RICOMPOSIZIONE

La fondamentale caratteristica, italiana è stata quella di

un differenziato sviluppo tecnologico che ha prodotto una

 

manifesta stratificazione sociale.(Esattamente da quì passa ,

l'adeguamento politico ideologico del comunismo italiano

che ha dovuto abbandonare quasi subito qualsiasi  slancio

rivoluzionario incanalandosi in un obbligato "fiume" rifor-

mista...)ln questa differenziazione tecnologica si sviluppa

la quota dei servizi non disgiunti dalla produzione di beni

industriali,beni che assumono sempre più un ruolo centrale.

E' la terziarizzazione dell'industria la cui crescita si

calcola NON' alI' aumento dei consumi finali dei servizi ma

all'interno della crescente integrazione del terziario nel

sistema produttivo.Tra il 1959 ed il 1981 la quota degli

occupati nei servizi aumenta di due milioni,di essi ben il

37,92 per cento si colloca all'interno dei servizi destinati

al sistema produttivo,scavalcando di gran lunga quelli colloca-

ti nel commercio finale.E' all'interno di questo spostamento

che noi ricaviamo l'idea dei grandi mutamenti avvenuti

nella composizione organica del lavoro vivo,nella stratifi-

cazione di ceto e classe all'interno della industria.Entrando

nella specifica analisi dello statista torinese Gallino,noi

vediamo che gli imprenditori riferiti alle piccole unità

produttive a conduzione non manageriale passano,tra il 1951

ed il 1980,dall' 1,9 al 3,4 per cento,gli impiegati,gli

operai dei servizi globalmente considerati passano dal

14,3 al 21,3 per cento.Nello stesso lasso di tempo allo

interno del modo di produzione capitalistico-oligopolistico

l'alta dirigenza passa daIlo 0,15 allo 0,31 per cento,i lavo-

ratori dipendenti passano dal 5,5 al 12,4 per cento.Incro-

ciando i dati noi rileviamo come diminuisce la quota degli

operai che nel 1980 rastrella la stessa percentuale del

1951,mentre aumentano in maniera poderosa, i "tecnici" che

passano dall'I,22 al 4 per cento.unendo questi dati al crollo

degli impiegati nel mondo agricolo-che passano dal 28,7 a,l 5,4

per cento-ed all'aumento degli impiegati pubblici e privati

-che passano dal 4,9 al I7,6 per cento-capiamo la portata

della enorme trasformazione sociale realizzata.

Il nodo fondamentale di tutti questi dati "freddi" sta nella

regressione del mondo operaio che ha inevitabili conseguenze

a livello politico e sindacale.Allegata ad essa si unisce

la regressione strutturale in quanto la crescita dei tecnici

degli impiegati e degli occupati in genere nei servizi alla

produzione, rendono assa i complessa ed eterogenea non solo

la classe operaia ma anche la produzione moderna ed il

luogo istituzionale in cui essa si svolge:l'impresa.

Altresì l'orizzonte che si prospetta non è assolutamente

limpido e puro perchè la poderosa spinta delle nuove tecnologie

o produce arricchimento professionale o impoverimento assolu-

to della qualificazione.Tutto ciò lo riscontriamo fortemente

alI' interno di quello che abbiamo citato come "terziarizza.-

zione industriale" nella. quale risultano decisivi gli aspetti

organizzativi che influiscono immediatamente sui diversi

aspetti della qualità del lavoro,cosicchè nel lavoro NON

manuale convivono professioni qualificate e degradate,senza

che i mutamenti quantitativi trovino rispecchiamento in alter-

native professionali univoche.Inoltre il peso della fase

organizzativa spinge per il totale svincolo del lavoratore

da qualsiasi forma di "tutela industrialista" come lo

Statuto dei Lavoratori che,per l'estrema: forma eterogenea

assunta dal lavoro,non può adagiarsi alla nuova realtà.

Ad aggravare il tutto è,nello specifico caso italiano,il

permanere di moderno e premoderno:

quasi che questa nostra società muti senza scrollarsi di

dosso nulla del passato e senza presentarsi mai con un solo

volto:quello dell'innovazione splendida e pura.Per questo

il recentissimo decreto legislativo approvato in Senato

non appa.re come uno slancio in avanti nella nuova  ridefi-

nizione di lavoro perchè si lega strettamente alle esclusive

esigenze organizzative imprenditoriali citate sopra,tendendo

a  ridurre sempre più la qualifica di operaio ad avventiziato

e a lavoratore "straordinario".

