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La
ripresa rallenta in Usa e Cina
e le borse mondiali vanno a picco
In Europa bruciati 103 miliardi in una
seduta. Piazza Affari e Madrid in coda ai listini, "gelati" anche
dalle preoccupazioni della Federal Reserve e i rischi di
deflazione. Wall Street chiude al -2,48%. L'euro affossato dal no
slovacco al prestito per la Grecia
di LUCA PAGNI
MILANO - Sarà che la corsa
delle Borse durava ormai dai primi di luglio e prima o poi c'era
da aspettarsi una correzione anche forte dei mercati. Ma non c'è
dubbio che l'ondata di vendite che si è abbattuta oggi sulle Borse
di tutto il mondo nasconda ben altro che non una semplice voglia
si speculazione. Quello che temono i mercati - così come tutte le
autorità economiche mondiali - è una seconda coda della recessione
che ha appena compiuto tre anni. Le avvisaglie ci sono tutte e il
pericolo vero si chiama deflazione: scarsa crescita, inflazione
che sale e mancata creazione di nuova occupazione.
Così è stato letto
,
la banca centrale americana che ha parlato di un rallentamento
della crescita più alto di quanto previsto e del pericolo che
l'inflazione torni a correre quanto prima. Facendo capire che
potrebbero occorrere nuove manovre a sostegno dell'economia
americana. Un primo esempio la decisione di investire sui titoli
di stato a lungo corso.
Una notizia che ha provocato la caduta di tutte le piazze Europee,
movimento accelerato da altri dati macro negativi. Dalla Cina è
arrivato l'allarme inflazione: si è attestata al 3,3% rispetto al
2,9% di giugno e alla 'soglia di attenzione' del 3% fissata dal
governo di Pechino. Inoltre, il dato della produzione industriale
cinese è cresciuto 'solo' del 13,4% rispetto a un anno fa,
segnando la variazione
inferiore da 11 mesi a questa
parte.
La Banca d'Inghilterra ha previsto un tasso di crescita per il
2011 inferiore a quanto aveva previsto. Ci vorranno "diversi anni"
prima che l'economia si riprenda, e possa "tornare a qualcosa che
possiamo definire anche lontanamente normale", ha sottolineato in
uno slancio di ottimismo il governatore, Mervin King.
Nel pomeriggio sono poi arrivati i dati sulla bilancia commerciale
Usa di giugno con un disavanzo superiore alle attese: è salito in
giugno a quota 49,9 miliardi di dollari da 41,98 in maggio. Il
dato, il peggiore degli ultimi 21 mesi, è superiore alle attese
degli analisti (42,7 miliardi). Come se non bastasse, il
parlamento slovacco ha bocciato la partecipazione del Paese al
prestito pluriennale dell'Eurozona a favore della Grecia.
Bratislava non presterà ad Atene la quota di sua competenza pari a
816 milioni di euro. Abbastanza per rilanciare il dollaro e
deprimere l'euro, tornato a quota 1,28 perdendo quasi il 2% in una
sola seduta
Il complesso di eventi ha fatto sì che il grafico di Borsa odierno
sia simile a un toboga: i listini sono scesi per tutta la giornata
e per l'Europa, in particolare, è stato un mercoledì nero. In una
sola giornata sono stati bruciati i guadagni di un mese: 103
miliardi di euro di capitalizzazione andata in fumo e soltanto per
le società a maggiore capitalizzazione.
Anche l'oro ha reagito alla caduta delle Borse tornando a
recuperare terreno, dopo le perdite dei giorni scorsi. Il prezzo è
così tornato sopra i 1.200 dollari: per l'esattezza sulla piazza
di Londra è arrivato a quotare 1205,5 dollari, in rialzo di 13
dollari rispetto alla chiusura di ieri.
In finale, tutte le piazze del vecchio Continente hanno chiuso sui
minimi: il Dax di Francoforte ha perso il 2,10%, il Cac40 di
Parigi il 2,74%, a Londra il Ftse 100 si ferma a -2,44%. A Milano
il Ftse Mib ha chiuso le contrattazioni in calo del 3,2% mentre il
Ftse All Share ha lasciato sul terreno il 3,04%.
Tra le blue chip di Piazza Affari, pioggia di vendite per i titoli
finanziari che sono ormai diventati il bersaglio preferito della
speculazione. La maglia nera del Ftse Mib è andata a Intesa
Sanpaolo (-6,01% a 2,42). Tra i bancari male anche Bpm (-4,68% a
3,86), Ubi Banca (4,64% a 7,81) e il Banco Popolare (-3,90% a
4,74). Non si salvano neppure Unicredit (-3,46% a 2,02), su cui
Nomura ha tagliato il target price (prezzo obiettivo) da 2,5 a
2,35 euro, e Generali (-3,03% a 15,06). Tra gli assicurativi il
titolo peggiore è stato però Mediolanum (-3,94% a 3,17). Per Fiat
un tonfo del 4,91% e scende sotto quota dieci euro, a 9,58 euro.
Male anche Stm (-4,86% a 5,97) dopo che l'indice di Philadelfia
sui semiconduttori è sceso ai minimi da cinque settimane. Tra gli
industriali ribassi intorno al 4% per Impregilo (-4,07% a 2) e
Ansaldo Sts (-3,9% a 9,48%. Sono tutti rossi i segni sul listino
principale. Tra gli altri, Finmeccanica (-2,39% a 8,38), Telecom
(-2,36% a 1,03), Enel (-2,31% a 3,8) ed Eni (-2,25% a 16,06).
E in serata arriva la coda negativa di Wall Street. Il Dow Jones
ha perso il 2,48% chiudendo a quota 10380,35 mentre il Nasdaq ha
fatto anche perggio, cedendo il 3,01 a 2208,63 punti.
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Rilasciati 95
permessi di ricerca degli idrocarburi: 24 in mare e 71 sulla
terraferma. Riguarda anche le aree marine protette

La produzione di olio greggio a terra è concentrata in 7
Regioni (Basilicata, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia,
Molise, Piemonte, Sicilia) e riguarda territori nelle province di
Potenza, Matera, Modena, Reggio Emilia, Frosinone, Mantova,
Milano, Campobasso, Novara, Caltanissetta e Ragusa. La produzione
nel 2009 è stata in totale di 4.024.912 tonnellate,
di queste il 74% arriva dalla sola Val d?Agri in
provincia di Potenza. Le aree date in concessione occupano 1.275
kmq per un totale di 266 pozzi, considerando solo
quelli destinati allo sviluppo della coltivazione
La
folle corsa all'oro nero made in Italy. A oggi nel
Belpaese sono stati rilasciati 95 permessi di ricerca di
idrocarburi, di cui 24 in mare,
interessando un'area di circa 11 mila chilometri quadrati,
e 71 sulla terraferma, per oltre 25 mila chilometri
quadrati. A queste si devono aggiungere le 65 istanze
presentate solo negli ultimi due anni, di cui ben 41 in
mare per una superficie di 23 mila chilometri quadrati. Sono
questi alcuni dei numeri del dossier nazionale "Texas Italia" di
Legambiente.
LA MAPPA DEL PETROLIO ITALIANO
La corsa all'oro
nero italiano, evidenzia
Legambiente stando alla localizzazione delle riserve disponibili,
riguarda in particolare le nostre coste e
non risparmia neanche le aree marine protette. Sono
interessati il Mar Adriatico centro-meridionale, lo Ionio e il
Canale di Sicilia. Nelle acque italiane oggi operano nove
piattaforme per un totale di 76 pozzi, da cui si estrae olio
greggio. Due sono localizzate di fronte la costa marchigiana (Civitanova
Marche, Macerata),
tre di fronte quella abruzzese (Vasto,
Chieti) e le altre quattro nel Canale di Sicilia
di fronte il tratto di costa tra
Gela e
Ragusa.
Passando dal mare alla terra, le aree del Paese
interessate dall'estrazione di idrocarburi sono
la Basilicata, storicamente sede dei più grandi pozzi e
dove si estrae oltre il 70% del petrolio nazionale proveniente dai
giacimenti della Val d'Agri (Eni e Shell),
l'Emilia Romagna, il Lazio, la Lombardia, il Molise, il Piemonte e
la Sicilia.
Complessivamente lo scorso anno in Italia sono state estratte
4,5 milioni di tonnellate di petrolio, circa il 6% dei
consumi totali nazionali di greggio. Ma la quantità rischia di
aumentare, perché si stanno moltiplicando sempre di più le istanze
e i permessi di ricerca di greggio nel mare e sul territorio
italiano. (Apcom)Pensiamo a salvare le coste della
Louisiana,
guardiamo con costernazione e sgomento alla sciagura che sta
devastando il Golfo del Messico. Ma forse non sappiamo che una
decina di piattaforme petrolifere sono già in uiso a poche miglia
dalle nostre coste. I pozzi in acque italiane sono sicuri?
Il dubbio deve essere sorto anche nelle menti governative se è
vero che, come si legge, il
Ministero dello Sviluppo Economico ha
disposto controlli urgenti sui
pozzi petroliferi attivi nelle acque italiane e ha sospeso tutte
le nuove autorizzazioni alle trivellazioni.
Gli impianti in Italia
Sono una decina le piattaforme off shore per l'estrazione del
petrolio, ma anche di gas e metalli, in funzione nei mari
italiani. Le principali piattaforme estrattive si trovano nel
canale di Sicilia e in Adriatico, mentre una è nel mar
Ionio, davanti a Crotone. In Sicilia gli impianti sono
stati costruiti nel tratto di mare compreso tra Pozzallo,
all'estremità sud-est dell'isola, e Gela. Tre sono invece
le piattaforme in mare davanti ad Ortona, in Abruzzo,
mentre una si trova più a sud, all'altezza di Brindisi.
Dubbia sostenibilità ambientale
Il Mediterraneo è già purtroppo il mare più inquinato da
idrocarburi, essendo solcato in lungo e in largo da petroliere
che lavano le cisterne al largo, sporcando le nostre spiagge.
A queste si aggiungono le piattaforme offshore che, sia
nella fase esporativa che in quella estrattiva, sono responsabili
del 10% dell'inquinamento totale da idrocarburi. Inoltre, per
potere trivellare nel mare, le compagnie petrolifere hanno bisogno
di speciali "fluidi e fanghi perforanti", sostanze
altamente tossiche e difficili da smaltire (lasciano,
infatti, tracce di cadmio, cromo, bario, arsenico, mercurio,
piombo, zinco e rame).
Va inoltre considerata la bassa qualità del petrolio
individuato nell'Adriatico, dove si concentrano le più recenti
ricerche: sabbioso e bituminoso (con un alto grado di idrocarburi
pesanti e ricco di zolfo), il cui prodotto di scarto più
pericoloso è l'idrogeno solforato (H2S), dagli effetti letali
sulla salute umana anche a piccole dosi.
Ci si augura, come sempre, che le autorità nazionali e locali
tengano in debita considerazione i cosiddetti "costi esterni" dei
progetti estrattivi offshore, ossia il costo che la
collettività dovrà sostenere per ripagare i danni causati alla
salute dell'uomo, all'agricoltura, al turismo, alla pesca, ecc.
Catastrofi dietro l'angolo?
Le relazioni ufficiali individuano tre tipologie di possibili
incidenti.
- Blow-out di gas durante la perforazione. E' il caso della
sciagura della Piper Halfa, 6 Luglio 1988, quando, a causa
di un malfunzionamento delle valvole di sicurezza, un'enorme
quantità di gas venne rilasciata in aria, dando origine ad una
serie interminabile di esplosioni. Centosessantasette
uomini persero la vita. Anche le conseguenze ambientali non furono
irrisorie: finirono in mare il fango di perforazione contenente i
detriti perforati, le acque di lavaggio, gli oli, i rifiuti solidi
urbani e assimilabili, serbatoi di gasolio che alimentano i
generatori elettrici ecc.
- Blow-out con fuoriuscita di petrolio incontrollata. E' il
disastroso caso verificatosi nel Golfo del Messico, conl'incendio
e il successivo crollo della piattaforma della BP.
Le relazioni prevedono la possibilità di tale evenienza ma non una
sola parola viene spesa per descrivere cosa accadrebbe in caso di
incidente.
- Collisioni di navi con la piattaforma. Anche in questo
caso viene citato questo tipo di rischio ma vengono nuovamente
menzionate solo le misure di sicurezza per evitarle.
Non va dimenticato, inoltre, che i disastri possono essere
originati, oltre che da errori umani, da cause naturali (come
tempeste e uragani) e che il
rischio di subsidenza,
nell'Adriatico è particolarmente alto.
Sedco 135F -
Bahia de Campeche, Messico, 1979. Fuoriuscirono 3.500.000 barili
di greggio. La falla fu chiusa 9 mesi più tardi.
Ekofisk Bravo - Norvegia, 1977. Fuoriuscirono
202.381 barili di greggio della Phillips Petroleum's in 8 giorni.
Funiwa - Delta del Niger, 1980. 200.000 barili di
petrolio fuoriuscirono in modo incontrollato per due settimane
devastando il delta del fiume.
Hasbah Platform - Golfo Persico, 1980.
L'esplosione del pozzo numero 6 fece 19 vittime e causò la
fuoriuscita di 100.000 barili di petrolio.
Union Oil Platform Alpha Well - Canale di Santa
Barbara, 1969 - La fuoriuscita di greggio si protrasse per11
giorni con un versamento complessivo di 80.000 barili
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Turbolenza sudamericana:
Venezuela, Ecuador e Colombia sempre più ai ferri corti: L'OMBRA DELLE
FARC
La scoperta di armi
sofisticate di provenienza venezuelana nelle mani delle Forze armate
rivoluzionarie della Colombia (Farc), i legami tra le Farc e l’Ecuador
e la concessione di alcune basi militari colombiane agli Stati Uniti
stanno infiammando la parte meridionale delle Americhe.
Secondo El País
si potrebbe aprire una crisi senza precedenti, visto anche il numero e
il peso dei paesi coinvolti. Se il presidente venezuelano Hugo Chávez
ha fornito armi alla guerriglia colombiana, l’ecuadoriano Rafael
Correa non smentisce di aver ricevuto dei soldi per la sua campagna
elettorale proprio dalle Farc. E poiché la miglior difesa è l’attacco,
i due si lanciano contro Bogotá e la sua amicizia con Washington. E le
relazioni diplomatiche s’interrompono.
Comunque
finirà, l’effetto principale e paradossale di questa crisi è quello di
aver ridato peso e vigore alle Farc, che tornano alla ribalta come un
fattore di destabilizzazione
della regione.
Le Forze Armate
Rivoluzionarie della Colombia - Esercito del Popolo, in
spagnolo
Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia -
Ejército del Pueblo, più
note con gli
acronimi di
FARC o FARC-EP, sono un'organizzazione paramilitare
comunista
clandestina
della
Colombia di
ispirazione
bolivariana
fondata tra il
1964 e il
1966 come
braccio armato del
Partito Comunista Colombiano.
Il movimento ha da
sempre basato la sua pratica politica sulla guerriglia creando una
struttura nota come "Partito Comunista Clandestino della Colombia". La
nascita delle "Forze Armate"
risale al
27 maggio
1964 durante
l'"Operazione
Marquetalia", una massiccia
operazione militare dello Stato colombiano atto a reprimere con la
forza le esperienze di autorganizzazione agraria contadina che si
erano sviluppate nelle regioni
Tolima e
Huila, che
rappresentavano per il governo un pericolo per l'integrità della
nazione definendo le stesse come delle "inaccettabili repubbliche
indipendenti". Alla luce della cruenta repressione i sostenitori di
quelle esperienze stabilirono che la
resistenza e la
lotta armata
era l'unica strada da percorrere per portare in Colombia il
cambiamento e le riforme strutturali che la popolazione chiedeva.
