SUPER FINANZIAMENTO E STABILITA'

 

 

Nel corso del 2004 le aziende italiane dovranno rimborsare 7 milairdi di euro in obbligazioni. Tra queste obbligazioni vi sono i BOND di CAPITALIA coinvolta nel fallimento CIRIO: 275 milioni di euro congelati dall’amministrazione straordinaria. Le obbligazioni hanno esaltato i rapporti eccessivi tra debiti e capitale. Rapporti che guarda caso contraddistinguono le piccole aziende che non essendo quotate sfuggono all’informazione. La crisi delle aziende si aggrava con le scadenze,costringendole a vendere pezzi per riacquistare liquidità. Questa crisi generalizzata ha finito per trasformare l’obbligazione in una azione. Buona parte della responsabilità di questa super finanza risiede nelle banche che organizzano il collocamento “senza garanzie”. Sorge una domanda: questi scompensi finanziari così diffusi sono indice di stabilità? La forma economica pienamente sviluppata contempla come logica questa struttura che appare fragile senza l’intervento dello stato? Effettivamente la problematica dei super – finanziamenti si salda alla concezione di stabilità: è la stabilità a fornire la garanzia di un prestito fantasmagorico o di un collocamento al buio;ed è sempre la stabilità il termine ideologico necessario risolvente il capitalismo della globalizzazione. In realtà il concetto è un pochino più complicato e la sua storia passa solo ed esclusivamente per lo stato liberale di inizio novecento e nemmeno per gli stati democratici del secondo dopoguerra. Esiste infatti il passaggio rappresentato dalle socialdemocrazie del primo dopoguerra e dei regimi nazi – fascisti,tutte strutture che hanno inserito forme di tutela ( dal sistema sanitario al sistema pensionistico) che verranno continuamente ereditate e concretizzate nello stato sociale. QUESTO NON CHIUDE IL SISTEMA: la stabilità passa anche attraverso profonde crisi e guerre. Per paradosso lo stato sociale funziona da ammortizzatore che non scongiura la crisi,la ritarda. In relazione a ciò esso,pur sorgendo dalla tensione dal basso ,risulta funzionale alla stabilità – capitale escludendo una eccessiva frizione. Tuttavia non basta a contenere la stabilità e di conseguenza ecco scatenare i ridimensionamenti,i tagli,la fortissima ricerca del basso costo ( che poi si traduce nell’esaltazione dell’antico plus valore). Anche lo stato sociale viene rivisto: le tolleranze elevate,la socializzazione drasticamente abbassata; regrediscono altresì le condizioni di lavoro e del lavoro. All’interno della sbandierata crescita tecnologica infatti tenderanno ad esaltarsi disoccupazione e sotto occupazione affiancate ad intensità di lavoro aumentate: a chi si pone a sinistra politicamente ,nelle istituzioni strutturali,lo spettro di far accettare tutto ciò. C’è da aggiungere che manca linearità sia nello sviluppo che nella crisi del capitalismo globalizzato sorto ed impostosi all’indomani della caduta dell’URSS. Di conseguenza quello che si ricava dalla complessità degli incastri esposti in questo Pamphlet è una tendenza. Il preludio,ad esempio,alle guerre esplose all’indomani della fine della bipolarizzazione sta nel clima recessivo che ha contraddistinto la motrice USA. I crolli borsistici del 1987 e 1989 illuminavano  una situazione di sfiducia verso il capitale made USA,il capitale industriale. L’outsourcing e la mercificazione parossistica della tecnologia producevano un gigantesco “off-shore”,favorendo economie aggressive come quella giapponese e tedesca. Si estendeva in Wall Street la pratica della speculazione e della rendita finanziaria ( con l’enorme collusione del petrol dollaro arabico),che a sua volta sollecitava il credito. Quando Bush I “dichiarava” ( espressione infelice in quanto ufficialmente gli USA non dichiarano guerra dal 1941….)guerra all’Iraq,la tendenza finanziaria era già avviata: gli USA si stavano trasformando in debitori finanziari ponendo la produttività in secondo piano. Sostanzialmente,nonostante l’enfasi mediatica per la liquidazione del mondo sovietico,il bastione  del capitalismo mondiale non riusciva più a contenere la stabilità. Questa evoluzione non era lineare (…di nuovo….ndr)in quanto paesi dalla medesima economia ( come Germania e Giappone….di nuovo)mostravano degli indici di crescita invidiabili. La stabilità quindi non aveva solo una valenza interna  ma anche esterna: la tendenza del 1990 vedeva il mondo perdere un riferimento ,l’URSS. Paradossalmente questo vuoto si manifestava proprio quando dall’Europa e dall’estremo oriente arrivavano messaggi chiari di nazioni che potevano fare a meno degli USA e DAL MEDIO ORIENTE arrivava e si imponeva la figura di un IRAQ che batteva l’Iran,in una guerra durata 10 anni ,e che si ritrovava con un esercito tra i più potenti dell’area; esercito che SADDAM scatenava contro la multinazionale petrolifera KUWAIT. Non si può quindi affermare l’esistenza di una pianificazione bellica statunitense,tuttavia la PRIMA GUERRA DEL GOLFO dava l’occasione – CINICA – di riprendere in un certo qual modo l’iniziativa andando ad occupare  uno snodo nevralgico energetico attraverso una struttura militare pesantissima che altresì nell’occasione poteva essere finanziata esternamente. Nella prima guerra di Bush I si  dichiarava altresì conclusa la DREGULATION  “reganiana” dando respiro ad un certo statalismo dirigista di impronta leninista (l’eterno Lenin che ritorna continuamente….): si varano protezionismi e concentrazioni internazionali ( GATT e NAFTA),si sollecita il peso monetario del dollaro arretrato all’indomani della fine del sistema Bretton Woods dichiarata da NIXON (1971). La chiusura USA al Giappone avrà un immediato riflesso nell’economia nipponica che a sua volta si ritroverà a dover fare i conti con la sua stabilità: esplosero con virulenza fusioni ed accorpamenti industriali che produrranno espulsione di manodopera ,crescita inflattiva,crescita disoccupazionale,aggressiva ricerca di nuovi sfoghi di mercato. La rivalutazione del dollaro si inserirà nella poderosa guerra speculativa monetaria contemporanea alla nascita dell’euro (1992) e dell’Europa Unita (Maastricht,1992);Wall Street accentuava la finanziarizzazione della Borsa sempre più speculativa,alla ricerca del guadagno facile e rapido. La scomparsa dell’URSS ed il ritiro dell’Armata Rossa dal cuore dell’Europa producevano l’unificazione tedesca,la subitanea scomparsa di Cecoslovacchia e Jugoslavia. Proprio quest’ultima darà il via ad una lunghissima guerra civile sollecitante l’industria bellica internazionale ( che vedrà coinvolto un amplissimo spettro di nazioni…). L’area slava in eruzione sarà affiancata da quella caucasica con i latenti conflitti locali che andarono ad intrecciarsi con la problematica  curda e con la problematica petrolifera. La balcanizzazione internazionale scatenatasi all’indomani della prima guerra del golfo spingeva verso la corsa alla stabilità delle concentrazioni ,dei trust, del dirigismo di stato. La stabilità passava dalla produttività alla difesa della rendita finanziaria ed in questa difesa la ridefinizione della produzione ,all’interno della cornice globalizzata,verteva sopra  la battaglia dei prezzi delle materie energetiche. Il liquido nero permetteva agli USA di riversare nel mondo dollari  che rientreranno sotto forma di obbligazioni  e titoli che a loro volta finiranno  nelle tasche degli azionisti aziendali  i cui premi – come visto – sono elargiti  in moneta borsistica . Il mercato azionario e obbligazionario verà sollecitato  con forza dall’irruzione di una nuova merce.: la tecnologia. Una autentica bolla che deflorerà nel 1999 determinando un nuovo crollo borsistico. UN CROLLO CHE RIDAVA UNO SCOSSONE ALLA STABILITA’ CON L’IMPORSI DI DUE NUOVE CONCORRENZE: LA CINA DEL CAPITAL-COMUNISMO E L’UNIONE EUROPEA COL SUO EURO FORTE. IL GIGANTISMO ECONOMICO INAUGURATO E CRESCIUTO ALL’INDOMANI DELLA PRIMA GUERRA DEL GOLFO AVEVA DATO VITA A 2 MACRO PLACCHE ESTREMAMENTE AGGUERITE NEI CONFRONTI DEGLI USA E DEL DOLLARO. La seconda guerra del Golfo diventerà,di fronte a una concorrenza non più semplicemente internazionale ma continentale,una necessità impellente,quasi inderogabile per riallineare una stabilità che tendeva a spostare il suo fulcro ( o i suoi fulcri…) Il Kuwait non era più sufficiente: risultava fondamentale allargare il controllo sopra l’area del Golfo,pompare petrolio ,estendere la finanziarizzazione ,legare l’economia  dell’area al dollaro nonché agli USA. La necessità poi si tramuterà in urgenza una volta che anche gli USA si scoprirono suscettibili di un bombardamento (11 settembre 2001). L’area di vincolo ,giusto per rispondere in maniera decisa all’incredibile bombardamento,verrà allargata a Pakistan,area caucasica,Arabia Saudita,Iran,Afghanistan,Iraq: una mega placca da omologare per farne traino.