Effettivamente la figura  dell' operaio non solo è diminuita

numericamente tra il 197I ed il I98I-passando dal 31 al 26

per cento della popolazione attiva. mantenendo il suo trend

di costante regresso ,ma si trasforma qualitativamente in modo

multiforme e non unidirezionale e questo a causa del diverso

livello delle dimensioni di scala delle imprese,per il pro-

liferare diseguale dei fattori,per il progresso tecnico

presente in forma discreta  e non continua, per il contempo-

raneo presentarsi sulla scena di quelle economie locali e

subregionali che sono un coacervo di interdipendenze infra-

settoriali e intersettoriali e in cui quindi si conservano

notevoli forme di differenziazione sociale .Analizzando

questo processo sociale frastagliatissimo abbiamo la distru-

zione di quella forza  lavoro cristallizzatasi in mestiere

come nel caso dei tessitori e dei filatori,passando ai metal-

meccanici alesatori,tornitori,utensilisti e attrezzisti che

lasciano il posto ai robot cercando di riciclarsi come

manutentori,ai lavoratori professionalizzati del legno

attaccati dalla lavorazione industriale e dai materiali

sintetici.Un peso importantissimo assume la disoccupazione

all'interno di questo processo di trasforrmazione.Disinvesti-

menti e ristrutturazione delle grandi imprese accentuano la

disoccupazione giovanile sotto la spinta del blocco delle

assunzioni.

La trasformazione tratteggiata. non aggredisce il concetto di

lavoro ma lo strozza e quello che sorge dalla strozzatura

è la. disoccupazione.AIl' interno delle strategie di dispersione

delle tensioni sociali abbiamo la cristallizzazione del debito

pubblico.Depressione e ristrutturazione ampliarono la spesa-

a partire dagli anni settanta-soprattutto sotto l'effetto

della Cassa Integrazione-introdotta come ordinaria nel 1941

dal 1968 si "eleverà" a straordinaria in relazione alle

:riconversioni industriali-che proteggeva e protegge i lavora-

tori espulsi dalla produzione con integrazione dei loro

guadagni proporzionali al salario prima corrisposto.

Nel 1984 i lavoratori interessati alla Cassa Integrazione

saranno quattrocentomila e tutti concentrati nel centro-

nord.A questi oneri,che si ripartivano tramite lo stato

sulla collettività, vanno aggiunti i trasferimenti delle

imprese,erogati per sostenere l'ammodernamento e la

ricerca tecnologica,con un ampliamento del carico di spesa

gravante sulle finanze pubbliche.Con la restrizione crediti-

zia, inaugurata negli anni ottanta, il disavanzo statale si

ottenne sempre meno per via monetaria e sempre più grazie

all'emissione di titoli,ampliando in misura via via crescente

il debito pubblico.Le riforme fiscali del 1951 e 1971 confi-

gurando l'imposizione sui redditi delle imprese e dei lavora-

tori autonomi doveva portare ad un avvicinamento al modello

della tassazione del reddito effettivo,mentre le imposte

 dirette colpivano in misura sempre maggiore i redditi da

 lavoro dipendente. Tuttavia  le aliquote assai elevate della

tassazione cancellano i margini di una progressività NON

controproducente sollecitando in tal modo la piaga della

evasione fiscale che in Italia risulta assai rilevante e dif-

fusa.Le misure adottate dalla coalizione conservatrice

attualmente al governo hanno cancellato il carattere progres-

sivo della tassazione che tuttavia non ha aggredito il

fenomeno dell'evasione fiscale perchè tali misure non sono

state accompagnate dalla riforma dell'apparato statale che

si mantiene assai  evasivo per quanto riguarda,ad esempio,il

controllo.Questo perchè è in atto una ridefinizione dello

stato come imprenditore politico.Autofinanziamento ed aumento

dei tassi di profitto dei grandi gruppi industriali allonta-

nano quell'invocazione che faceva negli anni ottanta il

Governatore della Banca d'Italia che voleva l'intervento

delle banche nel capitale industriale a fini di sostegno e

riduzione dell'indebitamento.Se quell'intervento fosse stato

effettuato esso non avrebbepotuto non assumere il volto di

una estensione della presenza dello stato nell' economia.