Il loro scopo è
sovvertire l'ordinamento statale colombiano per instaurare una
democrazia popolare socialista.
Per il governo colombiano e le
autorità degli
Stati Uniti e
dell'Unione
Europea sono un'organizzazione
criminale, in quanto responsabile, tra l'altro, del rapimento e
dell'uccisione di numerosi civili e di azioni di terrorismo (quali
attentati e sabotaggi) che mantengono la Colombia in uno stato di
forte destabilizzazione politica e di crisi sociale. Sono anche
accusate di autofinanziarsi mediante il traffico illegale di
narcotici, anche se le stesse FARC hanno sempre negato il loro
coinvolgimento nel narcotraffico. Nonostante le accuse di terrorismo,
le FARC-EP si considerano un movimento di guerriglia. Sostengono di
rappresentare gli interessi dei poveri che abitano la Colombia rurale
contro le classi ricche e si oppongono all'ingerenza degli
Stati Uniti d'America
negli affari interni della Colombia (particolarmente al
Plan Colombia),
alla privatizzazione delle risorse naturali, alle multinazionali e
alla violenza delle organizzazioni paramilitari.
Nel gennaio 2008 il
Presidente venezuelano
Hugo Chávez,
recentemente impegnato come mediatore nel sequestro di
Ingrid Betancourt,
ha avanzato la richiesta al governo colombiano di riconoscere le FARC
come "forza belligerante" di un conflitto civile e non più come un
gruppo terrorista.
Le FARC sono
probabilmente tra le più longeve organizzazioni ribelli del mondo
ancora esistenti e ad esse aderiscono una forza stimata (al 2008) di
6.000 - 16.000 effettivi, di cui tra il 20% ed il 30% con meno di 18
anni di età.[1].
Le FARC-EP controllano il 15-20 % del territorio colombiano al 2007,
concentrate principalmente nelle
giungle del
sud-est dello stato e nelle pianure ai piedi delle
Ande.
Una giovanissima
guerrigliera delle
FARC
Dopo la morte dovuta ad un
infarto dell'ex
leader
Manuel Marulanda Vélez
(noto come Tirofijo, ossia colpo sicuro) avvenuta il
26 marzo
2008, le FARC
sono guidate dal quasi sessantenne
Guillermo Leon Saenz,
detto Alfonso Cano, e da un gruppo di altri sette membri tra i quali
il comandante militare
Jorge Briceño.[2]
Il 1° marzo 2008 le forze
armate colombiane hanno ucciso, dopo aver sconfinato in territorio
dell'Ecuador,
il numero 2 delle FARC nonché portavoce
Raúl Reyes
insieme ad altri 18 membri delle FARC tra cui anche la figlia di
Manuel Marulanda Vélez
compagna di Reyes.[3]
Il
24 febbraio
2008 a
Roma è morto a
causa di un
cancro Bernardo
Gutierrez, ex capo delle FARC nel
1978, colpevole
secondo i ribelli di essere una figura chiave nei negoziati con il
governo Gaviria. Tra il
1990 e il
1994 si
incontrò più volte con l'allora presidente
Cesar Gaviria,
i due arrivano a firmare nel
1991 l'attuale
carta costituzione colombiana e proclamarono una tregua generale fra
esercito ed il EPL. Costretto all'esilio in
Italia. Poco
prima della sua morte lanciò un appello per la liberazione di
Ingrid Betancourt.
Il
18 maggio
2008 si è
costituita all'esercito colombiano
Nelly Avila Moreno,
detta "Karina", comandante del "Fronte 47", considerato uno dei più
attivi e violenti tra i vari gruppi rivoluzionari colombiani, e
responsabile dell'assassinio di
Alberto Uribe Sierra,
padre dell'attuale presidente della Colombia.
Il
31 agosto
2008 il governo
colombiano ha denunciato i contatti esistenti tra il responsabile
esteri di
Rifondazione Comunista,
Ramon Mantovani,
e le FARC; il dossier del governo Colombiano definisce i contatti "non
solo politici", le informazioni sui contatti con l'organizzazione
terroristica sono venute alla luce in seguito al ritrovamento del
computer di
Raul Reyes
(numero due della guerriglia) grazie ai cui documenti sono emersi
"appoggi espliciti, raccolta fondi, scambio informazioni". Il PRC ha
risposto a questa denuncia chiarendo che i contatti con le FARC sono
sempre stati alla luce del sole e avevano l'obiettivo di far
riprendere il processo di pace. [4]
all'università
tra autonomi e forze dell'ordine
Marcello
Pera scrive testi
importanti, ma che nessuno legge. Questo gigante del
pensiero fa il piazzista dei suoi libri dove può, anche
in un luogo pubblico come l'Università di Pisa. Mentre
Pera illustra il suo testo fondamentale: "Perché
dobbiamo dirci cristiani" in Ateneo, i celerini manganellano gli
studenti che protestano in strada. Tutto molto cristiano. Gli studenti
pagano la retta universitaria, ma non possono assistere
all'esibizione di Pera. Non si può criticare il senatore Pera del PDL,
prima craxiano, poi psiconano, mantenuto in Parlamento da quattro
legislature con i soldi dei contribuenti.
In tutta Italia si picchiano ragazzi che protestano, anche in modo vile
come è avvenuto a
Bergamo. Così non si può continuare. Prima o poi ci scappa il
morto. Nessuno deve essere autorizzato a picchiare un cittadino inerme,
soprattutto se indossa una divisa. Non c'è extraterritorialità per la
violenza. Invito gli studenti universitari a illustrare
le loro tesi in Parlamento, inizierei da: "Perché
non dobbiamo dirci piduisti e neppure mafiosi". Nel frattempo
senatori e deputati noti alle Forze dell'Ordine (più di un centinaio)
potrebbero ricevere opportune cariche di alleggerimento
della Celere.
Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.
"Caro signor Grillo,
sono Edoardo, ho 22 anni, studio alla facoltà di Scienze
Naturali di Pisa e collaboro come free lance con il giornale
toscano "il Tirreno". Venerdì pomeriggio io e un amico ci siamo recati
alla facoltà di Giurisprudenza per assistere
all'incontro con il senatore Marcello Pera, il quale doveva presentare
un libro. L'idea era quella di provare a fare qualche domanda, ma
purtroppo le cose non sono andate così. Arrivati davanti alla facoltà,
ci siamo uniti al sit-in di protesta, poichè la facoltà era stata
blindata. I poliziotti in tenuta antisommossa
non hanno permesso a noi studenti di entrare nella facoltà e hanno
intimato il dietrofront. noi abbiamo fatto un cordone non
violento e, a mani alzate, abbiamo continuato a chiedere a gran
voce di darci la possibilità di partecipare al dibatittito... non
l'avessimo mai fatto... come potrà rendersi conto dai video, è bastato
un minuto perchè gli animi dei ragazzi della celere si infiammassero.
Abbiamo subito tre cariche e molti ragazzi si sono
fatti male. alcune ragazze hanno ricevuto manganellate sugli arti, io ho
una mano lussata e molti giovani che non conoscevo si sono ritrovati con
la testa rotta... io non la chiamo per chiederle
solidarietà (o forse si), ma le persone che sono finite negli scontri
non erano "facinorosi", bensì giovani studenti che
erano li per caso: a pensi che all'ospedale ho incontrato due ragazzi di
18 anni, due studenti calabresi che vivono a Pisa per fare l'università
da nenche sei mesi, apolitici, che volevano solo assitere al
dibattito.... il fatto è questo ....oltra al danno la beffa.....è vero
che nel video alcuni ragazzi hanno acceso un fumogeno....ma da qui a
pensare che otto poliziotti si siano feriti mi viene da ridere....io
c'ero...e non sono un violento.....più sono saliti i nostri ferit, più
aumentavano quelli dei poliziotti..... il fatto è che dai video si vede
che siamo stati aggrediti....eppure stanno
incominciando a fioccare le denunce contro di noi (resistenza???) e la
stampa nazionale ha riportato solo i feriti della
celere ... io sono sconvolto signor Grillo, qui è sempre peggio... se
persino una città con un forte animo di sinistra come Pisa incomincia a
vedere queste cose vuol dire che qualcosa è definitivamente
cambiato....io la prego di rispondermi, anche solo per dirmi "non mi
interessa" , la prego davvero... sono tre giorni che non dormo....
Chiedo scusa per al lettera che riporta le notizie senza né capo nè coda
ma mi sento ancora molto scosso....sul sito di Pisa notizie potrà
visionare i video..." Edoardo
Leggi
Pisa NotizieGrillo: «Questo governo è illegale»
"Quale Paese fallirà per primo?"
l'Italia in cima alle scommesse
di VITTORIA PULEDDA
MILANO - Con l'ingegneria finanziaria si può fare quasi tutto, anche
scommettere su quante probabilità ha un paese di fallire. E l'Italia,
secondo alcuni parametri, ne ha una piuttosto alta. Ma partiamo
dall'inizio, dalla scommessa che implicitamente fanno gli investitori
che acquisteranno i prodotti strutturati proposti Jp Morgan, chiamati
appunto "First to default basket" a tre anni.
Il meccanismo è complesso, ma la logica tutto sommato è semplice: il
prodotto è, nella sostanza, un'obbligazione con una sua cedola
trimestrale, che paga gli interessi a meno che uno degli otto paesi
compreso nell'elenco - nel basket, appunto - fallisca (vada in default).
Basta che un solo paesi salti, e da quel momento in poi tutto quello
che l'investitore porterà a casa sarà limitato a quanto si riesce a
prendere dalla procedura post default; un po' come è successo con i
bond argentini. Il paese più a rischio all'interno del basket proposto
da Jp Morgan è l'Italia.
Il termometro che misura la febbre dei potenziali fallimenti si chiama
Cds, Credit default swap: è una sorta di premio di assicurazione,
quindi più si paga e più il rischio è alto (più è probabile che
davvero un paese fallisca). Ebbene, il Cds dell'Italia - all'interno
di questo paniere - è stato fissato a quota 130 mentre il paese più
virtuoso, l'Olanda, ha una "febbre" solo di 60, meno della metà
dell'Italia.
Il peggior indicatore del rischio-paese è dunque dell'Italia, ma fuori
dal paniere scelto da Jp Morgan almeno altri due stanno decisamente
peggio: la Grecia e l'Irlanda. Rispetto al Cds a tre anni, Atene
infatti ha un grado di rischio di 263 e Dublino di 358. Se poi ci
spostiamo sulla durata dei cinque anni (molto più "popolare" per
questo tipo di strumenti) il grafico della febbre mostra sempre due
ammalati gravissimi, l'Irlanda e la Grecia, mentre al terzo posto
troviamo l'Austria - con una "temperatura" di 255 - ma poi si arriva
inevitabilmente all'Italia, con un 191. La Spagna invece viene
fotografata a quota 140, il Portogallo a 130, la Francia a 88 e la
Germania a 86.
Un po' come c'è il termometro e il misuratore
della pressione, ovviamente i Cds non sono l'unico modo di valutare la
salute di un paese (o di una società). Un altro strumento molto usato
dai mercati finanziari è il rendimento dei titoli di Stato, in
particolare di quelli con una durata decennale. Ebbene, questi bond
considerati appunto benchmark, valori di riferimento, si possono
paragonare tra di loro, oppure si possono raffrontare con una specie
di "pietra miliare", un tasso di riferimento di mercato
particolarmente significativo (l'euro swap a 10 anni nel nostro caso).
Ebbene, ieri questo valore - dopo il taglio dei tassi della Bce - era
sceso al 3,386% ma chi volesse investire in un Bund tedesco
guadagnerebbe di meno; 34 centesimi in meno per la precisione. Al
contrario, un investimento in un titolo di Stato francese renderebbe
24 centesimi (punti base, nel gergo degli operatori) in più del tasso
swap sull'euro; fino ad arrivare ai 116 punti base dell'Italia
(passando per i 106 del Portogallo e i 72 del Belgio, a titolo di
esempio). E gli ultimi della classe, Irlanda e Grecia? Il primo offre
un rendimento aggiuntivo, sui suoi titoli, pari a 221 centesimi, il
secondo arriva a 237. In fondo, è un solo un modo diverso di valutare
il rischio-default.
(6 marzo 2009)
Piazza Affari precipita: Mibtel a -5,38%
Giornata negativa per tutto il Vecchio Continente dopo le
preoccupazioni espresse dalla Bce. Unicredit a 0,8 euro
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Operatori di Borsa al lavoro (Photomasi) |
MILANO
- Dopo una giornata tutta in negativo per le Borse europee, Milano
chiude con un pesantissimo calo del 5,38% (Mibtel) e del 5,85% (S&P/Mib).
Gli indici sono precipitati ai livelli di 13 anni fa in una seduta con
oltre 720 milioni di azioni scambiate. Anche le altre Borse europee
hanno subito l'ennesima batosta bruciando altri 144 miliardi di
capitalizzazione. A Parigi il Cac40 ha perso il 3,96%, a Francoforte il
Dax il 5,02%, a Londra il Ftse100 il 3,18%, a Madrid l’Ibex35 il 4,31%,
ad Amsterdam l’Aex il 5,2%. Più contenute le perdite a Zurigo dove lo
Smi ha ceduto l’1,65%. L'indice Dj Stoxx 600, che fotografa l'andamento
dei principali titoli quotati sulle borse del Vecchio Continente, ha
perso il 3,6%.BANCARI ED ENERGETICI - Il mercato ha risentito, anche più
degli altri europei e di Wall Street, tutti comunque in forte calo,
delle preoccupazioni per il futuro dell'economia espresse da Jean Claude
Trichet che,
dopo aver tagliato i tassi di un ulteriore
0,50%, non ha
escluso ulteriori interventi stimando una flessione del Pil europeo nel
2009 fra -2,2% e -3,2%. A peggiorare il clima è poi giunto l'allarme
lanciato da General Motors: a New York i titoli del colosso Usa sono in
calo del 15% e l'intero listino americano ne risente. Particolarmente
sofferenti, a Piazza Affari, i titoli delle banche e gli energetici.
Unicredit ha ceduto l'11,75% a 0,8 euro, toccando un nuovo minimo
storico; Banco Popolare il 10,5%, a quota 2,27 euro. A picco anche
Intesa (-9,3% a quota 1,56 euro) seguita dagli assicurativi Mediolanum
(-9,3%), Alleanza (-8,6%), Unipol (-7,9%) e Generali (-6,4%). Malissimo
anche gli editoriali con Seat (-9%) e Mondadori (-7,8%), gli energetici
con Eni (-7,5%) e Tenaris (-5,4%) e poi Lottomatica (-7,1%), Prysmian
(-6,8%) e Pirelli (-6,7%). Si salvano solo Snam (+1,5%), Terna (+0,7%) e
Impregilo (+0,4%). In Europa i titoli assicurativi sono stati i più
colpiti in scia al crollo a Londra di Aviva, il primo gruppo britannico
del settore, che ha lasciato sul terreno il 33% dopo aver annunciato una
perdita netta per il 2008 di 885 milioni di sterline (992 milioni di
euro) dovuta a svalutazioni di asset. In scia Legal & General (-27,8%),
Prudential (-18,8%), Allianz (-9,8%), Axa (-9%).WALL
STREET E ASIA - Andamento
negativo per Wall Street che a due ore dalla chiusura presenta gli
indici in calo di circa il 3%. Il Dow Jones cede il 3,30%, l’S&P500 il
3,54%, il Nasdaq il 2,96%.
