CRESCITA ZERO

E’ questo che caratterizza l’UE. Il traino USA sembra non sortire effetto. E’ completamente cambiato lo scenario di questo secondo dopoguerra del golfo. Il circolo della finanziarizzazione è univoco ed è destinato a restringersi di fronte alla prossima guerra doganale. Non parliamo della frizione diplomatica nei confronti di Francia e Germania,nazioni che non vengono contemplate all’interno di una prossima amministrazione ONU dell’Iraq. La risposta europea è stata sui tassi di interesse  che tuttavia non hanno sollecitato gli investimenti. L’euro forte non da spinta alle esportazioni ,così ecco l’esaltazione dell’intervento pubblico: opere pubbliche e svendita di patrimoni allegate a sanatorie,tagli…. L’Italia  con complicati meccanismi scati europei.e dall'ni,erosioni sopra premi e tredicesime,storno sopra le pensioni dei costi deli contabilità finanziaria riesce a mantenere il rapporto percentuale tra deficit pubblico e pil al 3%,la Francia è arrivata al 4%,la Germania al 3,8%. Lo sfondamento del blocco centrale ha costretto alla rinegoziazione del patto stesso in funzione della crescita fondata sulle eterne mosse sopra la detassazione,gli sgravi,abbassamento del costo del danaro. Si rilanciano i soliti investimenti ma crollano le entrate stornate sopra le spese: costo sociale del lavoro,sanità,pensioni. L’eterna ricetta deve rilanciare la crescita del plus valore che a sua volta spinge il profitto all’interno di una produttività bloccata. Il plus valore odierno viene correlato all’ideologia “evoluta” odierna: FLESSIBILITA’ (sempre se di ideologia si tratta…..). Per flessibilità si intende una manovalanza direttamente legata alle vendite. E’ il lavoro ingabbiato a tempo strettamente determinato e senza alcuna tutela riformista (welfare state). Il ritorno all’antica stabilità  - del lavoro – presupporrebbe una CRESCITA ECONOMICA TALMENTE ELEVATA DA RISULTARE IMPENSABILE. Cina ed Europa dell’est non sembrano sfoghi sufficienti. Anzi,questi nuovi partner sono concorrenziali con il loro basso costo del lavoro. Non solo: la mancata crescita ha portato ad una accelerazione delle riforme fiscali e pensionistiche. La sanità è stata scorporata,qualsiasi prestazione,anche minima,deve essere pagata;le voragini delle casse pensionistiche vengono tappate con defalcazioni,erosioni sopra premi e tredicesime,storno sopra le pensioni dei costi dell’assistenza al mondo disabile,dal 2010 si andrà in pensione a 67 anni. Di fronte a questa larghissima destrutturazione dall’alto abbiamo l’annientamento completo dei sindacati europei. 

 

In Germania funziona la DGB,la Confederazione dei sindacati tedeschi,la quale non mostra alcuna divisione ideologica. Organismo univoco,riferimento ideale per la classe imprenditoriale tedesca, certamente poco distante dall’associazionoismo unico di matrice nazional socialista. La caratteristica di questo mega sindacato tedesco sta nel suo carattere aziendale:il sindacato come azienda che investe in imprese assicurative,edili,del ripsarmio,ecc.,tanto da arrivare ad una autonomia tale da poter sostenere da sola una diatriba,ovvero di TASCA PROPRIA!! Per questo in Germania le mobilitazioni sono precise,generali e vincenti ( come dimostrato dal passaggio alle 35 ore settimani nell’ovest…). Dal 1950 al 1988 la IG-METAL,il sindacato di categoria dei metalmecanici,elergiva ai suoi iscritti in sciopero oltre 515 miliardi di lire. Non solo. La IG-METAL elargisce danari per incidenti realizzati nel tempo libero,versa soldi agli iscritti anziani,agli invalidi,agli eredi di iscritti deceduti. Altresì i sindacati tedeschi esercitano la COMPARTECIPAZIONE ,ovvero il consiglio di sorveglianza aziendale. Questa gigantesca struttura realizza una potente leva di controllo della massa lavoratrice anche se per contro si esalta il corporativismo e la scarsa solidarietà sindacale per categorie di lavoratori più sacrificati. L’evoluzione del sindacalismo tedesco quindi è stato aziendale trasformandosi in ATTIVITA’ CON UN FORTE POTERE MEDIATICO ECONOMICO , cui dirigenti sono contemporaneamente sindacalisti e manager completamente svincolati da qualsiasi legame ideologico. Ogni sindacato di categoria della confederazione stipula NEGOZIAZIONI COLLETTIVE ASSOLUTAMENTE VINCOLANTI ed incontestabili eccezion fatta per i sindacati affiliati. Un colosso monolitico che tuttavia ha mostrato il fianco nel giugno 2003: all’interno della vertenza per l’introduzione delle 35 ore anche in Germania Est,l’IG-METAL HA REVOCATO LO SCIOPERO,PRIMO CASO DALLA FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE…. Questo sciopero era visto come la peste dall’alta dirigenza tedesca,perché andava ad incidere sul taglio del welfare che Schroder si apprestava a realizzare. Non solo,le 35 ore ad est venivano quantificate come un aumento del 10% dei costi di produzione. Il fianco sindacale veniva mostrato all’interno di un contesto che vedeva le grosse industrie occidentali procedere alla serrata,determinando per questo,per la prima volta una frattura all’interno del mega sindacato,quando all’est infatti,una studiata campagna allarmistica,faceva rientrare le agitazioni. Ad est il management addiceva costi sociali insostenibili,tali da ridurre investimenti sopra un’area del paese – l’Est – depressa. Inevitabile la diaspora dei tesserati: quasi 50mila solo nei primi 6 mesi del 2003 con una Germania Est che,nel corso dei 10 anni di riunificazione,si è trasformata in una QUESTIONE. I territori orientali infatti presentano tassi di disoccupazione del 19% ed il prossimo allargamento ad est viene visto come una opportunità per saltare a piè pari l’oriente tedesco. La riconversione non ha portato sviluppo: l’impossibilità ad equiparare sia il salario che il tempo di lavoro,sono l’esemplificazione di come un territorio “arretrato” rimanga tale. Il tutto nonostante l’apporto finanziario dello stato. Il fallimento della politica sindacale tedesca ha avuto come riflesso anche il mancato adeguamento del contratto pubblico,con i relativi impiegati impossibilitati alla rinegoziazione per almeno 2 anni e 3 mesi. Infine la parificazione è stata spostata al 2007.