Oggi il rapporto appare rovesciato anche se non definitiva-

mente definito.Come già stigmatizzato,quello che caratterizza

il caso italiano è l'allentamento delle misure di regolamen-

tazione,nella contestuale centralità permanente degli istitu-

ti bancari.La rilevante trasformazione in corso è quella

della  banca pubblica che diviene società per azioni così da

consentire ad essa il ricorso al mercato dei capitali in

condizioni di parità rispetto alle banche private e più facil-

mente dar corso ad acquisizioni e fusioni.Nella trasformazione

"lo stato dei partiti"'(come; lo definisce Sapelli) realizzerà

strategie dirette a minimizzare le quote di autonomia nel

sistema delle nomine del top management attraverso,ad esempio,

il mantenimento del 51 per cento del capitale azionario in

mano pubblica.

 

 

Il problema fondamentale è che la  società economica ha assunto

una tale forza ed una tale articolazione da non richiedere

la funzione dello stato come ultimo regolatore e questo non

solo in rapporto all'erogazione di sostegrro finanziario.

Secondo SapeIli la dismissione del carattere assistenziale

degli Enti dovrebbe rinnovare la funzione originaria  dello

specifico modello italiano di intervento dello stato legando-

lo,ad esempio,alla intrepresa  in settori tecnologicamente

avanzati.In realtà invece si sta assistendo ad una. stolida

e preponderande liberalizzazione tendente a scavalcare la

burocrazia. centrale attraverso il suo annullamento.  Un

esempio lampante di ciò ci viene dal progetto "federalista'

portato avanti dalla  maggioranza conservatrice e destrorsa

del parla.mento italiano.Sulla scorta dell'idea di decentra-

mento statale,il federalismo .proposto in realtà serve ad

accrescere in maniera esponenziale il carattere svincolante

ed anti-sociale di una società economica prepotentemente

liberista.A confortare queste nostre tesi sopra un "federa,-

lismo anti-sociale" sta il fatto che purtroppo "lo stato

dei partiti" non diede seguito alla importantissima legge

n.382 del 1975 che delgava al governo quei decreti legisla-

tivi necessari a regolare il completamento dell'ordinamento

regionale finalmente reso adempiente nel 1970.

Con tale legge il Governo avrebbe dovuto trasferire alle

regioni quelle funzioni elencate nell'art. II7 della Costitu-

zione raggruppate per "settori organici" che verranno defini-

 

ti dai decreti 6I6 e 6I7 del  luglio 1977,

Una completa realizzazione dei tre decreti avrebbe permesso

già negli anni settanta l'alleggerimento della amministra-

zione centrale con il taglio di ben 9 ministeri,I5 direzioni

generali e 24 tra divisioni,ispettorati e uffici equiparati.

Invece la resistenza del nocciolo forte dello stato centrale,

la mancata spinta propulsiva dell' "alternativa delle regioni"

subito assorbita dalla pratica deviante della corruzione

amministrativa, hanno finito per esaltare quegli elementi

patologici legati alla regionalizzazione ed alla crescita

dei poteri economici locali.La sovrabbondanza di norme che

paradossalmente anzichè contrastare la corruzione ne costi-

tuiscono la cornice indispensabile,lasciando spesso le amminis-

trazioni libere di scegliere il diritto applicabile al singo-

 lo caso,la debolezza dell'amministrazione nell'esprimere ap-

 

prezzamenti di natura tecnica,l'inadeguatezza dei controlli

che restano generalmente formali e non di sostanza porteran-

no al "collasso" emerso durante l'inchiesta "Mani pulite"

ed alla spinta,profusa, proprio all'indomani della. inchiesta,

dei poteri forti della società economica di liberarsi defi-

 nitivamente dell'intermediazione amministrativa.

 

 

Di fronte alla destrutturazione del mondo operaio,in relazione all'estrema eterogeneità del mondo del lavoro,allo

interno delle politiche di dispersione delle tensioni sociali

 realizzate dagli stati è possibile rinnovare una tensione

socialista rivoluzionaria ?