Il rischio di bancarotta per il colosso
dell’auto General Motors
(il cui titolo registra uno scivolone del 16%) sta frenando gli
investitori dall’assumere nuove posizioni sull’azionario. Le vendite
stanno interessando tutti i fronti. A segnare i maggiori ribassi è il
comparto finanziario, appesantito dalla brutta performance di
Citigroup,
sceso per la prima volta sotto la soglia di un dollaro. Il titolo segna
un calo superiore al 12%; JP Morgan, Bank of America e Wells Fargo
lasciano sul terreno oltre 10 punti percentuali. Tutti i componenti del
Dow Jones trattano in rosso, fatta eccezione per General Electric e per
il colosso retail Wal-Mart, quest’ultimo forte delle vendite comparate
migliori delle attese riportate nel mese di febbraio. Tra i titoli
hi-tech, vendite sui giganti Apple, Microsoft, Intel e Google. Sugli
altri mercati, nel comparto energetico arretra il greggio. I futures con
consegna aprile segnano un ribasso di 1,22 dollari, a 44,16 al barile. I
mercati asiatici invece hanno risentito in parte ancora del vento
rialzista giunto mercoledì da New York. Chiusura in rialzo per la Borsa
di Tokyo dove il Nikkei guadagna l'1,95%. Salgono dello 0,87% Shanghai e
del 2,11% Taiwan. In flessione Hong Kong (-0,69%) e Seul (-0,1%).
DOPO LA BANCAROTTA DI ISLANDA E UCRAINA,
E' IL MOMENTO DELL'IRLANDA. TUTTAVIA LA CRISI NON ESISTE....
Irlanda, il mito europeo fa crac
Oltre 100 mila persone sono scese in piazza a Dublino per protestare
contro i tagli decisi dal governo Dal nostro
corrispondente Fabio Cavalera
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(Afp) |
LONDRA
-
«Consumata dal consumismo». La signora Mary McAleese, presidente
dell'Irlanda, ha spiegato con queste parole il crollo della Tigre
Celtica. Avendo alla spalle due professioni come quelle di avvocato e di
giornalista, Mary McAleese, in carica ormai da una dozzina d'anni, ha
saputo sintetizzare con efficacia ciò che è accaduto in un Paese
considerato fino a qualche mese fa un «esempio virtuoso» per tutta
quanta l'Europa. Dublino si è ritrovata, di punto in bianco, a dovere
ripartire da zero: aveva scalato le classifiche delle migliori
performance economiche a livello continentale (il suo Pil
fino al 2007 cresceva annualmente del 7 per cento) ma, alla fine, si
accorge che è stata solo una finta. Una gigantesca bolla che una volta
scoppiata lascia in eredità un cumulo di macerie.
È vero, gli irlandesi negli ultimi dieci anni
hanno consumato come pochi altri al mondo. Ma, in maniera speculare, si
sono pure indebitati come pochi altri al mondo. «Consumati dal
consumismo», analisi impietosa che calza alla perfezione. Le stime
ufficiali dicono che, mediamente, ogni contribuente è oggi scoperto per
100 mila euro. La montagna complessiva, per i quattro milioni di
cittadini della Repubblica, è dunque di 400 miliardi di euro. E, siccome
sono soldi che non si vedranno mai più, lo Stato deve correre ai ripari
perché l'effetto moltiplicatore è drammatico. Le sei banche più
importanti hanno concesso mutui e prestiti come coriandoli, alimentando
il sogno di un boom immobiliare che si è materializzato nella
costruzione di 128 mila nuovi edifici nell'arco di un biennio
(2005-2007). Un cantiere gigantesco, simbolo di un'Irlanda che si
presumeva prospera e felice. Invece, gli istituti di credito sono con
l'acqua alla gola. La Anglo-Irish Bank è stata nazionalizzata a metà
gennaio nel giro di un pomeriggio e con un comunicato del ministero
delle Finanze: «Dopo un consulto con il consiglio di amministrazione,
l'esecutivo ha deciso di effettuare i passi necessari alla
nazionalizzazione». Per le altre cinque banche più importanti lo Stato
ha messo sul piatto, fra l'autunno e l'inverno, una decina di miliardi
di euro.
Digitale terrestre, prime sconfitte
Gli esperti tv: «Tecnologia costosa, limitata,
obsoleta» Esperienza difficile in Sardegna. E si guarda al satellite
 |
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Un dubbio, un forte
dubbio, sta serpeggiando fra gli operatori del settore: a Mediaset
qualcuno non ci dorme la notte; in Rai dicono che non è colpa loro, che
se non ci fosse stata di mezzo l'imposizione dell'Unione europea…; al
ministero rassicurano, non potendo fare altro. Il dubbio nasce dal fatto
che, dopo infiniti rimandi, il digitale terrestre incontra più
difficoltà del previsto e che, alla fine, rischia di rivelarsi per
quello che è: una tecnologia obsoleta, costosa, limitata. Quello che
l'ex ministro Gasparri presentava come il Paradiso terrestre delle
comunicazioni pare ogni giorno di più un inferno. La messa in opera del
Dtt è in sofferenza, come testimonia la Sardegna, dopo lo switch off di
ottobre, lo spegnimento della tradizionale tv analogica e il passaggio
coatto alla nuova tecnologia. In molte zone ci sono seri problemi di
ricezione: non si vede ancora il nuovo ma non si vede più neanche il
vecchio. Della nuova situazione ha approfittato Sky, aumentando il
normale trend dei propri abbonamenti sull'isola. Che il passaggio da una
tecnologia di vecchio tipo a una nuova comportasse una serie di problemi
lo si sapeva, succede in tutti i campi. C'è molta confusione sui decoder
(quelli comprati a minor prezzo non danno garanzie di affidabilità,
alcuni non hanno nemmeno gli standard europei e quindi non riescono a
captare le frequenze Vhf, su cui trasmette la Rai), la sintonizzazione
dei canali non è impresa facile, molte antenne vanno sostituite o
ripuntate e comunque liberate dei vecchi filtri. Nei centri urbani i
risultati cominciano a dare i loro frutti e dove prima si vedevano 20 o
25 canali adesso se ne possono vedere 80, con una migliore qualità
dell'immagine. Ma i veri problemi di fondo sono altri, due in
particolare. La tecnologia del Dtt è una tecnologia pesante, ha bisogno
di molti trasmettitori, più potenti e più capaci dei mille e mille
vecchi tralicci con cui, in cinquant'anni di storia, la Rai è riuscita a
«illuminare» l'intero Paese.
È vero, come sostiene
qualcuno, che anche altri Paesi europei hanno avuto problemi nel
passaggio dall'analogico al digitale ma nessun Paese europeo ha la
struttura orografica dell'Italia. C'è tutto un fiorire di aneddoti e di
leggende sulla straordinaria bravura dei tecnici Rai nel portare il
segnale nelle più sperdute e inaccessibili zone delle valli alpine e
della dorsale appenninica. Adesso il problema si ripropone, più grande
ancora. Come dimostra appunto il caso dell'esperimento Sardegna. E
quando, fra poco, toccherà alla Valle d'Aosta, al Piemonte, al Trentino,
alla Campania cosa succederà? A fronte di questi intoppi, per altro
prevedibili, c'è da registrare un'aggiunta importante: per mantenere
attivi i trasmettitori ci vuole un enorme impiego di energia in un paese
dove l'energia si compra a caro prezzo. Se si spegnessero tutti i
trasmettitori si potrebbe tranquillamente alimentare una città,
contribuendo a diminuire l'inquinamento elettromagnetico. Senza contare,
al contrario, che il segnale via satellite ha bisogno di minore energia.
Il secondo grande problema è questo: il Dtt è la conseguente evoluzione
del segnale analogico; si pensava quindi, ragionevolmente, che il
passaggio fosse più naturale, meno traumatico, specie in regioni
pianeggianti. Con un semplice decoder l'utente trasforma il vecchio
televisore in una macchina delle meraviglie. Il che è vero, ma solo in
parte. Senza entrare troppo nello specifico, il Dtt è una tecnologia
limitata, perché riesce a fornire un numero alto ma pur sempre contenuto
di frequenze. Un esempio: in questo momento va in onda il Grande
Fratello, un programma la cui caratteristica principale è che le
telecamere nella casa romana sono accese 24 ore su 24. Su Sky c'è un
canale apposito (Sky Show, 116) per vivere in diretta questa discussa
esperienza. Il Dtt ne propone addirittura due, di canali: Extra1-
Premium ed Extra 2-Premium. Il Dtt è più ricco del satellite? No, per
niente. Su Sky Show c'è un tasto verde con cui si possono scegliere,
senza cambiare canale, ben quattro inquadrature differenti, con i
rispettivi sonori. Il Dtt, per fornire due inquadrature differenti, deve
impiegare non uno ma due canali. Il Grande Fratello può apparire un
esempio poco significativo («E chissenefrega di vedere il GF!») ma se
noi ragioniamo sul futuro della tv le cose si complicano non poco. La
tendenza in tutto il mondo, a partire dagli Stati Uniti, è quella di
offrire anche programmi in Alta Definizione. Che è uno strabiliante modo
di vedere la tv in grado di cambiare radicalmente le nostre abitudini,
non solo per lo sport o per il cinema.
Ma se, per ipotesi, si
cercasse di portare l'HD sul Dtt i canali si ridurrebbero drasticamente,
perché l'Alta Definizione occupa molto spazio. E poi non si era detto
che l'etere bisognava riservarlo alla telefonia? L'Italia non è un paese
cablato come gli Stati Uniti, o lo è solo parzialmente. A New York, con
circa cento dollari al mese, ci si può collegare al cavo ed avere,
contemporaneamente, i servizi televisivi (un'infinità di canali, a
secondo del tipo di abbonamento) e quelli telefonici, compreso Internet.
L'ideale per l'Italia sarebbe l'introduzione del WiFi, per poter
usufruire dei vantaggi della Rete in ogni situazione, per facilitare
l'integrazione fra televisore, pc e palmare. O la banda larga via
satellite. C'è infine un problema di investimenti: impiantare il Dtt
terrestre costa. Bisogna comprare nuove frequenze, bisogna alimentare i
trasmettitori, bisogna programmare nuovi decoder interattivi, bisogna…
ma in Rai non c'è una lira. Non a caso lo sviluppo del Dtt è
asimmetrico, sia dal punto di vista tecnologico che da quello della
programmazione. A parte il piccolo miracolo di Rai4, Mediaset è molto
più avanti, è come se, paradossalmente, si dovesse tirare dietro il suo
competitor (o presunto tale, visto che nel frattempo il posto è stato
occupato da Sky). Mediaset sul Dtt ha tre ottimi canali (Mya, Joy e
Steel) ma fatica a dare loro la visibilità che meritano. Quanto tempo ci
vorrà ancora perché questi tre canali entrino nelle nostre abitudini
visive? Per questo, l'invito a pranzo di Fiorello da parte del
presidente del Consiglio Silvio Berlusconi va letto in maniera meno
folcloristica di come è stato fatto. Per questo, Mediaset sta pensando
di coinvolgere la Rai in una nuova avventura satellitare, Tivù Sat (48%
Mediaset, 48% Rai, 4% La7). Eutelsat ha già pronto un satellite con
nuovi trasponder, non bisognerà nemmeno spostare la parabola di Sky. A
quel punto che fine farà il «vecchio» e costoso digitale terrestre?
Assicurazioni, crollano gli utili
Raccolta premi giù del 10%
ROMA - Crolla nei primi
sei mesi del 2008 l'utile del comparto assicurativo italiano. Secondo
i dati dell'Isvap, le imprese assicurative hanno conseguito un utile
netto complessivo pari a 188,1 milioni di euro, con un crollo del
94,3% rispetto ai 3.287,5 milioni dello stesso periodo 2007,
"sostanzialmente - spiega l'Isvap - a causa dello sfavorevole
andamento dei mercati finanziari". In calo del 10,2% anche la raccolta
premi.
Infatti i premi lordi contabilizzati nei rami vita e danni
relativamente al portafoglio italiano ed estero, diretto e indiretto
sono ammontati nei primi sei mesi dello scorso anno a 49.400,1 milioni
di euro, con un calo del 10,2% rispetto allo stesso periodo del 2007.
A soffrire è stato soprattutto il ramo vita, la cui raccolta è
ammontata a 29.220,6 milioni di euro (-15,9%). Con riferimento ai
principali rami della gestione vita, la raccolta del ramo
'Assicurazioni sulla durata della vita umana', che è pari a 14.717,6
milioni di euro è cresciuta dell'1,7% rispetto al primo semestre 2007.
Tiene invece il ramo danni, con una raccolta premi di 18.836 milioni
di euro, sostanzialmente stabile rispetto ai primi sei mesi del 2007
(+0,1%). All'interno del comparto danni, l'Isvap registra una
diminuzione nel primo semestre del 2008 della raccolta del settore Rc
auto. I premi contabilizzati dalle assicurazioni nel comparto sono
ammontati a 9.306,2 miliardi, in calo del 2,7% rispetto ai primi sei
mesi del 2007.
Per quanto riguarda l'utile, l'Isvap evidenzia che la gestione danni
ha registrato un utile di periodo di 745,6 milioni di euro (contro
1.765,6 milioni di euro nel primo semestre 2007), mentre nella
gestione vita si è rilevata una perdita di periodo di 557,5 milioni di
euro (contro i 1.521,9 milioni di euro di utile nel primo semestre
2007).
Bce taglia i tassi dello
0,5%, ora sono al 2%
Trichet: turbolenze finanziarie più forti
Il presidente della
Bce: significativo rallentamento dell'economia dei 16 che durerà a
lungo
FRANCOFORTE (GERMANIA)
- Colpo di
scena. La Bce ha deciso con una mossa a sorpresa di tagliare i tassi
dello 0,50%, portandoli al 2%, il minimo storico dalla nascita
dell'euro. La Banca centrale europea ha anche deciso di tagliare i
tassi sui depositi di un punto portandoli all'1%.
CALO
- Nell’ultima riunione del 2008 la Bce aveva varato la più consistente
riduzione dei tassi mai decisa in un colpo solo, 0,75 punti in meno
che ha seguito altri due tagli, in entrambi i casi da mezzo punto
percentuale.
 |
Il presidente
della Bce Jean-Claude Trichet (LaPresse) |
Lo scorso 8 ottobre,
in reazione all’aggravarsi della crisi finanziaria - ora chiaramente
estesa a tutta l’economia reale - la Fed, la Bce, la Bank of England e
altre delle maggiori banche centrali mondiali avevano deciso un taglio
simultaneo dei rispettivi tassi di riferimento per mezzo punto
percentuale. Da allora hanno proseguito in ordine sparso. Negli Stati
Uniti la Federal Reserve ha proseguito a ridurli aggressivamente, fino
ad azzerarli quasi del tutto, da alcune settimane mantiene una
forchetta di fluttuazione simbolica tra zero e 0,25 punti. La scorsa
settimana si è nuovamente mossa la Banca d’Inghilterra, anch’essa
molto decisa in precedenza, con un taglio da mezzo punto che ha
portato i tassi per la sterlina all’1,5 per cento, segnando un nuovo
minimo sugli oltre tre secoli di storia di questa istituzione.