Anche in Francia  si è battuta la medesima strada con il restringimento del “peso” pubblico. La prima ad essere colpita è stata la scuola,successivamente le ferrovie. Anche le 35 ore sono state poste sotto “assedio” in quanto ritenute responsabili della mancata competitività. Altresì naturalmente i dirigenti sono passati alle eterne politiche di taglio,contro taglio e “sobbarco” sopra chi riceve un salario o uno stipendio.  Addirittura grottesca la regressione sindacale in Inghilterra. Mentre Germania e Francia incanalavano la via delle 35 ore,in Inghilterra la settimana lavorativa si manteneva tra le 48 e le 60 ore. Inevitabile l’impatto a livello sociale di un adeguamento della schiavitù che versa entro condizioni salariali così basse da risultare impossibili ad affrontare costi di vita elevatissimi. Inghilterra che più di altri ha proceduto a scorporare,privatizzare,spacchettare l’assetto pubblico,che più di altri ha espulso manodopera. L’allarmismo del mancato introito scongiura qualsiasi rimostranza sindacale.

Come già visto la situazione italiota risulta paradossale: con una legge (30/2003) e due riforme (provenienti dal centro-sinistra),in un solo colpo si sono raggiunti due obiettivi: il primo è il nuovo calcolo della disoccupazione che,con i “nuovi” lavori,è stata quantificata all’8,6% (quando al sud,la disoccupazione tradizionale tocca il 60% !!!), il secondo è quello di aver tagliato il peso pensionistico ben prima della prossima riforma ologrammatica (il cui sigillo finale sarà la chiusura definitiva delle pensioni d’anzianità a partire dal 2008). Con il doppio balzello Amato-Dini la retribuzione pensionistica ha prodotto un calo della copertura dal 67% al 51%. In definitiva una volta concluso il ciclo,le elargizioni pensionistiche dello stato italiota non saranno sufficienti alla sopravvivenza. Attenzione i sopravviventi rappresentano e rappresenteranno già di per sé dei PRIVILEGIATI: chi infatti ha imboccato la via del lavoro ATIPICO ,la copertura massimale pensionistica arriverà al 34% della busta paga. In Italia già nel 2001 venivano censiti qualcosa come 3 milioni di persone entro la soglia della povertà assoluta. C’è da dire che di fronte a questi numeri l’Italia non solo si pone all’ “avanguardia” rispetto a G.B. ,Francia e Germania ma vede una ragione,una lancia da spezzare in favore dei sindacati (numerosi) italioti: ovvero non può essere la spesa pensionistica il peso che grava sopra le contabilità creative italiote. one delle 35 ore anche in Germania Est,l'fianco nel giugno 2003: all'one stipula NEGOZIAZIONI COLLETTIVE ASSOLUTAMENTE

 

 

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APPENDICI

 

 

 

 

Riprendendo fedelmente dal primo libro del Capitale di Marx si legge:

 "la forma del lavoro di molte persone che

lavorano l'una accanto all'altra e l'una assieme all'altra secondo un piano,

 in uno stesso processo di produzione, o in

processi di produzione differenti ma connessi si chiama cooperazione.