Da riscontri realizzati,in mancanza di una strutturazione

ideologica  precisa   è  l' impulso mediatico a  fare da spinta,

ma tale impulso risulta essere fine a se stesso. Bifo Berardi ci illustra,dall'esperienza di Potere Operaio,

come l'ideologismo tenda ad essere assorbito dall'elemento

volontarista leninista, difficilmente adottabile all'interno

di quello che è l'odierna frastagliata società.

Da, Potere Operaio si fecero analisi sopra una nuova ridefini-

zione del concetto di lavoro disgiungendolo sia  dal salario ,

che dal tempo come metro di valutazione della produzione

realizzata.II soccorso tecnologico avrebbe dovuto, teoricamente,

dare slancio a  questa visione.TUttavia rimaneva un fattore

di decisiva importanza,:ovvero nell'Italia degli anni settanta,

che vide svilupparsi questa concezione,NON si era giunti alla

socializzazione dei mezzi di produzione.Gli operai certamente

erano giunti ad un avanzamento statuale importante,come di-

mostravano gli accordi sindacali della fine degli anni sessanta

ma tutto avveniva all'interno di un sistema capitalistico

che ha saputo incanalare in senso tayloristico le spinte

provenienti dal basso.E' nella socializzazione dei mezzi di

produzione  la conditio sine qua  non è possibile procedere

 ad una legittima ridefinizione del lavoro spinta dalla impor-

tante crescita tecnologica.Altresì dobbiamo aggiungere che

una ridefinizione lavorista senza una importante cultura  ideo-

logica alla base sollecita lassismo e disimpegno nella massa

lavorativa che tende a crogiolarsi nel benessere perdendo di

slancio in avanti.La polarizzazione della società esistente

fino alla prima metà del Novecento aveva permesso una diffu-

sione scolastica del pensiero marxista che per questo finiva

per perdere di slancio rivoluzionario a favore del gerarchismo

e del volontarismo leninista che a sua volta si svuota di conte

nuti in relazione alla frammentazione della società e della

classe operaia.Risulta  importante una base culturale ideo-

logica  che mantenga elevato il criticismo allo scopo di non

scadere in scolastica ed allo scopo di contrastare una

cultura mediatica fortemente omologante.Questo corpus ideo-

logico culturale deve essere depositato all'interno di una

organizzazione partitica secondo l'accezione fino ad ora

conosciuta?

Uha struttura gerarchica fortemente centralizzata ha dimos-

trato di essere troppo vincolata alla personalità dei vertici,

finendo per svuotare la  tensione critica ideale di un partito

rivoluzionario.Tutto ciò ancora di più se il partito si

inserisce in una struttura istituzionale-amministrativa

statale. La partitocrazia  così formata tende a difendere la

prassi piuttosto che l'interesse sociale miscelandosi per

questo troppo con la società economica espressione di interes-

si specifici.

La trasmissione gerarchica  della  cuItura rivoluzionaria è

senza  dubbio da scartare a favore di una suddivisione per

Cellule o Organismi che pur facendo capo ad un centro,

mantengono al loro interno una tensione ideologica critica

paritaria a  tutte le altre Cellule o Organismi una struttura

siffatta può adagiarsi meglio sopra  una  realtà frammentata

che per questo deve essere ideologicamente ricomposta.

 

·          * * *

·           

Col termine cooperativismo possiamo senza dubbio inglobare funzioni sindacali

come la concertazione che realmente si sono dimostrate deficitarie in quanto la

base fondamentale ideologica,la difesa del posto di lavoro,non solo non ha

impedito la de-industrializzazione e la fuoriuscita di migliaia di operai dalla

fabbrica,ma altresì ha polverizzato sia il potere d'acquisto del salario,sia

quell'humus dottrinale fondato sulla esperienza di lavoro "in catena" che -come

cita Giuseppe Della Rocca- all'indomani del secondo conflitto mondiale aveva

prodotto una avanguardia capace di opporsi alI' americanismo. In definitiva il

sindacalismo odierno non è più ideologico ma consumistico e le conseguenze,in

relazione ad una fase congiunturale sfavorevole,sono sotto gli occhi di tutti.