TRICHET
- « Gli ultimi dati
disponibili relativi ai mesi di novembre e dicembre indicano un
ulteriore peggioramento dell'economia di Eurolandia. Le pressioni
inflazionistiche di Eurolandia sono scese ulteriormente, anche se i
rischi per la stabilità dei prezzi nel medio e lungo termine
continuano ad essere bilanciati. Non è nostra intenzione ritrovarci in
una trappola della liquidità» ha dichiarato il presidente della Bce,
Jean-Claude Trichet. Le statistiche recenti indicano un «significativo
rallentamento» per l'economia di Eurolandia dovuto ad una
«intensificazione dell'instabilità finanziaria», e ciò «durerà per un
periodo prolungato» ha spiegato Trichet. « «Le pressioni
inflazionistiche sono diminuite» ha detto ancora il presidente della
Bce secondo il quale però «i tassi d'inflazione fluttueranno
fortemente» e «ci aspettiamo che l'inflazione riprenda a salire nel
secondo semestre dell'anno».
Poi Trichet si è soffermato sulla possibilità di un ulteriore taglio
dei tassi nei prossimi mesi: «Oggi i tassi sono al 2%. Non abbiamo mai
detto che sia il limite e che non li ridurremo ulteriormente». Le
stime diffuse in dicembre dalla Bce sulla crescita dell'eurozona sono
«troppo ottimistiche» e, per quanto riguarda la crescita «saranno
probabilmente sottoposte a una consistente revisione al ribasso in
marzo», quando saranno diffuse le proiezioni aggiornate ha poi
aggiunto Trichet.
Ing taglia 7000 posti di lavoro
Philips licenzierà 6000 dipendenti
Riduzioni di
personale in tutto il mondo per il gruppo bancario e assicurativo e il
big dell'elettronica
 |
Un'immagine
di una celebre campagna pubblicitaria della Ing (Archivio Corsera) |
L'AJA (OLANDA)
- Il gruppo bancario e assicurativo olandese Ing ha annunciato oggi
per il 2009 il taglio di 7.000 posti di lavoro in tutto il mondo,
nell’ambito di un piano di riduzione dei costi di un miliardo di euro.
Stando ai risultati provvisori, nel 2008 il gruppo ha registrato una
perdita netta di un miliardo di euro. Ing aveva ricevuto nel dicembre
scorso un prestito di dieci miliardi di euro dal governo olandese.
PHILIPS
- Tagli di personale in vista anche per il colosso dell'elettronica
Philips, che licenzierà 6000 dipendenti in tutto il mondo. La
ristrutturazione, ha aggiunto un portavoce, permetterà di risparmiare
circa 400 milioni l'anno, a partire dal secondo semestre del 2009, e
tutte le divisioni del gruppo verranno coinvolte. Nel 2008 Philips ha
registrato una perdita netta di 186 milioni di euro, contro l'utile di
4,16 miliardi del 2007. I ricavi annui sono stati pari a 26,39
miliardi di euro, in calo dell'1,5% rispetto all'anno precedente.
Nell'ultimo trimestre del 2008 Philips ha perso 1,5 miliardi di
dollari.
CATERPILLAR
- Cattive notizie per l'occupazione anche da oltreoceano dove sono in
arrivo drastici tagli a Caterpillar, il colosso americano di veicoli
industriali e per l’edilizia. Il gruppo ha annunciato che intende
tagliare 20 mila posti la sua forza lavoro globale, ritrutturazioni
necessarie a far fronte a un anno che si annuncia "molto difficile",
secondo quanto riporta un comunicato, e in cui il gruppo prevede una
contrazione del 20% sul fatturato.
SPRINT
- Anche la compagnia telefonica Sprint Nextel ha annunciato il taglio
di 8000 posti di lavoro.
THUN
- Anche il rinomato
marchio di porcellana ceca Thun, che ha la fabbrica di produzione a
Karlovy Vary, licenzierà questa settimana 1.100 dei 1.800 dipendenti,
secondo quanto annunciato dal direttore generale Vlastimil Argman. A
suo dire, l'industria, che è in stato di crisi dal 10 dicembre,
potrebbe essere salvata solo mettendola in vendita. Nonostante la
dichiarazione di fallimento dal 10 dicembre, la produzione
nell'impianto andrà avanti fino a fine a marzo.
Le Borse chiudono in
calo
Mibtel -1,78 per cento
Wall Street in rally con il Dow Jones che
chiude a +3,46 per cento
di VITTORIA PULEDDA
MILANO - Giornata sull'ottovolante per le Borse europee. Dopo
un'apertura in deciso calo (ad un paio d'ore dall'avvio le perdite
erano superiori ai due punti percentuali) le cose sono sembrate
migliorare in corrispondenza peraltro con i primi segnali della
pre-apertura positiva a Wall Street: gli indici hanno così ritrovato
il segno positivo, in particolare Francoforte, su dell'1,5% (mentre
Piazza Affari ha giocato tutta la seduta con la maglia nera e anche
nel momento migliore ha limitato le perdite allo 0,8%). Ma poi, con
il passare delle ore, è tornato a prevalere il pessimismo e la
chiusura in Europa è stata contrastata: più 0,5% Francoforte, meno
0,77 Londra, meno 0,67 Parigi e soprattutto meno 1,78% il Mibtel,
che si conferma così il peggior listino nel Vecchio Continente. In
controtendenza invece Wall Street che dopo il calo pesante della
seduta precedente ha chiuso con il Dow Jones a +3,46% e il Nasdaq a
+4,42%.
Il minimo comun denominatore di quest'ennesima giornata difficile è
stata la crisi delle banche: a partire da Barclays, di cui il
mercato teme la completa nazionalizzazione, e che ha vissuto buona
parte della seduta in calo di oltre il 30% (anche se poi nell'ultima
mezz'ora ha limitato i danni ad un meno 9,33%); in buona compagnia,
del resto, con l'altra banca britannica Lloyds, che ha ceduto il
31%, mentre la Royal Bank of Scotland ha vissuto tutta la seduta in
forte rialzo, toccando guadagni superiori anche al 20%. Sorte
contrastata ma alla fine bilancio positivo anche per Bnp Paribas
(che il giorno prima aveva perso nettamente terreno), mentre la
svizzera Ubs ha guadagnato l'11%.
Giornata difficile anche per le banche italiane: partite in
fortissimo calo, Unicredit e Intesa Sanpaolo hanno concluso gli
scambi in maniera contrastata, poco lontano dalla parità la prima
(meno 0,67%) in forte calo la seconda (meno 5,26) mentre Mps ha
perso il 3,5% e Ubi è rimasta al palo (invariata). In rialzo invece
Bpm (più 1,33%) e Banco Popolare (più 3,28%): l'istituto ha
dimezzato i guadagni rispetto ai massimi della giornata, sull'onda
delle voci speculative - ancora una volta seccamente smentite - di
possibili accordi e sulle dichiarazioni rassicurati del neo-ad
Saviotti.
Il titolo migliore della giornata è stato invece Fondiaria; sul
versante opposto Lottomatica (meno 6,8%) e Mediaset (meno 5,46%)
mentre fuori dal listino dei titoli a maggior capitalizzazione
Tiscali ha perso l'8,5 nel giorno in cui ha annunciato il piano di
razionalizzazione (meno 2,4% Telecom). Positiva, ma ancora sotto i 5
euro, Fiat (più 0,68%).
SHELL: IN ROSSO DI 2,8 MILIARDI DOLLARI NEL
4* TRIMESTRE
Il colosso
petrolifero anglo-olandese Shell annuncia una perdita netta di 2,8
miliardi di dollari nel quarto trimestre, a fronte di un utile di 8,47
miliardi di dollari nello stesso periodo dell'anno scorso. Il calo dei
profitti e' legato alla discesa del prezzo del petrolio. Nel 2008 gli
utili netti calano del 16% a 26,28 miliardi di dollari.
L'amministratore delegato della Shell Jeroen van der Veer considera
"soddisfacenti" i risultati del quarto trimestre, anche in
considerazione "delle pressioni sulla domanda di petrolio e di gas
dovute all'indebolimento dell'economia globale". E fa sapere che la
sociata' intende pagare dividendi "competitivi e progressivi". nel
quarto trimestre, con l'esclusione degli oneri per i valori delle
scorte, la Shell registra un utile in calo del 28% a 4,79 miliardi di
dollari, mentre nel 2008 registra un profitto in crescita del 14% a
31,37 miliardi di dollari.
Auto, l'allarme di Marchionne
«In Italia 60 mila posti a rischio». Solo 24 ore prima aveva dichiarato
di aver preso il 35% di Chrysler....
Banca Intesa valuta
prestito a Fiat, si parla di finanziamento da 3 miliardi di euro
Il governo pensa a incentivi per la rottamazione per una cifra dai 300
ai 400 milioni
Auto, vertice su aiuti a Palazzo Chigi
Marcegaglia: a rischio 300mila posti
Scajola: "Pacchetto entro dieci giorni". Epifani:
"Non si può perdere tempo"
Montezemolo: "La situazione non è rosea, servono decisioni chiare e
rapide"
ROMA - Nuovo round di
discussione oggi per gli aiuti al settore auto. Dopo
l'incontro di ieri sera tra il governo e i
vertici del Gruppo Fiat, a
Palazzo Chigi si discute delle misure da prendere e la Borsa scommette
sul risultato positivo, regalando in chiusura al titolo dell'azienda
torinese un +6,8%.
Scajola smentisce le cifre. Il governo è pronto a mettere sul tavolo,
secondo indiscrezioni, un pacchetto che prevederebbe incentivi per la
rottamazione per un totale di circa 300 milioni di euro. La somma
potrebbe tuttavia essere rivista al rialzo fino a 400 milioni, anche
se il ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola getta acqua
sul fuoco: "Le cifre non corrispondono a quello che vogliamo fare che
corrisponde a provvedimenti incisivi ma compatibili con la finanza del
nostro paese". Si parla soprattutto di rottamazione per incentivare
l'acquisto di auto ecologiche Euro 4 e Euro 5 in sostituzione di
vetture Euro 0, 1 e 2.
Ancora 10 giorni. A Palazzo Chigi, il governo annuncia alle parti
sociali che entro dieci giorni l'esecutivo varerà un pacchetto di
incentivi per fronteggiare la crisi del settore. L'impegno
dell'esecutivo, avrebbe precisato Scajola, è su "misure per il rinnovo
del parco circolante collegate all'ambiente e misure di sostegno
all'innovazione".
Il ruolo delle Regioni. Per conoscere la disponibilità delle risorse
che verranno messe in campo per l'auto, chiarisce alla fine del
vertice il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni, bisognerà
attendere la prossima riunione tra governo e parti sociali. Il leader
della Cgil Guglielmo Epifani precisa che prima di varare provvedimenti
sugli ammortizzatori sociali e sull'auto, l'esecutivo attende l'esito
del tavolo con le Regioni. Ma il tempo stringe. "I nodi vengono al
pettine - aggiunge Epifani - quello che si è voluto negare prima ora è
evidente", e la situazione occupazionale "sta diventando veramente
pesante. Non c'è tempo da perdere".
L'idea Banca Intesa. Intanto emergono indiscrezioni sul possibile
contributo di alcune banche. "Stiamo lavorando con loro sul prestito.
Cifre non ne faccio", conferma da Davos l'amministratore delegato di
Banca Intesa, Corrado Passera, rispondendo a una domanda dei
giornalisti sulla possibilità di un finanziamento da parte delle
banche alla Fiat. Secondo le voci arrivate alla stampa Unicredit,
Banca Intesa e Bnp Paribas starebbero preparando un prestito da circa
tre miliardi di euro.
Disoccupazione in agguato. La crisi nel settore e nell'indotto,
secondo il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, rischia di
mettere in pericolo fino a 300 mila posti di lavoro sul totale di una
filiera di un milione di addetti. La previsione, fatta al vertice a
Palazzo Chigi, si riferisce all'eventualità di un calo degli
ordinativi del 60% nel primo trimestre dell'anno. La situazione
dell'industria automobilistica, rincara il presidente di Fiat, Luca
Cordero di Montezemolo, è "molto, molto, difficile in Italia" e "le
prospettive per il futuro non sono certo rosee". "Questa situazione di
indecisione - aggiunge - è molto dannosa per il mercato. Quello che ci
interessa è che ci siano decisioni chiare e rapide".
Veltroni contro gli annunci. "Con le voci di annunci di incentivi -
denuncia invece il segretario del Pd Walter Veltroni - si blocca il
mercato perché nessun italiano si compra la macchina se pensa che un
mese dopo scattano gli incentivi. Il governo la deve smettere con gli
incentivi e prendere decisioni nell'interesse del Paese".
Sciopero a Mirafiori. La giornata fa registrare
anche uno sciopero del lavoratori dello stabilimento Fiat di Mirafiori,
dalle 15 alle 17, "contro il rischio della chiusura di stabilimenti e
di licenziamenti". Con un corteo attraverso la fabbrica. "Non ci
faremo chiudere dagli spiccioli di Tremonti, la Fiat mantenga la
produzione in Italia", commenta il segretario generale della Fiom
torinese, Giorgio Airaudo.
«È reale il pericolo che 60 mila lavoratori
restino a casa senza un intervento del governo»
 |
Sergio Marchionne (LaPresse) |
TORINO - A due giorni dal tavolo sulla crisi
del settore automobilistico in programma a palazzo Chigi tra Governo,
imprese del settore e sindacati (Fiom, Fim, Uilm e Fismic), l'ad di Fiat
Sergio Marchionne conferma i timori espressi dai sindacati e lancia
l'allarme: «Il rischio che 60.000 lavoratori del comparto auto, in
Italia, restino a casa, se non ci sarà un intervento del governo, è
reale» ha detto l'amministratore delegato del Lingotto. Marchionne ha
parlato entrando all'Unione Industriale dove si tiene la riunione del
consiglio direttivo sulla crisi economica.
Berlino, 6 gen.2009 -
E' morto suicida il miliardario tedesco Adolfo Merkel, 74 anni,
ritrovato lungo i binari ferroviari dopo essere stato travolto da un
treno. La conferma e' venuta dalla famiglia di Merkel, a capo di uno dei
patrimoni piu' consistenti del mondo, ma negli ultimi tempi vittima di
una grave crisi finanziaria che lo aveva costretto ad aprire serrate
trattative con le banche per evitare il fallimento.
Bce taglia i tassi dello 0,5%, ora sono al 2%
Trichet: turbolenze finanziarie più forti
Il presidente della Bce: significativo
rallentamento dell'economia dei 16 che durerà a lungo
FRANCOFORTE (GERMANIA)
- Colpo di
scena. La Bce ha deciso con una mossa a sorpresa di tagliare i tassi
dello 0,50%, portandoli al 2%, il minimo storico dalla nascita
dell'euro. La Banca centrale europea ha anche deciso di tagliare i tassi
sui depositi di un punto portandoli all'1%.
CALO
- Nell’ultima riunione del 2008 la Bce aveva varato la più consistente
riduzione dei tassi mai decisa in un colpo solo, 0,75 punti in meno che
ha seguito altri due tagli, in entrambi i casi da mezzo punto
percentuale.
