moratti, il vicepresidente Rinaldo Ghelfi, l'ex dirigente Mauro Gambaro, e l'amministratore delegato e vicepresidente vicario del Milan Adriano Galliani. I fatti risalgono al periodo tra il 2003 e il 2005 e sono relativi a scambi di calciatori non di prima fila tra Milan e Inter, il cui valore sarebbe stato gonfiato per ottenere delle plusvalenze. L'inchiesta era nata da un esposto presentato dall'ex presidente del Bologna, Giuseppe Gazzoni Frascara, alla magistratura di Roma e poi trasmesso alla Procura di Milano per quanto riguarda Milan e Inter.
L'INTER RESPINGE LE ACCUSE - Ma l'Inter non ci sta e lo afferma a chiare lettere sul sito ufficiale nerazzurro. "In merito alle agenzie di stampa relative all'iscrizione al Campionato di Serie A 2005-2006, nell'ambito dell'inchiesta penale pendente presso la Procura della Repubblica di Milano, F.C. Internazionale Milano S.p.A. - si legge - precisa di non aver mai appostato plusvalenze fittizie nei propri bilanci e di aver gią presentato necessaria e completa documentazione tecnica a dimostrazione che, attraverso i sistematici aumenti di capitale effettuati dai soci, č sempre stato garantito il pieno rispetto dei dovuti equilibri finanziari".

 

 
Il solito copione Le rimonte non riescono all'Inter dal 1998 (Strasburgo-Inter 2-0 0-3). La squadra ha sbagliato almeno tre palle gol pulite ma non si č mai dimostrata tambureggiante come si converrebbe di fronte ad una rimonta e di fronte ad uno stadio gremitissimo. Tuttavia ancora pił bizzarra la decisione di "Sciarpetta" Mancini di rassegnare dimissioni post dtatate dopo una amara sconfitta ed a solo tre giorni dalle celebrazioni del Centenario dell'Inter. Un personaggio che č riuscito a dare corpo ad una societą sfasciata e che ora lascia con 11 partite ancora da giocare ed uno scudetto ancora da vincere. Il rischio concreto č quello di rivedere nuovamente l'Interella dei Tardelli, Hogdson,Lucescu e compagnia cantante.

Mancini: "Inter, me ne vado"

Il tecnico nerazzurro a sorpresa: "I prossimi due mesi e mezzo saranno gli ultimi alla guida della squadra. Una decisione che avevo gią preso, non dipende dalla sconfitta con il Liverpool". Moratti non commenta, increduli i giocatori: "Uno sfogo, era deluso"

Roberto Mancini: alla quarta stagione con l'Inter. Ansa
Roberto Mancini: alla quarta stagione con l'Inter. Ansa
MILANO, 11 marzo 2008 - L'eliminazione ad opera del Liverpool? Niente, in confronto al colpo di scena che si materializza per l'Inter poco dopo la fine della partita. Roberto Mancini a fine stagione lascerą la panchina dell'Inter."Vi dico una cosa, e la dico in italiano perché tanto agli inglesi non interessa. Questi sono gli ultimi due mesi e mezzo per me sulla panchina dell’Inter, anche se ho quattro anni di contratto". Una bomba che esplode dopo Inter-Liverpool, la partita che ha segnato il terzo fallimento europeo di Roberto Mancini, che vince in Italia ma non riesce a imporsi nella Champions.
INCREDULI – Massimo Moratti non ha voluto commentare le dichiarazioni di Mancini, che ha ribadito di non aver litigato con il presidente e di aver comunicato la sua volontą al club ("Sģ, il presidente lo sa. Non č vero che abbiamo litigato, voglio un gran bene a Moratti") e ai giocatori. Dallo spogliatoio nerazzurro emergono commenti imbarazzati. Dejan Stankovic: "Sono cose che si dicono a caldo, era profondamente deluso per come č finita la partita, ci puņ stare una reazione cosģ". Esteban Cambiasso: "Per quello che ho saputo io, Mancini ha detto 'probabilmente’. Siamo dispiaciuti, lo č anche lui, ma dobbiamo pensare domani pił a freddo". Julio Cruz: "Mi ha sorpreso un po’, comunque se l'ha detto č una sua decisione…".
SERATACCIA – Per il tecnico interista č stata una notte molto difficile, chiuso con il k.o. contro un tecnico gentleman, Rafa Benitez, che ha preferito non commentare la sua decisione di lasciare. Da qualche settore dello stadio sono partiti parecchi fischi al momento delle sostituzioni, considerate tardive rispetto alle esigenze della squadra. In pił, dopo l’1-0, c’č stato il battibecco con Figo, su cui lo stesso Mancini ha preferito glissare a fine partita: "Si č scaldato per un quarto d'ora, doveva entrare prima dell'espulsione di Burdisso ma poi ho cambiato decisione, non č vero che si č rifiutato di entrare. Non č stata la serata che sognavamo – ha chiuso Mancini – Penso che il fatto di giocare in dieci sia all’andata che al ritorno sia stato determinante. Ma pił di tutto ha pesato il fatto che il Liverpool ha recuperato i giocatori migliori proprio a inizio febbraio, mentre a noi č successo il contrario e l’abbiamo pagato".
CORSA SCUDETTO - Ora non resta che un obiettivo: "Dobbiamo restare concentrati per rivincere lo scudetto. L'Inter rimane comunque una grandissima squadra e una grandissima societą al di lą di chi l'allena. Ci sono giocatori fin troppo seri e capaci per pensare di non conquistare lo scudetto con questo vantaggio sulla Roma".

 

 
L'Arsenal dei giovani spegne il sogno del MilanL'Arsenal dei ragazzi non ha avuto paura dei mostri sacri del Milan. A San Siro i gunners si sono imposti per 2-0, con due reti nel finale. I campioni d'Europa in carica, cosģ, non potranno difendere la Coppa vinta nella scorsa stagione, malgrado la fiducia del numero uno della squadra rossonera, Silvio Berlusconi, che si era detto sicuro di passare il turno e approdare nei quarti. Il successo dei londinesi č stato firmato da due dei talenti pił brillanti: lo spagnolo Cesc Fabregas, autore del vantaggio al 40' della ripresa e al togolese Adebayor, che ha arrotondato il risultato allo scadere. E mercoledģ al Bernabeu tocca alla Roma difendere il 2-1 dell'andata contro il Real Madrid. (continua)
MILAN-ARSENAL - Dopo lo 0-0 dell'Emirates, il successo dell'Arsenal - che a San Siro aveva gią vinto due anni fa contro l'Inter, addirittura per 5-1, nei gironi di Champions - č apparso tutto sommato meritato. i londinesi hanno giocato meglio, sfiorando ripetutamente il gol anche nel primo tempo. Clamorosa una trasversa di Fabregas, ancora lui, al 35'. La stoccata decisiva, come spesso avviene, č arrivata nel momento migliore dei rossoneri, quando i biancorossi sembravano stanchi. E' stato perņ premiato il coraggio del giovane spagnolo, che ha scoccato una staffilata angolatissima da 25 metri sulla quale Kalac non č arrivato. Il raddoppio di Adebayor č giunto quando il Milan era gią, con la testa, sotto la doccia, a riflettere su una stagione compromessa. Tra i rossoneri tanti errori: un pallonetto (maldestro) di Pato avrebbe potuto cambiare la partita. Alla fine, comunque, molta sportivitą tra i rossoneri: Ancelotti ha riconosciuto che «l'Arsenal, nei 180 minuti, č stato superiore. E ha meritato. Noi adesso, senza coppe, avremo il vantaggio di poterci dedicare alla rincorsa Champions». Ha parlato anche Silvio Berlusconi, presidente del Milan: «l'Arsenal ha mostrato un gran giuoco, ottima forza atletica. Direi che č stata una vittoria assolutamente meritata, per un certo periodo non ci hanno fatto proprio vedere la palla». E poi su Ancelotti: «L'ho detto anche prima del match. Il prossimo anno il nostro tecnico ha un contratto e noi rispettiamo i contratti. E poi ormai ci siamo affezionati».

Milan fuori dall'Europa, dalla Coppa Italiota e dal Campionato. Improvvisamente i caporioni rossoneri riscoprono il quarto posto....
Fabregas č l'oro Arsenal

I rossoneri salutano la Champions dopo una partita iniziata bene ma lasciata via via nelle mani dei Gunners. Che firmano la vittoria nel finale grazie alle reti dello spagnolo, autore di una gara pazzesca, e Adebayor

Un'eloquente espressione di Pippo Inzaghi. LaPresse
Un'eloquente espressione di Pippo Inzaghi. LaPresse
MILANO, 4 marzo 2008 - In una notte britannica l'Arsenal diventņ leone e azzannņ il Milan. Il romanzo č giunto probabilmente alla sua fine. La storia di un ciclo straordinario che arrivņ al fatidico bivio. Sģ, in una notte britannica il Milan viene graffiato e battuto dai Gunners che conquistano un meritato quarto di finale, grazie ai gol di Fabregas a 39' e Adebayor al 47' della ripresa.
IL RITORNO DEI GIGANTI - Con il ritorno di Kaką, Pirlo e Nesta, la soluzione Inzaghi-Pato in attacco, Ancelotti sognava tracce di Milan-Manchester, anche se l'assenza di Seedorf avrebbe tolto alla squadra una percentuale di personalitą e di fantasia. La sfida con i Red Devils rimane invece un antico ricordo. L'Arsenal č altra squadra e impone ritmi diversi e una concentrazione costante. Al 7' Hleb prova da lontano, ma senza successo. La replica dei rossoneri č micidiale. Nel contropiede Pato fa vedere di che pasta č fatto con una conclusione da posizione angolata deviata in corner. Maldini raccoglie dalla bandierina e Fabregas salva sulla linea. Pressing violento, unica soluzione contro gli inglesi che speculano poco e spingono a testa alta senza timore. La cronaca č fitta. Al 13' Diaby sbaglia di poco da fuori area. Al 14' un rabbioso Maldini mette dentro per Inzaghi che in girata di sinistro impegna Almunia.
PATO, CHE ERRORE! - E' il pił bel momento del Milan che spinge poco sulla destra, dove Diaby detta legge, e sfrutta il corridoio opposto grazie a sovrapposizioni perfette. Ma cosa combina Pato al 19'! Kaką fa un miracolo: passo felpato d'autore a tutto campo e un cross di rara bellezza al ragazzino che, appostato davanti a Almunia, si limita ad alleggerire la palla al portiere dei Gunners, fallendo un logico pallonetto. Spinge il Milan. Al 20' Clichy toglie l'urlo del gol a Pippo. Al 22' Kaką sfiora il palo dal vertice destro dell'area. Minuti incontenibili, in cui l'Arsenal sembra prossimo al tracollo.
SOLO ARSENAL - I Gunners soffrono, ma sono giovani e riescono a superare la crisi sfruttando la loro maggiore forza fisica e il minimo errore della difesa rossonera. Adebayor al 28' manca il vantaggio di un pollice. Quello di Kalac. L'occasione del togolese trasforma i Gunners che fino al termine della frazione di gioco schiacciano il Milan, grazie anche a uno straordinario possesso palla che culmina al 34' con la traversa colpita da Fabregas. Un dominio territoriale costante contro un Milan in affanno che sbaglia tutto e non riesce pił a oltrepassare la trequarti londinese.
CON LE UNGHIE - Segnali di una favola agli sgoccioli. L'Arsenal inizia infatti la ripresa cosģ come aveva finito il primo tempo. I ragazzi di Wenger attaccano a tutto campo come se San Siro fosse l'Emirates. E solo la dabbenaggine di Senderos al 3', tiro in bocca a Kalac, non apre il divario fra le contendenti. L'anima di Paolo Maldini palpita. Da vecchio leone non ci sta a mollare la presa spingendosi anche in attacco. Al 9' Pirlo impegna Almunia su punizione. Poca roba. Ci vorrebbe ben altro per abbattere i ragazzi di Wenger, mentre in difesa Maldini e Nesta mettono pezze. Kaką ci prova al 18'. La solita sinfonia: fuga, accentramento e tiro. Manca solo la luciditą.
LA ZAMPATA DI CESC - Ancelotti chiede un miracolo a Gilardino che prende il posto di Inzaghi al 24'. E' Walcott a prendere invece il posto di Eboué tra i Gunners. Al 30' Maldini e Kalac si immolano sul nuovo entrato. Al 34' Pato trova l'angolo giusto dal limite, ma c'č deviazione in angolo: vista da tutti tranne che da Plautz. Poi gli ultimi minuti in surplace, in cui la paura assale tutti e dove un errore puņ essere fatale. Come Pirlo che perde palla. O quel fenomeno di Fabregas che la addomestica e infila alla destra di Kalac al 39', ingannato da un rimbalzo. Per il gol che vale la qualificazione. Dilatato poi dal raddoppio di Adebayor. Scriverlo č doloroso, ma č giusto cosģ.

 

 
 
 
 
 

Due le vittime dell'incendio in acciaieria

Torino, un altro operaio č morto in ospedale a seguito delle ustioni riportate. Fiamme domate solo oggi all'alba

 

Roberto Scola, la seconda vittima dell'incendio alla ThyssenKrupp (Ansa)

TORINO - Sono diventate due le vittime dell'incendio divampato nella notte tra mercoledģ e giovedģ alle acciaierie Thyssenkrupp di Torino. Uno degli operai che risultavano gravemente ustionati č infatti morto in mattinata.

 

LE VITTIME - Roberto Scola, 34 anni, era ricoverato nel reparto grandi ustionati del Cto di Torino. Fonti sanitarie hanno perņ annunciato il suo decesso alle 6,45 di oggi. La sua situazione era disperata, a causa di ustioni estese sul 95% del corpo. Nell'incendio di ieri un suo collega, Antonio Schiavone, 36 anni, in fabbrica dal 1995, era morto sul posto.

«NON SI LAVORA» - Oggi i sindacati hanno incontrato i vertici dell'azienda, ai quali hanno chiesto di fermare la produzione. Al momento sono al lavoro nell'acciaieria soltanto gli impiegati. I sindacati hanno chiesto che non si riavvii l'attivitą prima di qualche giorno, al massimo una settimana, e solo dopo una verifica sulla sicurezza all'interno dello stabilimento.

LA RICOSTRUZIONE - Secondo la ricostruzione dei vigili del fuoco, intorno all'1.10 di ieri nell'acciaieria di Corso Regina Margherita si č sviluppato un incendio lungo la linea cinque, lunga 20 metri e adibita al trattamento termico e al decapaggio dell'acciaio. I soccorritori hanno spiegato che le cause sono probabilmente da ricercarsi nella fuoriuscita di olio combustibile da un tratto di tubazione flessibile.

LO SCIOPERO - In segno di protesta, i metalmeccanici hanno proclamato uno sciopero per venerdģ 14 dicembre per chiedere maggiore prevenzione e sicurezza sul lavoro. I pompieri hanno raccontato di essere intervenuti con una decina di squadre, e che alle 6.30 di questa mattina l'incendio era domato.

FERITI GRAVI - Gli operai del turno di notte avevano cercato di estinguere le fiamme con una manichetta dell'acqua, che perņ a contatto con l'idrogeno liquido e l'olio refrigerante avrebbe provocato una fiammata che ha investito alcuni lavoratori, secondo quando hanno affermato fonti di polizia. Altri tre feriti sono tutt'ora in condizioni molto gravi. Lo stabilimento era in via di smantellamento e aveva un totale di 200 dipendenti tra operai e impiegati, la metą di quanti ne aveva a luglio.

«SICUREZZA CARENTE» - «Quello che č successo a Torino č di una gravitą inaudita e assoluta - ha detto oggi il leader della Fiom-Cgil, Gianni Rinaldini -. Č evidente che siamo di fronte a gravi carenze in fatto di sicurezza, ma sono mancate anche adeguate forme di controllo e sono state violate delle norme: questo lo accerterą la magistratura, ma noi vogliamo mettere in campo tutte le iniziative per riporre al centro il tema delle reali condizioni esistenti nei luoghi di lavoro».

 

 
 

L'inchiesta di Napoli su sospette tangenti agli amministratori Rai
Randazzo racconta: mi č stato offerto di fare il vice ministro

Televisione e mercato dei senatori
Berlusconi indagato per corruzione


 

<B>Televisione e mercato dei senatori<br>Berlusconi indagato per corruzione</B>

Silvio Berlusconi

SILVIO Berlusconi č indagato dalla procura di Napoli per la corruzione di Agostino Saccą, presidente di RaiFiction e - seconda ipotesi di reato - per istigazione alla corruzione del senatore Nino Randazzo e di altri senatori della Repubblica, "in altri episodi non ancora identificati". Una storia che corre - circostanza davvero inconsueta per il Cavaliere - sul filo di un telefono (intercettato) dell'alto dirigente del servizio pubblico e trova una sua concreta evidenza nel racconto del senatore eletto dagli italiani di Australia. E' una storia che, al di lą degli esiti giudiziari, ha un'evidente rilevanza politica e si puņ raccontare cosģ. Come tutte le storie che si rispettino č avviata dal caso. I pubblici ministeri stanno ficcando il naso su un giro di iperfatturazioni che nasconde la costituzione all'estero di fondi neri.

La ricostruzione dei movimenti finanziari svela che il denaro ritorna - cash - in Italia attraverso la Svizzera. Per i personaggi coinvolti, per i loro contatti nel mondo della fiction e della Rai di viale Mazzini, il sospetto degli investigatori č che quelle somme possano essere o le tangenti destinate ad amministratori del servizio pubblico o "fette di torta" che i produttori televisivi si ritagliano, franco tasse. Al centro dell'attenzione finisce un piccolo produttore di cinema e tv, Giuseppe Proietti, che in passato ha lavorato alla Sacis (la societą di produzione e commercializzazione della Rai).

Il suo rapporto con Agostino Saccą č costante e molto intenso. Interrogato dai pubblici ministeri, il presidente di RaiFiction nega di conoscere Proietti cosģ bene. Mal gliene incoglie. Nel periodo delle indagini, Proietti si reca ottantotto volte in viale Mazzini e in quaranta di queste occasioni č in visita da Saccą che ignora di essere finito al centro di un'inchiesta molto invasiva che, come sempre accade in questi casi, ha il suo perno nell'ascolto telefonico. Nel diluvio di comunicazioni del presidente di RaiFiction saltano fuori, per dir cosģ, delle attivitą che i pubblici ministeri giudicano non coerenti, non corrette, non legittime per un dirigente Rai. Agostino Saccą č molto insoddisfatto della sua collocazione in Rai. Si sente sottovalutato, forse umiliato. Avverte di essere guardato a vista - sģ, controllato - dal direttore generale Claudio Cappon. Vuole andare via, lasciare "Mamma Rai" per "mettersi in proprio", creare nei pressi di Lametia Terme, nella sua Calabria, una "cittą della fiction"; collaborare al "progetto Pegasus", un'iniziativa che vuole consociare le capacitą e la qualitą dei piccoli produttori televisivi italiani per farne una realtą industriale in grado di competere sul mercato nazionale e internazionale.


Saccą parla molto delle sue idee e dei suoi progetti al telefono. Ne parla soprattutto con il consigliere d'amministrazione della Rai, in quota centro-destra, Giuliano Urbani. Con Urbani, Saccą conviene che in "Pegasus" bisogna far spazio a "un uomo di Berlusconi". Il presidente di RaiFiction ne va a parlare con il Cavaliere. Si incontrano spesso, a quanto pare. E' a questo punto dell'indagine che emerge l'intensa consuetudine dei rapporti tra Berlusconi e Saccą. Secondo fonti attendibili, soprattutto una decina di telefonate dirette tra il giugno e il novembre di quest'anno appaiono illuminanti (Berlusconi chiama e riceve da un cellulare in uso a un suo body-guard). Berlusconi e Saccą discutono della sentenza del Tar che ha bocciato l'allontanamento dal consiglio d'amministrazione della Rai, Angelo Maria Petroni.

Saccą sostiene che i consiglieri del centro-destra non sanno cogliere "le dinamiche positive". Spiega al Cavaliere come e con chi intervenire. Lo sollecita a darsi da fare per eliminare i contrasti che, in consiglio, dividono "i suoi consiglieri". Berlusconi appare a suo agio con il presidente di RaiFiction. Spesso dal "lei" cede alla tentazione di dargli del tu e tuttavia mai Saccą si smuove dal chiamarlo "Presidente". A volte il Cavaliere lo chiama confidenzialmente Agostino. Gli chiede conto del destino del film su Federico Barbarossa: "Sai, Bossi non fa che parlarmene...". Saccą lo rassicura: andrą presto in onda in prima serata. "E allora - dice Berlusconi - dillo alla soldatessa di Bossi in consiglio (Giovanna Clerici Bianchi) cosģ la smette di starmi addosso". Il Cavaliere si fa avanti anche per risolvere qualche suo problema personale e politico. In una telefonata, quasi si confessa alla domanda di Saccą: come sta, presidente? "Socialmente - dice Berlusconi - mi sento come il Papa: tutti mi amano. Politicamente, mi sento uno zero... e dunque per sollevare il morale del Capo, mi devi fare un favore. Vedi se puoi aiutare...". Il Cavaliere fa quattro nomi di candidate attrici: Elena Russo, Evelina Manna, Antonella Troise, Camilla Ferranti (secondo un testimone, il produttore di Incantesimo Guido De Angelis, č la figliola di un medico molto vicino al Cavaliere). Sai, spiega Berlusconi a Saccą, non sono tutte affar mio perché "la Evelina Manni mi č stata segnalata da un senatore del centro-sinistra che mi puņ essere utile per far cadere il governo". Promette Berlusconi a Saccą: saprņ ricompensarla quando lei sarą un libero imprenditore come mi auguro avvenga presto...
 

<B>Televisione e mercato dei senatori<br>Berlusconi indagato per corruzione</B>

Agostino Saccą


Agostino Saccą appare consapevole che la preoccupazione prioritaria del Cavaliere sia la "campagna acquisti" inaugurata al Senato per capovolgere l'esigua maggioranza che sostiene il governo di Romano Prodi. Fa quel che puņ, fa quel che deve nell'interesse del "Capo". In estate, incontra il senatore Pietro Fuda, un transfuga di Forza Italia, oggi nel Partito Democratico Meridionale di Agazio Loiero che sostiene il centro-sinistra. Dell'esito del colloquio, Saccą riferisce a Pietro Pilello, un commercialista calabrese con studio a Milano con molti incarichi in societą pubbliche (Metropolitana Milanese, Finlombarda), presidente dei sindaci di Rai International dal 2003 al 2006, oggi ancora sindaco di Rai Way. Dice Saccą: "Fuda vuol far sapere al Capo che il suo cuore batte sempre a destra, anche se č costretto a stare oggi a sinistra e che comunque se gli dovessero toccare gli interessi e le cose sue, il Cavaliere deve starne certo: Fuda gli darą un aiuto in Parlamento". Saccą e Pilello affrontano di concerto (e ne discutono al telefono) l'abbordaggio del senatore Nino Randazzo. Il commercialista assume informazioni sullo stato economico dell'eletto per il centro-sinistra in Oceania. Ne riferisce a Berlusconi che lo convoca ad Arcore. Si puņ presumere che il commercialista riceva l'incarico di accompagnare Randazzo da Berlusconi.

Dopo qualche tempo, gli investigatori filmano l'arrivo di Pilello all'aeroporto di Roma; l'auto con i vetri oscurati che lo attende; il percorso fino in cittą, a largo Argentina, dove č in attesa Randazzo; l'ultimo brevissimo tragitto fino a Palazzo Grazioli. Quel che accade nella residenza romana di Berlusconi lo racconterą il senatore ai pubblici ministeri. Berlusconi lo lusinga. Appare euforico. Vuole conquistare la maggioranza al Senato e dice di essere vicino ad ottenerla. Se Randazzo cambierą cavallo, potrą essere nel prossimo esecutivo o viceministro degli Esteri o sottosegretario con la delega per l'Oceania (al senatore Edoardo Pollastri eletto in Brasile, aggiunge Randazzo, viene invece promessa la delega come sottosegretario al Sud-America). L'elenco dei benefit offerti non finisce qui. Randazzo sarebbe stato il numero 2, appena dietro Berlusconi, nella lista nazionale alle prossime elezioni e l'intera campagna elettorale sarebbe stata pagata dal Cavaliere.