Le ristrutturazioni industriali partono da questo presupposto fondamentale:si

restringe fortemente la produzione " a catena",non si migliora al suo interno la

qualità del lavoro,si estende la produzione "per fase",si espelle

continuativamente manodopera,si tengono alti livelli inflazionistici per favorire

il mercato estero ed il suo costante legame con esso. Il frazionismo lavorativo,

che al suo interno diviene super- Iavoro,ovviamente restringe sempre di più la

piramide della redistribuzione della ricchezza accentuando sperequazioni

territoriali e del mercato del lavoro spingèndo al massimo quella tensione alla

terziarizzazione che in ogni caso è incapace di assorbire l'espulsione costante che

avviene dall'industria. All'interno della fase ristrutturativi lo stato,sfruttando il

crollo ideologico ed il sostanziale annichilimento della tensione sociale,procede

secondo una prassi consolidata:politica dei redditi a pioggia( pre-

pensionamenti,cassa integrazione) per sostenere l'urto inflazionistico soprattutto

nelle aree depresse,realizzazione di corpi legislativi in materia lavorativa

tendenti a legalizzare svincoli di fatto del mondo imprenditoriale.(legge delega

su lavoro )

Tuttavia questi provvedimenti non fanno che consolidare la competività storica

del nostro paese nelle esportazioni facendo permanere consolidati dualismi delle

strutture industriali italiane. L'indicatore ci viene nei differenziali tra prezzi

interni e prezzi esterni praticati sui mercati mondiali.

Mentre i settori tecnologicamente avanzati giungono a fissare prezzi per

l'esportazione più elevati di quelli interni,gli altri praticano una politica inversa

(caso Fiat) a riprova del nesso esistente tra protezione del mercato interno e

scarsa produzione di comportamenti tecnologicamente avanzati. Gli anni 80-90

hanno visto crescere il commercio intraindustriale tra il nostro paese e le altre

nazioni europee,come è evidente dall'aumento della dipendenza dall'estero per

quel che concerne gli input e le fasi di lavorazione intermedie,tanto più quanto

più è elevato il contenuto tecnologico delle stesse,il tutto all'interno del processo

di integrazione soprannazionale acceleratosi negli ultimi 10 anni. Ciò che

aumenta ,a fronte della contendibilità crescente dei mercati,è la diffusione

dell'oligopolio nazionale,cosicche all'interno della CEE possiamo riscontrare un

! ristretto gruppo di aziende che occupano la medesima posizione di mercato in

I diversi paesi e I'oligopolio si ripresenta come una costante dell'Italia industriale.

Secondo Sapelli ,imbrigliare e condizionare con legislazioni vincolanti e con

anguste ottiche nazionali,una situazione che vede irreversibile la competizione

globale è quanto mai dannoso. Questo perche la costante crescita dei gruppi

medio grandi industriali verte su ristrutturazioni e ridimensionamenti,aumento

del tasso di utilizzo degli impianti(terzo turno notturno e

superlavoro),acquisizioni dirette ad accrescere la gamma dell'offerta nei settori

consolidati(holding e partecipazioni),ripresa del grado di integrazione verticale e

di diversificazione nei prodotti correlati. Nuovamente si pone l'accento sul

ritrovato autofinanziamento che ha consentito di innescare un processo di

raccolta di capitali fondata sull'apprezzamento prima inusitato dei valori

mobiliari quotati in borsa,così da promuovere l'aumento dei capitali di rischio a

costi molto contenuti. Anche in questo processo I'oligopolio si rivela risorgente e

dominante:IRI,FIAT,Montedison,OIivetti rappresentano tra il 53 ed il 74 %

delle emissioni totali lorde.

Tuttavia i crack del 1987 e del 1989 hanno dimostrato i forti limiti di questa

strategia acquisitiva,rivelando incognite pesanti a fronte della instabilità dei

mercati finanziari. Tutto ciò ci riporta alle ristrutturazioni precedentemente

illustrate ed al placet del sindacalismo "consumista".

NON BASTA SOLO UNA DENUNCIA FINANZIARIA PER DARE UNA

SVOLTA REALE .