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Il presidente
della Bce Jean-Claude Trichet (LaPresse) |
Lo scorso 8 ottobre, in
reazione all’aggravarsi della crisi finanziaria - ora chiaramente estesa
a tutta l’economia reale - la Fed, la Bce, la Bank of England e altre
delle maggiori banche centrali mondiali avevano deciso un taglio
simultaneo dei rispettivi tassi di riferimento per mezzo punto
percentuale. Da allora hanno proseguito in ordine sparso. Negli Stati
Uniti la Federal Reserve ha proseguito a ridurli aggressivamente, fino
ad azzerarli quasi del tutto, da alcune settimane mantiene una forchetta
di fluttuazione simbolica tra zero e 0,25 punti. La scorsa settimana si
è nuovamente mossa la Banca d’Inghilterra, anch’essa molto decisa in
precedenza, con un taglio da mezzo punto che ha portato i tassi per la
sterlina all’1,5 per cento, segnando un nuovo minimo sugli oltre tre
secoli di storia di questa istituzione.
TRICHET
- « Gli ultimi dati
disponibili relativi ai mesi di novembre e dicembre indicano un
ulteriore peggioramento dell'economia di Eurolandia. Le pressioni
inflazionistiche di Eurolandia sono scese ulteriormente, anche se i
rischi per la stabilità dei prezzi nel medio e lungo termine continuano
ad essere bilanciati. Non è nostra intenzione ritrovarci in una trappola
della liquidità» ha dichiarato il presidente della Bce, Jean-Claude
Trichet. Le statistiche recenti indicano un «significativo
rallentamento» per l'economia di Eurolandia dovuto ad una
«intensificazione dell'instabilità finanziaria», e ciò «durerà per un
periodo prolungato» ha spiegato Trichet. « «Le pressioni
inflazionistiche sono diminuite» ha detto ancora il presidente della Bce
secondo il quale però «i tassi d'inflazione fluttueranno fortemente» e
«ci aspettiamo che l'inflazione riprenda a salire nel secondo semestre
dell'anno».
Poi Trichet si è soffermato sulla possibilità di un ulteriore taglio dei
tassi nei prossimi mesi: «Oggi i tassi sono al 2%. Non abbiamo mai detto
che sia il limite e che non li ridurremo ulteriormente». Le stime
diffuse in dicembre dalla Bce sulla crescita dell'eurozona sono «troppo
ottimistiche» e, per quanto riguarda la crescita «saranno probabilmente
sottoposte a una consistente revisione al ribasso in marzo», quando
saranno diffuse le proiezioni aggiornate ha poi aggiunto Trichet.
Quei barili di petrolio in giro per il mondo
Centinaia di superpetroliere non scaricano più
il loro carico in attesa che il prezzo del greggio torni a salire
WASHINGTON (USA)
- Mentre l’Italia e buona parte dell’Europa rischiano di rimanere senza
il gas e il petrolio russi a causa delle vertenze tra il Cremino e
l’Ucraina, circa 35 superpetroliere e altre petroliere più piccole con
oltre 80 milioni di barili di greggio a bordo si aggirano dallo Oceano
indiano al Golfo del Messico senza attraccare mai, o stanno all’ancora
senza scaricarlo. Sono in attesa che il prezzo del petrolio, precipitato
in un anno da quasi 150 dollari a meno di 40 dollari al barile, torni ad
aumentare.
FLOTTA
- Ma la flotta fantasma, che a volte rischia l’attacco dei pirati, come
accadde giorni fa alla petroliera saudita in Somalia, è solo la punta
dell’iceberg.
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Petroliere a
Singapore (Reuters) |
Col calo dei consumi di
greggio causato dalla prima crisi economica globale, è scattata la corsa
allo stoccaggio, nella speranza di futuri colossali profitti:
complessivamente, ben 327 milioni di barili di greggio giacciono
inutilizzati in tutto il mondo, in particolare negli Stati uniti. Ad
attirare l’attenzione sulle manovre delle nazioni e compagnie
petrolifere sono stati il giornale International Herald tribune e
l’agenzia Bloomberg. Stando al primo, il Paese che tiene le maggiori
quantità di greggio ferme nelle sue petroliere, almeno 15, sarebbe
l’Iran. E stando al secondo, tra le “sorelle” del petrolio che fanno la
stessa cosa si troverebbe la Royal Dutch Shell, che disporrebbe di due
superpetroliere, la Leander e la Eliza. L’International Herald tribune
ha citato Adam Sieminski, un esperto della Deutsche bank, secondo cui lo
stoccaggio costerebbe circa 10 dollari all’anno al barile: se nel
frattempo il prezzo del barile salisse da 40 a 60 dollari, ha notato
l’esperto, l’attesa frutterebbe enormi profitti. L’agenzia Bloomberg ha
fatto un calcolo analogo: con una spesa di 1,12 dollari al barile si può
tenere una superpetroliera in giro sugli oceani per un mese, e
guadagnarci molto. Manovre del genere non sono nuove, la novità sta nel
crescente ricorso alle superpetroliere, anche da parte di grandi banche
e altre intermediarie: la Bloomberg fa i nomi di Citigroup e della
Morgan Stanley, a esempio. E grazie ai tagli apportati alla produzione
del greggio dai signori del petrolio è possibile che siano coronate da
successo. Ma è una speculazione che minaccia di danneggiare l’economia,
dalle fabbriche ai trasporti, e i cittadini, e ritardare la ripresa
globale. Non a caso Daniel Yergin, forse il massimo esperto americano,
chiede che il prezzo del petrolio venga stabilizzato al più presto. E il
presidente eletto Obama si impegna allo sviluppo di fonti alternative di
energia, in modo da liberare l’America dalla schiavitù del greggio
straniero.
Borse: Piazze Affari
peggiore in Europa
Il Mibtel chiude a
-1,98%, cedono i titoli bancari, Pirelli e Fiat. Bene Fastweb, Snam,
Parmalat e Finmeccanica...
Borse, chiusure
disastrose
Perdite oltre il 5%, Milano -3,16
A metà mattina non regge il rialzo iniziale:
quasi tutte le piazze europee in negativo. Nel pomeriggio il ribasso
assume dimensioni notevoli e le perdite aumentano fino alla fine.
Vendite al dettaglio Usa in calo più delle attese (14 gennaio 2009)
MILANO - Le Borse mondiali concludono sui minimi una seduta che sembra
una riedizione delle peggiori viste nel 2008: dati macroeconomici
negativi e previsioni fosche sulla crescita planetaria, bilanci
bancari affondati dalle svalutazioni su crediti e titoli, vendite
generalizzate. In questo clima, l'elemento scatenante, è la diffusione
del dato americano sulle vendite al dettaglio, inferiori alle attese
degli analisti. Il risultato, a Piazza Affari, è un calo progressivo
degli indici dopo un avvio in denaro, fino alla chiusura in rosso del
3,16% per il Mibtel e del 3,56% per l'S&p/Mib. Strumento che, come
prevedibile, da fine marzo sarà sostituito da un identico indice
denominato Ftse/Mib, e distribuito dallo stesso gruppo da cui la Borsa
milanese è stata incorporata lo scorso anno. Gli scambi sono inferiori
a un controvalore di 2 miliardi di euro, nella media del periodo.
Va peggio, comunque, nel resto d'Europa, con Londra giù di oltre il 5%
e quasi tutte le altre fra il 4 e il 5. Solo Bruxelles e Zurigo
riescono a contenere le perdite sotto il 4%.
Mentre l'Europa conclude la seduta Wall Street accentua il ribasso
iniziale e scende del 3,2% con il Dow Jones e del 3,54 con l'S&P. La
notizia sulla drastica cura messa in cantiere da Citigroup è stata
seguita dal dato sulle scorte delle aziende, in calo dello 0,7% a
novembre mentre gli analisti avevano previsto un -0,5. Oltre a pesare
sulle Borse, questo dato, insieme a quello sull'aumento delle scorte
di greggio e di benzina, ha provocato un ulteriore calo del prezzo del
petrolio, sceso a 36,51 dollari al barile.
Sono i tanti titoli finanziari del listino milanese a deprimerlo, ma
non più di quanto avviene nel resto d'Europa, dove l'indice Dj
Eurostoxx dei 600 principali valori cede il 4%. I dati choc di
Deutsche Bank (meno 9%), che ha fornito un preliminare d'esercizio in
perdita netta di 3,9 miliardi di euro dopo ingenti svalutazioni, si
sommano alle reazioni al nuovo accordo di questa con Postbank (meno
18%). La rivale Barclays ha tagliato 2mila posti di lavoro, le banche
americane marciano in pesante ribasso, guidate da Citigroup che scende
a due cifre percentuali, alle prese con alcune dismissioni e con la
scissione di attività problematiche che potrebbero valere ben 600
miliardi di dollari e Hsbc che per Morgan Stanley avrà presto bisogno
di ricapitalizzare per 30 miliardi di dollari.
A Milano, i bancari sono i peggiori della lista: Unicredit perde circa
il 7%, idem Banco Popolare, Ubi Banca si ferma a meno 5%, Mps scende
del 3,7%. Perde quasi l'8% Italcementi, che soffre per il crollo della
rivale tedesca Heidelberg. Anche Buzzi Unicem va giù di quasi il 6%.
Male gli industriali in blocco, da Pirelli a Fiat, e sono allineati
agli indici anche gli energetici, con Eni in calo del 3,3%, Saipem del
4%, Enel del 2,5%. Pochissimi i titoli controtendenza, concentrati tra
i difensivi: Edison, Snam Rete Gas, Terna, che resistono in positivo.
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MILANO - Tutte in calo
le Borse europee sulla scia di Tokyo (-4,79%) con Piazza Affari maglia
nera, mentre a Wall Street l'indice Dow Jones ha chiuso con -0,25% e il
Nasdaq +0,46%.
EUROPA
- A Milano l'indice
Mibtel ha terminato con un calo dell'1,98%, mentre l'S&P/Mib ha ceduto
il 2,29%. Poco meglio Francoforte (-1,75%), Parigi (-1,49%) e Londra
(-1,20%). A Milano pesanti i titoli bancari, con Banco Popolare -5,09%,
Credem -7,7% e Banca Mps -4,63%. Cade anche Pirelli il 4,63%. Perde Fiat
(-1,47%), dopo le
dimissioni del responsabile marketing del
gruppo e amministratore delegato di Alfa Romeo e Abarth Luca De Meo.
In controtendenza Fastweb (+1,8%), Snam Rete Gas (+1,7%), Parmalat
(+1,3%) e Finmeccanica (+1,1%).
TOKYO
- La Borsa di Tokyo chiude
gli scambi in forte ribasso con un tonfo del 4,79%, in scia alle perdite
di lunedì a Wall Street, al sensibile apprezzamento dello yen sul
dollaro che sfavorisce i grandi esportatori nipponici, e alle nuove
negative notizie su colossi come Sony e Toshiba. L'indice Nikkei scende
a 8.413,91 punti, 422,89 in meno della chiusura di venerdì. Gli
investitori appaiono preoccupati per il livello elevato a cui viene
trattato lo yen e per le stime su risultati negativi di Sony e delle
altre società legate all'export. Secondo il quotidiano Nikkei, Sony si
aspetta a fine marzo una perdita operativa annuale di 100 miliardi di
yen (830 milioni di euro) per la prima volta dal 1995.
Rinascente, record d'incassi
«Ma sono in calo i volontari»
Shopping contro la crisi: circa due
milioni di incasso per il grande magazzino del centro
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Folla in centro (Tam Tam) |
MILANO - Crisi. Crollo. Recessione.
Tutto vero, quando si tratta di fare del bene: quest'anno a Milano,
oltre ai soldi mancano anche i volontari. Per il resto, e cioè i
consumi, sono alti e bassi: in difficoltà i piccoli negozi, in ripresa
le grandi catene. Con addirittura un record: sabato sera la Rinascente
ha registrato l'incasso più alto della sua storia, intorno ai due
milioni di euro in un solo giorno. Oltre 50 mila ingressi dalle 9.30
alle 22 (come ieri, del resto), le casse piene (ma la cifra esatta è top
secret) e coda fin dal primo mattino. «È vero, è andata benissimo —
ammette quasi imbarazzata Sonia Burgazzi, direttrice dello storico
grande magazzino in corso Vittorio Emanuele — : il segreto sta
nell'offrire alla clientela un'amplissima varietà di prodotti e di
prezzi». Contraddizioni del Natale milanese: mentre sale il volume degli
acquisti, scende il numero di chi, durante le feste, sceglie di
dedicarsi agli altri. Secondo l'Osservatorio di Milano, negli ospizi,
nelle mense dei poveri e sulle ambulanze i volontari sono circa il 30-40
per cento in meno rispetto al 2007. Solidarietà in crisi. Come al Naga,
l'ambulatorio medico per immigrati e senza dimora di via Zamenhof che
per le prossime due settimane ha deciso di chiudere i battenti.
Spiegazione: «Non siamo riusciti a garantire una disponibilità
sufficiente da parte dei medici ». Conclusione serafica: «Riapriremo
dopo l'Epifania». Al centro Caritas Salesiani di Sesto San Giovanni la
preoccupazione si avverte un po' di più : «Disponiamo di cinque auto e
pochi autisti: abbiamo bisogno di personale. Con urgenza».Anche
l'«Aggiungi un posto a tavola» di Massimo Todisco (famiglie che
accolgono in casa i più bisognosi per il pranzo del 25) registra una
diminuzione consistente delle adesioni. Come la Croce Verde di pubblica
assistenza, da tempo a caccia di volontari disposti a prestare servizio
in ambulanza. Il presidente, Sergio Falcone, sospira: «La colpa? Del
precariato e dei troppi impegni».
Crescono le grandi mega catene e
CRESCE LA RICCHEZZA della popolazione:
"Vi racconto il mio Natale
in cassa integrazione"
di
PAOLO GRISERI
Disastroso avvio della propagandata Alta Velocità Italiota:564
milioni di euro di sperperi....
Il governatore lombardo Formigoni: «Così non funziona». L'assessore
Cattaneo: azioni clamorose
Beppe Grillo aveva portato avanti la campagna per la chiusura del
finanziamento pubblico ai giornali. Dal V2 Day del 25 aprile 2008 era
stata realizzata la raccolta firme per un referendum specifico... Sudameris
Tremotrix ha successivamente deciso di accogliere tale grido di
protesta,ma a modo suo, una volta stravinte le elezioni bulgare italiote:ovvero
togliendo ai piccoli per dare ai super ricchi.Ecco a voi i particolari:"
Dopo la cancellazione per legge del «diritto
soggettivo» e i tagli della Finanziaria, il governo vara un regolamento
per ciò che resta dei finanziamenti pubblici all'editoria non profit.