Randazzo č scosso da quelle proposte. Ricorda ai pubblici ministeri un bizzarro episodio che gli era occorso in estate, in luglio. Passeggiava nella Galleria Sordi, in piazza Colonna a Roma. Come d'incanto, come apparso dal nulla, si ritrova accanto un imprenditore australiano, Nick Scavi. L'uomo lo apostrofa cosģ: "Voglio offrirti la possibilitą di diventare milionario. Ti darņ un assegno in bianco che potrai riempire fino a due milioni di euro". Randazzo rifiuta l'avance. L'altro non cede. Trascorre qualche giorno e lo richiama. Gli chiede se ci ha ripensato. Randazzo non ci ha ripensato. Come Nick Scavi, anche Berlusconi non cede dinanzi al primo rifiuto di Randazzo. Per superare le incertezze, il Cavaliere rassicura il senatore: "Caro Randazzo, le farņ un vero e proprio contratto...". Ancora il telefono racconta come vanno poi le cose. Pietro Pilello dice che Berlusconi gli ha chiesto il numero telefonico di Randazzo perché aveva bisogno di parlargli con urgenza. Il senatore conferma durante l'interrogatorio: "E' vero, Berlusconi mi chiamņ e mi disse: lei ci ha pensato bene, le carte sono pronte, deve solo venirle a firmarle. Mi basta anche soltanto una piccola assenza". Al Senato un'assenza, con l'esigua maggioranza del centro-sinistra, ha il valore di un voto contrario. "Una piccola assenza" č sufficiente perché, dice Berlusconi, "ho con me Dini e i suoi - che non dovrebbero tradire - e tre dei senatori eletti all'estero". Vanagloria del Cavaliere come quella storia dei "contratti di garanzia"? Forse sģ, forse no. E' un fatto che almeno "un contratto" č saltato fuori a Napoli in un'altra indagine che ha come indagato per riciclaggio il senatore Sergio De Gregorio, presidente della commissione Difesa di palazzo Madama (alcuni suoi assegni per 400 mila euro sono stati ritrovati nelle mani di un noto contrabbandiere, Rocco Cafiero).

Durante l'investigazione, č stato sequestrato un contratto, inviato via fax a quanto pare, a firma Sandro Bondi e Sergio De Gregorio in cui si dą conto dell'impegno finanziario concordato tra le parti, delle quote gią consegnate e quelle da fornire con cadenza mensile. E' l'accordo stipulato (e noto) tra Forza Italia e l'associazione "Italiani nel mondo" di De Gregorio. Altri accordi, evidentemente, avrebbero dovuto nascere soltanto se i senatori del centro-sinistra avessero voluto.

 

 
 

dalle colonne del CorSer di Mieli...."La societą italiana č «una poltiglia». Continua il «boom silenzioso»: la maggioranza č inerte, ma imprenditori e giovani allontanano il declino. Allarme per le famiglie in difficoltą..."Nel frattempo, a nostra insaputa, č nata la Cassa del Mezzogiorno 2: "

Italia versa alla UE circa 12/13 miliardi di euro ogni anno. I miliardi finiscono in un fondo comune che viene ripartito a favore delle aree in via di sviluppo. A noi tornano indietro circa 8/9 miliardi. Dove vanno? Quasi tutti a tre regioni: Campania, Calabria, Sicilia. I fondi europei, che sono soldi pagati con le nostre tasse, fanno quindi il viaggio Roma-Bruxelles-Napoli (o Palermo o Catanzaro). Un viaggio di sola andata senza responsabilitą politiche di un singolo ministro della Repubblica. Infatti le decisioni sono prese a Bruxelles e la firma la mette uno sconosciuto funzionario.
Le regioni del Sud, grazie alla politica comunitaria e alle decine di miliardi di euro ricevuti nel tempo, si sono sviluppate. La criminalitą organizzata e le lobby politiche si sono evolute in societą multinazionali integrate.
Ma che fine fanno i 4/5 miliardi di euro di differenza non utilizzati per l’Italia? Vanno alle nazioni “povere”, di solito i nuovi ingressi nella UE. Come ad esempio la Romania che nel 2007/2013 riceverą
28/30 miliardi di euro per il suo sviluppo. E chi contribuisce al suo sviluppo? I baldi imprenditori italiani! L’Italia ha 22.000 imprese in Romania, č il primo partner commerciale. Un’impresa italiana che si stabilisce in Romania ha degli indubbi vantaggi: basso costo del lavoro, tassazione favorevole e accesso ai finanziamenti europei. Poi, magari, il prodotto lo rivende come “Made in Italy” guadagnando pił di prima. Il presidente rumeno Calin Tariceanu ha spiegato che l’Europa non deve temere flussi incontrollati dal suo Paese perchč “La Romania ha uno dei tassi di disoccupazione pił bassi di Europa” (vedi intervista). E’ un mondo alla rovescia. Chi rimane in Italia č tartassato, paga le tasse in anticipo, non ha finanziamenti dallo Stato. E allora va all’estero, in Romania. Con i soldi degli italiani. Quelli che sono avanzati dall’elemosina al nostro Sud da parte della nuova Cassa del Mezzogiorno che oggi si chiama UE."

 

Fini: "Colpo di teatro, ma non ci intimidisce;
proporzionale solo con il bipolarismo"
. La fine di un idillio iniziato nel 1993 ???

Il Prc chiede di fare in fretta sul sistema tedesco, ma teme un canale privilegiato Berlusconi-Veltroni


 

<B>Fini: "Colpo di teatro, ma non ci intimidisce<br>proporzionale solo con il bipolarismo"</B>

Gianfranco Fini

ROMA - Ormai tra Fini e Berlusconi i toni sono quelli della rissa. Dopo le parole dure, ma tutto sommato ponderate, spese in giornata in dichiarazioni ufficiali, incontrando in Transatlantico un gruppo di parlamentari di Forza Italia, il leader di An ha dato sfogo a tutta la sua ira. "La favola della Cdl č finita, Berlusconi con me ha chiuso, non pensi di recuperarmi, io al contrario di lui non cambio improvvisamente idea e posizione...", tuona.

Lo sfogo con Biondi. Nel capanello spicca l'ex ministro della Giustizia Alfredo Biondi, che conosce da lungo tempo Fini e che perciņ cerca di ricomporre la frattura tra l'ex presidente del Consiglio e il suo vice. Ma Fini non arretra: "Si ricordi che se vuole fare il presidente del Consiglio deve fare i conti con me e poi io ho vent'anni di meno... Mica si crede di essere eterno".

In serata Alleanza nazionale smentisce la ricostruzione: "Quanto orecchiato in transatlantico č completamente falso".

Proporzionale, ma bipolare. Molto pił del futuro nuovo partito annunciato dal Cavaliere, a far calare il gelo č stata la scelta di Berlusconi di schierarsi apertamente per una riforma elettorale ispirata al sistema tedesco. Intervenendo a Porta a Porta Fini ha ribadito: "Sģ al proporzionale, ma solo se si salva il sistema bipolare". Precisando, subito dopo, che per rendere ciņ possibile occorre non solo "dire con chi ci si allea prima del voto", ma anche fare "ulteriore chiarezza "indicando il nome del premier". Ma all'apparente apertura, Fini ha fatto seguire una sequenza di distinguo. "Berlusconi - ha ricordato - presenta come un'autostrada il fatto che č pronto a discutere di una nuova legge elettorale proporzionale alla tedesca e poi tutti al voto. Questa ipotesi di Berlusconi č campata per aria, non ci intimidisce con un colpo di teatro".

 

 

Tifoso ucciso, gli ultrą vanno all'assalto
L'agente: «Correvo, č partito un colpo»

Tragedia all'autogrill, muore Gabriele Sandri, 28 anni. Chi era: dj della Lazio, incantava il Piper.«Ragazzo solare»

11:09  Intervento per una rissa in un'area di servizio sull'A-1. Amato: «E' stato un tragico errore» Multimedia: audio, video e fotoGrafico: la dinamica

Il tifoso uccisoVideoIl fratello: «L'hanno ucciso». L'avvocato: «E' stato un omicidio volontario»
L'amico: «Un ragazzo perbene» di M. VinonuovoDue auto di tifosi, poi la polizia di B.Perissi
L'ultimo messaggio nel blog di Gabriele Sandri: qualcuno offriva un passaggio per Milano

 

Bertinotti: «Non si occulti la veritą
Va limitato l'uso delle armi»

11:27   POLITICA Il presidente della Camera: «Non criminalizzare ma accertare le responsabilitą. Per il lutto avrei sospeso le partite». Il ministro Amato riferirą domani a Montecitorio Prodi: «Preoccupato»Abete: «Vietare le trasferteIl forum
 

 

 
 
 
Grillo alla festa dell'Unitą, imbarazzo ds
Lo show in programma sabato sera. «La satira č benvenuta».
«Ma si decida: o fa il comico o fa il politico»
Beppe Grillo (Ansa)
Beppe Grillo (Ansa)

MILANO — Il capo-popolo del «vaffa » che urla «io i partiti li voglio distruggere », l'Inquisitore che sentenzia «i partiti sono un cancro», il comico blogger che dal suo sito attacca «gli intellettuali con il cuore a sinistra e il portafoglio a destra», ecco, proprio lui, sabato sera salirą sul palco della pił longeva e radicata festa di partito italiana. Beppe Grillo alla Festa dell'Unitą di Milano. Spettacolo: «Reset ». Costo: 20 euro, pił 2 di prevendita. Esito della serata, scontato: tutto esaurito. E nuovi malumori per chi, politici di destra, ma soprattutto di sinistra, dopo l'adunata oceanica del «V-Day» non smettono di chiedersi: cosa farą di questo consenso? Che effetto avrą l'ondata di antipolitica partita da Bologna?

Grillo, pur eclettico, pur imprevedibile, alle feste dell'Unitą l'hanno sempre accolto a braccia aperte. Non č etichettabile, d'accordo. Ma resta il fatto che un bel po' di cose di sinistra le ha sempre dette. E ora, con le sue sparate a zero, e a 360 gradi? La sinistra (milanese e no) trema. Il presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati (Ds) spiega perņ serafico: «Grillo č una presenza ricorrente, č gią venuto altri anni». E quindi? «Logico che torni. Anzi, sarebbe grave se non gli fosse consentito di dire ciņ che pensa ». E se sarą contro i Ds? «C'č sempre il diritto di replica».

In questi giorni il comico genovese ha ricevuto appoggi e accuse. L'esperienza bolognese diffonde perņ un timore nuovo: possibili imbarazzi. Piazza Maggiore docet: Grillo dal chiostro di Palazzo D'Accursio, prima dello spettacolo, ha definito il sindaco Sergio Cofferati un «funzionario di partito » e un «acchiappavoti». E allora la domanda č: anche a Milano sparerą addosso ai padroni di casa, i Ds organizzatori della Festa?
Marilena Adamo, capogruppo dell'Ulivo in Comune, sorride: «Non si puņ sperare che la satira sia sempre sugli avversari». E quindi, i diessini milanesi andrebbero a prendersele anche di persona le bordate contro i «partiti-cancro»? «Se non avessi un altro impegno andrei», risponde Penati. Pur sapendo che l'attacco potrebbe arrivare proprio lą in platea? «Sarebbe scorretto — scherza il presidente — perché non avrei il suo stesso acume e rapiditą per ribattere». Penati spiega che in generale «sarebbe meglio allentare il clima di tensione intorno a Grillo». E aggiunge: «Se la politica si sente minacciata, la domanda č: "facciamo bene fino in fondo il nostro mestiere?". Perché lui, questo č indiscutibile, il suo mestiere lo sa fare benissimo».

Intorno allo show milanese di sabato si č addensato nelle scorse settimane anche un piccolo giallo. Perché a luglio, sui primi manifesti della festa attaccati ai muri della cittą, erano previste tre date. Tre date compaiono ancora sul programma online (evidentemente non aggiornato). Alla presentazione ufficiale dell'evento le serate sono diventate perņ due. Infine, dieci giorni fa, č rimasto un solo appuntamento, quello di sabato prossimo. «La data č sempre stata una», commenta lo staff del comico. Ma altre voci raccontano di una prevendita che (prima del V-Day) non decollava.

Sabato invece sarą uno show amplificato e stracolmo. «L'unico elemento discutibile del personaggio Grillo — continua Marilena Adamo — č capire se si approfondirą ancora questo passaggio da fustigatore dei costumi ad animatore di iniziative sempre pił politiche. A quel punto dovrą scegliere anche lui da che parte stare». Un aiuto a capire potrebbe venirgli proprio dalla festa dell'Unitą. Perché secondo altri vertici dei Ds milanesi, sabato sera Grillo potrebbe anche trovare qualcosa che lo faccia ricredere: «I partiti che vengono demonizzati — spiega il segretario della federazione milanese dei Ds, Franco Mirabelli — sono anche questo: migliaia di volontari che offrono l'opportunitą anche a Grillo di esprimere le sue opinioni e di esibirsi come artista. La festa dell'Unitą č espressione di un partito come luogo di confronto e partecipazione». Gli fa eco il segretario cittadino, Pierfrancesco Majorino: «Forse i partiti non sono cosģ da buttare se ospitano spettacoli come quello di Grillo. La politica perņ deve concentrarsi su altro: ricostruire la propria forza e autorevolezza».

Apertura alla satira, dunque. Anche contro il nascente Partito democratico, che il comico ha bocciato senza appello. Il candidato alla guida del Pd lombardo, Maurizio Martina, esordisce spiegando che «lo spazio della satira č aperto a tutti». Aggiunge: «Il confronto non fa paura, le cose si conoscono meglio da vicino». E conclude indicando il «punto vero»: «Ad alcuni temi noi dobbiamo rispondere con la riforma della politica».


articolo del Sole24ore

Un parlamentare su tre fuori dall'Aula. E, soprattutto, tutti i big della politica italiana. Questo il quadro che si avrebbe se l'iniziativa popolare promossa da Beppe Grillo fosse gią legge.
A perdere il seggio sarebbero 300 eletti: 119 senatori e 181 deputati. Tutti con lo stesso limite: aver gią compiuto pił di due mandati in Parlamento. La soglia massima consentita dalla proposta legislativa del blogger genovese. I maggiori cambiamenti riguardano Palazzo Madama, dove ben il 37,4% degli attuali senatori puņ vantare una lunga militanza in Aula. Il partito con la pił alta anzianitą parlamentare č Alleanza Nazionale. Dei 38 componenti del gruppo pił della metą (20), secondo la simulazione, č costretta a lasciare l'emiciclo. A ruota c'č Forza Italia, che vede ridursi a 38 il numero dei suoi rappresentati: circa il 47 per cento in meno dei 72 attuali. Leggermente migliore la situazione dell'Ulivo: solo 31 i senatori che, nell'ipotesi Grillo, perdono il posto. Quelli che lo mantengono sono 58, pari al 65,2 per cento degli afferenti al gruppo. Da segnalare, tra i partiti pił piccoli, il caso Prc, che č la forza politica con il pił spiccato ricambio generazionale: soltanto il 15 per cento dei suoi senatori ha gią svolto due mandati.
Meno evidenti le novitą a Mon-tecitorio, che conserva quasi 450 deputati. A lasciare l'Aula sono solo in 181. Anche in questo caso č An a possedere il corpo politico con il minor ricambio: 32 dei 69 deputati del gruppo hanno superato il limite delle due legislature. A seguire ancora una volta Fi: i deputati azzurri sono 133, pił di un terzo dei quali verrebbe "sfrattato" dall'Aula. L'Ulivo, invece, conferma la spinta al ricambio promossa nelle ultime elezioni ( soprattutto dai Ds) con un tasso di rinnovamento intorno all'80 per cento.
Tra i leader non ne rimane quasi nessuno. Silvio Berlusconi e Walter Veltroni restano al palo con i loro quattro e cinque ingressi in Parlamento. Si salva invece il premier, Romano Prodi, eletto nel 1996 e poi nel 2006.L'altra eccezione č Enrico Letta, attualmente al secondo mandato. Il pił navigato tra i segretari di partito č Clemente Mastella (Udeur) con ben nove conferme. Subito dopo, Gianfranco Fini (An) con sette. Caso a sč quello di Lorenzo Cesa, guida dell'Udc,che nel 2006 si č seduto per la prima volta a Montecitorio. Con la "legge Grillo", gli stessi presidenti delle Camere sono esclusi: Franco Marini, infatti, č gią a quota cinque, Fausto Bertinotti "solo" a quattro.
Il veterano del Parlamento, escludendo i senatori a vita (Giulio Andreotti, sempre presente dalla Costituente, ed Emilio Colombo che ha mancato solo due mandati), č l'ex segretario della Dc, Ciriaco De Mita che puņ vantare 11 elezioni. Trai
recordmen del Palazzo vanno ricordati il senatore Armando Cossutta (Pcdi), Mirko Tremaglia (An) e Angelo Sanza (Fi), tutti a quota dieci.
Non si placano intanto le polemiche politiche dopo il V-Day di sabato scorso. Da rilevare la tenue apertura di Bertinotti verso la manifestazione organizzata da Grillo che, secondo il presidente della Camera, «ha riempito un vuoto». Certo, ha osservato la terza carica dello Stato, «non sempre i materiali che riempono il vuoto sono eccellenti, ma non possiamo prendercela con chi li riempie». Presa d'atto dell'ondata di antipolitica dal leader Ds, Piero Fassino, che invita tutti alla riflessione. Molte dure sono state invece le parole di Pier Ferdinando Casini (Udc): «Solo una classe politica senza ideali e priva di serie motivazioni puņ scodinzolare dietro Beppe Grillo». Differente č l'analisi di Fabrizio Cicchitto (Fi), che vede nella riduzione dei privilegi dei politici la risposta alla disillusione della piazza: «Per togliere pretesti ad una campagna dai contenuti assai inquietanti, i costi della politica vanno ridotti».

 

 
 
 
Pericolose le donne (con il tacco)
al volante

di S. Marchetti
LONDRA - Il vecchio e maschilista detto «donna al volante pericolo costante» diventa drammaticamente vero nel caso in cui si indossino i tacchi a spillo. Gią di per sé autentici strumenti di tortura per gambe e caviglie quando si cammina sul marciapiede, gli stilettos diventano veri e propri killer non appena si mette piede in un’auto, perché data la loro particolare e scomodissima conformazione rendono complicate manovre – apparentemente – banali e possono spesso causare incidenti anche gravi o addirittura mortali. Un esempio lo si č avuto lo scorso mese, quando una corte inglese č stata chiamata a giudicare una ex modella, accusata di aver ucciso una ciclista durante un test di guida, perché un tacco della scarpa (6 centimetri) le era rimasto incastrato sotto il pedale della sua Alfa Romeo Spider, facendole perde il controllo della vettura, che fra l’altro procedeva a velocitą sostenuta. La donna ha evitato la cella (otto mesi di pena sospesa), ma le č stata ritirata la patente per sette anni.

8 SU 10 CON SCARPE INADATTE - Un’ulteriore conferma dell’equazione «stilettos uguale pericolo» č arrivata anche da un sondaggio effettuato dalla “
Sheila Wheels”, agenzia di assicurazioni auto specializzata in quote rosa, che ha evidenziato come l’80% delle donne inglesi (che tradotto in cifre fa poco meno di 12 milioni) indossi scarpe “inappropriate” mentre č al volante. Ovvero, tacchi a spillo, ma non solo. Perché anche le estive flip-flops e persino le scarpe da ginnastica sono assolutamente out quando si guida, visto che la suola liscia non garantisce la necessaria aderenza sui pedali. Qualche numero per chiarire: il 66% delle intervistate ha detto chiaro e tondo di non separarsi mai dai propri stilettos, mentre il 33% fa la stessa cosa con le infradito. Ma non basta. Il 10% ha pure confessato di aver avuto un incidente o di esserci andata molto vicino proprio a causa delle scarpe che indossava.

SCARPE DI SCORTA NEL CRUSCOTTO - La soluzione? Di certo, non guidare scalze, come invece ha candidamente ammesso di fare il 18% delle partecipanti all’inchiesta. Spiega Dianne Ferriera dell’associazione per la sicurezza stradale
“Brake”: «I tacchi a spillo, ma anche quelli piatti e le flip-flops, possono davvero ostacolare la guida e compromettere non solo la sicurezza dell’automobilista, ma anche quella degli altri, con conseguenze a volte fatali. Basterebbe dedicare qualche minuto per cambiare le scarpe all’inizio di ogni viaggio per essere pił sicuri». Quella di viaggiare con le «scarpe di scorta» nel cassettino del cruscotto o nel portabagagli č un’usanza perlopił hollywoodiana che le “comuni mortali” adottano generalmente quando sono fresche di patente, per poi perņ dimenticarsene appena si sentono pił sicure. Non a caso, solo il 17% delle intervistate ha ammesso di cambiare le calzature quando sale in auto.

BECKHAM FERMATA PER I TACCHI - Chi, invece, non ha sicuramente di questi problemi č Victoria Beckham, non fosse altro perché lei gira con l’autista e l’unica attenzione che deve avere č di scendere dal marciapiede evitando le buche. Ma che i piedi della Posh non siano in buono stato proprio a causa della tortura-stilettos ci hanno pensato i tabloid a rivelarlo, mostrando foto davvero impietose della ex Spice, donna con i calli come tutte noi. Eppure lei continua a sfoggiare imperterrita le sue adorate Louboutin, incurante dei dolori. Casomai, a farla stizzire ci hanno pensato ieri gli addetti dell’aeroporto di Los Angeles, che l’hanno costretta a scendere dai suoi terrificanti trampoli dalla suola rossa e alti 15 centimetri durante un controllo di sicurezza. La Beckham non ha gradito, ma quando si portano ai piedi delle «armi improprie» come quelle, c’č quasi da aspettarselo. Mal che vada, la prossima volta puņ sempre infilare un paio di ballerina in borsa e cambiarle prima del check-in.
 
 
Simona Marchetti

 

 

Telecom, show di Grillo in assemblea
Ai dirigenti: "Dovreste dimettervi"

Presenti 284 persone, in rappresentanza di 832 portatori di azioni, pari al 36,06% del capitale
Buora: "E' un'azienda strutturalmente sana e non ha certo bisogno di essere risanata"

<B>Telecom, show di Grillo in assemblea<br>Ai dirigenti: "Dovreste dimettervi"</B>

Grillo mostra il bilancio di Telecom


ROZZANO (MILANO) - Carlo Buora e gli altri membri del cda di Telecom (Tronchetti Provera non c'era) hanno quantomeno dimostrato di avere i nervi saldi. Per circa mezz'ora sono rimasti seduti al loro posto a farsi massacrare da uno scatenato Beppe Grillo che č intervenuto tra i primi all'assemblea della societą in corso a Rozzano e destinata a durare molto a lungo. E' stato uno spettacolo con il comico come mattatore, i piccoli azionisti come pubblico a spellarsi le mani e il cda al completo a subire col sorriso sulle labbra e il fegato da scoppiare.

Sembrava di stare a teatro. Un teatro per adulti, qua e lą anche un po' sboccato, con il comico che ha alternato parti "serie" di un intervento scritto e parti esilaranti. Condite da domande decisamente imbarazzanti: "Guido Rossi ha parlato di una Chicago - ha detto Grillo - degli anni '20 e vorrei proprio sapere chi č Al Capone".

In qualche punto, probabilmente, ha rischiato la querela: "Faccio il comico e qui non dovrei esserci - ha detto - ma penso a quelle migliaia di piccoli azionisti che mi hanno dato la delega e che non posso rappresentare perchč la Consob ha fatto una legge perchč non potessero essere rappresentati".

 


Grillo ha ricordato che il presidente della Consob Lamberto Cardia "mi ha scritto ben tre lettere per dirmi di stare attento, perchč turbavo la Borsa. Lo stesso ministro Di Pietro, che ha avallato la mia iniziativa, ha ricevuto lettere dello stesso tenore. Cardia riversa su di me le attenzioni che forse vorrebbe riservare ad un figlio, ma che non puņ farlo, visto che il suo faceva parte della Popolare di Lodi. Peccato - ha proseguito - che non abbiano in passato riservato la stessa attenzione per la Parmalat, la Cirio, La Popolare di Lodi".