Siamo di fronte ad una accelerazione alla base della quale sta la crisi della produttività industriale che esternalizza,COSTRUISCE LE AUTO IN TUTTO IL MONDO MA FA FATICA A VENDERLE NEL PAESE D’ORIGINE. Ha bisogno di pompare greggio ,di abbassare i costi energetici,di ricavare lì la rifinanziarizzazione del ciclo: l’ENI così piazza la brigata italiana a Nassyria ,zona petrolifera da 2 miliardi di dollari…… Non parliamo del risentimento franco-tedesco-russo: queste tre nazioni avanzavano ingenti opzioni nei confronti di Saddam  e l’invasione anglo-americana era vista come la peste. Bush II a differenza  del primo dopo golfo, ha scatenato la svalutazione del dollaro. Lo scopo è l’estremo oriente: i capitali giapponesi e,soprattutto,  cinesi. In ballo v’è altresì la scadenza elettorale e questo significa e significava chiudere rapidamente i “conti” con la precedente amministrazione irakena ,collusioni comprese. Sempre la svalutazione del dollaro ha finito per erodere la capacità esportativa dell’UE che non a caso a partire dal 2004 inasprirà le dogane nei confronti degli USA………

 

a cura di Linea Critica e per gentile collaborazione di Andreas Obermann



    
                               TORNA