RIPIEGARE TUTTE LE DISCUSSIONI SOLO AD UNA POLITICA DI

CONSUMI,DI SPESA E' FINE A SE STESSO,PERCHE' IN PRATICA NON

SI INT ACCA UNA CONDUZIONE ECONOMICA CHE RISULTA

DEFICITARIA.

QUESTO PERCHE' DALLA SINISTRA GLI INDIRIZZI VERTONO TUTTI

SU CONCEZIONI MONETISTICHE DI ST AMPO T A YLORIST A CHE

SONO IL FULCRO DELLE psEUDO idEOLOGIE DESTRORSE CHE

COSTELLANO TUTTI I PAESI DELL' AREA occidENTALE.

SI E' PERSA PER STRADA  L' ADESI NE ALLA REALTA'

OPERAISTA,ALLA FABBRICA COME LUOGO DI CRESCITA DELLA

MASSA OPERAIA,DEL LA VORO COME PUNTO DI SVOLTA NON A

FAVORE DI UNA PRODUTTIVITA' AD ESCLUSIVO    vANTAGGIO DEL

CAPITALISTA,MA A FAVORE DELLA MASSA COME EFFETTIVA

SOCIALIZZAZIONE REALIZZANTE ATTRA VERSO UNA NUOVA

VISIONE DELL' ATTIVITA'   LAVORO SGANCIATA DALLA TRACCIA

DEL TEMPO ED AGGANCIATA FINALMENTE ALLO SVILUPPO

TECNOLOGICO.

A MIO AVVISO E' NECESSARIO DA  PARTE DELLA SINISTRA

DISTRUGGERE COMPLETAMENTE L'INDIRIZZO

TAYLORISTA,PRODURRE UN NUOVO TIPO DI PROPOSTA

DIAMETRALMENTE OPPOSTA A QUELLA DESTRORSA,PUNTANDO

NON SU EVENTUALI MESSIA MEDIATICI O FINANZIARI CHE NON

POSSONO PORTARE NOVITA' ,MA RITORNANDO ALLA BASE,ALLA

MASSA LAVORATIVA,INTRODUCENDO NUOVE CONCEZIONI DI

LAVORO CHE SFRUTTINO LA CRESCITA TECNOLOGICA PER

ALLARGARE CONCETTI COME ASSUNZIONE E NON FERMANDOSI

SOLO ALLA OBSOLETA DIFESA DEL POSTO DI LAVORO.

CON QUESTA DIZIONE SINDACATI E PCI NON HANNO IMPEDITO

FINO AD OGGI LE CONTINUE ESPULSIONI DI LAVORATORI E LA

PROGRESSIVA RIDUZIONE DELL'INDUSTRIALIZZAZIONE SOCIALE E

PER INDUSTRIALIZZAZIONE SOCIALE INTENDO LA CRESCITA

IDEOLOGICA E MATERIALE DELLA MASSA LAVORATIVA

ALL'INTERNO DELLA FABBRICA STESSA CHE IN QUESTO MODO NON

VIENE PIU' AD ASSUMERE UNA FUNZIONE ALIENANTE E REPULSIVA.

IL LASSISMO PERPETRATOSI ALL'INDOMANI DEL COMPROMESO

STORICO HA FINITO PER FAVORIRE UNA DIRIGENZA INDUSTRIALE

E FINANZIARIA ANCORATA A CONCEZIONI FAMILISTICHE E

FEUDALI CHE HANNO FOMENTATO NEL TEMPO LA PRASSI DELLA

TANGENTE,DELLA MONOPOLIZZAZIONE.

IN QUESTO MODO NON DEVE MERAVIGLIARE L'ESTENSIONE DEL

SOMMERSO ,DEL LAVORO NERO,DELLE COOPERATIVE MODELLO

CAROVANA,DELLO SFRUTTAMENTO DELLA MASSA

EXTRACOMUNIT ARIA,DELL 'ESTENDERSI DI POLITICHE FONDATE

SULLA DIFFUSIONe di PAURE ANCESTRALI RIFERITE AL COLORE

DELLA PELLE ED ALLA RELIGIONE.

 

 

 

a cura di Linea Critica e per gentile collaborazione di Andreas Obermann



    
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