Battuta feroce su Marco Tronchetti Provera che ha mandato un avviso dicendo che non poteva esserci perchč ammalato. "E' proprio vero - ha sottolineato Grillo - che il mondo si č rovesciato: Tronchetti che manda un avviso invece che riceverlo"

Rivolgendosi quindi agli azionisti "l'Italia si č capovolta - ha detto Grillo- i veri proprietrari siete lģ ad ascoltare i veri dipendenti che sono lą". Analizzando la situazione di Telecom, il comico ha sottolineato come "la privatizazzione di Telecom abbia di fatto spogliato l'azienda. Bastava fare delle analisi da ragioniere ed io che lo sono ragioniere, le ho fatte. Presunti manager con le pezze al c..., hanno indebitato l'azienda". Le sue ultime parole sono state: "Dimettetevi. Fate un favore al Paese. Andatevene".

Gią prima di entrare in sala, Grillo aveva dato spettacolo all'esterno. E' arrivato agitando il libro rosso del bilancio: "Roba da neuropsichiatria. Ormai - ha insistito - si sono venduti tutto". Quanto alla possibilitą di un intervento da parte di Carlos Slim, l'imprenditore messicano a capo del gruppo American Movil, Grillo ha commentato: "Figuratevi se uno degli uomini pił ricchi del mondo si compra un cadavere simile. Comunque - ha puntualizzato - con il 13% controllerebbe la societą". E rivolto ai lavoratori delle tlc presenti di fronte all'ingresso a manifestare, Grillo ha aggiunto: "dovevate venire in 80.000 A manifestare perchč se arriva il messicano vi manda a casa in 30.000".

Troppi azionisti, allarme sicurezza. Per partecipare all'assemblea stamane, a Rozzano, sono arrivati in 284. Anche il vicepresidente Carlo Buora ha notato "un'affluenza di azionisti decisamente superiore alla media", tanto da chiedere aiuto ai vigili del fuoco per lo sgombero delle uscite di sicurezza. Se non saranno liberate le uscite di sicurezza, ha avvertito Buora, i vigili del fuoco ci obbligheranno a lasciare la sala". I soci rappresentati sono 832 portatori di 4.824.959.170 azioni ordinarie pari al 36,06% del capitale ordinario.

Buora: "L'azienda č sana". Ma Buora ha difeso l'operato dell'azienda: Telecom Italia, ha detto iniziando la discussione sul primo punto all'ordine del giorno dell'assemblea, l'approvazione del bilancio 2006, č "un'azienda strutturalmente sana". "Dovrei aggiungere che č una azienda robusta - ha aggiunto - capace come č stata l'anno scorso di resistere ai fortissimo contraccolpo dei continui cambi al vertice e delle inchieste giudiziarie". I suoi conti, ha insistito Buora, mostrano "livelli di performance fra i migliori del mondo e d'Europa: questa societą č tutto fuorchč un malato da risanare".

Uno sciopero entro il 10 maggio. Davanti ai cancelli, fin dal mattino presto, un presidio dei sindacati del settore spettacolo e telecomunicazioni davanti ai cancelli della sede Telecom con striscioni e bandiere. Clima tranquillo. Al presidio hanno preso parte la Slc-Cgil, la Fistel-Cisl, la Uilcom-Uil oltre all'Ugl e alla Cub. Le tre federazioni di categoria Cgil, Cisl e Uil, hanno tenuto inoltre stamane a Roma un'assemblea dei delegati, nel corso della quale č stato deciso che entro il 10 maggio i lavoratori di Telecom, circa 55 mila addetti in Italia ai quali si aggiungono altri 30 mila nelle sedi estere, attueranno uno sciopero per difendere l'unitą del gruppo.

La rielezione del cda. L'assemblea odierna deve rieleggere tutto il consiglio di amministrazione. E se per i nomi non sembra ci debbano esserci sorprese, tranne forse per le scelte delle liste di minoranza, per il resto si continua a discutere delle tante incognite nel futuro dell'azienda.

Il consiglio di amministrazione che uscirą alla fine di questa giornata potrebbe avere vita breve, anzi brevissima: infatti se avessero successo le trattative intraprese da Marco Tronchetti Provera per la cessione della maggioranza di Olimpia - Telecom al tandem At&T - America Movil, i nuovi azionisti vorranno naturalmente inserire i propri uomini nel consiglio di amministrazione. Il negoziato si chiuderą entro il 30 aprile: fino ad allora, qualunque "cordata italiana" rischia di arrivare troppo tardi, a cose irrimediabilmente avviate.

La cordata italiana. Alcuni quotidiani avvalorano stamane con decisione l'ipotesi dell'avvenuto accordo tra Silvio Berlusconi e Roberto Colaninno per entrare nella partita Telecom. Altri ricordano genericamente la possibilitą dell'"iniziativa italiana", della quale potrebbero far parte anche Leonardo Del Vecchio, i Benetton e le Fondazioni.

D'altra parte molti analisti fanno notare le tante difficoltą delle trattative con le due societą americana e messicana. E il "Nessun commento in merito ai rumours riportati dalla stampa italiana" diffuso stamane da un portavoce di Roberto Colaninno potrebbe far pensare che la cordata italiana stia prendendo forma pił concretamente di quanto si pensasse nelle ultime ore, e che quindi si scommetta sul fallimento delle trattive con gli americani.

Passera: "Possibile partecipazione azionaria". Entrando in assemblea, il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera, ha detto che "Telecom Italia č una societą molto importante, potremmo considerare una partecipazione azionaria, se ci sembrasse un investimento conveniente per la nostra azienda e per i nostri azionisti e se fosse coerente con lo sviluppo di Telecom". Il manager ha precisato che si tratterebbe di un "investimento su base temporanea".

 

 
Calciopoli 2: incubo Moggi, altro processo per la Juve?
13 04 2007
Luciano Moggi, ex dg della Juve
Luciano Moggi, ex dg della Juve  Grazia Neri

Il nuovo filone di Calciopoli, con le richieste di rinvio a giudizio della Procura di Napoli per 48 persone, rischia di aprire scenari davvero inquietanti ed imprevedibili. Sarą un'altra primavera bollente per il calcio italiano.

In una decina di giorni Francesco Saverio Borrelli, capo dell'Ufficio Indagini della Figc, riceverą le carte dei magistrati di Napoli. Verrą aperta sicuramente una nuova maxi-inchiesta. Nel mirino degli 007 federali ci sono ben 15 partite sospette con nuovi arbitri coinvolti.

Utenze telefoniche Ciņ che č emerso dall'Indagine dei pm napoletani č che gli arbitri avrebbero avuto da Luciano Moggi utenze mobili di gestori svizzeri. Cinquanta 'sim' segretissime con le quali l'ex direttore generale della Juve comunicava con arbitri e designatori.

"Il vincolo associativo - scrive la Procura - era realizzato e alimentato da molteplici contatti telefonici rilevati su numerose e segretissime utenze fornite dallo stesso Moggi ai designatori arbitrali Bergamo e Pairetto, al direttore sportivo del Messina, Fabiani, agli arbitri Paparesta, Racalbuto, Cassarą, Dattilo, Bertini, Gabriele, De Santis, Pieri, e all'assistente Ambrosino".

39 incontri sotto inchiesta Sono complessivamente 39 le partite sotto inchiesta per il campionato 2004-2005. Tra queste anche Juventus-Milan del dicembre 2004.

Per quel match sono stati indagati Mariano Fabiani, all'epoca direttore sportivo del Messina, Luciano Moggi, in concorso con l'arbitro Paolo Bertini, per far conseguire un risultato favorevole alla Juventus nel match contro i rossoneri nel match d'andata del campionato 2004/2005 e terminato sul risultato di 0-0.

La societą rossonera starebbe pensando di chiedere la revisione dei processi di primo grado e l'assegnazione dello scudetto 2004-2005.

Nuova penalizzazione per la Juve? Alla luce dei nuovi fatti, in linea teorica, la Juve potrebbe tornare sul banco degli imputati e rischiare una penalizzazione da scontare nel prossimo campionato di Seria A. La societą bianconera č gią stata giudicata per gli episodi avvenuti nel campionato 2004-205 e la questione giuridica č molto delicata proprio in virtł dei nuovi fatti che non avevano trovato spazio nel primo processo.

Filone Messina La societą siciliana, uscita miracolosamente indenne da Calciopoli, č pesantemente coinvolta attraverso il suo ex d.s. Fabiani, indicato dai magistrati di Napoli come il tramite fra Moggi e gli arbitri, perché lavorava per il Messina e per la Juve. Il Messina rischia una pesantissima retrocessione perché dagli atti napoletani risulta coinvolto per responsabilitą oggettiva e per responsabilitą presunta.

 

 
 
CIAO 'VELENO', LEGGENDA DELL'INTER
 
Sabato, 03 Marzo 2007 22:47:06
 
 

L'Inter vince lo scudettoL'Inter vince la partita con il Siena e, quel che pił conta, lo scudetto. La Roma infatti ha perso per 2-1 a Bergamo con l'Atalanta, regalando ai nerazzurri matematicamente il titolo di campioni d'Italia 2006-2007. Puņ cosi esplodere la gioia dei dirigenti e dei tifosi nerazzurri (continua)

 

 
INTER-MILAN 2-1: CRUZ E IBRAHIMOVIC
 
Domenica, 11 Marzo 2007 16:59:21
[FOTO Domenica, 11 Marzo 2007 16:59:21]

MILANO - Inter-Milan: segna Ronaldo, poi Cruz e Ibra 2-1(Nella foto Ansa Ibrahimovic e Maldini)Match della veritą a Milano quello tra Inter e Milan. A mettere pepe alla partita pił importante della 28esima giornata del campionato di calcio di serie A c'era il ritorno di Ronaldo in un derby della Madonnina anche se sulla «sponda sbagliata», come ebbe a dire Moratti. E proprio Ronie segna il classico gol dell'ex al 39'. Milan in vantaggio 1-0 alla fine del primo tempo. Entra nella ripresa Cruz al posto di Crespo e realizza il gol dell'1-1. E al 74' c'č anche il raddoppio di Ibra. Risultato finale Inter-Milan 2-1. In zona Champions League da segnalare l'1-1 tra Palermo e Fiorentina e la vittoria per 3-2 a Reggio Calabria della Lazio sulla Reggina. Con questa vittoria i laziali raggiungono i palermitani al terzo posto in classifica. Nel posticipo la Roma batte l'Udinese 3 a 1.  (continua)img no.92942 © inter.it

Il presidente dell'Inter: "Il gol di Ronaldo? Cosģ sono contenti tutti". Mancini: "Stagione straordinaria e irrepetibile". Crespo: "Berlusconi ci ha fatto i complimenti"
Tutta la gioia di Ibrahimovic. Richiardi
Tutta la gioia di Ibrahimovic. Richiardi
MILANO, 11 marzo 2007 - Il fantasma di Ronaldo č sfumato. Ma Massimo Moratti, da signore qual č, non infierisce. Anzi, al termine della vittoria nel derby rilascia poche e compunte dichiarazioni: "Č stato un capolavoro". Sul gol di Ronaldo? "Cosģ sono contenti tutti" ha risposto. E se ne č andato visibilmente soddisfatto.
STAGIONE IRREPETIBILE - Roberto Mancini si gode il 2-1 del derby e la gioia del presidente Moratti: "Scudetto? Io non me parlo - spiega sorridendo ai microfoni di Sky - ma se continua cosģ č una stagione straordinaria e, credo, irripetibile. Moratti parla di capolavoro nel derby? Se sono tutti felici a me va bene. Nel primo tempo abbiamo fatto bene ma non siamo stati troppo cattivi sotto rete. Poi abbiamo fatto meglio e abbiamo vinto. Ibra? Decisiva č stata l'opera del massaggiatore dopo il primo tempo. Dispiace per Valencia: il 2-2 d'andata ci ha condizionato, in Champions non puoi permetterti di sbagliare nulla. Speriamo di festeggiare il prossimo anno il centenario dell'Inter con la Coppa".
I COMPLIMENTI DI BERLUSCONI - "Nello spogliatoio si č presentato Berlusconi a farci i complimenti. Č stato un signore, con le sue parole si č guadagnato il nostro applauso, č stato molto sportivo, siamo davvero contenti", racconta Hernan Crespo. "I derby si devono festeggiare, ne abbiamo vinti due quest'anno, č una soddisfazione enorme, che arriva dopo una settimana molto dura, il derby caduto č arrivato a pennello per risollevarci il morale, č stata una grande prova calcistica, una vittoria enorme. Siamo molto vicini allo scudetto, aspettiamo che la matematica ci dia ragione e poi festeggeremo. Siamo molto vicini, oggi abbiamo vinto una partita importante". Crespo parla anche della sua sostituzione: "Stavo giocando bene, al di lą degli errori nelle conclusioni, ci tenevo a restare in campo. Pensavo uscisse Ibra, che aveva un mal di schiena terribile. Perņ sono contento che sia entrato Cruz, che merita tanto e ci ha fatto vincere questo derby".img no.92928 © inter.it
IL GOL DI RONALDO - "Io e Ronaldo siamo amici, lui č un campione. Non volevo prendere gol da lui, perņ ha fatto una gran giocata, ha tirato bene di sinistro. Ero arrabbiato, fosse stato un altro sarebbe stato diverso, ma poi alla fine ci abbiamo scherzato su". Julio Cesar racconta cosģ l'episodio del gol di Ronaldo. Poi, č arrivata la rimonta nerazzurra e la diciannovesima vittoria nelle ultime venti partite: per lo scudetto č quasi esclusivamente una questione di matematica: "Mancano ancora 11 partite, un derby č un campionato a parte dove ognuno vuole vincere. Questo č il mio quarto derby, ne ho vinti tre e sono contento. Tutta la squadra ha meritato questo risultato, il mister ha messo bene la squadra, tant'č che il primo tiro ci č arrivato al minuto 40". Dida č apparso un po' incerto in occasione del pareggio nerazzurro: "Per me lui č un campione, lo rispetto per tutto quello che ha fatto nella sua carriera e basta", ha concluso Julio Cesar.img no.92940 © inter.it

L'Inter vince 2-1 contro il Milan nel 266° derby di Milano valido per la 28° giornata della Serie A Tim 2006-2007. Prima del calcio d'inizio minuto di silenzio in ricordo della leggenda nerazzurra Benito Lorenzi.
Le due squadre si affrontano a viso aperto e cercano la rete per sbloccare la gara. Sono dell'Inter le migliori occasioni per passare in vantaggio.
Crespo va vicino al gol al 2' (tiro da fuori area), al 24' (conclusione a giro dal limite destro dell'area) e al 38' (gran colpo di testa su cross di Figo dalla destra che sfiora il palo a Dida battuto). Al 30' Ibra entra in area dalla sinistra e viene falciato da Bonera, Rizzoli inspiegabilmente ammonisce lo svedese per simulazione (dalle immagini si vede che era rigore netto). Anche Figo sfiora la realizzazione personale al 39': il portoghese si libera di due avversari sulla sinistra, entra in area e prova il diagonale da posizione defilata, palla sul fondo di un soffio. Al 40' rossoneri in vantaggio con Ronaldo che si libera al tiro limite destro dell'area e beffa Julio Cesar con un diagonale.img no.92929 © inter.it
Reazione Inter per l'ingiusto svantaggio nella ripresa. Prima Dida č decisivo al 5'su un diagonale da dentro l'area di Ibra. Al 9' entra Julio
Cruz il quale, dopo un solo minuto, pareggia per i nerazzurri (10'): grande azione personale di Ibra sulla destra, lo svedese si libera di Maldini e mette in mezzo, Dida devia ma non trattiene, Cruz appostato sotto porta infila la porta avversaria. L'Inter, pericolosa anche in altre occasioni, raddoppia al 30': Cruz ruba palla a Pirlo sulla destra, poi palla a centro area per Ibra, Dida non puņ nulla sul diagonale dello svedese. img no.92941 © inter.it
Il prossimo impegno dei nerazzurri in
Campionato sarą domenica 18 marzo contro l'Ascoli in una valida per la 29^ giornata della Serie A Tim 2006-2007 in programma allo stadio "Del Duca" (ore 15,00).



INTER-MILAN 2-1 (primo tempo 0-1)

Marcatori
: 40' pt Ronaldo, 10' st Cruz, 30' st Ibrahimovic

INTER: 12 Julio Cesar; 16 Burdisso, 2 Cordoba, 23 Materazzi, 11 Grosso (18' pt 6 Maxwell); 5 Stankovic, 15 Dacourt (1' st 25 Samuel), 7 Figo, 4 Zanetti; 8 Ibrahimovic, 18 Crespo (9' st 9 Cruz)
A Disposizione: 1 Toldo, 21 Solari, 91 Mariano Gonzalez, 20 Recoba
All.: Roberto Mancini

MILAN: 1 Dida; 44 Oddo (17' st 2 Cafu), 25 Bonera, 3 Maldini, 18 Jankulovski; 8 Gattuso (34' st 20 Gourcuff), 21 Pirlo, 23 Ambrosini, 10 Seedorf (25' st 11 Gilardino); 22 Kaką; 99 Ronaldo
A disposizione: 16 Kalac, 17 Simic, 32 Brocchi, 7 Oliveira
All.: Carlo Ancelotti

Arbitro: Nicola Rizzoli di Bologna

Ammoniti
: Ibrahimovic, Samuel, Pirlo, Cordoba

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Milano

 Milano,2003-2008


 








 

 























 

 
 
 
 
 
 
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IL DISASTRO DELLA IN-GIUSTIZIA ITALIOTA

Immagine di Roberto Corradil'Unitą, 4 febbraio 2009

Il decreto di perquisizione e sequestro dei pm di Salerno Luigi Apicella, Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani a carico di magistrati e faccendieri di Catanzaro indagati per corruzione giudiziaria e altro, č “perfettamente legittimo”, “logico, preciso e analitico”, “immune da vizi di motivazione”, in linea col Codice e la “giurisprudenza di Cassazione”, necessario “per l’accertamento dei fatti”. Nessuna “pesca a strascico” per cercare reati su “sospetti e congetture”, ma un atto indispensabile per riscontrare il “corposo materiale probatorio raccolto”. Insomma un decreto dotato del “crisma di atto di ricerca della prova e non di ricerca della notitia criminis”. Lo scrive il Tribunale del Riesame di Salerno (giudici Mele, Spinelli e Pisapia), nelle motivazioni delle due ordinanze con cui ha rigettato i ricorsi del capo della Compagnia delle Opere calabrese Antonio Saladino, indagato in Why Not (indagine poi avocata a Luigi De Magistris); l’ex procuratore di Catanzaro Mariano Lombardi, che scippņ a De Magistris l’altra indagine, Poseidone; la moglie di Lombardi e il di lei figlio, avvocato Pierpaolo Greco, socio del sen. avv. Giancarlo Pittelli (amicone di Lombardi, indagato e poi archiviato in Poseidone e in Why Not, ma ora inquisito a Salerno). Le motivazioni, depositate il 30 gennaio, sono clamorose perchč smentiscono tutti gli addebiti mossi ai pm di Salerno da politici, Anm, alte cariche dello Stato e Csm, che proprio per quel decreto li ha cacciati su due piedi.

I giudici ricordano che l’inchiesta di Salerno ha scoperto “un complesso disegno criminoso, tuttora in atto, diretto a favorire soggetti indagati in Why Not e Poseidone… fra questi Mastella, Saladino e Pittelli, attraverso la deviazione del regolare corso dei processi penali con interventi contrari ai doveri d’ufficio compiuti dai magistrati indagati, in virtł di accordi corruttivi e intrecci di interesse con gli indagati, in modo da determinarne l’esito favorevole con l’allontanamento, l’esautorazione e la delegittimazione del dr. De Magistris, la parcellizzazione delle inchieste in vari tronconi e la revoca del consulente Genchi”. Perciņ i pm han sequestrato le due indagini “insabbiate”, in quanto “corpo del reato”. E il Riesame ritiene che abbiano ben motivato le accuse nelle 1400 pagine del decreto: il “perverso intreccio d’interessi tra politica e imprenditoria” che ha stritolato De Magistris e provocato “la stagnazione e la disintegrazione” delle sue indagini č “perfettamente sussumibile nello schema della corruzione giudiziaria”. Poco importa se i favori fatti da Saladino e Pittelli ai magistrati che hanno emarginato De Magistris siano arrivati prima o dopo questi fatti. Come stabilito dalla Cassazione, la corruzione giudiziaria “pił allarmante e subdola” č l’”asservimento della funzione pubblica agl’interessi del privato corruttore”, “quando il privato fornisca o prometta al soggetto pubblico, che accetta, denaro o altra utilitą per assicurarsene i futuri favori”. E’ proprio il caso di Catanzaro.

Il Riesame sposa l’accusa di corruzione giudiziaria mossa a Pittelli, Lombardi & C.: “E’ pacifica la contrarietą ai doveri d’ufficio della revoca della co-delega di Poseidone a De Magistris”. Lombardi, per via della sua amicizia con Pittelli e dei rapporti societari fra il suo figliastro e lo stesso Pittelli, aveva “il dovere di astenersi” dall’inchiesta su Pittelli: invece la tolse al pm titolare procurando “utilitą” e “immediato vantaggio”all’amico Pittelli. Il tutto in cambio delle “prestazioni, in parte anche precedenti”, fornite da Pittelli “a Lombardi e al figlio della moglie, Greco Pierpaolo… Agevolazioni per favorire la carriera di un giovane avvocato, per di pił convivente” del procuratore. In seguito Pittelli divenne addirittura l’avvocato di Lombardi. Lo stesso vale per Saladino, che si liberņ di De Magistris in Why Not; inchiesta avocata dal Pg Dolcino Favi con motivazioni fasulle e “col concorso del procuratore aggiunto Salvatore Murone”, pure lui indagato per corruzione giudiziaria: “Saladino aveva assicurato assunzioni a parenti e amici del Murone”, come pure di altri magistrati calabresi. Tra i beneficiari del presunto insabbiamento c’č pure Mastella, frettolosamente archiviato sebbene la gestione dei fondi pubblici al ‘Campanile’ (l’organo dell’Udeur) “meritasse ulteriori approfondimenti investigativi”.  

Molti, a partire dal ministro Alfano, hanno accusato i pm di Salerno di essersi appiattiti sulla versione di De Magistris. Ma per il Riesame č falso anche questo: “L’inquirente non si č limitato a recepire le denunce del De Magistris, ma al contrario ha sottoposto le stesse a un’intensa attivitą di verifica, mediante acquisizione di atti e documenti,  audizione di testimoni, colleghi dell’avv. Greco, colleghi del dr. De Magistris, consulenti…”. Dunque il decreto della discordia č “un legittimo atto investigativo diretto a riscontrare le acquisizioni testimoniali o a colmare le ultime lacune probatorie”. Di qui “il rigetto dei ricorsi, la conferma dell’impugnato decreto” e “la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese”.

A questo punto qualcuno domanderą: se il decreto č legittimo, perché il Csm ha cacciato i suoi tre autori? Bella domanda.
 

DALLA GELMINI BELVA ANTI STORICA ALLE BARONIE FEUDALI UNIVERSITARIE...

Il web si ribella ai super raccomandati

Le denunce: «guardate alla Sapienza, a Firenze, a Padova. Ecco dove regna il nepotismo dei baroni

 
(Reuters)
(Reuters)

MILANO - Da Londra, da Montreal, dalla Svezia. Ma anche da Roma, Palermo, Firenze e Padova. Studenti, ricercatori, professori o semplici genitori. La storia che abbiamo raccontato venerdģ, del concorso da ricercatore a Messina, «Un posto, un solo candidato: il figlio del professore», ha scatenato numerose reazioni. Tantissime email sono giunte in redazione. Molti sono arrabbiati, in tanti si vergognano di far parte di questo sistema. Altri vogliono scappare. Ma soprattutto in tanti accusano con tanto di nome e cognome. In attesa di verificare per poi raccontare tutte queste storie, ecco alcuni passaggi degli interventi pił significativi.