Norme aleatorie e vincolate alla «variabilità» dei bilanci. La stampa
libera perde cittadinanza e diventa suddita
Giancarlo Aresta
Mercoledì 17 settembre è stato presentata alle
associazioni degli editori, ai sindacati e alle organizzazioni del
settore una bozza del Regolamento, che - sulla base dell'art. 44 del
Decreto Tremonti - definisce i nuovi criteri di erogazione dei
contributi sia diretti che indiretti all'editoria. Erano presenti il
sottosegretario con delega all'Editoria Bonaiuti, il ministro della
Semplificazione Calderoli e il professor Masi, segretario generale alla
presidenza del Consiglio e capo del dipartimento Editoria. Ne scriviamo
solo oggi, perché c'è voluto un po' di tempo per riprenderci dal trauma
di quell'incontro. Il settore è in una crisi profonda, che ha toccato
oggi - dopo anni di utili assai alti - anche i grandi gruppi, colpiti
dalla liquefazione delle vendite degli «allegati» (enciclopedie, libri e
quant'altro), che per oltre 5 anni hanno rappresentato la droga dei loro
bilanci, anche quando le vendite delle proprie testate scendevano. Ma di
questo malessere nell'incontro non si vedeva traccia. Mentre era assai
forte la tendenza a mettersi al servizio del nuovo «principe». Ma
veniamo al merito. Per quanto riguarda i contributi diretti, il nuovo
Regolamento cambia profondamente le vecchie norme legislative, ma va
collocato all'interno della nuova norma, prevista dall'articolo 44 del
Decreto Tremonti. In sintesi, non stabilisce i contributi, che i
giornali cooperativi, non profit e di partito avranno, ma quanto gli
spetterebbe se ci fossero i soldi (che fino a oggi non ci sono, o in
ogni caso non bastano). Ed interviene anche sui criteri di erogazione
degli indiretti. Rappresenta, insomma, il profilo virtuale del riparto
delle risorse nel settore.
Meno diritti
Sui criteri di attribuzione dei contributi diretti, c'è un'operazione di
semplificazione fortissima. Le testate ammesse riceveranno 2 milioni,
purché non superino il 50% dei costi di testata, più 0,90 centesimi a
copia, fino a 25 milioni di copie diffuse nell'anno (entro il limite
massimo del 60% dei costi). Si tratta di una leggera tosatura (dal 4 al
7%) per la maggioranza dei quotidiani, mentre ha un esito molto
diseguale, in specifici casi veramente pesante, sui periodici. Il limite
dei 25 milioni di copie bastona tre testate, le più grandi, l'Unità,
l'Avvenire e Libero (con quest'ultima, che lascerebbe sul campo oltre il
40% degli aiuti di Stato, che peraltro riceve a forza di espedienti). I
giornali di partito vengono equiparati ai non profit (e questa è una
cosa positiva), e perdono mediamente attorno al 15% Viene accolta una
rivendicazione da tanto tempo avanzata da Mediacoop, che riteneva
indecente che venisse permesso agli ex giornali di movimento politico
(quelli ammessi negli scorsi decenni ai contributi in rappresentanza di
fantomatici movimenti creati da un deputato e un senatore, norma poi
cancellata) di continuare a percepire i contributi, se trasformati in
cooperative, anche se non di lavoro. Domani anche questi dovranno avere
almeno la metà dei giornalisti tra i loro soci, almeno la metà dei loro
soci dipendenti, e fare entrare in cooperativa tutti i giornalisti
dipendenti che ne facciano richiesta. Un fatto, che coinvolge, ad
esempio, Il Foglio e Il Riformista , ma a cui sfugge Libero, che si è
sottratto a questo rischio trasformandosi in quotidiano controllato da
una Fondazione l'ultimo giorno in cui questo era possibile (da tre anni
le Fondazioni non sono più ammesse ai finanziamenti, se non le
preesistenti). Si passa, per attribuire le risorse, dal concetto di
«tiratura» a quello di «distribuzione»: verranno cioè conteggiate non
tutte le copie stampate, ma solo quelle diffuse nel circuito delle
edicole o in quello della sperimentazione (supermercati, bar e altri
negozi) o vendute in abbonamento. E anche questa dovrebbe essere
un'indicazione positiva. E non si tiene conto, al fine dei contributi,
delle copie vendute in blocco, che rappresentavano uno scandalo, perché
permettevano ad alcuni editori di far risultare più alta la diffusione,
con vendite di comodo a prezzi irrisori. Ma nello stesso tempo si
abbassa di molto il parametro tra distribuzione e vendita (dal 25% al
15% per i giornali nazionali e dal 40% al 30% per i locali), che era e
resta un requisito di accesso ai contributi, permettendo a molti
'amichetti' di rifarsi per le perdite subite: soprattutto ai giornali
che stampano 4 o 6 pagine. Si fissano parametri di occupazione (altra
richiesta «storica» di Mediacoop), ma sinceramente ridicoli per i
quotidiani (almeno 5 dipendenti giornalisti o poligrafici, per chi
dovrebbe ricevere 2 milioni di contributo). Mentre sono più rigorosi per
i periodici, le radio e le agenzie.
Più pubblicità
Dulcis in fundo Si abolisce, in modo apparentemente incomprensibile, il
tetto del 30% di entrate pubblicitarie sui costi. Ma se questa legge era
nata per sostenere quelle testate, che avevano un carattere
autogestionario e non profit, ma soprattutto erano discriminate sul
mercato pubblicitario, che rappresenta circa le metà delle entrate di
tutti gli altri editori? Si tratta di una spinta agli editori finanziati
ad «andare sul mercato»? Non diciamo sciocchezze. È il mercato che
discrimina i giornali politici e di idee, per quanti sforzi facciano e
malgrado l'influenza seria che queste testate hanno sui loro lettori
(dal manifesto all' Avvenire , dall' Unità a Liberazione o Il Secolo ).
Pur avendo una grande forza di attrazione su di essi, non arrivano a
toccare il 15%. Semmai può essere una valvola di sfogo per Libero , che
recentemente ha visto crescere in modo esponenziale le entrate
pubblicitarie (dai 4,788 milioni del 2006 agli 8,294 del 2007, pur in
presenza di un leggero calo di vendite: da 28,099 milioni a 28,013), e
che con un 'aiutino' potrebbe recuperare di qui ciò che perde per altra
via. Sui contributi postali, c'è un'innovazione seria, che può produrre
un risparmio significativo. Lo Stato si ripromette di smetterla di fare
la parte del cretino, che - trattando a nome del più grosso cliente
italiano: tutti gli editori di giornali e periodici, le forze politiche,
le associazioni, il volontariato - concorda con le poste la tariffa
piena, rispetto alla quale sostiene gli editori, pagandone il 60%.
Chiede che le Poste italiane, che da società per azioni quale sono
negoziano da 10 anni le tariffe con i loro maggiori utenti, diano
all'editoria il trattamento della migliore convenzione fatta con i
privati. Così la spesa si può ridurre almeno del 40%. Il governo
interverrebbe, alleggerendo gli editori del 50% dei costi, «nei limiti
dello stanziamento disponibile». Insomma, anche i contributi indiretti
perderebbero la qualità di diritto soggettivo, ma questo solo tra un
anno.
Soluzione pessima
La nostra campagna sulla montagna di soldi percepiti dagli
editori quotati in borsa sembrerebbe aver lasciato il segno nel comma 2
dell'art. 22 del Regolamento. Ma la soluzione fa un po' rabbrividire. Lì
si stabilisce che il ministro dell'Economia e delle Finanze «definisce
annualmente le tariffe agevolate delle imprese editoriali quotate in
Borsa, tenendo almeno conto delle variazioni dell'indice dei prezzi al
consumo». Insomma, il governo tratta con i più grandi editori italiani
le sue elargizioni annuali (ma questi ultimi hanno già una garanzia di
incremento, seppur quello misero «delle famiglie degli operai e degli
impiegati rilevato dall'Istat»), così come annualmente decide quanto
dare ai non profit e ai giornali politici e - volendo - con che criteri
darlo. Complimenti! Stiamo tornando, senza darlo a vedere, al Minculprop?
L'insieme di questi criteri definiscono soltanto un diritto virtuale.
Possono, in parte, introdurre un cambiamento utile. Ma sono,
lasciatecelo dire schiettamente, l'abito con cui il condannato a morte
viene accompagnato al patibolo, se non si ricostruiranno certezze - come
è necessario e urgente fare - e non si doterà il Fondo editoria delle
risorse necessarie.
Molti mi hanno chiesto più volte,
anche in questo blog, di fare un partito. Ma il partito siete
voi, non qualcun altro. E' dai cittadini che deve partire il
cambiamento. Non dai partiti. Delegare senza partecipare
non è democrazia. E', nel migliore dei casi, menefreghismo civico. Per
cambiare l'Italia bisogna cambiare prima gli italiani. Metterli in
condizione di essere informati, di scegliere, di verificare. I Comuni
sono i mattoni sui quali è costruito il tessuto del Paese. Ricostruiamo
il Paese con nuovi mattoni a Cinque Stelle. Io metto a
disposizione il blog e la mia immagine, voi (se volete) il vostro
impegno. Per ogni consigliere comunale eletto nelle Liste
Civiche a Cinque Stelle ci sarà un rappresentante dei cittadini
che potrà entare nel merito dei bandi, degli investimenti, delle
collusioni e informare con un video, un articolo pubblicato in Rete.
L'operazione "Fiato
sul collo" ha dimostrato l'arroganza del potere
autoreferenziale, chi filma un incontro PUBBLICO viene allontanato
dall'aula. Ma non potranno cacciare dall'aula i consiglieri comunali
delle Liste Civiche. Nel 2009 ci saranno le elezioni
amministrative, migliaia di Comuni eleggeranno il sindaco e il
Consiglio comunale. Chi vorrà potrà costituire una Lista Civica a Cinque
Stelle usando il simbolo associato.
I requisiti per chi vuole costituire una lista sono:
- all'atto della sua candidatura e nel corso dell’intero mandato
elettorale, ogni candidato non dovrà essere iscritto ad alcun partito o
movimento politico
- ogni candidato non dovrà avere riportato sentenze di condanna in sede
penale, anche non definitive
- ogni candidato non dovrà avere assolto in precedenza più di un mandato
elettorale, a livello centrale o locale, a prescindere dalla
circoscrizione nella quale presenta la propria candidatura
- ogni candidato dovrà risiedere nella circoscrizione del Comune per il
quale intende avanzare la propria candidatura
- per le elezioni comunali dei capoluoghi di provincia, i candidati
potranno risiedere in uno dei comuni appartenenti a quella provincia
- ci potrà essere una sola Lista Civica a Cinque Stelle per Comune
- le Liste Civiche potranno unirsi per la gestione del Comune ad altre
liste o raggruppamenti politici in cui non siano presenti dei
condannati.
Il Programma delle Liste Civiche a Cinque Stelle sarà
fatto insieme a voi su questo blog nei prossimi mesi. Sarà un programma
di riferimento al quale le Liste potranno ispirarsi. Il Programma sarà
presentato il 31 gennaio a Firenze al primo incontro
nazionale delle Liste.
Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene), noi neppure.
PER LA COSTITUZIONE DELLA LISTA CIVICA A CINQUE STELLE
CONSULTA
IL SITO DELLE LISTE CIVICHE.
Umberto Garibaldi, l'antifederalista

Bossi è l'erede di Giuseppe Garibaldi.
Il suo vero sogno è uno stato nazionale, centralista, magari un po'
fascista. Quando racconta la storia dei Comuni pensa in realtà a
Giulio Cesare e alle glorie dell'Impero Romano. Va a Pontida
negli incontri pubblici, ma in privato visita i Fori Imperiali e si reca
in gita a Predappio.
La Lega è un partito federale, ma solo in periodo elettorale.
Passata la festa, gabbato il valligiano bergamasco. Bossi è più furbo di
Andreotti, più calcolatore di Gelli, più panzanaro dello psiconano. Un
grande Padre della Patria. Si merita una statua equestre in piazza
Venezia. Ha fatto più la Lega per l'affermazione di Roma Caput
Mundi e dell'unità nazionale che ogni altro partito apparso in
Italia, a parte il fascismo. Il Duce diceva cosa voleva fare e spesso
non ci riusciva, il Senatùr dice il contrario di quello che farà e ci
riesce sempre. Una mente superiore.
Da quando la Lega è al Governo, in meno di un anno, ha
ottenuto risultati strepitosi per il federcentralismo:
- ha eliminato l'Ici, unica vera tassa federale, per i
Comuni
- ha
privatizzato l'acqua, che passa in gestione dai Comuni alle
concessionarie e alle multinazionali
- ha tolto alle Regioni il potere di decidere in
materia di politica ambientale
- ha permesso la creazione di una nuova base militare statunitense a
Vicenza ("Padroni a casa nostra") con la proibizione di un
referendum indetto dal Comune
- non ha eliminato i Prefetti, ma ha militarizzato le città
con l'esercito
- ha tolto alle Università del Nord, ad esempio 40 milioni di euro al
Politecnico di Milano, per dare
150 milioni al Comune di Catania e 500 milioni al Comune di
Roma, per evitare il fallimento
- ha ignorato la presenza di
90 testate atomiche statunitensi a Ghedi Torre nel Bresciano
e a Aviano in Friuli
- ha aumentato i
costi della politica
- ha lasciato che
8/9 miliardi di euro di fondi europei OGNI ANNO (soldi
interamente versati con le nostre tasse) vadano a Calabria, Campania e
Sicilia senza nessun controllo. E chi vuole controllare che non
finiscano ai partiti e alla criminalità organizzata, come
Luigi De Magistris, viene trasferito.
Le camicie rosse di Garibaldi hanno fatto l'Italia, le camicie
verdi di Bossi l'hanno strafatta.
Se dopo alcuni mesi di governo della Lega lo Stato centralista e romano
si è rafforzato in questo modo, cosa ci riserva il futuro? La
tassa federale per il Nord e gli sgravi fiscali per la mafia?
E' il federalismo che traccia il solco, ma è la poltrona che lo difende!
Qualcuno parla di "semplice questione politica"
l'innalzamento dell'Iva a SKY. Siamo per la tecnologia streaming e
quindi dei problemi di Sky non ce ne fotte niente. Sappiamo che ci sono
gli abbonati, ma con la tecnologia streaming sia i film che il calcio si
possono vedere perfettamente pagando la sola connessione telefonica
senza paraboline e decoder digitali terrestri che non servono a
nulla.(Sentite cosa accade in Corea del Sud:
La Warner Bros non venderà più
Dvd in Corea del Sud. Un po' a causa della pirateria, un po' perchè il
94% dei coreani sono in rete su banda larga. I prodotti
multimediali saranno dunque venduti in forma smaterializzata on
line. Molte altre aziende del settore adotteranno lo stesso
sistema, eliminando i supporti plastici, le copertine, le confezioni, i
libretti e persino i negozi. I prodotti multimediali in bit sono
comunque merce, ma come calcolarne il valore in plus-lavoro quando di
forza-lavoro in essi non ce n'è quasi più?)Purtroppo
il dominio assoluto della televisione in Italonia fa di tutto ciò
ASSOLUTAMENTE UN GRAVE PROBLEMA POLITICO, non"semplicemente un problema
politico". Stiamo parlando di un previdente del Consiglio padrone di 5
televisioni, di cui una in mora ed abusiva,che continua imperterrito ad
asfissiare quello che dovrebbe essere un mercato con pesanti CARTELLI
DIRIGISTI lesivi delle più semplici regole della concorrenza. Purtroppo
il cervello di pseudo giornalisti iper faziosi e spappolati mentalmente,
non riesce assolutamente a capire la differenza che passa tra libertà e
dittatura, identificando quest'ultima solo con simboli e termini del
passato.
ABOLIAMO LE PROVINCE?? IN CAMPAGNA ELETTORALE COSA
PROMETTEVA TESTA D'ASFALTO OLTRE ALL'ICI ED AI PREGIUDICATI IN
PARLAMENTO??