 La cooperazione degli operai salariati è un

 

semplice effetto del capitale che l'impiega simultaneamente, la connessione delle

 loro funzioni e la loro unità come

corpo produttivo complessivo stanno al di fuori degli operai salariati,

 nel capitale che li riunisce e Ii tiene insieme. .!"

 

Quindi agli operai salariati la connessione fra i loro lavori si contrappone, idealmente

 come piano, praticamente co-

me autorità del capitalista, come potenza di una volontà estranea che assoggetta al

 proprio fine le loro attivìtà. Que-

sto piano marxista è ideale per spiegare l'introduzione dello scientific management -che

 in Italia avverrà con la Pri-

ma Guerra Mondiale -all'interno delle grandi imprese industriali, anche

 se poi la realtà risulta maggiormente arti-

colata e non irreggimentabile in formule. Tuttavia uno dei dati

 salienti della storia dell'organizzazione scientifica del

lavoro in Italia è costituito dal fatto che i momenti centrali di

formazione dei requisiti funzionali per la sua estensio-

ne furono sempre momenti di grave o storica sconfitta del movimento

operaio italiano come la Prima Guerra Mon-

diale, il fascismo egli anni cinquanta e che quindi il momento della subalternità

 operaia fu sempre determinante.

La sconfitta degli anni cinquanta del "mondo operaio" si lega al fallito

 tentativo dei lavoratori altamente specializzati

di condizionare e trasformare l'organizzazione bassa dell'impresa

 utilizzando da un lato la spinta rivendicativa esi-

stente in tutti i settori del proletariato sull'onda dell'esperienza

 resistenziale, dall'altro le capacità organizzative intrinseche ,

al patrimonio tecnico e alla abilità pratica della forza lavoro

 complessa. Un filo rosso che si snoda dal rifiuto del Cot-

timo alla sua utilizzazione in forme collettive, ai consigli di gestione,

 alle conferenze di gestione che ci portano ad

individuare negli operai specializzati di quegli anni

 non solo dei comunisti legati ideologicamente al blocco orien-

tale, ma soprattutto -secondo GIUSEPPE DELLA ROCCA -dei

costruttori nel senso opposto agli intendimenti del capitalismo

ItalIano. Erano I più forti Oppositori alI' americanismo di quegli

anni che invadeva le fabbriche coinvolgendo la stessa sinistra.

 

Essi costruivano in fabbrica una esperienza che insegnava a

lavorare in modo diverso, erano la dimostrazione fisica che il taY-

lorismo non era il solo metodo applicabile all'organizzazione

di lavoro in fabbrica. Secondo SAPELLI è nella eliminazione del-

la figura sociale ,degli operai produttori e nell'imposizione del

dominio assoluto dei quadri direttivi sull'organizzazione di la-

voro a ridare libertà d'azione agli imprenditori per lo sviluppo

produttivo. Tuttavia bisogna considerare la favorevolissima

congiuntura dell'epoca ed il relativo basso costo delle materie

prime: due fattori di non trascurabile peso. Altresi lo scientific

management che si realizzerà sarà un taylorismo fortemente

spurio, smentendo la disamina di DELLA ROCCA. Il rapporto

capitale-lavoro infatti rimane una commistione di discrimina-

zione e paternalismo con un rifiorire di iniziative e di proposi-

zioni tutte permeate di una concezione familistica dell'impresa.

Quindi già all'interno della crescita italiana si covavano delle

conseguenze drammatiche addebitabili sia alla politica degli in-

dustriali, sia alla schizofrenia spartitoria e mediatrice del

personale dominante. Si procedette certo alla diparti-

mentalizzazione, ma l'innovazione sarà feudalizzata e polarizzata.

 Le contraddizioni esploderanno con la reazione

della massa operaia generica orchestrata da sindacatI massificati.

 Il potere contrattuale crollerà proprio al suo api-

ce, una reale taylorizzazione in Italia è risultata mancata per due volte:

 con la reazione autoritaria delle direzioni,

poi con inflazioni galoppanti che distruggono il potere d'acquisto salariale.

 In conseguenza di ciò la taylorizzazio-

ne risulta totalmente fallimentare se non si concretizzano tutta una serie

 di circostanze favorevoli. Pensare di miglio-

rare semplicemente le condizioni del proletariato attraverso le

 regalie manageriali allo scopo di rafforzare la coo-

perazione citata da Marx non porta al miglioramento della posizione

 sociale del quarto stato che rimane subordi-

nato. Una semplice logica monetizzante NON EMANCIPA ANZI SCHIAVIZZA.

 

 

a cura di Linea Critica e per gentile collaborazione di Andreas Obermann



    
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