 

LE DENUNCE - Soprattutto fioccano i racconti. C'č chi ci chiede di rispettare il desiderio di non essere mai menzionato e rimanere nell'anonimato. E poi racconta cosa succede nella facoltą di Medicina di Messina. Marco invece denuncia gli intrighi nella facoltą di Economia alla Sapienza di Roma: «Il nepotismo nella facoltą di Economia, se consultate l'organico, č all'ordine del giorno: ci si rende subito conto che emerge una composizione fatta di un quadro di famiglie allargate nell'ambito di uno stesso dipartimento o comunque all’interno della stessa facoltą. E gił l'elenco di nomi e cognomi e uno in particolare: «Questo strapotere ha lasciato gli altri docenti allibiti». Un altro lettore denuncia i casi alla facoltą di Chimica alla Sapienza di Roma: «Il ricercatore che ha vinto il posto si č laureato, ha effettuato il dottorato di ricerca ed ora č ricercatore nel gruppo di ricerca dello stesso professore che lo ha esaminato. La commissione era composta da due membri "esterni" che in realtą collaboravano con il professore presidente di commissione ormai da anni. Da notare che candidati molto pił qualificati (almeno sulla carta) si sono stranamente ritirati prima dell'inizio delle prove». Un altro. Sebastiano ha studiato a Palermo: «Andate a vedere quanti figli e nipoti di professori sono guarda caso dei geni incompresi, anzi compresi solo da commissioni amiche. Molti di questi non sono neanche in grado di parlare un corretto italiano». E via all'elenco di nomi. Da Firenze ci scrive Lorenzo:«Le manfrine padre-figlio sono le pił vergognose, ma ogni presidente/membro di commissione per concorsi per ricercatore o professore ha SEMPRE un candidato da far vincere. Accadde qualcosa di simile qualche anno fa a chimica a Firenze». E ci dice in quale stanza e in quale facoltą dobbiamo andare ad indagare. Massimo ci invita anche lui a rintracciare le «parentele incrociate», per esempio, tra i docenti e ricercatori della facoltą di Giurisprudenza, ancora una volta, a Messina. Martina laureata in lettere moderne a Padova: «Sģ, la facoltą di Padova, quella che di mogli, mariti, figli e cognati ha i dipartimenti zeppi. E io sono una ex aspirante ricercatrice, disillusa, impiegata, prima laureata in famiglia, orgoglio dei suoi nonni che hanno fatto solo le elementari. E orgogliosa dei suoi nonni che le hanno insegnato, pił di tutti i professori, il valore dell'istruzione». Salvatore, invece, voce fuori dal coro, non vuole che si parli sempre e solo di Messina: «Per esempio, perché non parlate mai dell'universitą di Reggio Calabria dove la facoltą di Giurisprudenza č stata creata solo dieci anni or sono (inutile doppione di quella storica di Messina, a soli 4 km di aliscafo) per sistemare figli di professori della medesima facoltą?».

I DELUSI - Claudio č rimasto senza parole: «Anzi ne ho solo due: mi vergogno. Un paese in cui puņ accadere questo e non reagisce č allo sbando. Come dottorando, figlio di un operaio del nordest, ho solo un grande senso di tristezza. Spero che il ministro legga l'intervista e che faccia qualcosa di concreto e non delle riforme che mettono tutti dentro la stessa pentola senza distinzioni». C'č chi invita tutti ad andarcene dall'Italia: «Chi veramente vale e vuole bene al proprio paese prenda il passaporto e voli lontano!». E poi, c'č chi cita un suo professore americano, di nazionalitą anche italiana, che si domandava quale fosse il livello della ricerca che si fa in Italia: «Si potrebbe chiedere a Piero Angela perché acquisti i documentari dal National Geografic». Infine Andrea: «Č una vergogna che paghiamo tutti e che pagheranno i nostri figli ancora di pił».

«FORMA MENTIS» - «I figli dei docenti sono pił bravi perché hanno una "forma mentis" che si crea nell'ambito familiare». Questa frase del professor Giuseppe Nicņtina ha scatenato sarcasmo e arrabbiature. Franco da Messina torna sull'infelice espressione "forma mentis": «Ma allora come si spiega , se il figlio č una risorsa, che la cittą in tutti i comparti socio economici č ultima o fra le ultime Italia pur essendo la 13esima cittą per numero di abitanti? Antonino vuole che questa battaglia prosegua al fine di portare un po' di «Giustizia» almeno nel campo dell'Istruzione: «I figli di Galileo Galilei, Leonardo da Vinci, Copernico, Euclide, Pitagora non hanno avuto lo stesso potere intellettuale dei padri, ciņ a dimostrazione che nella scienza, nell'arte e nel progresso tecnologico e industriale, occorrono dei geni», non dei raccomandati. Marco da Siena č inviperito: «Questo professore, dopo l'affermazione secondo cui i figli dei professori sono pił bravi perché... andrebbe preso a calci. Ma perché gli studenti, invece di manifestare senza un perché non protestano contro questi personaggi che si permettono frasi non solo vergognose ma anche razziste?». Paolo da Padova usa il sarcasmo:«E' triste constatare che pur raggiungendo lo scopo questi signori non riescono neanche a difendere degnamente i propri figli. Forse pił che di "forma mentis", dovremmo parlare di forma "de-mentis"». Un altro rincara: «Stranamente l“unico intelligente capace e con le publicazioni era il figlio di un prof che forse le publicazioni non le ha neanche scritte lui ma gliele hanno scritte o magari ha fatto un collage da lavori di altri che si sono rotti le ossa».

DALL'ESTERO - Ma fuori dal Belpaese lo scoramento si sente ancora di pił. Franco fa il professore d'italiano in Brasile, a 200 km da Fortaleza, la zona pił povera di quell'immenso paese: «Le devo dire che qui, nel "tercero mundo", dove l'analfabetismo raggiunge il 48%, e l'impronta del pollice ha valore legale nei documenti, non accadono cose come quelle tristemente narrate da voi. Mi vergogno di essere italiano». Pietro dal Canada č pessimista: «Le cose funzionavano come a Messina anche 20 anni fa nelle universitą del nord. Non solo: anche nei concorsi pubblici (negli ospedali certamente) per tutte le posizioni, apicali e non, non cambierą mai, altrimenti non sarei qui come tanti altri colleghi che in Canada o negli Usa sono stati valutati in base ai meriti. Ma l'Italia ci manca. Ci manca eccome. E la speranza sarą l'ultima a morire». Giuseppe č emigrato da 40 anni a Montreal. Leggendo l'articolo si chiede se «Berlusconi č al corrente di tutto ciņ?». Valentino da Londra: «In Italia non avevo futuro accademico perché il dottorato lo si vince se si č "allievo di" o '"figlio di" e poi a cosa serve? Per far lavoro di segretaria, far fotocopie, spostare scaffali e ricevere gli studenti». La conclusione ad una mail spedita dalla Svezia: «Non so se ho voglia di mettermi a ridere oppure a piangere. Sono medico pluri specialista e sono andato via dall“Italia 11 anni fa perché non essendo figlio di "prof" ovviamente non avevo speranze. L“universitą č stata regalata da tutti i politici ai loro amici i quali hanno solo pensato di usare l“universitą per fare soldi e poi come ufficio di collocamento per i figli e nipoti».

 

Blitz polizia a scuola Diaz a Genova: 16 assoluzioni, 13 condanne

Urla e fischi di disapprovazione dal pubblico presente
 
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© APCOM
Genova, 13 nov. (Apcom) - Tredici condanne e 16 assoluzioni, tra le quali quelle dei vertici della Polizia: dopo dieci ore di camera di consiglio del Tribunale di Genova, presieduto da Gabrio Barone ha emesso la sentenza sull'irruzione alla scuola Diaz durante il G8 del luglio del 2001. Una sentenza č stata accolta con urla e fischi di disapprovazione dal pubblico presente in aula.
 
Il tribunale ha ritenuto di dover assolvere per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste 13 imputati tra cui Francesco Gratteri (attualmente direttore del Servizio anticrimine), Giovanni Luperi al vertice della Iasi, cioč i Servizi segreti, e Gilberto Caldarozzi, attuale direttore dello Sco e insieme a loro Filippo Ferri, Massimiliano Di Bernardini, Fabio Ciccimarra, Nando Dominici, Spartaco Mortola e Carlo Di Sarro. Per ognuno di loro la pubblica accusa aveva chiesto 4 anni e 6 mesi ritenendoli colpevoli di calunnia, falso ideologico e arresto illegale.
Il Tribunale ha assolto inoltre per non aver commesso il reato o perché il fatto non sussiste Massimo Mazzoni, Renzo Cerchi e Davide Di Novi. Per loro la pubblica accusa aveva chiesto 4 anni ritenendoli colpevoli di calunnia, falso ideologico e arresto illegale. Assolti anche da ogni responsabilitą Massimo Nocera, Maurizio Panzieri e Salvatore Gava.
Massimo Nocera era accusato di aver simulato un finto accoltellamento e il Pm aveva chiesto per lui 4 anni di carcere.
La totalitą delle condanne riguarda i componenti del 7.mo nucleo mobile di Roma, dal suo capo dell'epoca Vincenzo Canterini condannato a 4 anni e accusato di calunnia, falso ideologico e lesioni, e dai suoi sottoposti Fabrizio Basili, Ciro Tucci, Carlo Lucaroni, Emiliano Zaccaria, Angelo Cenni, Fabrizio Ledoti e Pietro Stranieri, condannati a 3 anni e accusati di lesioni aggravate in concorso. Il vice di Canterini, Angelo Fornič č invece stato condannato a due anni di reclusione.
Per la vicenda delle molotov introdotte all'interno della scuola Diaz invece Pietro Troiani č stato condannato a 3 anni e Michele Burgio a 2 anni e 6 mesi, ambedue erano imputati di calunnia, falso ideologico e violazione della legge sulle armi. Infine Luigi Fazio č stato condannato a un mese di reclusione.
Il Tribunale ha anche comminato la pena accessoria di sospensione nei pubblici uffici a tutti gli imputati condannati per l'ammontare della stessa pena e ad un anno per Fazio.
Al ministero dell'Interno č stata poi comminata una provvisionale a favore delle oltre 70 parti civili per le lesioni riportate dai ricorrenti da un minimo di 5mila a un massimo di 50mila euro.
Le richieste della pubblica accusa erano state complessivamente di 109 anni di reclusione, il Tribunale ne ha comminati 35,7.
 

Uova e pomodori su Gianni Letta Contestato all'Universitą di Siena

Tensione tra polizia e i giovani che stavano manifestando: in tre al pronto soccorso

La polizia controlla gli studenti a Siena durante la contestazione a Letta
La polizia controlla gli studenti a Siena durante la contestazione a Letta

SIENA - Un lancio di pomodori e uova ha accolto Gianni Letta (senza colpirlo) all’uscita dal complesso di Santa Maria della Scala: il sottosegretario alla presidenza del Consiglio era gią stato contestato, al suo ingresso per la cerimonia del premio Fraiese, da un gruppo di studenti e ricercatori precari dell’ateneo senese. Una volta entrato, Letta č stato apostrofato come «ciambellano» da un altro contestatore, il quale č stato allontanato dalle forze dell’ordine: «Stavo solo citando Indro Montanelli», ha ribattuto. Dopo la cerimonia, non appena Letta č uscito per salire sull’automobile, č partito un lancio di pomodori e uova contro di lui: un uovo ha colpito anche il vice questore, altri agenti della polizia sono stati colpiti, ed un oggetto, forse un pomodoro, ha rotto il vetro di un lampione. Insieme al lancio di oggetti, i manifestanti hanno scandito di il coro «buffone, buffone», indirizzato a Letta, e «vergogna, vergogna». Analoga contestazione nei confronti del rettore dell'Universitą, Silvano Focardi.

 

L'ACCUSA - «Evidentemente - ha replicato Letta parlando con i giornalisti - non conoscono la legge 133 e ne danno una interpretazione che č quella che corre su tutti o certi giornali. Basterebbe approfondire un po' meglio per capire che le cose non stanno cosģ perché noi per primi abbiamo a cuore l'universitą di Siena e quella italiana in genere». Poco prima della premiazione, una ricercatrice dell'universitą di Siena ha fatto il suo ingresso in sala e davanti a Letta e alle autoritą ha letto un documento contro i tagli delle leggi 133 e 180 specificando di non voler contestare il premio Frajese ma Gianni Letta «in quanto rappresentante di spicco di un Governo che sta portando avanti una politica dissennata di privatizzazioni e tagli. Tagli alle spese sociali e attacco ai diritti del lavoro. Si salvano le squadre di calcio, si salvano le banche, ma non le universitą, evidentemente perché non si vuole salvare l'universitą pubblica».

LA REPLICA - Il sottosegretario Letta ha preso subito dopo il microfono e ha affermato di comprendere le protesta ma ha suggerito ai precari di farlo «in un modo un po' pił avvertito senza ripete

 

Beppe Grillo aveva portato avanti la campagna per la chiusura del finanziamento pubblico ai giornali. Dal V2 Day del 25 aprile 2008 era stata realizzata la raccolta firme per un referendum specifico...Sudameris Tremotrix ha successivamente deciso di accogliere tale grido di protesta,ma a modo suo, una volta stravinte le elezioni bulgare italiote:ovvero togliendo ai piccoli per dare ai super ricchi.Ecco a voi i particolari:"

Dopo la cancellazione per legge del «diritto soggettivo» e i tagli della Finanziaria, il governo vara un regolamento per ciņ che resta dei finanziamenti pubblici all'editoria non profit. Norme aleatorie e vincolate alla «variabilitą» dei bilanci. La stampa libera perde cittadinanza e diventa suddita

Giancarlo Aresta

 

Mercoledģ 17 settembre č stato presentata alle associazioni degli editori, ai sindacati e alle organizzazioni del settore una bozza del Regolamento, che - sulla base dell'art. 44 del Decreto Tremonti - definisce i nuovi criteri di erogazione dei contributi sia diretti che indiretti all'editoria. Erano presenti il sottosegretario con delega all'Editoria Bonaiuti, il ministro della Semplificazione Calderoli e il professor Masi, segretario generale alla presidenza del Consiglio e capo del dipartimento Editoria. Ne scriviamo solo oggi, perché c'č voluto un po' di tempo per riprenderci dal trauma di quell'incontro. Il settore č in una crisi profonda, che ha toccato oggi - dopo anni di utili assai alti - anche i grandi gruppi, colpiti dalla liquefazione delle vendite degli «allegati» (enciclopedie, libri e quant'altro), che per oltre 5 anni hanno rappresentato la droga dei loro bilanci, anche quando le vendite delle proprie testate scendevano. Ma di questo malessere nell'incontro non si vedeva traccia. Mentre era assai forte la tendenza a mettersi al servizio del nuovo «principe». Ma veniamo al merito. Per quanto riguarda i contributi diretti, il nuovo Regolamento cambia profondamente le vecchie norme legislative, ma va collocato all'interno della nuova norma, prevista dall'articolo 44 del Decreto Tremonti. In sintesi, non stabilisce i contributi, che i giornali cooperativi, non profit e di partito avranno, ma quanto gli spetterebbe se ci fossero i soldi (che fino a oggi non ci sono, o in ogni caso non bastano). Ed interviene anche sui criteri di erogazione degli indiretti. Rappresenta, insomma, il profilo virtuale del riparto delle risorse nel settore.

Meno diritti
Sui criteri di attribuzione dei contributi diretti, c'č un'operazione di semplificazione fortissima. Le testate ammesse riceveranno 2 milioni, purché non superino il 50% dei costi di testata, pił 0,90 centesimi a copia, fino a 25 milioni di copie diffuse nell'anno (entro il limite massimo del 60% dei costi). Si tratta di una leggera tosatura (dal 4 al 7%) per la maggioranza dei quotidiani, mentre ha un esito molto diseguale, in specifici casi veramente pesante, sui periodici. Il limite dei 25 milioni di copie bastona tre testate, le pił grandi, l'Unitą, l'Avvenire e Libero (con quest'ultima, che lascerebbe sul campo oltre il 40% degli aiuti di Stato, che peraltro riceve a forza di espedienti). I giornali di partito vengono equiparati ai non profit (e questa č una cosa positiva), e perdono mediamente attorno al 15% Viene accolta una rivendicazione da tanto tempo avanzata da Mediacoop, che riteneva indecente che venisse permesso agli ex giornali di movimento politico (quelli ammessi negli scorsi decenni ai contributi in rappresentanza di fantomatici movimenti creati da un deputato e un senatore, norma poi cancellata) di continuare a percepire i contributi, se trasformati in cooperative, anche se non di lavoro. Domani anche questi dovranno avere almeno la metą dei giornalisti tra i loro soci, almeno la metą dei loro soci dipendenti, e fare entrare in cooperativa tutti i giornalisti dipendenti che ne facciano richiesta. Un fatto, che coinvolge, ad esempio, Il Foglio e Il Riformista , ma a cui sfugge Libero, che si č sottratto a questo rischio trasformandosi in quotidiano controllato da una Fondazione l'ultimo giorno in cui questo era possibile (da tre anni le Fondazioni non sono pił ammesse ai finanziamenti, se non le preesistenti). Si passa, per attribuire le risorse, dal concetto di «tiratura» a quello di «distribuzione»: verranno cioč conteggiate non tutte le copie stampate, ma solo quelle diffuse nel circuito delle edicole o in quello della sperimentazione (supermercati, bar e altri negozi) o vendute in abbonamento. E anche questa dovrebbe essere un'indicazione positiva. E non si tiene conto, al fine dei contributi, delle copie vendute in blocco, che rappresentavano uno scandalo, perché permettevano ad alcuni editori di far risultare pił alta la diffusione, con vendite di comodo a prezzi irrisori. Ma nello stesso tempo si abbassa di molto il parametro tra distribuzione e vendita (dal 25% al 15% per i giornali nazionali e dal 40% al 30% per i locali), che era e resta un requisito di accesso ai contributi, permettendo a molti 'amichetti' di rifarsi per le perdite subite: soprattutto ai giornali che stampano 4 o 6 pagine. Si fissano parametri di occupazione (altra richiesta «storica» di Mediacoop), ma sinceramente ridicoli per i quotidiani (almeno 5 dipendenti giornalisti o poligrafici, per chi dovrebbe ricevere 2 milioni di contributo). Mentre sono pił rigorosi per i periodici, le radio e le agenzie.

Pił pubblicitą
Dulcis in fundo Si abolisce, in modo apparentemente incomprensibile, il tetto del 30% di entrate pubblicitarie sui costi. Ma se questa legge era nata per sostenere quelle testate, che avevano un carattere autogestionario e non profit, ma soprattutto erano discriminate sul mercato pubblicitario, che rappresenta circa le metą delle entrate di tutti gli altri editori? Si tratta di una spinta agli editori finanziati ad «andare sul mercato»? Non diciamo sciocchezze. Č il mercato che discrimina i giornali politici e di idee, per quanti sforzi facciano e malgrado l'influenza seria che queste testate hanno sui loro lettori (dal manifesto all' Avvenire , dall' Unitą a Liberazione o Il Secolo ). Pur avendo una grande forza di attrazione su di essi, non arrivano a toccare il 15%. Semmai puņ essere una valvola di sfogo per Libero , che recentemente ha visto crescere in modo esponenziale le entrate pubblicitarie (dai 4,788 milioni del 2006 agli 8,294 del 2007, pur in presenza di un leggero calo di vendite: da 28,099 milioni a 28,013), e che con un 'aiutino' potrebbe recuperare di qui ciņ che perde per altra via. Sui contributi postali, c'č un'innovazione seria, che puņ produrre un risparmio significativo. Lo Stato si ripromette di smetterla di fare la parte del cretino, che - trattando a nome del pił grosso cliente italiano: tutti gli editori di giornali e periodici, le forze politiche, le associazioni, il volontariato - concorda con le poste la tariffa piena, rispetto alla quale sostiene gli editori, pagandone il 60%. Chiede che le Poste italiane, che da societą per azioni quale sono negoziano da 10 anni le tariffe con i loro maggiori utenti, diano all'editoria il trattamento della migliore convenzione fatta con i privati. Cosģ la spesa si puņ ridurre almeno del 40%. Il governo interverrebbe, alleggerendo gli editori del 50% dei costi, «nei limiti dello stanziamento disponibile». Insomma, anche i contributi indiretti perderebbero la qualitą di diritto soggettivo, ma questo solo tra un anno.

Soluzione pessima
La nostra campagna sulla montagna di soldi percepiti dagli editori quotati in borsa sembrerebbe aver lasciato il segno nel comma 2 dell'art. 22 del Regolamento. Ma la soluzione fa un po' rabbrividire. Lģ si stabilisce che il ministro dell'Economia e delle Finanze «definisce annualmente le tariffe agevolate delle imprese editoriali quotate in Borsa, tenendo almeno conto delle variazioni dell'indice dei prezzi al consumo». Insomma, il governo tratta con i pił grandi editori italiani le sue elargizioni annuali (ma questi ultimi hanno gią una garanzia di incremento, seppur quello misero «delle famiglie degli operai e degli impiegati rilevato dall'Istat»), cosģ come annualmente decide quanto dare ai non profit e ai giornali politici e - volendo - con che criteri darlo. Complimenti! Stiamo tornando, senza darlo a vedere, al Minculprop? L'insieme di questi criteri definiscono soltanto un diritto virtuale. Possono, in parte, introdurre un cambiamento utile. Ma sono, lasciatecelo dire schiettamente, l'abito con cui il condannato a morte viene accompagnato al patibolo, se non si ricostruiranno certezze - come č necessario e urgente fare - e non si doterą il Fondo editoria delle risorse necessarie.

 

Scuola, slitta al 2010
la riforma delle superiori
,slittano anche le condanne delle concessionarie di stato morose di 98 miliardi di euro,slitta il cervello degli italiani su Gelli,slitta verso il fondo sostanzialmente tutto....