Berlusconi disse: le aboliremo. Ma la Lega: non si toccano. Frena
anche il Pd
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Il leader della Lega, Umberto Bossi (Ansa) |
Cento e otto anni dopo la prima proposta di abolire le province ,
presentata dal deputato Gesualdo Libertini che le marchiava come enti
«per lo meno inutili», destra e sinistra dicono che occorre ancora
pensarci su. Auguri. Dice uno studio dell'Istituto Bruno Leoni che
costano oggi il 65% in più di otto anni fa? Amen. Sono in troppi, a
volerle tenere... La Lega, poi...
«Silvio, batti un colpo», ha titolato un giornale non ostile alla destra
come «Libero», che in questi giorni ha rilanciato la battaglia per
sopprimere quegli enti territoriali che il sindaco di Milano Emilio
Caldara bollava già nel 1920 come «buoni solo per i manicomi e per le
strade». Macché: non lo batte affatto. Nonostante solo pochi mesi fa,
fiutando l'aria che tirava nel Paese sulla «casta», nella scia delle
denunce del «Corriere», si fosse speso in promesse definitive.
C'erano le elezioni alle porte, il Cavaliere voleva stravincere e quando
la signora Ines di Forte dei Marmi, durante la chat-line organizzata dal
nostro giornale, gli chiese cosa avesse in mente per «abbassare
finalmente i costi folli della politica italiana», rispose: «La prima
cosa da fare è dimezzare il numero dei parlamentari, dei consiglieri
regionali, dei consiglieri comunali». E le Province? «Non parlo delle
Province, perché bisogna eliminarle». Otto settimane dopo, già
sventolava trionfante il primo successo, riassunto dai tg amici con
titoli che dicevano: «Abolite nove Province». Sì, ciao. La notizia era
un'altra: nove Province dovevano cambiare nome. D'ora in avanti si
sarebbero chiamate «aree metropolitane ». Fine. Un ritocco non solo
semantico, si capisce. Ma un ritocco. Presto smascherato da un anziano
gentiluomo di destra come Mario Cervi che sullo stesso «Giornale»
berlusconiano, dopo aver letto la bozza della riforma federalista di
Roberto Calderoli, scrisse: «Alcune norme del disegno di legge hanno
l'obiettivo di "riconoscere un'adeguata autonomia impositiva alle
Province". Ma allora, dopo tanti annunci di abolizione, le Province ce
le teniamo, e anzi ne avremo di nuove perché l'alacre fantasia dei
notabili locali è sempre all'opera nel varare enti inutili? A occhio e
croce si direbbe che questa sia una vittoria non del nuovo ma della
vecchissima politica distributrice di poltrone». Parole d'oro. Che
Francesco Storace, con brutalità gajarda, traduce così: «Bravi! Ci
avevano promesso di abolire le Province e il bollo auto ed è finita che
fanno gestire il bollo auto alle Province».
Insomma, chiede oggi il deputato del Pd Enrico Farinone, «la maggioranza
è favorevole o contraria all'abolizione delle Province? I cittadini
meritano un chiarimento».
Giusto. Non solo dalla destra, magari. Quindici anni fa, nella
«Bicamerale» presieduta da Ciriaco De Mita, furono i pidiessini Franco
Bassanini e Cesare Salvi a spingere Augusto Barbera a ritirare la
proposta di sopprimere le Province in linea con quanto aveva deciso,
alla Costituente, la Commissione dei 75: «L'argomento è di grande
interesse, ma merita una riflessione ulteriore». Riflessione ancora in
corso.
Al punto che quando Massimo Calearo ha rivelato che stava lavorando con
altri parlamentari di sinistra e di destra all'abolizione dell'ente,
qualche settimana fa, è stato bacchettato per primo dai suoi stessi
amici di partito. Dal segretario regionale Paolo Giaretta («nel nostro
Veneto, una delle Regioni più centraliste d'Italia, le nostre Province
non sono enti superflui, anzi») al presidente della Provincia di Belluno
Sergio Reolon: «L'unico inutile, qui, è lui, non le Province». Di più:
il democratico Giorgio Merlo si è avventurato a dire che quella per
l'abolizione delle Province è «una campagna qualunquista e demagogica».
Quanto a Walter Veltroni, naviga a vista: «Sì, penso ci si possa
arrivare. Ma non sono un demagogo. E' facile dirlo in campagna
elettorale, poi in genere chi lo dice è il primo a presentare proposte
per istituirne di nuove... ». Lui sarebbe per «ridurre la
sovrapposizione dei livelli di governo, a partire dall'abolizione delle
Province, laddove vengano costituite le Città metropolitane». A farla
corta: boh... E' a destra, però, che i mal di pancia sono più forti. Un
po' perché il rilancio di Feltri e la sua raccolta di firme vengono
vissuti da alcuni come sassate scagliate da mano amica («tu quoque,
Vittorio: proprio adesso...») che rischiano di mandare in pezzi il
quadretto di una destra felicemente compatta. Un po' perché le prime
crepe si vedono già. E si allargano ogni giorno di più.
Gianfranco Fini è stato netto: «Nel programma del Pdl c'era l'abolizione
delle Province ed è vero che a tutt'oggi non è stato fatto nulla.
Personalmente non ho cambiato opinione». E così Ignazio La Russa:
«Facciamolo. Con un percorso graduale. Che duri tre o quattro anni. E
consenta alle Province di cedere le proprie competenze a Regioni e
Comuni. In An questa opinione è largamente condivisa. Una riforma seria
le deve abolire tutte». Gianni Alemanno fa sponda: «Sono sempre stato
favorevole».
La Lega, però, non vuol sentirne parlare. Certo, uno come l'ex
presidente Stefano Stefani, mesi fa, si era sbilanciato: «Sono d'accordo
con coloro che propongono la prima, sostanziale rivoluzione,
l'abolizione delle Province». Ma è stato subito stoppato dalla ex
presidentessa leghista della sua stessa Provincia di Vicenza, Manuela
Dal Lago: «Perché, piuttosto, non abolire subito i Prefetti e le
prefetture?». «Le Province sono nella Costituzione! », ha urlato ad «AnnoZero»
Roberto Castelli ergendosi a baluardo della Carta, dimentico di quando
il suo partito voleva buttare il tricolore nel cesso. Finché è
intervenuto Umberto Bossi che, memore che il suo partito non guida
neppure una grande città ma controlla sei Province (su 109!), ha chiuso:
«Finché la Lega è al governo, non si toccano». Fine.
Al punto che Renato Brunetta, accantonando la durlindana decisionista
che da mesi mulina impavido, è stato insolitamente prudentissimo: «Le
Province sono enti inutili, che non servono, ma che non riusciremo a
cancellare in questa legislatura». Ma come: neppure con cento seggi di
vantaggio alla Camera e cinquanta al Senato? E le promesse elettorali?
Gli impegni solenni? Niente da fare. E' la politica, bellezza. Al
massimo, ha detto ieri Giulio Tremonti, si può fermare la nascita di
Province nuove. Come quelle di Aversa, Pinerolo, Civitavecchia, Sibari,
Sala Consilina...
GUARDATE CHE SCHIFO!!!
Vota-Giusto
nazionalizzare le banche?
«La situazione globale è peggiorata» UNICREDIT DOCET AD UN PASSO
DALLO SPROFONDO...
L'amministratore delegato: «C'è bisogno di liquidità per il sistema
bancario, troppa mancanza di fiducia»
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Alessandro Profumo |
MILANO - «Nell'ultimo mese ci sono stati dei cambiamenti
significativi della situazione per il comparto bancario, che era già
difficile». Lo ha detto l'amministratore delegato di Unicredit,
Alessandro Profumo, avviando la conferenza telefonica di presentazione
della
ricapitalizzazione da 6,6 miliardi di euro avviata dall'istituto.
«C'è stato un evidente deterioramento dello scenario macro-economico»,
ha spiegato Profumo ricordando anche il crac Lehman, si è vista «una
mancanza di fiducia tra gli operatori finanziari senza precedenti, il
risultato è stato un maggior bisogno di liquidità per il sistema
bancario: il ritorno alla normalità sul mercato dei capitali
probabilmente richiederà più di quanto atteso». «Le turbolenze sui
mercati viste in queste settimane - ha aggiunto - non hanno precedenti
nella storia dal crack del 1929».
ERRORI - «So che lo scenario esterno era già negativo prima - ha
spiegato Profumo. - Chiaramente abbiamo sottovalutato le condizioni del
mercato. Abbiamo fatto degli errori di valutazione, questo ci è
assolutamente chiaro». Secondo l'ad, inoltre, «è impossibile prevedere
se l'utile per azione diluito al 2010» sarà in linea con i target. «È
difficile dire se ci sarà un'ulteriore deterioramento della situazione o
se i mercati si riprenderanno - ha aggiunto Profumo - è impossibile dire
che l'utile per azione sarà confermato». Le ulteriori svalutazioni sul
portafoglio di Asset backed securities (Abs) e di obbligazioni bancarie
che Unicredit operererà nel terzo trimestre 2008 ammontano a «circa 700
mln di euro», ha inoltre spiegato Profumo «All'incirca - ha detto l'ad
agli analisti finanziari - si tratta di 500 mln per le Abs e di 200 mln
per le obbligazioni bancarie. È una cifra in linea con quello che vi
avevamo sempre detto».
E Patrizia ricorda: "In quei festini
c'era chi faceva molto peggio di me"
dal nostro
inviato PAOLO BERIZZI
PARIGI - "Non
ero l'unica. Alle feste di Berlusconi c'erano molte
altre escort. E io non mi vergogno di aver fatto questo
lavoro perché in quelle serate c'erano donne che, pur
non qualificandosi come escort, facevano molto peggio di
me". Seduta a cena al tavolo del "Le sous-bock",
pappardelle ai gamberi e tartufo nel piatto e neanche un
goccio di alcol nel bicchiere, Patrizia D'Addario è a
Parigi. E continua a pensare all'Italia da cui vorrebbe
fuggire. Lei la donna che come testimonial è stata la
Fata turchina per la "Divella Alimentari".
Da Fata turchina a "seduttrice" di Berlusconi come è
scritto sull'invito alla serata parigina al Globo?
"Io tombeuse di Berlusconi? Chiedetelo a lui".
Oltre al premier, alle feste partecipò anche il
presidente russo Putin?
"Anche questo chiedetelo a Berlusconi" la risposta
lapidaria.
Ora è a Parigi, le manca l'Italia?
"Lì non respiro più né a Bari né nel resto del Paese.
Certo, vorrei andare a vivere all'estero. Ma ho una
famiglia a Bari, la mia bambina di 13 anni, una madre
malata, un fratello da seguire. Loro mi trattengono in
Puglia".
Li ha mai lasciati prima?
"Quando ho fatto la modella per molto tempo. Allora mi
sono trasferita anche a Los Angeles per lavorare. Ma il
suicidio di papà e i problemi economici mi hanno
costretta a tornare. E a fare la escort".
E ora ha un progetto da completare: il residence per il
quale suo padre si è tolto la vita.
"Il progetto del residence, quel sogno, lo voglio
portare a termine comunque".
Con o senza l'aiuto di Berlusconi?
"Sì, ovviamente".
Ha più sentito qualcuno dell'entourage del premier. E
Gianpaolo Tarantini, l'ha più chiamata?
"Ho spento il cellulare, grazie a dio. Ma quando lo
riaccenderò chissà quante telefonate ci troverò
registrate".
Mi parli di sua figlia. Come l'ha presa?
"Lei voleva venire a Parigi con me, ma è stato meglio di
no. In questi mesi le ho parlato a monosillabi. Ma lei
ha capito che se ho fatto quello che ho fatto, è stato
per un motivo nobile".
Il suo ex fidanzato, Giuseppe Barba, in un'intervista
l'ha accusata di aver provato ad ucciderlo.
"Uno che fa un'intervista per dire che Berlusconi
dovrebbe dargli un assegno in cambio delle sue
confessioni, si qualifica da solo. Non c'è bisogno di
aggiungere altro".
Dopo la Spagna, con la partecipazione alla trasmissione
televisiva ad Antenna Tre, ora è a Parigi. Ha pensato a
serate in Italia?
"Mi piacerebbe, perché no? Ma laggiù qualcuno ha paura
di me".
La Lega, test regionali per i prof
"Ma non c'è l'esame di dialetto"
Il ministro della Pubblica
istruzione Mariastella Gelmini
ROMA - "Informarsi prima di protestare". La Lega Nord
cerca di spegnere le polemiche sulla scuola. Roberto Cota,
capogruppo del Carroccio alla Camera, dichiara che "il
presunto esame di dialetto per i professori è una bufala".
Ma se non ci sarà un test di dialetto per i futuri
insegnanti, la Lega non vuole rinunciare ad una prova
pre-selettiva per l'iscrizione agli albi regionali nella
quale "si attesti la tutela e la valorizzazione del
territorio da parte dell'insegnante", come ha dichiarato
ieri la deputata della Lega Paola Goisis.
La
proposta leghista di test
prevede prove pre-selettive per consentire l'accesso
agli albi regionali degli insegnanti, albi previsti
proprio dalla proposta di legge in discussione. Questi
test dovrebbero essere propedeutici rispetto al
superamento dei concorsi pubblici. Inoltre, lo spostamento
da una regione all'altra sarà possibile ma dando
precedenza agli insegnanti provenienti dalle regioni
contigue.
La proposta di inserire dialetto e tradizioni locali nelle
scuole "è una proposta sulla quale si può assolutamente
ragionare" spiega il ministro della Pubblica Istruzione,
Mariastella Gelmini, sottolineando che "non c'è su questo
tema nessuna conflittualità tra Lega e Pdl. E' una
polemica distante dalla realtà".
Per quanto riguarda lo studio del dialetto e delle
tradizioni locali, un tema molto caro alla Lega, assicura
il ministro dell'Istruzione, sarà affrontato in sede di
revisione dei programmi. Quest'anno abbiamo fatto partire
le riforme e siamo alle prese con queste. Quando
affronteremo il tema dei programmi affronteremo questa
proposta della Lega". Ma la Gelmini si dice convinta che
"la maggioranza non faticherà a trovare un accordo anche
sul tema della continuità didattica e sui temi delle
tradizioni locali, come ha fatto per altre importanti
decisioni".
Ma non tutti nel Pdl sono d'accordo con il ministro. La
presidente della commissione Cultura della Camera,
Valentina Aprea (Pdl), ritiene che la "pre-selezione deve
avvenire sulla base dei titoli di studio conseguiti, non
certo sulla loro conoscenza del dialetto".
Molto negative le relazioni delle opposizioni. "Ancora una
volta la Lega con la sua cultura razzista, solleva una
questione inaccettabile", ha dichiarato Pierfelice
Zazzera, capogruppo dell'Idv in commissione Cultura alla
Camera. "Ci sono cose che vanno oltre
l'ammissibile in un dibattito pubblico politico e serio in
un Paese democratico che dovrebbe avere il senso della
propria unità", lo afferma Anna Finocchiaro, presidente
dei senatori del Pd, la quale insiste sullo scontro
interno al Pdl. "C'è uno scontro nel Pdl perchè la testa
del partito sta a Milano mentre il corpo sta nel
Mezzogiorno e c'è questo continuo ricatto che la Lega
opera. Non appena si tira la corda da una parte, con la
pericolosa idea del Partito del Sud, ecco che la Lega si
inventa l'esame di dialetto per i maestri. Il Sud è
completamente ignorato da questo governo".
