POST DEMOCRAZIA

Si assiste ad un ritorno di Tocqueville nella considerazione della democrazia. Il baluardo al potere politico sta nella proprietà privata e probabilmente in questo consiste la corsa sfrenata dei grossi potentes all’arraffa arraffa ghirlandato di indebitamento,cash flow,sfruttamento,out sourcing,off shore,spinta all’iper garantismo giudiziario con estensione sopra quelle attribuzioni che dovrebbero essere di pubblica utilità. Questo ha sconfitto il comunismo e questo è il futuro del lavoratore: acquistando un appezzamento di terra in Aspromonte si assume la garanzia di una tutela verso il potere politico raggiungendo  la cittadinanza di serie A,definendo il discrimine tra chi ha (quindi esiste) e chi non ha(quindi non esiste). Per secoli ci si convinse che la dignità umana derivasse dal semplice fatto di essere al mondo,per secoli le lotte delle persone furono condotte allo scopo di rendere possibile questa esistenza a prescindere dal possesso,in virtù del sostegno di quello che dovrebbe essere la cosa pubblica. Non è così: ci vuole una bella concezione medioevale per sentirsi liberi e indipendenti e non importa come. Basta lotte sul salario,sul lavoro, sui diritti di difesa nel lavoro: bisogna possedere.Nel mercato si ha l’esaltazione del possesso: le continue crisi sono il frutto necessario per il libero espletarsi delle energie individuali.

Secondo dei critici la cornice democratica esiste più o meno . Questo perché il fondamento democratico viene fatto risalire alla libera elezione ad intervalli regolari. Da qui si dipana la divisione dei poteri,l’informazione,l’educazione,eguaglianza  di fronte alla legge,una certa uniformità nei redditi,interesse per la cosa pubblica. Questo dipanarsi tuttavia non è automatico,anzi. A quanto pare si assiste o ad un blocco o ad una regressione. Questa regressione viene indicata dall’arretramento costante alla partecipazione elettorale. Di fronte a questa riduzione ecco estendersi l’iper semplificazione  dei messaggi politici che si trasformano in spot dalla scarsissima ragionevolezza e dalla spiccata unilateralità. Questa riduzione si traduce nella poderosa irruzione del mondo affaristico,del mondo delle lobby,del mondo delle feudalità regresse,delle nomenclature,dei manager politici avanzati. La segreteria di partito diviene snodo per questi mercanti di Calcutta che vestono vestiti da 4000 dollari. La salita di un ectoplasma interstiziale  e profondamente trasversalizzato “partito” come Forza Italia  ne è un esempio più che lampante: non esiste ideologia,non esiste una base militante,non esiste un contatto con la realtà. C’è da aggiungere che anche i paesi con una più lunga e duratura democrazia “compiuta”,come il regno Unito,mostrano delle regressioni abbastanza marcate. La risposta viene allegata al capitalismo: base e limite. Crescono i limiti soprattutto a partire dagli anni settanta con la terziarizzazione che ha eroso la base sociale della social-democrazia. La spirale inflazionistica sollecitata dall’aumento dei costi energetici ha dato sempre più spazio  al dominio del mercato concentrato a scapito del suo andamento “naturale” (metafora “smitiana”,l’ennesima). Le super menti liberal parlano di omni comprensività democratica ma in realtà il loro carattere odierno è lontano da questa dizione. L’esclusione sembra il carattere distintivo ad emergere.

 

 

a cura di Linea Critica e per gentile collaborazione di Andreas Obermann



    
                               TORNA