L'annuncio in una nota sui contenuti dell'incontro in corso con i sindacati. Resterebbero di immediata applicazione gli elementi relativi alla scuola primaria, compreso il maestro unico ....Botte,manifestazioni,pseudoccupazioni di studenti,polizia infiltrata,discorsoni di Cossiga Testa di Cazzo ottuagenario barlafuso mangiafranchi a tradimento,i rettori che minacciano dimissioni in massa eppoi non si dimettono,studenti che minacciano occupazioni infinite eppoi tutti a spasso a fare la settimana bianca,manipoli di fascistelli in giro a massacrare impuniti eppoi č colpa degli albanesi e dei romeni,inceneritori,acciaierie che sciolgono operai nelle colate,morti sulle strade,morti al lavoro e si fanno 4 ore di sciopero e vaffanculo allo stadio perchč c'č "Ronaldigno" ed i "ragazzi del Premier d'Asfalto", oppure perchč c'č Jimmy l'incazzato che chiamano "Special UAN",eppoi spaccio di droga a vagoni,stupri,incesto,segregazione di badanti,massacri familiari e suicidi di massa,la rete che ribolle ma solo su facebook,Grillo che strepita ma tutto rimane spettacolo,pił asfaltati che mai:"Il popolo italiano č una rana nella pentola. All'inizio l'acqua era tiepida, quasi rinfrescante. Un grado alla volta e in vent'anni siamo arrivati al punto di cottura. La rana č intorpidita e non si accorge che viene bollita viva. Basta ancora qualche fiammata e sarą cotta e defunta. Un attacco alla Costituzione, il controllo della magistratura, il bavaglio alla Rete e il programma della P2 č realizzato.
L'informazione č ormai sotto controllo. Le inchieste Why Not e Poseidon insabbiate. La Procura di Salerno, che indagava sulla Procura di Catanzaro su denuncia di Luigi De Magistris, č stata commissariata. I media cialtroni e servi equiparano Catanzaro e Salerno, parlano di
Guerra delle Procure. Ma č una sola, quella di Salerno, che indagava sull'altra, in quanto competente per legge. I media tacciono sulle inchieste di De Magistris e sui NOVEMILIARDIDIEURO delle nostre tasse, trasformati in fondi europei con un giro conto, inghiottiti ogni anno dai partiti e dalle mafie nel Sud. Il Paese si inabissa e noi sentiamo un teporino. Siamo abituati alla febbre a 40 gradi.
I 98 miliardi di euro di sanzione alla concessionarie delle slot machine non sono stati citati da nessun telegiornale. Neppure per dieci secondi. Quanti politici ci sono dietro a quei soldi? Taranto muore. La diossina provoca migliaia di tumori all'anno con 1.300 morti. C'č pił diossina a Taranto che in Austria e Svizzera messe insieme. E nel frattempo lo psiconano si rifiuta di firmare l'accordo europeo sull'ambiente. I giornali parlano del
maiale alla diossina, ma noi siamo avanti, abbiamo i bambini alla diossina. Respirano, si diossinano e muoiono.
Ieri sono entrato in un negozio. Offrivano due raccolte a dispense insieme ai giornalini e alle riviste, una sui discorsi di Mussolini con
piatto del Duce da esposizione in regalo e una sulla storia del fascismo con un orologio di Mussolini con l'elmetto. La gente si abitua. La temperatura sale di due decimi, si puņ sopportare. Qual'č il limite? Il punto in cui l'italiano č cotto?
Si vuole riabilitare il
pregiudicato Craxi. Si rendono pił uguali delle altre quattro persone che non si vergognano della loro impunitą e si fanno vedere in giro come se niente fosse. La banda dei quattro: NapolitanoBerlusconiSchifaniFini. Licio Gelli, condannato per tentativi di depistaggio delle indagini sulla strage alla stazione di Bologna, la pił grave nella storia della Repubblica, ci dą lezioni. Viene fatto passare da saggio. Tiene programmi televisivi. Il calore aumenta. Il Meetup di Sanremo e la Casa della Legalitą lo hanno costretto a entrare dalla porta di servizio a un suo comizio/intervista. Gelli č stato protetto dalla Polizia. Grandi ragazzi! Se non vogliamo finire bolliti dobbiamo muoverci. Basta con le lezioni di democrazia impartite da farabutti
e da pregiudicati grazie alla copertura dei media.
Una, cento, mille Sanremo! Pił Meetup, pił democrazia. Diffondetevi e moltiplicatevi.Nel frattempo beccatevi l'aumento del canone:

ROMA - Giornata campale per la rete fissa italiana, con notizie buone e cattive per l'utente finale. Aumenterą il canone base Telecom Italia, di 1,26 euro al mese pił Iva, a partire da febbraio. Da gennaio scatteranno invece gli impegni presi da Telecom Italia sulla propria rete, come previsto, dopo un anno di intense negoziazioni tra le parti.

Le due novitą arrivano da Agcom (Autoritą garante delle comunicazioni), riunita oggi in un consiglio che segna una pietra miliare per il futuro delle tlc italiane. Erano circa dieci anni, infatti, che non aumentava il canone alle famiglie. Agcom nelle scorse settimane aveva gią dato un primo sģ al rincaro, che adesso diventa ufficiale, perché č arrivato anche il nulla osta dalla Commissione Europea. L'ultima speranza per i consumatori quindi svanisce e ora c'č solo spazio per le polemiche: "E' un regalo a Telecom Italia, ingiustificato", dice a caldo Marco Pierani, responsabile rapporti istituzionali per Altroconsumo. Agcom ha accolto la richiesta di aumento, fatta da Telecom, per tenere conto dell'inflazione degli anni passati. "In realtą andrebbe calcolata solo l'inflazione del 2008", dice Pierani. "L'anno scorso - continua - Agcom si era gią riunita per valutare modifiche al canone. Avrebbe dovuto diminuirlo, perché
Telecom non era riuscita a raggiungere gli obiettivi di qualitą che si era posta sulla rete fissa. L'ha poi lasciato invariato, perņ, appunto per tenere conto dell'inflazione. Adesso l'assurdo č che Telecom ha chiesto un aumento per aiutarli a rispettare obiettivi dati in precedenza e mai soddisfatti". Per il 2009 Telecom s'impegna a raggiungere un tasso di malfunzionamento delle linee fisse pari al 13,6 per cento (contro il 14,5 per cento realizzato nel 2008 e il 14,9 del 2007). L'idea č che parte dei guadagni ottenuti con il rincaro del canone andranno in investimenti sulla rete, sulla sua manutenzione e la riparazione.

Risulta perņ che l'aumento del canone sia stato votato quasi all'unanimitą dai consiglieri di Agcom, con la sola opposizione di Antonio D'Angelo. "Valuteremo se ricorrere al Tar contro quest'aumento", dice Pierani.
Il prossimo scontro, con una riunione di consiglio prevista il 16 dicembre, sarą sul canone all'ingrosso (di "unbundling"). Quello cioč che gli operatori concorrenti pagano a Telecom per affittare il doppino telefonico dell'utente e fargli quindi offerte per voce e internet. Anche in questo caso Telecom ha chiesto il permesso di aumentarlo. Probabilmente ci riuscirą, ma si discute sul valore dell'aumento (da fonti ben informate, risulta che Agcom sarebbe favorevole a concedere un rincaro di 90 centesimi al mese). Di conseguenza, potrebbero aumentare i canoni che gli utenti finali pagano agli operatori alternativi a Telecom, se questi ultimi decideranno di ribaltare il rincaro sulle offerte al pubblico. Gli alternativi stanno gią protestando contro l'eventualitą e fanno notare che invece l'Autoritą tlc spagnola ha appena imposto a Telefonica un ribasso del canone di unbundling.

Si č chiusa invece senza polemiche, almeno per ora, la vicenda degli impegni Telecom, che ha tenuto occupata Agcom e le parti per oltre un anno. Come previsto č filato tutto liscio: Telecom ha accolto le modifiche richieste da Agcom, che oggi quindi ha approvato il tutto definitivamente.

Da gennaio, la rete fissa Telecom diventerą quindi un'entitą pił indipendente. Gli operatori alternativi, che la utilizzano per fare le proprie offerte, saranno messi su un piano pił paritario rispetto a Telecom Italia. Dovrebbe crescere di conseguenza la qualitą e la varietą delle offerte concorrenti, al pubblico. Altra novitą č che gli impegni includono anche la nuova rete in fibra ottica (Ngn, Next generation network) che dovrebbe portare offerte a 50-100 Mbps alle famiglie, a partire probabilmente da fine 2009, nelle principali metropoli. Significa che gli operatori alternativi potranno accedere anche alla rete Ngn di Telecom, in vari modi e a prezzi regolati dall'Autoritą. Per esempio, mettendo la propria fibra nei cavidotti Telecom. Oppure - pił economico - affittando la fibra passiva di Telecom dalla centrale urbana fino all'utente finale (in modo analogo a quanto fanno ora con il rame e con l'unbundling, con il vantaggio che lo stesso cavo di fibra puņ essere usato da pił operatori).

Il prossimo scontro, che prenderą i primi mesi del 2009, sarą sul bitstream: cioč gli operatori lotteranno per poter accedere all'Ngn con una modalitą ancora pił economica, cioč senza mettere propri apparati in centrale né propria fibra ottica. Telecom ha gią detto che vuole concedere il bitstream, a prezzi regolati, solo nelle zone dove sarą riconosciuto da Agcom operatore dominante sul mercato banda larga. La decisione spetterą ad Agcom, entro i prossimi sei mesi.

Scuola, slitta il taglio delle classi
arriva il decreto sui concorsi

Rinviata al 2010 la chiusura delle scuole con meno di 50 alunni
e l'obbligo per le Regioni di presentare il piano entro il 30 novembre 2008
di CARLO BRAMBILLA e MARIO REGGIO


 

Scuola, slitta il taglio delle classi arriva il decreto sui concorsi

Il capo dello Stato ieri a Padova dove ha incontrato studenti e ricercatori

ROMA - Le sviste del governo su scuola e universitą producono i primi effetti. Salta, per il 2009, la chiusura delle scuole con meno di 50 alunni, l'obbligo per le Regioni di presentare il piano entro il 30 novembre 2008 ed il conseguente commissariamento per quelle inadempienti. Tutto rinviato al 2010, ma solo con l'accordo degli enti locali. L'emendamento č stato presentato ieri dal relatore della maggioranza al Senato.

Oggi, in Consiglio dei ministri, il decreto Gelmini sui concorsi universitari: blocco delle assunzioni nei prossimi dodici mesi per gli atenei con i bilanci in rosso, deroga per le universitą che hanno i conti in regola. Blocco dei concorsi gią banditi e nuove regole per la nomina delle commissioni per le cattedre. Si passerą dall'elezione diretta dei quattro commissari al sorteggio.

Ieri sera il ministro Gelmini si č incontrata con il Presidente Napolitano. Gli ha illustrato le linee guida del decreto che presenterą oggi in Consiglio dei ministri, precisando che gli altri provvedimenti saranno contenuti in un disegno di legge e discussi in Parlamento. Giorgio Napolitano ha auspicato che il confronto tra maggioranza e opposizione parta in un clima pacato. E l'accordo sembra alle porte: conferma dei concorsi gią banditi e pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, mantenimento dei due idonei per ogni prova, ma l'introduzione del sorteggio dei quattro docenti della stessa materia a livello nazionale. Tutto questo per evitare una raffica di ricorsi da parte degli aspiranti alla cattedra.

E ieri mattina Napolitano in visita al suo liceo di Padova: "Ai ricercatori farņ tutto quello che mi č lecito fare. Ce la metterņ tutta. Comprendo le contestazioni, ma dicono essere costruttive, nel rispetto della democrazia". Seguito dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi: "Il decreto Gelmini non modifica nulla delle cose per cui gli studenti manifestano. Sull'universitą non ci saranno tagli eccessivi, il nostro obiettivo č spendere meglio".


Vediamo ora cosa accadrą nel mondo della scuola. Dopo l'opposizione compatta di Regioni, Province e Comuni al ridimensionamento delle scuole, il governo ha fatto chiaro passo indietro. Ora č necessario aprire un confronto con il governo per discutere la riorganizzazione dei servizi scolastici - commenta il presidente della Conferenza dei governatori Vasco Errani - fermo restando il carattere irrinunciabile del diritto allo studio". Bocce ferme dunque, ma č stato rinviato il piano di riduzione degli istituti scolastici, resta in piedi il progetto del maestro unico alle elementari: 10 mila posti in meno nel 2009. Ma cosa succederą l'anno dopo quando verranno concordati gli accorpamenti? Il rischio č che molti maestri unici si trasformeranno in esuberi.

Passiamo all'universitą. Il decreto allo studio del ministero prevede, oltre al blocco delle assunzioni per gli atenei con i bilanci in rosso, anche alcune deroghe: apertura al reclutamento per i giovani ricercatori con contratti a termine o a tempo indeterminato.

 
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LA MANOVRINA ITALIOTA CONTRO UNA CRISI PLANETARIA...

Imprese e famiglie, il piano slitta

Il Cipe venerdģ, il decreto la prossima settimana. Per i redditi bassi 2-3 miliardi

ROMA — Bisognerą aspettare ancora una decina di giorni per il piano del governo per sostenere le famiglie, un pacchetto di aiuti che dovrebbe aggirarsi sui 2-3 miliardi di euro, e le imprese, attraverso un intervento sulle banche. Venerdģ prossimo si riunirą il Cipe per l'assegnazione di 16,6 miliardi di euro ai progetti infrastrutturali, ma i tecnici dell'esecutivo avranno ancora bisogno di almeno una settimana per mettere a punto le altre misure del pacchetto. Per le famiglie si ragiona sull'ipotesi di uno sgravio o di un bonus, da concedere entro la fine dell'anno. Impossibile per i costi (4 miliardi se limitata ai redditi fino a 30 mila euro) arrivare alla detassazione delle tredicesime, come chiedono l'opposizione e i sindacati, appare difficile anche un intervento sugli acconti Irpef che riguarda solo una parte dei contribuenti. Ogni misura, in ogni caso, sarą una tantum, e dovrą essere coperta, spiegano al ministero dell'Economia, con nuove entrate, anche queste straordinarie. A conferma che nel bilancio pubblico, oggi, non esistono spazi di manovra. Al di lą della flessibilitą del Patto di Stabilitą europeo, si dice a via XX settembre, il problema italiano resta quello del debito pubblico, per cui anche uno scivolamento congiunturale del deficit pubblico, che l'ingrosserebbe, «sarebbe criminale ». Anche l'intervento a favore delle imprese sarą neutro per i conti pubblici. La sottoscrizione da parte del governo di obbligazioni delle banche, per rafforzarle patrimonialmente e permettere loro di concedere un maggior volume di finanziamenti alle imprese, si configura come un prestito e non incide sul deficit. Accanto a questo meccanismo, per aiutare le imprese, il governo sta valutando alcune modifiche al regime Iva (da pagare all'incasso e non dopo l'emissione della fattura) e l'accelerazione dei pagamenti della pubblica amministrazione, la ricapitalizzazione dei consorzi fidi, nuovi fondi per gli ammortizzatori sociali, la probabile conferma (che aiuterebbe anche i lavoratori) della detassazione dei premi e degli straordinari per il 2009.

 

C'č poi l'incognita del settore auto, in crisi: in Europa si sollecitano misure coordinate e non si escludono aiuti diretti o incentivi alla rottamazione. Per il governo, tuttavia, lo stimolo maggiore per rispondere alla crisi arriverą dalla domanda pubblica. Gli investimenti del Cipe, ma anche un nuovo meccanismo per utilizzare subito gli oltre 50 miliardi del Fondo per le aree sottosviluppate, e nuove norme per costringere i concessionari delle autostrade ad investire nella manutenzione delle reti. Č da lģ che arriva il grosso degli 80 miliardi di interventi di cui ha parlato il governo, e che lasciano perplessi i sindacati. «Gran parte di quelle risorse gią c'erano e vorremmo capire quali sono quelle nuove. Se non ci sono si trovino perché la profonditą e la durata della crisi dipendono dalla capacitą dei singoli governi di affrontarla. Č una crisi eccezionale e servono misure e strumenti eccezionali» sostiene il segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, chiedendo al governo di essere convocato per discutere le misure nel dettaglio. «Mi aspetto la convocazione, ma questa volta dice Epifani - non solo un minuto prima del Consiglio dei ministri».

DAL TRENTINO AL 

Il Granducato in mutande

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No al nucleare, si alle rinnovabili

Il Granducato ha avuto Lorenzo il Magnifico, gli sono rimasti i diessinidiossini, le banche di sinistra e i disoccupati. I licenziamenti pił che a pioggia sono diventati a grandine. Colpiscono un po' ovunque come chicchi d'uva. Alla do coio, coio.
L'arte e il turismo, da sole, potrebbero fare della Toscana una delle terre pił ricche del mondo. Ma gli amministratori del PDmenoelle non possono accontentarsi di cosģ poco. Per lo sviluppo vogliono rigassificatori, inceneritori, mattone e cemento e parcheggi, meglio se nel centro storico.
La Toscana ha una grande opportunitą. Trasformarsi da Chiantishire a Nukeshire. I bambini toscani potranno gemellarsi con i fanciulli di
Chernobyl. L'Arcipelago Toscano potrebbe infatti accogliere nell' isola di Pianosa una centrale nucleare. Una delle tante che lo psiconano vuole regalare agli italiani. E' come aprire una discarica al Ponte Vecchio di Firenze o costruire una palazzina di Ligresti in Piazza dei Miracoli. Belin, non vorrei aver dato delle idee a questa gente.
I bisonti toscani caricano alla "Maremma maiala". Non li fermi neppure con i pallettoni da cinghiale. Da Roma li possono gią sentire. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.


FIRENZE: 158 posti a rischio in Telecom Italia
FIRENZE: centinaia di licenziamenti negli alberghi per il
crollo del turismo
FIRENZE: senza lavoro 38 dipendenti di
Meridiana
PRATO-PROVINCIA: 27 lavoratori in meno
ogni settimana
PRATO: licenziati 14 dipendenti della
Albini-Pitigliani
PRATO: 14 licenziati alla
Becagli
LIVORNO: esuberi
Telecom Italia
LIVORNO: a casa 15 dipendenti per la chiusura della
Delta
LIVORNO: 50 esuberi alla
Liburnia
LIVORNO: disoccupazione per 150 lavoratori della
Giopescal
LIVORNO: 16 licenziati alla
Misericordia
MASSA: esuberi alla
Evam
CARRARA: 24 licenziamenti nel
settore del marmo
CAMPI BISENZIO E PONTEDERA: 40 esuberi dietro ai
banconi alimentari
PISA: ricercatori dell'
Universitą alla ricerca di un futuro
PISA: 63 licenziamenti alla
Abiogen

Post precedenti:
-
Trentino Alto Adige: licenziamenti ad alta quota
-
Tra la via Emilia e il West
-
La Serenissima disoccupata
-
Quella cosa in Lombardia
-
Gli zoccoli dei bisonti

 

Quella cosa in Lombardia

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Bisonti in mezzo a una strada

Lo sentite il rumore degli zoccoli? Arrivano dal Piemonte, dal Veneto, dalla Lombardia. Due milioni, forse tre milioni di persone perderanno entro un anno (e stanno gią perdendo) il posto di lavoro. Lo perdono al Nord, dove c'č, č elementare, i disoccupati del Sud non possono perdere quello che non hanno. Chi rimane a casa da un giorno all'altro occupa le stazioni, fa presidi, scende in piazza. Ma la sua protesta rimane sotto vuoto spinto. I media non ne parlano, si vergognano di mostrare padri di famiglia in mezzo a una strada. Per tranqullizzare usano termini soavi come "recessione tecnica" o "diminuzione del PIL".
Politici e giornalisti (parlo di quelli servi, la maggioranza) sono categorie immuni dalla crisi. Perchč dovrebbero occuparsene? E' un problema che riguarda sempre gli altri. L'unica soddisfazione per i nuovi disoccupati č che non moriranno pił sul lavoro, ma soltanto di fame. In Lombardia č scoppiata un'epidemia, le banche si tengono i soldi e non li prestano pił senza garanzie, le imprese straniere se ne vanno, quelle italiane perdono il mercato. E' un bollettino di guerra, ma č solo la punta dell'iceberg. Leggere per credere.

BASIGLIO - MILANO: Astrazeneca, multinazionale farmaceutica, annunciato taglio di 315 dipendenti.
ASSAGO - MILANO: gią a casa 55 lavoratori (236 in tutta Italia) della Engineering, azienda settore informatico.
ALBINO - BERGAMO: cotonificio Honegger ha annunciato 240 esuberi
PROVINCIA DI BRESCIA: 180 dipendenti della Franzoni filati di ESINE, 132 della Feltri di MARONE, 260 della Niggeler & Kupfer di CETO, 36 alla Henriette di CASTENEDOLO per un totale di 606 lavoratori dell'area bresciana per i quali sono appena stati annunciati tagli e cassa integrazione.
SAN GIULIANO MILANESE - MILANO. La San Carlo licenzia 19 lavoratori.
SUZZARA - MANTOVA: 160 precari IVECO non riconfermati.
MILANO: la Gabetti ha annunciato il licenziamento di 110 addetti (500 in tutta Italia).
CERIANO LAGHETTO - COMO: mobilitą per 230 dipendenti della Rhodia.
JERAGO - VARESE: 90 cassintegrati alla Meccanica Finnord.

Occupazione in calo nelle grandi imprese
Boom di scioperi, ferme le retribuzioni. Gli stipendi cresciuti del 3,6% in un anno, fermi rispetto allo scorso mese. Ma l'allarme giunge dalle aziende con pił di 500 dipendenti: aumenta il ricorso alla cassa integrazione.

La gestione dei rifiuti in Emilia Romagna

"La ricca Bologna che fu contadina" diventa disoccupata, ma con l' orto di cemento. Gli ortaggi ora li importa. Il bufalo emiliano romagnolo č pił sanguigno degli altri della penisola. Quando carica, carica. Il suo č sempre un movimento di massa. Gli piace far le cose insieme agli altri. E fa paura. L'Emilia Romagna č stata la regione pił nera d'Italia, poi la pił rossa.
Il cambiamento č quasi sempre partito da lģ.
Le regioni italiane stanno diventando un mosaico di disoccupati. Nel frattempo l'Italia del Nord č cementificata dagli immobiliaristi che si fanno prestare i soldi dalle banche che si fanno prestare i soldi dal Governo e quindi dai contribuenti.
Lo psico(nano)spacciatore di ottimismo non riesce pił a capire la differenza tra fiducia e consumismo. Per lui l'ottimista deve consumare, altrimenti č un sabotatore dell'economia. L'Italia č diventata grande grazie al risparmio dei nostri padri e nonni nel dopoguerra. Vi ricordate la Giornata del Risparmio? E i salvadanai? E il libretto per depositare i soldi per mandare i figli all'Universitą? Se l'Italia non č ancora fallita del tutto, lo deve ai risparmi che le famiglie sono riuscite a salvare dalle banche, dalle finanziarie, dalle aziende quotate in Borsa.
Chi ti invita a consumare č uno spacciatore di miseria. Di una vita senza qualitą.
Un blogger ha scritto: "Dopo l'Onda degli studenti, il maremoto dei disoccupati". Preparate i salvagenti.
Loro non molleranno mai(ma gli conviene?), noi neppure.

 

BOLOGNA : 365 esuberi all'azienda tessile La Perla.
REGGIO EMILIA : 114 licenziati alla Dual.
MODENA : 48 esuberi nel gruppo alimentare Fini.
IMOLA : 53 cassintegrati alla ceramiche Leonardo.
IMOLA : 114 esuberi alla Cerim di Mordano.
FORLIVESE : 100 aziende in crisi.
BOLOGNA : 50 cassintegrati alla Marconigomme.
EMILIA : ottomila cassintegrati in pił entro fine 2008.
EMILIA : 150 esuberi negli uffici postali.

Epifani legge il blog. E' certo. Dopo una lettura attenta dei miei articoli sulla disoccupazione di massa prossima ventura (due milioni di nuovi disoccupati) ha detto: "Dalla ricognizione fatta posso dire che sta arrivando una valanga, servono grandi interventi". Li sentite gli zoccoli dei bisonti? Stanno calpestando la prateria del Nord Italia. Da Ovest a Est.
Se il Piemonte chiude i battenti e la Lombardia licenzia a pioggia, il Veneto č colpito dalla peste bubbonica.
Ho fatto una piccola "ricognizione" nella Serenissima che giro a Epifani. I bisonti si salderanno in uno stampede, in una carica disordinata. Ora č dispersa in tanti padri di famiglia isolati, senza lavoro, in mezzo a una strada. Che forse si vergognano di guardare i figli negli occhi. Domani cambierą, vedrai che cambierą. Prenderanno coscienza. Non li fermeranno. I sindacati li hanno traditi, la politica ha usato le loro tasse per arricchirsi, i media li hanno presi per i fondelli.
Il bollettino della Serenissima. "Il morbo infuria, il pan ti manca. Sul ponte sventola bandiera bianca!"

 

PADOVANO: un milione e mezzo di ore di cassa integrazione nel padovano.
SCORZE' - TREVISO: 347 operai dell'Aprilia presto a casa.
CASTELFRANCO VENETO - TREVISO: 480 esuberi alla Berco (Gruppo Thyssen).
TREVISO : 390 esuberi alla Osram.
SUSEGANA : 350 posti a rischio alla Electrolux.
VERONA :100 esuberi alla Glaxo.
LAVAGNO - VERONA: 114 contratti a termine a rischio al Megastore Casamercato.
MONTEBELLUNA - TREVISO : 250 esuberi all'ACC
PADOVA: Centinaia di posti di lavoro a rischio.
MESTRE - MARGHERA : 1.000 posti a rischio.
VENEZIA: occupazione a picco.

Lo sentite il rumore degli zoccoli? Arrivano dal Piemonte, dal Veneto, dalla Lombardia. Due milioni, forse tre milioni di persone perderanno entro un anno (e stanno gią perdendo) il posto di lavoro. Lo perdono al Nord, dove c'č, č elementare, i disoccupati del Sud non possono perdere quello che non hanno. Chi rimane a casa da un giorno all'altro occupa le stazioni, fa presidi, scende in piazza. Ma la sua protesta rimane sotto vuoto spinto. I media non ne parlano, si vergognano di mostrare padri di famiglia in mezzo a una strada. Per tranqullizzare usano termini soavi come "recessione tecnica" o "diminuzione del PIL".
Politici e giornalisti (parlo di quelli servi, la maggioranza) sono categorie immuni dalla crisi. Perchč dovrebbero occuparsene? E' un problema che riguarda sempre gli altri. L'unica soddisfazione per i nuovi disoccupati č che non moriranno pił sul lavoro, ma soltanto di fame. In Lombardia č scoppiata un'epidemia, le banche si tengono i soldi e non li prestano pił senza garanzie, le imprese straniere se ne vanno, quelle italiane perdono il mercato. E' un bollettino di guerra, ma č solo la punta dell'iceberg. Leggere per credere.


BASIGLIO - MILANO: Astrazeneca, multinazionale farmaceutica, annunciato taglio di 315 dipendenti.
ASSAGO - MILANO: gią a casa 55 lavoratori (236 in tutta Italia) della Engineering, azienda settore informatico.
ALBINO - BERGAMO: cotonificio Honegger ha annunciato 240 esuberi
PROVINCIA DI BRESCIA: 180 dipendenti della Franzoni filati di ESINE, 132 della Feltri di MARONE, 260 della Niggeler & Kupfer di CETO, 36 alla Henriette di CASTENEDOLO per un totale di 606 lavoratori dell'area bresciana per i quali sono appena stati annunciati tagli e cassa integrazione.
SAN GIULIANO MILANESE - MILANO. La San Carlo licenzia 19 lavoratori.
SUZZARA - MANTOVA: 160 precari IVECO non riconfermati.
MILANO: la Gabetti ha annunciato il licenziamento di 110 addetti (500 in tutta Italia).
CERIANO LAGHETTO - COMO: mobilitą per 230 dipendenti della Rhodia.
JERAGO - VARESE: 90 cassintegrati alla Meccanica Finnord.

Appoggio l'orecchio al terreno e sento un rumore. Sempre pił vicino. Un brontolio, una carica, un tuono. Sono milioni di nuovi disoccupati. Quanti saranno in pił tra un anno? Due milioni? Tre milioni? Senza pił niente da perdere. I manganelli non potranno fermarli. Travolgeranno tutto e tutti e non faranno sconti. Chi si troverą sul loro percorso verrą cancellato. Sindacati collusi, giornalisti servi, partiti autoreferenziali. Il loft di Topo Gigio e le ville sarde dello psiconano. Travolti. L'Onda degli studenti li ha anticipati. Dopo l'Onda verrą lo Tsunami del lavoro. Non ne parla nessuno. Tutti i giorni chiudono decine di aziende grandi e piccole. Posti di lavoro perduti per sempre. Un padre di famiglia senza lavoro, senza TFR, senza un c...o, che alternative ha? Torna a casa e guarda i figli e nulla ha pił importanza per lui. L'esercito dovrą presidiare i supermercati prima e le sedi dei partiti subito dopo.
Da oggi raccolgo le testimonianze del "Lavoro perduto", inizio con la Motorola di Torino che andrņ presto a trovare. Loro non molleranno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.

"Caro Beppe,
grazie per aver citato Motorola. Come hai detto te siamo tra gli apriporta di questa crisi che sta investendo il mondo e che presto travolgerą anche il nostro Paese. Tutto č successo cosģ improvvisamente. Giovedģ mattina stavamo ancora sgobbando per mamma Motorola, molti di noi lavoravano anche nel weekend, per fare in modo che la produzione si concludesse on-time. Tutti sforzi inutili visto che con un semplice annuncio il presidente della sezione Mobile ha dichiarato la cessazione immediata della piattaforma su cui stavamo lavorando. Subito dopo una mail comunica un riunione per lunedģ mattina con il responsabile motorola per la regione EMEA. Molti caddero nello sconforto. Mentre molti erano ancora ottimisti. Il peggio č successo tra venerdģ e lunedģ quando Motorola insieme ai dirigenti ci ha letteralmente lasciato soli in balia della stampa : "Motorola, sogno finito a rischio 300 ricercatori - Alla Motorola rischiano in trecento", leggo dalla stampa sabato mattina alle tre di notte. Per poi arrivare a lunedģ mattina dove riassumendo ci hanno dato il ben servito dopo aver detto che eravamo tra i migliori, che eravamo un centro di eccellenza, ma che non servivamo pił...e tanti saluti e arrivederci. Ma noi intanto l'avevamo saputo prima dalla stampa. Che tra l'altro ci ha fatto passare come dei ladri dicendo che Motorola aveva tolto tutti gli scatoloni dal palazzo per evitare furti. E tante e tante altre cazzate scritte da giornalisti bugiardi che dovrebbero stare a spazzare le strade di Torino...
Morale della favola siamo 370 ingegneri + un centinaio di consulenti, tutti a spasso... senza ammortizzatori sociali...senza nulla. Molti hanno famiglie... Ora visto che siamo soli mi chiedevo se tu Beppe potevi venire a farci visita... a incoraggiarci... sono certo che ti accoglieremo a braccia aperte...Cari saluti" Marco

DALLA STIMA DELLA RASSEGNA ABBIAMO CALCOLATO 14.220 PERSONE A SPASSO ENTRO IL 31 DICEMBRE 2008 NELL'AREA DEL LOMBARDO-VENETO-EMILIA

 
 
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Sacconi: «L'Italia rischia di andare a finire
come l'Argentina». Ma poi corregge il tiro

Il ministro del Welfare a «Economix»: «Nessun dissidio con Tremonti. Sono preoccupato per il rischio di "default"»

 

Maurizio Sacconi (Lapresse)

Maurizio Sacconi (Lapresse)

ROMA - Rischiamo di finire come l'Argentina. Č una fosca previsione quella fatta dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi durante la registrazione della puntata di Economix: «Come Tremonti sono anche io vincolato dal debito pubblico e sono anche io preoccupato per il rischio di "default" del Paese. E c'č qualcosa di peggiore della recessione, che č la bancarotta dello Stato, un'ipotesi improbabile ma comunque possibile». Sacconi ha sottolineato come «non possiamo permetterci neanche lontanamente che vada deserta un'asta pubblica di titoli di Stato. Ci sarebbe una carenza di liquiditą per pagare pensione e stipendi e faremmo come l'Argentina».

 

«NESSUN RISCHIO BANCAROTTA» - In serata il ministro ha corretto il tiro: «Sono costretto a intervenire dalla disinvoltura con cui alcuni hanno interpretato una considerazione pił volte ripetuta circa la necessitą di tenere alto il livello di guardia sul debito pubblico, attribuendomi addirittura un presunto rischio bancarotta. Non ho mai detto né lasciato intendere che vi puņ essere un rischio di tale natura». Sacconi sottolinea di aver affermato «che il debito pubblico costituisce per la sua dimensione un vincolo ineludibile per le politiche di spesa. La robusta politica di controllo della finanza pubblica, che abbiamo realizzato con la manovra di giugno, ci mette quindi al riparo da ogni pericolo ed č all'interno di essa che abbiamo definito il pacchetto di misure per sostenere la crescita e proteggere il disagio sociale».

TREMONTI PREOCCUPATO - Tremonti nel primo pomeriggio aveva invece ricordato che il debito italiano č il «terzo del mondo» e spiegato che i pericoli pił che dalla finanza pubblica vengono dal mercato. Il responsabile della politica economica del governo no aveva usato toni allarmistici e anzi aveva ricordato che la crisi ha mostrato come pericoloso sia anche il debito privato, che vede esposti altri Paesi e non l'Italia.

PATTO NON SI TOCCA - Il patto di stabilitą europeo č «un muro invalicabile». Lo avrebbe detto, secondo quanto riportano alcuni partecipanti, il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, replicando alle domande dei senatori del Pdl durante un incontro su Finanziaria e decreto anti-crisi nella serata di mercoledģ. Di fronte alle sollecitazioni dei senatori su questo punto e sui possibili ricaschi sul patto interno, Tremonti ha ribadito che il rapporto deficit-Pil al 3% non puņ essere sforato. E riguardo a una sua possibile flessibilitą ha evidenziato che questo «č tutto da discutere a livello europeo» cosģ come «anche una sua ricaduta» sul Patto di Stabilitą Interno.

COMPETITIVITA’ TITOLI DI STATO - «Un'ulteriore criticitą - aveva detto Tremonti nel pomeriggio - č che, ferma la magnitudine del nostro debito, in futuro lo scenario sarą pił competitivo con le crescenti emissioni di altri Paesi». In pratica, sostiene il ministro dell'economia, l’Italia deve riuscire a rispettare i limiti imposti dal Patto di stabilitą per evitare difficoltą nella collocazione dei titoli di Stato italiani e nello spread (ovvero nel differenziale dei tassi d’interesse riconosciuti agli acquirenti) con gli altri Paesi.

LA REPLICA DELL'OPPOSIZIONE - I parlamentari del Pd, in particolare, hanno messo in evidenza le parole di Sacconi. «Tremonti chiarisca», ha chiesto il Senatore Tiziano Treu. «I pessimisti sono al Governo, che non riesce a mettere in campo provvedimenti coraggiosi», gli ha fatto eco il compagno di partito Giorgio Tonini. «Sacconi - ha aggiunto il portavoce del Pd, Andrea Orlando - di fatto smentisce le affermazioni di Tremonti secondo il quale la finanza pubblica era stata messa al sicuro con la manovra finanziaria di luglio. Per fortuna che per il governo i pessimisti eravamo noi».

 

 

 

 

 

La finanza di progetto (o project financing in inglese) č una operazione di finanziamento a lungo termine, che consiste nell'utilizzo di una societą neocostituita (cosiddetta SPC, Special Purpose Company) la quale serve a mantenere separati gli assets del progetto da quelli dei soggetti proponenti l'iniziativa d'investimento (i cosiddetti "promotori").

Il Project financing In Italia [modifica]

In Italia, Il Project Financing ha trovato spazio perlopił nella realizzazione di opere di pubblica utilitą. In questa configurazione di Project Financing i soggetti promotori propongono ad una Pubblica amministrazione di finanziare, eseguire e gestire un'opera pubblica, il cui progetto č stato gią approvato, in cambio degli utili che deriveranno dai flussi di cassa (cash flow) generati per l'appunto da una efficiente gestione dell'opera stessa. Č stata istituita nel 1999 nel Ministero dell'Economia la task force italiana per il project financing: Unitą Tecnica Finanza di Progetto (UTFP).

Fonti normative [modifica]

In Italia possiamo parlare di una impostazione diversa da quella classica del Project financing[1]. In altri termini mentre la impostazione classica incardina l'operazione di PF su una equa ripartizione del rischio tra il soggetto promotore (quota di equity o capitale di rischio) e le banche (quota di debt o prestito obbligazionario), in Italia il rischio viene prevalentemente assunto dal soggetto promotore. Questo spiega lo scarso successo in Italia del PF, nonostante la copiosa normativa che procedura la realizzazione delle opere pubbliche.

La disciplina positiva del project financing č stata introdotta per la prima volta in Italia con la legge 11 novembre 1998 n. 415, cd. Legge Merloni-ter, con l'obiettivo di contenere la spesa pubblica e fornire una modalitą alternativa alla Finanza d'impresa per la realizzazione di opere pubbliche, dove il finanziamento dell'opera con capitale privato č solo parziale.

In pratica, la legge del 1998 prevedeva una concessione "speciale" per la costruzione e gestione di un'opera pubblica a favore del soggetto che la realizza su terreno di proprietą pubblica; il terreno viene dato in concessione d’uso oppure in diritto di superficie. In cambio del terreno e degli utili di gestione, il soggetto privato si accolla le spese di realizzazione.

La norma del 1998 prevedeva anche che, nel caso in cui la gestione dell’opera fosse particolarmente onerosa, il Comune poteva contribuire alla sua realizzazione: detto contributo veniva concesso a fronte di un controllo da parte dell’Ente Pubblico sulle tariffe praticate all’utenza (con la riforma del 2002, questa clausola č stata abrogata, per cui di fatto le tariffe sono libere).

Alla legge n. 415/1998 ha fatto seguito la legge 1ŗ agosto 2002 n. 166 (cd. legge Merloni-quater), che ha ampliato il numero dei potenziali soggetti promotori (includendovi le Camere di commercio e le fondazioni bancarie ed ha abolito il limite temporale di durata della concessione.

Le novitą introdotte dalla successiva legge 18 aprile 2005 (cd. Legge comunitaria 2004) riguardano sostanzialmente il contenuto dell'avviso pubblico che le Amministrazioni committenti sono tenute a pubblicare per indicare quali opere possono realizzarsi con capitali privati. Nel 2004, infatti, il legislatore nazionale ha dovuto adeguarsi alle osservazioni formulate dalla Commissione europea nella procedura d'infrazione n. 2001/2182, con cui si contestavano all'Italia alcune difformitą della legislazione nazionale con quella comunitaria in materia di appalti pubblici.

Da ultimo, il Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 163 del 2006, in vigore dal 1ŗ luglio 2006), ha riunito in un unico corpo le disposizioni sulla contrattazione pubblica e, negli articoli da 153 a 160 ha riscritto la disciplina nazionale del project financing, abrogando tutte le leggi precedenti. Tuttavia la sostanza della disciplina č rimasta pressoché identica.

 

LA STORIA DELLA FINANZA DI PROGETTO ITALIOTA

 

La storia che voglio raccontarvi parla di grandi capitali e di piccoli uomini, di treni che correranno vuoti a 300 km/h dentro a gallerie scavate nell"uranio, di societą private costituite con il denaro pubblico, piramidi di Cheope fatte di smarino e grattacieli di fibre d"amianto, di cittadini che difendono i propri diritti additati come canaglie e di canaglie senza scrupoli che si fingevano persone attente all"ambiente e ai diritti dei propri cittadini, di sindaci bastonati dalla polizia in una Valle decisa a resistere all"ennesimo stupro del proprio territorio, di come un grande investimento non produrrą altro che  impoverimento, di quando le parole degli esperti vengono trasformate in sussurri ed il biascicare incompetente dei politici assurge a realtą incontrovertibile

 

La storia inizia il 7 agosto 1991 con la nascita di Tav spa, la societą a capitale misto pubblico e privato deputata a costruire in Italia quasi 900 km di linee ferroviarie per i treni ad alta velocitą .

In realtą dopo il disastroso risultato economico del tunnel sotto la Manica non si riscontrava assolutamente traccia di privati disposti a rischiare il proprio capitale nella costruzione di grandi infrastrutture e quello di presentare Tav spa come una societą a capitale misto era un mero artificio volto a far si che l"Italia potesse rispettare i parametri di Maastricht che imponevano il rapporto deficit-pil al 3%. Lo Stato garantģ il finanziamento del 40% in conto capitale, mentre finanziņ il restante 60% (quello di appannaggio dei privati) attraverso prestiti bancari, accollandosi gli interessi degli stessi fino al completamento dell"opera.

Il 10 marzo 1998 le Ferrovie di Stato che detenevano la maggioranza del capitale pubblico acquisirono il 100% di Tav spa e dal primo gennaio del 2003, ormai nell"ambito della legge obiettivo Tav spa č entrata nell"orbita di Infrastrutture spa, il cui azionista unico č la Cassa Depositi e Prestiti.

Tutto questo gioco di scatole cinesi, nato una quindicina di anni fa dalla fervida fantasia dell"allora ministro del Bilancio Cirino Pomicino e perfezionato poi dal governo Berlusconi sotto il nome di project financing ha come unico scopo quello di permettere allo Stato di contrarre enormi debiti, senza perņ doverli iscrivere nel proprio Bilancio, evitando cosģ che essi incidano nei parametri del Patto Europeo di stabilitą .

I privati esistono veramente ma rivestono il ruolo di General Contractor grazie al perfezionamento di un"altra intuizione del buon Cirino Pomicino. Fiat IRI ed ENI (i General Contractor) sono concessionari con l"esclusione della gestione, hanno cioč tutti i poteri del committente pubblico nella gestione dei subappalti, nella direzione dei lavori, negli espropri, ma non hanno poi la gestione diretta dell"opera, (caso unico in Europa) per cui il loro solo interesse, essendo disancorati dalla successiva gestione, sarą quello di fare durare i lavori il pił a lungo possibile al fine di fare levitare al massimo la spesa. Inoltre il General Contractor a differenza del concessionario tradizionale di lavori o servizi pubblici potrą affidare i lavori a chi vuole anche con trattativa privata ed essendo un privato non sarą mai perseguibile per corruzione, in quanto eventuali tangenti potranno essere giustificate sotto forma di provvigioni. Un"architettura senza dubbio ingegnosa attraverso la quale si trasferisce tutto il rischio d"impresa dal privato allo Stato che alla fine dei lavori sarą perņ costretto a restituire i prestiti delle banche, aprendo cosģ una voragine senza fondo nella quale precipiterą giocoforza la nostra gią fragile economia. La conseguenza di tutto ciņ č che il progetto dell"Alta Velocitą , presentato nel 1991 con un costo previsto di 26.180 miliardi di lire, rischierą invece di costare, una volta terminato in un lontano futuro, circa 80 miliardi di euro e gli italiani ne pagheranno i debiti fino al 2040 ad un ritmo di 2 miliardi e 300 milioni di euro l"anno.

Ci sarebbero molte altre cose da raccontare concernenti questi 14 anni nei quali il progetto Alta Velocitą ha preso forma e mosso i suoi primi passi, anni nei quali la zona del Mugello č stata devastata dalle gallerie con conseguenze idrogeologiche irreversibili, anni nei quali personaggi legati a doppio filo alla politica e all"imprenditoria come Necci Lorenzo, Pacini Battaglia, Icalza Ercole e molti altri si sono spartiti tangenti miliardarie, sono stati indagati, hanno corrotto giudici, vinto e perso processi, il tutto continuando a mantenere sempre posizioni preminenti all"interno delle istituzioni. Anni di grossi guadagni per chi come l"attuale ministro delle infrastrutture Pietro Lunardi, attraverso la Roksoil azienda di famiglia si č aggiudicato un numero infinito di opere e consulenze o chi come Romano Prodi fondņ la Nomisma, societą bolognese indagata nel 1992 nell"ambito di una consulenza miliardaria sull"Alta Velocitą , le cui conclusioni a fronte di un"analisi quanto mai approfondita e retribuita si manifestavano nell"enunciato che la velocitą fa risparmiare tempo.

Anni nei quali 13.779 lavoratori impegnati nel progetto Tav hanno lavorato a ciclo continuo con turni che potevano impegnarli anche per 48 ore di seguito, in gallerie dove l"aria era inquinata, la luce poca ed i rischi molti, come molti sono stati fra loro gli operai deceduti in incidenti sul lavoro. Basti pensare che nei soli primi 6 mesi di lavori sulla tratta Torino - Novara si sono annoverati 350 infortuni dei quali 2 mortali.

Ma la storia che voglio raccontarvi č una storia ad Alta Velocitą , dove non esiste tempo per soffermarsi a riflettere, valutare i giudizi degli esperti, confrontarsi con le istituzioni locali. Esiste solamente una montagna di denaro senza fine sulla quale gettarsi con voracitą assassina ed una montagna di roccia da sventrare al pił presto per garantire la sopravvivenza del bengodi.

Il progetto per la costruzione della Linea ferroviaria Alta Velocitą ā€“ Alta Capacitą Torino ā€“ Lione si č evidenziato fin da subito come il pił scellerato ed economicamente dispendioso dell"intero programma Tav e la nostra storia vuole entrare nel merito delle motivazioni che hanno spinto decine di migliaia di persone ad osteggiarlo con veemenza fin dalla sua nascita.

L"intenzione dei progettisti č quella di costruire un tracciato che partendo da Settimo Torinese (periferia nord est di Torino) attraversi buona parte della Valle di Susa per poi sbucare in Francia attraverso un tunnel di 52 km sotto il massiccio dell"Ambin. Tale tracciato accreditato come parte integrante di un fantomatico Corridoio 5 Lisbona ā€“ Kiev viene definito indispensabile ed irrinunciabile dalla maggior parte degli uomini politici di ogni razza e colore, nonché dalla Confindustria e da tutti i poteri forti che attendono di spartirsi le enormi somme di denaro garantite dall"opera per almeno i prossimi 15 anni. Le ragioni addotte per suffragare la necessitą assoluta del progetto si sono sempre limitate a demagogiche affermazioni secondo le quali la Torino ā€“ Lione sarebbe indispensabile al rilancio del Piemonte che senza di essa resterebbe isolato dall"Europa, oppure a proclami privi di fondamento secondo i quali l"opera risulta indispensabile per l"innovazione del sistema dei trasporti italiano e garantirą un enorme ritorno sia dal punto di vista economico che da quello occupazionale. E" stata anche ventilata, in realtą senza troppa convinzione, la necessitą di garantire attraverso l"opera la gestione del supposto futuro incremento dei flussi passeggeri e commerciali, nonché ipotizzato un futuro trasferimento alla rotaia del traffico su gomma tramite le navette in grado di trasportare i Tir, con conseguenze positive in termini d"inquinamento ambientale.

Quando le commissioni tecniche, scientifiche e gli esperti hanno iniziato nel corso degli anni ad analizzare il progetto nelle sue varie sfaccettature č perņ emersa una realtą in profonda distonia con le roboanti dichiarazioni della folta schiera di politici, pennivendoli e mestieranti vari che si sono prodigati e si prodigano nel tentativo di dare alla Torino ā€“ Lione una patente di opera necessaria che non ha assolutamente ragione di esistere.

Quella di un Piemonte isolato dal resto d"Europa č un"affermazione talmente assurda da meritare di albergare solo nella fantasia di una mente malata. Lungo la sola la Valle di Susa passano infatti attualmente circa il 35% delle merci che valicano le Alpi, troppe veramente per una regione in stato d"isolamento. La Valle di Susa č una valle alpina larga in media solamente 1,5 km con abbondanza d"insediamenti abitativi ed industriali. Attraverso di essa gią oggi passano un"autostrada, due strade statali, una linea ferroviaria passeggeri e merci a doppio binario, un fiume, molteplici strade provinciali, acquedotti, condutture del gas, linee elettriche aeree ed interrate.

Dovrebbe essere evidente per chiunque come una realtą naturale gią cosģ fortemente violentata non sia assolutamente in grado di sostenere il peso di nuove pesanti infrastrutture, se non al prezzo di conseguenze disastrose sia per il territorio che per la qualitą di vita di coloro che lo abitano. La costruzione della Torino ā€“ Lione comporterą nella sola parte italiana l"estrazione dalle gallerie di 16 milioni di metri cubi di smarino (almeno 6 volte il volume della piramide di Cheope) per i quali occorreranno 2.500.000 passaggi di camion solo per stoccare nelle varie discariche i materiali di risulta. I recenti studi d"ingegneria dei trasporti affermano che quando tra una quindicina di anni l"opera sarą terminata solo l"1% dell"attuale traffico su gomma si trasferirą sulla ferrovia. La contropartita di questo deludente risultato sarą pagata in maniera salatissima dai cittadini della Valle e della cintura di Torino, in quanto si calcola che durante questi 15 anni almeno 500 camion circoleranno giorno e notte per il trasporto dei materiali di scavo dai tunnel ai luoghi di stoccaggio, con il conseguente aumento d"inquinanti, polveri e rumore.

Oltre ai grossi rischi di natura idrogeologica focalizzati nella bassa valle, ad elevato rischio alluvionale, le cui conseguenze potrebbero ripercuotersi in maniera drammatica anche sulla cittą di Torino, gli studi hanno messo in evidenza due punti di estrema criticitą del progetto Alta Velocitą ā€“ Alta Capacitą Torino ā€“ Lione.

Il primo riguarda la galleria di 23 km Musinč/Gravio che dovrebbe attraversare un terreno caratterizzato da rocce ricche di amianto. Secondo le analisi commissionate dalla Rete Ferroviaria Italiana ai geologi dell"Universitą di Siena il volume previsto di materiale estratto contenente amianto dovrebbe essere di almeno 1.150.000 metri cubi.

Non risulta sia stato previsto alcun piano di sicurezza volto ad impedire la dispersione delle fibre d"amianto durante le fasi di lavorazione e di stoccaggio. La metą del materiale estratto contenente amianto (paragonabile per volume ad un grattacielo alto 400 metri) č previsto sia stoccata in un sito a cielo aperto nei pressi del comune di Almese, senza nessuna protezione e giocoforza esposto ai forti venti di fhon che spesso soffiano nella valle (mediamente per 40 giorni all"anno) in direzione Torino.

In un dossier curato dal dottor Edoardo Gays, oncologo dell"ospedale San Luigi di Orbassano viene sottolineato come l"amianto, riguardo al quale non esiste per l"uomo una soglia minima di tollerabilitą , causa oltre ad altre affezioni il mesotelioma pleurico, un tumore maligno che si manifesta anche dopo 15, 20 anni dall"inalazione delle particelle, esso porta al decesso in media entro 9 mesi dal momento della diagnosi ed ha un tasso di mortalitą nell"ordine del 100%.
Sempre il dottor Gays nel suo studio esprime grossa preoccupazione per le conseguenze degli scavi e dello stoccaggio dei materiali contenenti amianto sulla salute dei cittadini ed afferma che alla luce di queste condizioni le morti per mesotelioma rischieranno di aumentare di oltre 100 volte su scala regionale.

Il secondo punto critico č costituito dal tunnel di 52 km che dovrą correre sotto il massiccio dell"Ambin, preceduto da una galleria di prospezione lunga oltre 7 km e del diametro di 6 metri. All"interno del massiccio dell"Ambin sono infatti presenti numerosi giacimenti di uranio, come documentato dal CNR fin dal 1965. Per maggior precisione il materiale presente č pechblenda, una forma particolarmente radioattiva. Una parte dello smarino estratto sarą perciņ con tutta probabilitą carica di radioattivitą ed estremamente pericolosa sia in fase di scavo che di stoccaggio. L"uranio si disperde nell"aria e puņ essere inalato, inoltre contamina le falde acquifere e va ad inquinare i corsi d"acqua che possono essere utilizzati per l"irrigazione. L"uranio se inalato o ingerito provoca contaminazione interna e puņ essere causa di linfomi e leucemie. Occorre anche sottolineare che la distribuzione delle falde acquifere all"interno del massiccio dell"Ambin č estremamente complessa e le conseguenze degli scavi rischiano di compromettere gravemente il sistema idrografico dell"area, come gią avvenuto nel corso degli scavi delle gallerie per la linea Alta Velocitą Firenze ā€“ Bologna nella zona del Mugello.

Se alla luce delle analisi fin qui esposte il progetto della linea ferroviaria Alta Velocitą ā€“ Alta Capacitą Torino ā€“ Lione si dimostra in maniera incontrovertibile un"opera altamente pericolosa per la salute e l"incolumitą dei cittadini, non solo della Valle di Susa ma anche della cintura torinese e del capoluogo stesso, anche gli studi inerenti all"utilitą ed al ritorno economico del tracciato mostrano imbarazzanti incongruenze nel merito delle quali non si puņ evitare di entrare.

I traffici di lunga distanza sull"asse Lisbona ā€“ Kiev, che motiverebbero il concetto di Corridoio 5 sono ad oggi irrilevanti. Il traffico passeggeri di lunga distanza si muove e si muoverą in aereo, poiché risulta ampiamente dimostrato come le ferrovie ad Alta Velocitą non siano assolutamente competitive nelle distanze superiori ai 500 km. I traffici merci di lunga distanza sono estremamente esigui, la velocitą non č un requisito fondamentale (basta osservare il successo delle ferrovie statunitensi con velocitą commerciali nell"ordine dei 30 km/h.) anzi contribuisce ad aumentare i costi a dismisura, favorendo sull"asse in oggetto l"alternativa marittima.

L"attuale linea ferroviaria Torino ā€“ Modane č oggi utilizzata solamente al 38% della sua capacitą . Le navette predisposte per il caricamento dei Tir sono state usate solo durante il breve periodo di chiusura del Frejus, altrimenti partono ogni giorno vuote. Gli unici due treni giornalieri del collegamento ferroviario diretto Torino ā€“ Lione sono stati soppressi per mancanza di passeggeri. Una scarsitą di traffico davvero disarmante per una direttrice cosģ importante da giustificare l"investimento di 21 miliardi di euro (la metą dei quali di competenza italiana) al fine di dotarla di una linea ad Alta Velocitą .

Negli anni passati, quando ancora la pesante crisi economica europea non si era manifestata in tutta la sua interezza, il governo aveva affidato ad una societą molto quotata, la Setec Economie il compito di valutare i benefici dell"opera.
Tale societą aveva analizzato i volumi tendenziali di traffico per gli anni a venire, stimando con un ottimismo che alla luce della contrazione odierna del mercato non puņ che far sorridere, un volume di traffico che avrebbe dovuto attestarsi nel 2015 intorno ai 174 treni/giorno. La linea esistente, una volta effettuati gli interventi di potenziamento previsti, molti dei quali gią in corso dovrebbe consentire gią nel 2008 una capacitą di circa 220 treni/giorno, un valore ampiamente compatibile con qualsiasi ottimistica previsione.

Alla luce di questi dati si stenta veramente a comprendere, se non nell"ottica della spartizione mafiosa dei finanziamenti pubblici, per quale arcana ragione anziché perseguire lo sfruttamento della linea attuale ottimizzandone le potenzialitą , s"intenda invece portare a termine un progetto totalmente inutile come quello della linea ferroviaria Alta Velocitą ā€“ Alta Capacitą Torino ā€“ Lione, finalizzata ad una capacitą di trasporto superiore di oltre 5 volte agli attuali livelli di traffico, oltretutto alla luce del fatto che detti livelli anziché in crescita esponenziale come si prevedeva nel passato sono scesi del 9% solamente nell"ultimo anno.

Appare inoltre lapalissiano come il costo esorbitante di un"opera di queste dimensioni, stimato in circa 11 miliardi di euro per la sola competenza italiana e passibile (come l"esperienza ci insegna) di ulteriori notevoli incrementi durante i 15 anni di lavori, non potrą assolutamente essere ammortizzato attraverso i ricavi derivanti da un traffico composto da elementi di sola fantasia. Tale costo ricadrą per forza di cose sulle spalle di tutta la collettivitą con effetti a dir poco disastrosi.

La storia che ho voluto raccontarvi si č ormai trasformata in pura cronaca di attualitą , una cronaca che vede riproporsi la biblica lotta di Davide contro Golia.
Da un lato i cittadini della Valle di Susa e tutti gli abitanti dell"area torinese che hanno avuto la sensibilitą e la capacitą di riuscire a comprendere i termini del problema pur attraverso la disinformazione messa in atto dai grandi media asserviti alle ragioni della politica. Insieme a loro i sindaci dei comuni della Valle, alcuni studiosi, medici ed esperti che si manifestano quali spiriti liberi non aggiogati al carro dei potenti, nonché esigue frange della politica appartenenti ai Verdi ed a Rifondazione Comunista.

Dall"altro le arroganti falangi del potere, i ministri del governo insieme agli onorevoli dell"opposizione, fino ad arrivare al Presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso (donna che per l"occasione č giunta al punto di abiurare ogni parola esperita in tanti anni di militanza ambientalista) ed al sindaco di Torino Sergio Chiamparino.

Tutti uniti, coesi, forti di quella protervia che deriva loro dalla consapevolezza di poter gestire l"opinione pubblica attraverso le televisioni, i giornali e gli esperti compiacenti, convinti di potere reprimere ogni forma di protesta con la furia belluina della polizia e la militarizzazione del territorio.

Il primo scontro si č gią svolto il 31 ottobre, quando il potere ha usato i manganelli della polizia per bastonare i tanti, tantissimi cittadini, nonché alcuni sindaci che si erano inerpicati sulla montagna sopra Monpantero nel tentativo d"impedire la conquista del primo lembo della loro terra, sul quale sarebbe stata installata la prima trivella a sancire di fatto l"inizio dell"opera.

Il lembo di terra č stato conquistato solo con l"ausilio dell"inganno, in maniera probabilmente illegale ed č ora presidiato dalla polizia. Le trivelle non hanno ancora potuto mettersi in moto ma la Presidente della regione Piemonte Mercedes Bresso ed il sindaco di Torino Sergio Chiamparino si sono gią espressi con durezza, affermando che la ferrovia Alta Velocitą ā€“ Alta Capacitą Torino ā€“ Lione si farą in ogni caso, poiché si tratta di un progetto irrinunciabile e nessun tipo di protesta riuscirą ad impedirne la realizzazione.

In risposta al rifiuto di ogni dialogo che non passi attraverso l"uso dei manganelli da parte delle istituzioni, il 16 novembre tutta la Valle di Susa si fermerą unita in uno sciopero generale contro l"ennesima violenza perpetrata nei confronti del territorio e dei suoi abitanti.

La storia ovviamente non finisce qui e come tutte le storie potrą riservare infinite sorprese anche a coloro che si sentono onnipotenti quando tengono in mano il bastone del potere. I contestatori NO TAV della Valle di Susa potrebbero un giorno di questi apparire al resto d"Italia nella loro veste reale, non uno sparuto gruppo di estremisti ecologisti, no global, luddisti, nemici del progresso, bensģ semplicemente tanti cittadini coraggiosi disposti a mettersi in gioco e lottare per difendere i loro diritti, la propria salute e la propria terra.

Quel giorno potrebbero diventare tantissimi e poi ancora di pił, cosģ tanti da uscire dall"invisibilitą nella quale si č cercato per lungo tempo di nasconderli, troppi perché i poliziotti possano bastonarli tutti, ed allora forse inizierą una storia diversa che parlerą di treni costruiti per essere utili alla qualitą di vita dell"uomo e non di uomini sacrificati nel nome dei treni e della velocitą .

Marco Cedolin

 

Istat conferma: «Italia in recessione» e in controtendenza

   ECONOMIA Il pil nel terzo trimestre dell'anno č diminuito dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e dello 0,9% nei confronti del terzo trimestre 2007. Crolla la produzione industriale: -6,7%

Ma in Italia mantengono prezzi proibitivi

La bolla immobiliare si sgonfia un po' dappertutto, ma in Italia non troppo. E' quanto emerge dagli ultimi "Economist's house-price indicators" che prendono in esame i prezzi delle case in venti Paesi.

A tirare la fila dei crolli gli Stati Uniti, che secondo Case-Shiller nel terzo trimestre 2008 hanno registrato un -16,6% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Non ci sono pił soldi, le famiglie si sono indebitate e i valori immobiliari si svalutano rapidamente, anche se altri indicatori registrano "solo" un -4%.

A ruota ci sono i Paesi che al di qua dell'Atlantico hanno maggiormente imitato il modello Usa di forte indebitamento familiare: Gran Bretagna (-13,9) e Irlanda (-10,2).
Seguono
Nuova Zelanda (-6,8), Danimarca (-4,0) e Giappone (-2,7).

IN ITALIA LE CASE COSTANO ANCORA TROPPO? DI' LA TUA

E arriviamo in Italia, dove i prezzi salgono ancora, ma poco: se nel terzo trimestre del 2007 si registrava un +5,1%, quest'anno l'aumento č stato dell'1,1.
Dati decisamente diversi rispetto a quelli diffusi dalla Federazione agenti immobiliari professionali in collaborazione con l'universitą di Bologna, che parlano di un'ondata di
ribassi fra il 7 e il 7,50% nel corso del 2008.

Secondo l'Economist, in Italia i prezzi hanno fatto registrare tra il 1997 e il 2008 un aumento del 104%: una casa comprata nel 1997 a 200 milioni di lire (poco pił di 103mila euro), potrebbe cioč costare oggi circa 211mila euro.

E' molto? Sicuramente sģ, se si considera che tra il 2000 e il 2005 i salari sono cresciuti solo del 13,7%.
In pratica, in Italia i prezzi immobiliari crescono pił lentamente che in buona parte d'Europa - +201% in Irlanda, +168% in Gran Bretagna tra il 1997 e oggi, giusto per fare due esempi eclatanti - ma
i salari stanno ancora meno al passo; molto meno.

 

Cgil: cassa integrazione per 362mila

In difficoltą 10mila imprese. In Lombardia 180mila persone
«a fortissimo rischio». Caso Fiat: 58mila a casa per un mese

ROMA - La crisi economica coinvolge non meno di 10mila imprese dell'industria, dell'artigianato e dei servizi, che hanno messo in cassa integrazione almeno 362mila lavoratori. Complessivamente l'andamento della Cig ordinaria, straordinaria, in deroga e gestione edilizia, da gennaio a novembre, dimostra la straordinarietą della crisi, con circa 280 milioni di ore di intervento. Sono dati contenuti nello studio elaborato dal dipartimento Settori produttivi della Cgil dal titolo «La crisi economica dell'industria italiana - i dati sulla cassa integrazione ordinaria, straordinaria, in deroga, e i lavoratori coinvolti». Un'analisi dettagliata che aggiorna lo stato di crisi di una fetta rilevate del settore produttivo. Per questa platea di lavoratori coinvolti nella cassa integrazione vuol dire percepire meno di 800 euro al mese. I pił penalizzati tra questi risultano essere i lavoratori posti in cassa integrazione per lunghi periodi che vedranno decurtata in modo pesante anche la tredicesima mensilitą.

LOMBARDIA, 180MILA A RISCHIO - Nella sola Lombardia, rileva la Cgil regionale, sono 180mila i lavoratori «a fortissimo rischio» di perdita del posto di lavoro, con 72mila lavoratori direttamente interessati a procedure e vertenze occupazionali; 1,3 milioni che nell'eventualitą di perdita del posto di lavoro, non godrebbero di protezione sociale. Questi dati «sono lo specchio di una crisi profonda che investe tutti i settori e l’insieme dell’apparato produttivo della Lombardia - ha detto Nino Baseotto, segretario generale della Cgil Lombardia -. Una crisi di carattere straordinario che richiederebbe misure straordinarie. Quello che il governo sin qui non ha fatto». Lo sciopero generale del 12 dicembre, prosegue Baseotto, «ha proprio questo significato: chiedere una svolta nella politica economica e sostenere le proposte della Cgil per uscire dalla crisi. Servono pił risorse per il sostegno ai redditi e alle famiglie, bisogna abbandonare la logica degli interventi una tantum in favore di investimenti strutturali».

IL CASO DELLA FIAT - Un capitolo č dedicato alla Fiat, che chiuderą tutti gli stabilimenti italiani per un mese, dal 15 dicembre al 10 gennaio, con 58mila lavoratori coinvolti nella cassa integrazione ordinaria (Cigo). La situazione degli stabilimenti del gruppo torinese coinvolti dalla Cigo, anche con l’uso di ferie e par residui (permessi annuali retribuiti), riguarda tutti gli impianti. Per il settore auto la Cigo va dal 15 dicembre al 10 gennaio: Mirafiori (5.400 lavoratori), Cassino (3.200), Termini Imerese (1.480), Melfi (5.600), Pomigliano (5.300), Sevel (Veicoli commerciali, 7.000). Per gli enti centrali, Cigo fa 20 dicembre al 10 gennaio: Torino (4.300), Arese (400) e Pomigliano (300). Per Iveco Camion, Cigo dal 15 dicembre al 10 gennaio: Brescia (2.800) e Suzara (2.300). Per Fpt Power Train, Cigo fa 15 dicembre al 10 gennaio: Foggia (2.300), Termoli (2.400), Meccaniche Motori Pregnana (500) e Verrone (450), Iveco stura e meccaniche Torino (2.400). Per Fma Motori automobilistici, tre settimane di Cigo gia effettuate a novembre e nuova Cigo fa 1 dicembre al 1 gennaio: Pratola Serra (1.800). Infine, alla Magneti Marelli ed Ergom, nei 18 stabilimenti sono coinvolti 11mila lavoratori che andranno in Cigo dal 15 dicembre al 10 gennaio. In totale i lavoratori del gruppo Fiat coinvolti sono 58.930.

 

L'OBOLO DI STATO PER LE FAMIGLIE CHE NON ARRIVANO PIŁ A METĄ MESE

Č COME DARE L’ASPIRINA
A UN MALATO TERMINALE


I soldi per la spesa finiscono a metą mese. L'autonomia della busta paga scade, invece, alla fine della terza settimana per pił di sei milioni di famiglie. Sono i dati allarmanti di un sondaggio Confesercenti-Swg.

 

La manovra finanziaria che dovrebbe rilanciare l’Italia, approvata in dieci minuti dal Consiglio dei ministri, riserva pochi spiccioli a famiglie e imprese. E soltanto per "una volta". «I soldi non si buttano mai via», ha detto Bersani. «Ma ci sono modi meno disgustosi di darli». Cosģ, dopo solenni proclami, la montagna ha partorito un topolino. Siamo all’obolo di Stato. «Misura debole», ha detto Casini, «che vuole accontentare tutti, senza riuscirci». Demagogia, pił che l’inizio d’una politica familiare seria.

Č un tampone: come dare l’aspirina a un malato terminale. Servirą a poco, non farą ripartire i consumi, né ridurrą quella fascia di famiglie che non arriva a metą mese. La borsa, quella vera, quella colma di denaro, sarą a disposizione delle banche, che hanno bisogno di soldi freschi per i loro affari. La difesa dei risparmiatori č solo un alibi, perché oggi, in Italia, le famiglie non hanno pił nulla da risparmiare. E per vivere si indebitano. Per non parlare di chi la spesa la fa tra gli avanzi del mercato o nei cassonetti.

Ricerca di cibo tra gli avanzi del mercato (foto Lobera).
Ricerca di cibo tra gli avanzi del mercato (foto Lobera).

L’elemosina di Stato non modifica d’una virgola la distribuzione del reddito, non lo sostiene, non crea nuovi posti di lavoro. Le grandi opere, finanziate con 16 milioni di euro, sono un libro dei sogni, che nessuno ha aperto (gli esperti hanno pure bocciato il ponte di Messina: troppo caro e pericoloso). La manovra č insufficiente, ci voleva pił coraggio, soprattutto a sostegno delle famiglie, cenerentole d’Italia.

Tremonti ha inventato la social card, poteva chiamarla "tessera del pane" (come Mussolini) o "carta della povertą": era lo stesso. Almeno, era pił sincero. Si tratta di poco pił d’un euro al giorno a famiglia. Impresa degna del "cesarismo" populista, che ha trasformato i diritti in elemosine, come s’addice a sudditi pił che a cittadini. Č un certificato di povertą, che «emana aria di depressione e richiama la "tessera annonaria" dei tempi di guerra», come ha scritto Gramellini su La Stampa. Si mette alla gogna chi la riceve: č anonima, ma va esibita negli uffici o al supermercato. C’č da vergognarsi, mentre non ha pudore chi si "abbuffa" di soldi pubblici: i partiti italiani sono i pił cari d’Europa.

E poi, non č detto che ci siano i soldi per finanziare la social card. Nella lettera inviata a chi ne ha diritto (ma quanta burocrazia per due soldi!), si legge: «Gentile signora/e… sarą ricaricata sulla base dei finanziamenti via via disponibili». Č l’ultima beffa. Per ora ci sono, certi, 170 milioni di euro, ne servono 450. Tremonti dice che userą i "conti dormienti" e le multe dell’Antitrust. Ma quei soldi li aveva gią promessi alle vittime del crack Parmalat e Cirio.

La social card č meno di quanto la gente ruba per fame nei supermercati. Le quantitą di pane, pasta, tonno che saltano le casse, sono aumentate nell’ultimo anno del 16 per cento, per un valore pari a 500 milioni di euro (dati Cia, Confederazione italiana agricoltori). Gli spiccioli di Tremonti non ripagano neppure il "furto per fame". Andranno a un milione e 300 mila famiglie. Ma quelle che non mangiano un pasto normale tutti i giorni sono 7 milioni e mezzo (dati Istat). Chi ha 800 euro di pensione č escluso.

La parola magica č bonus, cioč "caritą". Che č cosa buona, ma non deve farla lo Stato.

 

 
 
...e non finisce quģ, anche l'Europa si infetta di ITALIOTISMO:"
Sul clima, grazie anche all'Italia, accordo al ribasso a Bruxelles Stampa E-mail
Un fallimento per la tutela dell'ambiente, e Berlusconi si dichiara «soddisfatto»

Image  L'accordo sul pacchetto di misure per il clima č stato raggiunto all'unanimitą dai leader europei nel corso del vertice di Bruxelles

L'accordo prevede un taglio del 20% delle emissioni di gas serra all'interno dell'Unione europea entro il 2020, l'aumento del 20% dell'efficienza energetica e che venga portato al 20% il ricorso alle fonti alternative nel mix energetico.
Il negoziato sul clima ha avuto una accelerazione questa mattina, dopo che la presidenza di turno francese ha presentato una nuova bozza di accordo che ha ottenuto il consenso di tutti i leader dei Ventisette, superando anche lo scoglio dell'opposizione ungherese al «fondo di solidarietą» previsto per la transizione energetica dei paesi dell'Est, e accogliendo tre delle ultime quattro richieste dell'Italia. Un accordo quindi al ribasso.

Il testo prevede una maggiore flessibilitą per i settori industriali, che dal 2013 dovranno pagare per ottenere il diritto ad inquinare. I settori non esposti ai rischi di «carbon leakage» (fuga di carbone) cominceranno nel 2013 con l'obbligo di pagare il 20% dei diritti di C02 per arrivare al 70% nel 2020 e raggiungere il 100% solo nel 2025. La bozza precedente fissava la messa a pieno regime del sistema nel 2020. Per i settori pił esposti al «carbon leakage» e quindi ai rischi di delocalizzazione, inoltre, non cambiano le percentuali sui costi addizionali diretti ed indiretti per definire i settori che possono ottenere il pieno esonero dal pagamento dei permessi di Co2, ma vengono scorporati alcuni criteri. Ciņ consente all'Italia «esonerare» i quattro settori industriali per i quali si temeva di pił l'impatto del nuovo sistema (carta, ceramica, vetro e siderurgia). Questi settori potranno contare sul 100% dei permessi di C02 gratuiti fino al 2020.

E' aumentata, poi la quota dei permessi di C02 da destinare al sostegno di progetti di cattura e stoccaggio del carbone. Il testo precedente indicava una quota di 150 milioni, nella nuova bozza questa soglia č portata a 200 milioni di quote di emissione. La minaccia quindi di porre il veto sul pacchetto clima dell’Unione europea, posto da alcuni paesi, con l’Italia come capofila, «per tutelare le industrie italiane dai costi derivanti dalle restrizioni ecologiche» pare abbia fatto effetto, tanto da indurre oggi Berlusconi a definirsi «soddisfatto».

Non dicono altrettanto le associazioni ambientaliste e organizzazioni non governative (Greenpeace, Wwf, Oxfam, Amici della terra e Climate action network) che hanno denunciato l'accordo sul clima definendolo un «fallimento». Le organizzazioni lanciano un appello al parlamento europeo perché emendi i punti cattivi dell'accordo. Il compromesso tra i 27 dovrą infatti passare all'esame dell'Europarlamento. Il voto č previsto il 17 dicembre prossimo, in assemblea plenaria a Strasburgo.

08)

Abruzzo, si vota dopo la distruzione della giunta corrotta Del Turco.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 

"DOPO IL NO DELLA CAMERA, IL SENATO USA TENTA DI APPROVARE IL PIANO DI "SALVATAGGIO" BUSH DA 700 MILIARDI DI DOLLARI "

L'Universitą del Maryland ha diverse filiali in Europa: sotto contratto col Pentagono, fornisce corsi e lezioni per i militari
americani all'estero.Qualche giorno fa un professore di questa universitą, dall'Europa,ha scritto al collega Eric Alterman, docente d'inglese e giornalismo
alla City University di New York.
Eccola (1):

«Ti scrivo per informarti di qualcosa di molto inquietante. Lo scorso fine-settimana abbiamo avuto un incontro di facoltą di tutti i
professori europei nella nostra centrale di Heidelberg in Germania. In questo incontro ci č stato detto che i contratti per
l'istruzione dei militari della University of Maryland saranno presto estesi ad Iraq, Turkmenistan, Uzbekistan, Gibuti ed altre localitą in Africa e
Medio Oriente. Ma ciņ che č stato stupefacente č che ci hanno detto di prepararci a un concorso per programmi educativi in Iran e Siria e
- strano a dirsi - in Francia (dove non abbiamo presenze [militari] da quando il Paese uscģ dalla NATO nel 1967, forse un piacere del
nuovo governo conservatore di Sarkozy). Dobbiamo prepararel'offerta per la fine di novembre.'Questo č davvero sinistro. L'Universitą del Maryland segue le truppe nel mondo. Dunque č chiaro che i preparativi per un'occupazione di
diversi Paesi del Medio Oriente non sono soltanto discussi, ma ormai messi in atto».

«Stiamo per occupare anche Iran e Siria?», si chiede Alterman.La domanda va ampliata: che cosa non conta di occupare la Casa Bianca?
E con quali mezzi?
Impantanata in Afghanistan ed Iraq, l'Amministrazione ha ventilato pochi giorni fa un intervento in Pakistan per mettere al sicuro le
testate atomiche di quel Paese, se esso cadesse nelle mani di un regime fondamentalista.
Secondo il New York Times di lunedģ, sono in corso piani per dispiegare forze speciali USA nelle regioni di frontiera pakistane
allo scopo - si dice - di addestrare milizie locali da lanciare contro le milizie sostenute dai Talebani ed «Al Qaeda».
La fonte militare ha detto al New York Times: «Contiamo di espandere la presenza di istruttori in Pakistan, di finanziare una separata
forza paramilitare che fino ad ora si č mostrata inefficiente, e pagare milizie che hanno accettato di combattere Al Qaeda e militanti
stranieri».Ciņ allo scopo apparente - o con la scusa - di salvare il pericolante
regime militare pakistano, di cui gli USA hanno pił bisogno che mai nell'ampliarsi incontrollabile dell'area di instabilitą, da
loro stessi provocata.

Guerra, guerra, guerra.
E' la sola soluzione a cui Washington sembra capace di pensare: e ciņ mentre l'America precipita in una recessione storica tipo '29,
il dollaro č ai minimi e cadrą ancora, il greggio a 100 dollari il barile, le sue banche rivelano ogni giorno nuovi buchi da subprime,
milioni di americani stanno perdendo la casa perché non pagano i mutui, crolla Wall Street, Goldman Sachs prevede una restrizione
mondiale del credito pari a 2 mila miliardi di dollari, i generi alimentari rincarano e scarseggiano nel mondo - insomma tutti i
sintomi di una crisi sistemica globale spaventosa convergono contemporaneamente verso il peggio.
Afghanistan, Iraq, Siria ed Iran… e non dimentichiamo, la NATO si prepara a rafforzare il controllo sul Kossovo del Nord in
preparazione alla dichiarazione d'indipendenza unilaterale che il Kossovo stesso proclamerą il 10 dicembre: ciņ che metterą le forze
europee in rotta di collisione diretta con la Russia, protettrice della Serbia.

Guerra guerra e poi altra guerra.Senza mezzi, senza denaro (l'America vive a credito dei Paesi esportatori, Cina in testa).
C'č un progetto in questa follia?
Un altissimo funzionario europeo sentito da Dedefensa (2) al ritorno da Washington, vi ha trovato «una situazione di completa anarchia
molto educata e che si presenta bene (sic). Il potere č frammentato in centri multipli, ciascuno dei quali si occupa dei suoi piccoli
affari immediati. E' quasi impossibile avere presa su qualcosa che dia l'impressione di controllare la situazione, la decisione
l'azione. Non c'č pił niente che possa essere identificato come'lo Stato' ».E' cosģ?Agghiacciante.
Non c'č testa a Washington?

Anche Justin Raimondo parla di «un vuoto morale» in cui paiono agitarsi solo le centrali neocon, dall'American Enterprise alla
Brookings Institution al Weekly Standard di Kagan, tutti i neocon sono attivissimi nel premere per bombardare l'Iran, perché «Israele
č in una crisi esistenziale che il mondo non capisce».Ari Fleischer, l'ex portavoce della Casa Bianca (ebreo vicino alla
setta Lubavitcher), ha fondato un think tank chiamato «Freedom Watch» dove tiene riunioni di «marketing politico», dove personalitą neocon cercano le parole giuste per «vendere» agli americani l'attacco all'Iran.Da questo centro emanano sondaggi che chiedono: «Quali sentimenti provereste se Hillary Clinton bombardasse l'Iran? Se Bushbombardasse
l'Iran? Se Israele bombardasse l'Iran?» (3).Valutano e soppesano i «sentimenti» variabili, ma il bombardamento
dell'Iran resta fisso.
In Afghanistan, intanto, secondo i rapporti militari la situazione č  giunta a «proporzioni di crisi», coi Talebani che controllano metą
del Paese e si avvicinano all'aeroporto di Kabul.
E ciņ mentre l'agenzia umanitaria britannica Oxfam chiede «azione
urgente per scongiurare il disastro umanitario»: milioni di afghani
sono di fronte «a gravissime difficoltą paragonabili a quelle
dell'Africa Sub-Sahariana».
La Oxfam denuncia che solo una parte microscopica delle spese
militari USA in Afghanistan va in aiuti, e quasi tutto in alti salari.Ma il Pentagono esige che la presenza NATO in Afghanistan sia rafforzata, e che gli alleati mandino pił uomini: sarą questo il tema imposto al vertice NATO che si terrą in Romania (Romania! Ecco chi l'ha voluta nella UE) l'aprile prossimo.

Guerra, guerra anche per noi europei: pił guerra, all'infinito.In Iraq il Pentagono vanta come successo un certo acquietarsi degli
assassinii e degli attentati (il 20 novembre, «solo» 24 iracheni uccisi, pił sei corpi decomposti ritrovati): una «pacificazione» non
difficile da spiegare, tutti i quartieri di Baghdad sono ormai etnicamente o settariamente omogenei, tutti gli sciiti sono stati
cacciati dai quartieri sunniti (o uccisi) e viceversa; quattro milioni di iracheni sono profughi in Siria e Giordania, dunque scarseggia la materia prima per la morte.

A Gaza, č morto Nael al-Kordi, 21 anni: malato di cancro, aveva chiesto a giugno agli aguzzini israeliani il permesso di espatriare
in Egitto per farsi curare.Permesso negato fino ad ieri, fino a che la morte ha liberato il giovane dalla prigione.
Altri cinque malati di cancro aspettano lo stesso permesso da mesi: Giuda accampa, per il rifiuto, «motivi di sicurezza»: i malati di
cancro sono pericolosi per l'esistenza stessa di Israele (4).Israele stringe la vite sul suo lager palestinese.Ha imposto il coprifuoco in tutti i villaggi della Cisgiordania.Ha bloccato l'accesso a Gerusalemme ai fedeli musulmani chevogliono pregare ad Al Aqsa.
Ha aumentato i posti di blocco - ora sono 700 - che paralizzano il movimento dei palestinesi anche all'interno dei territori.

Il governo di Gaza (Hamas) ha fatto l'ennesimo apppello al mondo: l'assedio e l'embargo stanno provocando morti per mancanza di
medicine e denutrizione, Israele ha bloccato altri progetti umanitari internazionali di «natura economica, umanitaria e vitale».
Ha ammazzato, solo lunedģ, tre palestinesi a Gaza.I suoi «coloni» strappano pił olivi di prima.
I suoi soldati picchiano con pił lena.Hanno fretta.I tempi precipitano, evidentemente.

Forse, s'affrettano perché le elezioni presidenziali americane si avvicinano a gran passi: hanno fretta di far trovare al nuovo
presidente il fatto compiuto di una guerra ampliata ad Iran e Siria, e forse al Libano?Hanno fretta di entrare nella terza guerra mondiale auspicata da Bush prima che la popolazione americana, consapevole delle conseguenze
economiche, sociali e sanitarie dei conflitti gią in corso, si ribelli e precipiti il Paese nel disordine?Forse.

Ma c'č una data pił vicina che puņ giustificare la fretta: quelladel crollo del sistema americano a capitalismo globale e senza limiti.
Entro febbraio (da qui a tre mesi) l'istituto francese Europe 2020 (5) prevede la bancarotta di «almeno una grande istituzione
finanziaria americana» che trascinerą con sé, per effetto domino, i fallimenti di «altre banche, in Gran Bretagna ed Asia
particolarmente, Cina, Giappone»: sta per aprirsi un «buco nero finanziario» che ingoierą intere economie, spargendo il panico e poi
la depressione.

Si aggiunga che le riserve alimentari mondiali sono al livello pił basso della storia.Effetto collaterale del liberismo globale: i prezzi pagati agli
agricoltori si abbassano, mentre i prezzi ai consumatori sono in aumento vertiginoso, e questo provoca la fuga dai campi dei
contadini, specie nel terzo mondo, dove i contadini sono due miliardi e pił (6).

E se fosse proprio questo lo scopo ultimo dell'assurda, folle moltiplicazione dei conflitti e delle instabilitą?Ossia: se tutto mirasse ad una riduzione tragica della popolazione mondiale?Con la fame e la guerra? (7)Nel 2003, in «Dopo l'impero», il sociologo Emmanuel Todd prevedeva qualcosa del genere: la dissoluzione dell'impero americano ha pianificato anche la rovina del mondo, il capitalismo globale
fallito, vuol cadere - come Sansone - con tutti i filistei.Ecco cosa scrisse Todd di questo impero che sopravvive e guerreggia a
credito: «Il movimento di denaro concepito dai privilegiati della periferia dell'impero [i ricchi di Cina, Arabia, India, Europa]
come un investimento di capitale, per gli americani si trasforma in segni monetari che servono al consumo corrente di beni acquistati nel
mondo. L'investimento di capitale dovrą quindi essere, in un modo onell'altro, vaporizzato. Non sappiamo ancora a che ritmo gli
investitori europei, giapponesi ed altri si troveranno spennati, ma accadrą. La cosa pił verosimile č un panico borsistico di
un'ampiezza mai vista, seguito da un crollo del dollaro, concatenamento che avrebbe l'effetto di mettere termine allo status imperiale degli
Stati Uniti […]. L'implosione del meccanismo sarą cosģ sorprendentequanto lo č stato il suo emergere».

Ecco perché a Washington non si pensa al futuro, al costo umano e finanziario delle guerre ulteriori e decise.Sanno che non pagheranno mai i loro debiti.Sanno di non avere futuro.E non permetteranno a noi di averne uno.
 

Note
1) Eric Alterman, «Are we going to occupy Iran and Syria too?»,
Globalresearch, 18 novembre 2007.
2) «The warlords of Washington», Dedefensa, 20 novembre 2007.
3) «Ari Fleischer's Freedom's Watch Involved In 'Marketing
Sessions'
To 'Sell' Iran War», ThinkProgress, 20 novembre 2007.
4) «Israel to heart patient: go to die in Gaza», e «Israel increases
restriction on Palestinians», Uruknet, 20 novembre 2007.
5) «Les banques mondiales aspirées dans le 'trou noir' de la
crise
financičre: Les quatre facteurs déclencheurs d'une grande faillite
bancaire», Europe 2020, 15 novembre 2007.
6) Dirk Barrez, «Pourquoi les prix de la nourriture augmentent»,
Réseau Voltaire, 5 novembre 2007.
7) Nel maggio 2005 una ex ricercatrice della NASA, Renče Welch, ha
sostenuto di aver avuto conoscenza fin dagli anni '80, da membri
della famiglia bin Laden, di un piano per la riduzione della
popolazione attraverso una guerra globale da innescare con un mega-
attentato false flag, come l'11 settembre. Il piano si chiamerebbe
«Global Cleanse 2000», Pulizia Globale (citato da Roberto Quaglia,
«Il mito dell'11 settembre», Gassino Torinese, 2007, pagina 238).

 

Alitalia, 40 voli cancellati
Sacconi: il piano non cambia

Alitalia, cancellati 40 voliper lo sciopero dei Cub

10:09   ECONOMIA Lo sciopero di quattro ore dei Cub provoca l'annullamento di decine di voli (leggi la lista). Matteoli: un gesto
da irresponsabili. Ultime ore per arrivare a un accordo. Il commissario straordinario Fantozzi «L'alternativa č portare i libri in tribunale»
12.500 dipendenti, 60 aereiVideo-Linate Video-I lavoratori

TEMPESTA FINANZIARIA

Crisi Usa, il governo salva
il gigante delle assicurazioni

08:42   ECONOMIA Maxi-prestito della Fed per Aig: pronti 85 miliardi di dollari. Il piano, senza precedenti, appoggiato dal presidente Bush. L'obiettivo č evitare un fallimento che potrebbe causare un effetto domino, con perdite per 180 miliardi di dollari solo tra le istituzioni finanziarie. Fmi: «Tempesta senza precedenti»
Draghi:«Una delle crisi peggiori: in Europa le banche resisteranno»Petrolio in discesa, benzina noListini
Piazza Affari gił FerrariCommento-Mercati intossicati, servono regole stringenti D.Manca

 

la verifica avviata lo scorso 4 luglio

Antitrust, istruttoria su Bnl, Intesa SanPaolo, Mps e Unicredit Banca Roma

Il procedimento per accertare le commissioni di massimo scoperto dei conti correnti

 

ROMA - L'Antitrust ha avviato un procedimento nei confronti di Bnl, Intesa Sanpaolo, Mps e Unicredit Banca di Roma «per verificare le modalitą di applicazione della commissione di massimo scoperto nei confronti della clientela». Le quattro istruttorie sono state aperte il 4 luglio scorso, ma l'Autoritą per la Concorrenza lo ha reso noto solo oggi.

INFORMAZIONI CHIARE - Nel comunicato dell'Antitrust si legge che i procedimenti «sono finalizzati ad accertare se i consumatori siano stati informati, in maniera chiara ed esaustiva, sulle modalitą di calcolo e sulla natura della commissione di massimo scoperto».

Antonio Catricalą (Eidon)
Antonio Catricalą (Eidon)

I RICHIAMI PRECEDENTI - A fine maggio, durante l'assemblea di Bankitalia, Mario Draghi aveva chiesto l'abolizione della commissione di massimo scoperto. A giugno, invece, era stato lo stesso presidente dell'Antitrust, Antonio Catricalą, a richiamate l'attenzione su una «prassi iniqua» e «da abolire» in quanto «penalizzante per le famiglie e le imprese». Ancora nessun commento ufficiale dall'Abi. Nell'assemblea del 9 luglio scorso, il presidente dell'associazione bancaria, Corrado Faissola, aveva espresso il suo parere sulla commissione: «Nata nella prima metą del secolo scorso, ha in parte perso la capacitą di esprimere una chiara remunerazione per la messa a disposizione di risorse finanziarie». A prevedere la sostituzione del massimo scoperto era gią stato l’ex ministro dello Sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, inserendo la norma nella «terza lenzuolata», il ddl rimasto lettera morta al Senato dopo l’approvazione della Camera.

 

UNICREDIT - Proprio mercoledģ scorso Roberto Nicastro, deputy ceo di Unicredit, aveva annunciato il lancio dei primi prodotti bancari disponibili dal 21 luglio per famiglie e aziende senza la commissione di massimo scoperto. Dal prossimo novembre i contdovrebbero essere disponibli per tutti i clienti. I due nuovi prodotti saranno a disposizione dei clienti Unicredit a partire da novembre.

 

Bocciato il condono Iva '98-2001
Illegali anche gli aiuti alle Poste

Lo ha stabilito il commissario europeo per la Concorrenza, Neelie Kroes
Eccessivi gli interessi pagati dal Tesoro per i conti correnti depositati
di ROSARIA AMATO

Bocciato il condono Iva '98-2001 Illegali anche gli aiuti alle Poste

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti


BRUXELLES - La Corte di Giustizia Europea ha bocciato il condono sull'Iva per gli anni 1998-2001 contenuto nella Finanziaria 2003 (governo Berlusconi), dando cosģ ragione alla Commissione Europea, che aveva gią contestato il provvedimento nel 2004, e successivamente presentato ricorso il 7 marzo 2006. Il provvedimento, secondo la Corte, ha violato i principi di uguaglianza tra i contribuenti europei: infatti nessuno Stato membro ha il diritto di sottrarsi unilateralmente all'obbligo di assoggettare all'Iva determinate categorie di operazioni, come di fatto č successo in Italia per via del condono.

La sentenza non stabilisce alcun termine, ma č inappellabile, e pertanto l'Italia č tenuta ad adeguarsi, a effettuare gli accertamenti fiscali evitati in seguito al condono e a riscuotere per intero l'Iva dovuta e indebitamente ridotta. Se non lo dovesse fare, la Commissione potrebbe a quel punto legittimamente aprire una procedura d'infrazione. Solo nel 2001, il 15% dei soggetti tenuti al versamento dell'Iva, ossia 800.000 imprese, hanno aderito al condono. Una causa simile, che concerne l'estensione e la generalizzazione dell'amnistia dell'Iva ("condono tombale") prevista dalla legge finanziaria 2004, č ancora pendente davanti alla Corte. Una decisione analoga a quella odierna potrebbe quindi ulteriormente aggravare la posizione dell'Italia.

Con un altro provvedimento il commissario europeo per la Concorrenza, Neelie Kroes, ha dichiarato illegali gli aiuti concessi dal ministero del Tesoro a Poste Italiane sotto forma di rimborso per i fondi dei conti correnti postali depositati nelle casse di via xx settembre. Dall'indagine avviata dalla commissione nel settembre 2006 č emerso infatti che i tassi d'interesse versati dal Tesoro conferiscono un vantaggio indebito all'azienda, a discapito dei suoi concorrenti.

 


Il condono dell'Iva. La Corte, si legge nel comunicato che si riferisce al condono Iva, "condanna la rinuncia generale e indiscriminata all'accertamento delle operazioni imponibili relative all'Iva, effettuate nel corso di una serie di periodi di imposta, tramite la quale la Repubblica italiana viola gli obblighi derivanti dalla sesta direttiva Iva e l'obbligo di leale cooperazione".

Infatti per i giudici di Lussemburgo "la legge italiana induce fortemente i contribuenti o a dichiarare soltanto una parte del debito effettivamente dovuto o a versare una somma forfettaria invece di un importo proporzionale al fatturato realizzato, evitando in tal modo qualunque accertamento o sanzione".

Non č pertanto affatto vero quanto sostenuto dalle autoritą italiane, ritiene la Corte, e cioč che l'erario grazie al condono ha potuto "recuperare immediatamente e senza la necessitą di avviare lunghi procedimenti giudiziari una parte dell'Iva non dichiarata inizialmente".

In effetti, il condono č intervenuto ancora prima che i soggetti sui quali gravava l'imposta avessero il tempo di decidere se pagare o evaderla: "La misura in questione - si legge nel comunicato - implicante appena dopo la scadenza dei termini entro cui i soggetti passivi avrebbero dovuto pagare l'Iva e implicante il pagamento di un importo assai modesto rispetto a quello effettivamente dovuto, consente ai soggetti passivi di sottrarsi definitivamente agli obblighi in materia Iva, perfino quando le autoritą fiscali nazionali avrebbero potuto individuare le irregolaritą".

Gli interessi versati alle Poste. Secondo l'esecutivo Ue, Poste Italiane era tenuta per legge a depositare le somme raccolte dai conti correnti postali presso il Tesoro (cosiddetto "vincolo d'impiego"). L'indagine della Commissione ha rivelato che i tassi d'interesse versati dal Tesoro a Poste Italiane a partire dal 2005 sono sia superiori a quelli che avrebbe offerto un mutuatario privato sia superiori a quanto Poste Italiane avrebbe ottenuto se fosse stata libera di investire le liquiditą sul mercato.

La Commissione č quindi giunta alla conclusione che con questi tassi d'interesse, che non sono conformi alle condizioni di mercato, Poste Italiane "ha goduto di un vantaggio economico che ha falsato la concorrenza e inciso sugli scambi nel mercato comune". "In un settore postale liberalizzato č cruciale garantire condizioni di paritą fra concorrenti. L'aiuto illegale versato a Poste Italiane deve pertanto essere recuperato", ha detto il commissario Kroes.

 
Maxi-tangente, arrestato Del Turco

Di Pietro incendia la piazza
«Il governo č la nuova P2»

 

Di Pietro incendia la piazza«Il governo č la nuova P2»

LUGLIO 2008  POLITICAL'ex pm: «Con il lodo Alfano le alte cariche possono stuprare i bambini». Dal palco: «Siamo in 30 mila». Ma Pancho Pardi precisa: «Per la questura siamo in 15 mila»
Il gelo di Berlusconi: «Sono io l'immagine del Paese»
SEGUI LA DIRETTA: I COMMENTI DEI LETTORI
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I PREMI PRECEDENTI:

I momenti del nazismo premiato alla 22a Rassegna d' Arte e Letteratura Cittą di Viareggio il 10 febbraio 2008. La giuria presieduta dal Prof. F. Predinziani, Presidente del Premio San Domenichino di Massa.

Presenti nella Rassegna Letteraria - Trofeo Penna d'Autore di Torino, in concomitanza con la Fiera del Libro  http://www.pennadautore.it/RassegnaLetteraria/narrativa/7.pdf 

 

FINALISTA nel Premio Letterario NABOKOV di Lecce, sponsorizzato INTERRETE

 
FINALISTA nel Premio Letterario GAETANO CINGARI di Reggio Calabria
 
MEDAGLIA D'ARGENTO nella sezione saggistica edita del Premio Marengo d'Oro di Sestri Levante, presieduto da Carlo Lucarelli
 
 
Davide Diotti

SECONDI AL 12° PREMIO INTERNAZIONALE "PADUS AMOENUS", 27 MAGGIO 2007

TERZI NELLA RASSEGNA LAGO GERUNDO , SEZIONE SAGGISTICA !!!!

SECONDI ALLA trentunesima edizione del Premio "Cittą della Spezia",sezione Saggistica Gino Tonelli

sono altresģ presente nella Biblioteca Penna d'Autore per ora semifinalisti...

con il saggio “I momenti del nazismo" si aggiudica il Premio Letterario Interrete edizione 2006 per la sezione saggistica.I Momenti del nazismo č un saggio di vasta portata storica. Esso parte dall'analisi culturale tedesca, concernente quei filoni ideologico esoterici che andarono ad influenzare pesantemente la Germania tra la fine dell'ottocento e l'inizio del novecento, per introdurre il peso di una distorsione ideologica fortemente motivata all'annientamento di un genere umano definito "inutile alla vita" ed "inferiore" ( l'ebreo ma non solo). La sinistra determinazione del gruppo dirigente nazista viene focalizzata su quello che avrebbe dovuto essere il sistema sanitario di una moderna nazione e che invece si identificņ in una feroce e potente macchina di morte. Una spinta all'annientamento che altresģ coinvolgerą tutti i settori della vita civile della Germania: la giustizia, l'economia, le istituzioni politiche, la burocrazia trasformata in strumento asettico di sterminio.Il saggio altresģ espone anche, all'interno della parabola autodistruttiva del nazismo, come un gruppo di uomini cercņ di fermare tutto ciņ, seppur fallendo.

 
 
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DAVIDE DIOTTI
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Collocazione: MAR C01 09897
Inventario: MF000993409     1 v
I libri di Davide Diotti sono presenti nella Biblioteca Marucelliana, ovvero la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze alla seguente collocazione:
 
Davide Diotti

SECONDI AL 12° PREMIO INTERNAZIONALE "PADUS AMOENUS", 27 MAGGIO 2007

TERZI NELLA RASSEGNA LAGO GERUNDO , SEZIONE SAGGISTICA !!!!

SECONDI ALLA trentunesima edizione del Premio "Cittą della Spezia",sezione Saggistica Gino Tonelli

sono altresģ presente nella Biblioteca Penna d'Autore per ora semifinalisti...

 

 
 
 
 
 
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