Lo stato di eccezione
di MASSIMO
GIANNINI
Il miserabile spettacolo del
decreto anti-crisi è un misto tra il teatro di Ionesco e
l'opera dei pupi. C'è l'assurdo: il governo impone con
una mano la conversione di un primo "provvedimento
urgente" infarcito di errori ed orrori, con l'altra ne
presenta un secondo che riscrive quello appena
approvato. C'è la farsa siciliana: il Parlamento
svilito nella quinta di un'opera buffa, dove gli eletti
del popolo, povere marionette, si scambiano legnate
fragorose ma inutili.
Il decreto anti-crisi è discutibile nel merito.
L'ennesimo patchwork di ben
25 articoli scombinati e incorenti, l'ennesimo pacchetto
di oltre 100 commi di norme palesemente "tossiche"
insaccate insieme a norme apparentemente virtuose: come
i "titoli salsiccia" che hanno fatto crollare i mercati
finanziari mondiali. Da una parte qualche piccola pietra
per arginare l'onda d'urto della crisi recessiva: dagli
aiuti fiscali per le imprese che ripatrimonializzano
alla detassazione degli utili reinvestiti in nuovi
macchinari, dal "premio di occupazione" per le aziende
che non licenziano all'aumento delle dotazioni
infrastrutturali. Ma dall'altra parte una pioggia di
interventi che, con la strategia di contrasto alla
crisi, non hanno proprio nulla a che vedere: dalla
modifica degli automatismi per chi andrà in pensione
dopo il 2015 alla tassazione delle riserve auree della
Banca d'Italia. In mezzo, un'altra insopportabile
legge-bavaglio, stavolta ai danni della Corte dei conti,
e una raffica indecente di condoni, dallo scudo fiscale
per il rimpatrio dei capitali alla sanatoria per le
multe automobilistiche. Sarà anche vero che "il Paese
non è in declino", come sostiene Giulio Tremonti: ma se
la "exit strategy" dal "declinismo" passa attraverso
questa accozzaglia di buone intenzioni e di pessime
diversioni non c'è da essere così ottimisti
DEL CONSIGLIO ITALIOTA. LA
RAPPRESENTANTE ELITARIA DELL'ORGANISMO CHE RADUNA IL FIOR FIORE
DEL CETO PRODUTTIVO ITALIOTA, SECCATA DELL'ATTEGGIAMENTO DA ATTORE
DEL PRESIDENTE, HA SBOTTATO:"BASTA CON GLI SPOT, VOGLIAMO I SOLDI
CAZZO!!!" ALLARMATO DALLA PESSIMA SCENEGGIATURA, IL PRESIDENTE SI
E' SUBITO AFFANNATO NEL RASSICURARE LA REGINA DEGLI INDUSTRIALOTTI.
DOPODICHE' LA STESSA REGINA SE NE ESCE CON UN BELLO SPOT
PUBBLICITARIO....NEL FRATTEMPO LA CINA CAPITAL-COMUNISTA MINACCIA
GLI USA.
"C'era una volta l'esuberante capitale
americano. Oggi la Cina presta agli Stati Uniti
700 miliardi di dollari della sua riserva formata con il
surplus commericale( La stessa cifra usata dal governo
americano per tenere a galla i rifiuti tossico nocivi delle
banche...). Gli americani possono comprare cinese,
indebitandosi, proprio perché i cinesi comprano americano. Ma i
primi comprano merci, i secondi buoni del tesoro, cioè dei
"pagherò" di carta il cui valore poggia soltanto sulla "parola"
di Washington. I primi mangiano e
consumano, i secondi si ammazzano di lavoro. Gli uni
sono complementari agli altri. La crisi ridimensiona questo
abbraccio mortale: 27 milioni di operai cinesi sono già tornati
alla campagna, visto che nei distretti industriali c'è meno
lavoro. E il governo di Pechino ha avvertito: se gli USA non
risanano l'economia, la Cina non impiegherà più le sue
riserve in bond americani,NEI PAGHERO', ma nello sviluppo
interno e nell'acquisto di terreni agricoli e siti minerari
all'estero.(Ad esempio nel SUDAN,da tempo "colonia" cinese per
le sue risorse, così come il MADAGASCAR è divenuto colonia
agricola della COREA...) E' una minaccia inaudita, quasi una
dichiarazione di guerra."Per gli USA i problemi non finiscono
quì. Il loro ruolo di centro del mondo vacilla ed ecco che,
allevati nel mito della libera opportunità individuale, gli
americani incominciano a sentirsi prigionieri dello Stato.
Una parte di America si sente colonizzata dall'altra parte. Per
adesso fioriscono forme di ribellione minoritarie anarco-naziste,
ma Dennis Blair, nuovo direttore dell'intelligence nazionale
di Washington, ha detto che il crollo dell'economia è una forte
minaccia alla sicurezza nazionale. Il suo evolversi potrebbe
riportare all'"estremismo violento" degli anni '20 e
sarebbe "il più grave in decenni, se non in secoli".
Dato che gli americani hanno negli armadi 280 milioni di armi
portatili, e 400.000 di loro sono organizzati in gruppi eversivi
armati, tale paura non è certo priva di fondamento. C'è comunque
l'altra parte del ferro di cavallo:Gli
Stati Uniti sono all'avanguardia in tutto, anche nel rifiuto di
sé stessi: i downshifters
sono uomini e donne che scelgono di spendere, lavorare e
guadagnare di meno, vivendo in modo più umano. Si tratta di uno
stile di vita che senza troppe teorizzazioni mette in
discussione nella pratica il consumismo esasperato. Il loro
motto è: "ogni cosa che possiedi finisce per possederti".
Sono ormai milioni e sembra che stiano aumentando. Il vero
problema è che
economisti e governi
sembra non riescano a comprendere la natura della crisi e non
sanno più che pesci pigliare. Hanno le idee chiare solo
sulle sue ricadute in termini di ordine pubblico. Francia e
Grecia insegnano. Di qui i vari progetti di "controllo totale",
che si vorrebbe ottenere installando ovunque telecamere e
sistemi di video-sorveglianza, magari collegati a una centrale
unica di monitoraggio, con nodi sparsi in tutto il territorio.
Tecnologie biometriche permetterebbero il riconoscimento di
chiunque, previa schedatura, s'intende. L'Unione romana degli
Industriali ha fiutato il business e parteciperà al progetto con
600 milioni di euro(come per magia i soldi saltano fuori
sempre....).Tecnologie biometriche per il controllo totale della
popolazione a scapito dell'espansione militare però, qualcosa
bisogna sacrificarla. Tutto sommato per i paesi che hanno subito
6-7 anni di occupazione la crisi sembra un tocca sana:il
segretario della Difesa statunitense, Robert Gates, ha
bruscamente ridimensionato gli obiettivi della missione
occidentale in Afghanistan. Non può trattarsi più "di
creare un qualche Valhalla asiatico", giacché per
"ricostruire" il paese nessuno al mondo ha abbastanza soldi,
specialmente di questi tempi. È dunque tempo di concentrare
tutti gli sforzi sulla guerra vera e propria, e perciò il
distruttore-pacifista Obama è subentrato al
costruttore-guerrafondaio Bush rinforzando di dodicimila unità
il contingente a stelle e strisce. L'Afghanistan non sarà dunque
la immensa stanza d'oro dove i guerrieri erano accompagnati
dalle Valkirie al cospetto di Odino, ma il solito luogo da
sporca guerra,nemmeno una passeggiata quindi tutto
sommato. Ci domandiamo infatti come si possa controllare un
paese totalmente montuoso di 700.000 kmq con un Corpo d'Armata...
L'occupazione del territorio da una parte.
L'organizzazione statale
dell'economia, del lavoro e della vita degli uomini tipica
del fascismo dall'altra. Che ha perso la guerra ma ha vinto
la politica, come ormai ammettono persino alcuni democratici.
Quindi: nazionalizzazioni dirette o indirette, riduzione dello
sciopero a manifestazione virtuale, prefetti nelle banche,
sensori elettronici ovunque, ronde popolari, incremento delle
pene per reati contro lo Stato, denuncia degli immigrati
irregolari malati, poteri prefettizi ai sindaci per questioni di
ordine pubblico, repressione dei social-network che inneggino
all'eversione e alla violenza, ecc. ecc. La vera democrazia
moderna è questa, baby, l'altra, quella degli
illuministi, te l'hanno solo data a bere.
Nel capitalismo tutto
è merce, anche ciò che ai suoi albori non sembrava vendibile,
come il cosiddetto "prodotto dell'intelletto", oggi la merce più
fetente di tutte. Persino Il Sole 24 Ore annota che la
"proprietà intellettuale" compare molto tardi. Naturalmente per
il quotidiano della Confindustria "la bellezza del
capitalismo è che tutto può diventare proprietà"; ed è
proprio questa che ci stiamo "godendo" in pieno. Un momento,
però: il capitalismo ultra-socializzato d'oggi nega
materialmente la "proprietà" proprio nel momento in cui
ideologicamente la esalta; ha ridotto il capitalista a un
tagliatore di cedole azionarie demandando le sue funzioni a
impiegati di lusso e soprattutto allo Stato. In un mondo che
vede fluttuare un milione di miliardi di dollari virtuali in
confronto a un valore prodotto che è venti volte meno, il
Capitale è "di tutti" cioè "di nessuno". Figuriamoci la
proprietà intellettuale, che milioni di ragazzi sfottono già
allegramente. Non esiste la proprietà intellettuale e non esiste
la proprietà del corpo:il
corpo è della specie, e società antiche, non ancora corrotte
dalla proprietà, riuscivano benissimo a mettersi in armonia con
la natura. Non mettevano i corpi in vendita sul mercato della
politica, non avevano il concetto di prezzo né tantomeno quello
(infame)
di proprietà.
Il comico lancia a Firenze le
liste civiche a lui ispirate che parteciperanno alle
prossime amministrative
 |
Beppe Grillo durante la
presentazione delle sue liste civiche a Firenze (Ansa) |
FIRENZE - «Questo esecutivo è un
governo illegale, incostituzionale, eletto senza voti di
preferenza. Fatto di nani, ballerine, puttanieri e
ruffiani». Lo ha detto Beppe Grillo durante la convention
delle liste civiche a lui ispirate in corso in un teatro
fiorentino. Riferendosi ai partiti l' attore e comico
genovese ha sottolineato: «Se ne sono andati, forse non ci
sono mai stati, non si sa cosa siano. C' è il Pdl, il Pd
senza la "elle"... Sono tutti finiti». Durante il suo
intervento Grillo ha parlato anche della crisi economica:
«Dobbiamo preparaci ad una miseria a cui non siamo
assolutamente abituati, ma che ci farà molto bene perché
toglierà di mezzo tutti i bisogni inutili. È una grande
opportunità».
TRAVAGLIO E LA COSTITUZIONE -
All'incontro ha preso parte anche Marco Travaglio che ha
sottolineato come in Italia sia necessario «ripartire
dalla Costituzione», che «non è un ferrovecchio, ma una
grande bandiera da sventolare, un testo che ci invidiano».
Per Travaglio i «grillini» che saranno eletti nei consigli
comunali dovranno «studiare molto la Costituzione e
leggere le delibere, studiarne i dettagli e trovare
notizie utili per la Corte dei Conti, se c’è sperpero di
denaro pubblico, o la magistratura ordinaria, se ci sono
invece sconfinamenti nel penale; e spesso ce ne sono». Si
dovrà invece «evitare che le liste civiche ripresentino i
vizi dei partiti - ha ammonito - se non fanno da trait
d’union fra i cittadini e la politica è inutile farle,
perché sarebbe l’ennesima replica della Casta».
Fissati i requisiti per avere accesso
all’agevolazione. I benefici riguarderanno soprattutto
quei finanziamenti che prevedono indicizzazioni differite
nel tempo
Con la
pubblicazione della cricolare dell’agenzia delle Entrate
che fissa le modalità per la comunicazione alle banche
degli intestatari dei finanziamenti che posseggono i
requisiti per accedere all’agevolazione, si sta
completando il percorso iniziato lo scorso novembre con il
varo del
decreto legge 185/2008 anti crisi
DEL LUGLIO 2008.....Dunque nelle prossime settimane, gli
istituti di credito potranno applicare quelle norme che
fissano il limite massimo del 4% (spread
compreso) sulle rate da versare durante il 2009 per i
mutui a tasso varabile,
stipulati prima del 31 ottobre 2008 per l’acquisito o la
ristrutturazione dell’abitazione principale.Chi ha diritto
allo sconto riceverà un accredito direttamente sul conto
corrente pari alla differenza tra rata originaria e rata
calmierata con la stessa valuta del pagamento effettato.
Il brusco ribasso dai
tassi Euribor,
che stanno toccando minimi storici, ha in gran parte
depotenziato l’efficacia delle misure introdotte dal
decreto anti crisi, che mantengono una certa utilità su
quei finanziamenti che prevedono meccanismi di
indicizzazione ritardati nel tempo.
Il tetto si applica ai mutui cartolarizzati, ai prodotti a
rata costante (con tasso e durata variabile), a chi ha
aderito alla
convenzione Abi-governo
(che fissava la rata sui livelli medi del 2006) e pure a
chi è rimasto
indietro nei pagamenti.
Ci sono ancora dubbi sui mutui a tasso misto (cioè quelli
che prevedono la scelta fra fisso e variabile a scadenze
prefissate). Teoricamente dovrebbero beneficiare
dell’agevolazione, a meno che non ci sia in vigore
l’opzione fisso per il 2009.
Un’altra questione aperta è l’applicabilità del beneficio
ai mutui che al momento della stipula avevano tassi
superiori al 4%. Il testo del decreto sembra indicare che
anche per quest’ultimi è efficace un tetto oltre il quale
interviene lo Stato, tetto rappresentato dal tasso pagato
in corrispondenza della prima rata. Tuttavia non mancano
coloro i quali propendono per l’ipotesi più restrittiva
escludendo tali prestiti dall’applicazione
dell’agevolazione. E’ auspicabile che sulla questione
intervenga il ministro al fine di evitare che ciascuna
banca possa adottare decisioni differenti.
Gli
scioperi vanno regolamentati inizialmente e poi eliminati
totalmente anche con l'uso della forza.»
Fini: «Non soffocare il diritto,
va armonizzato con altri, ovvero schiacciato a favore dei
ricchi e ricchissimi». Brunetta: è più importante la
mobilità dei cittadini, ed è per questo che stiamo
imponendo la schiavitù legalizzata in puro stile
medioevale. Ormai è rimasta solo la CGIL a rompere i
coglioni, gli altri sindacati hanno calato le braghe da
secoli. La popolazione poi è troppo rincoglionita di merda
consumistica e di puttanate televisive per rendersi conto
che non conta più un cazzo
 |
Gianfranco Fini (Ap) |
ROMA
- «Non si tratta di soffocare il diritto di sciopero, ma
di armonizzarlo con l'esercizio degli altri diritti di
tutti i cittadini in un'opera di bilanciamento che deve
tener conto dell'evoluzione sociale». Lo ha detto il
presidente dell'assemblea di Montecitorio, Gianfranco
Fini, aprendo la presentazione alle Camere della relazione
della Commissione di garanzia per l'attuazione della legge
sullo sciopero,
che ha evidenziato tra l'altro
come nel corso del 2008 quelli proclamati siano stati più
di 2 mila e 856 quelli realizzati.
Per la terza carica dello Stato il diritto di sciopero
«non può compromettere oltre misura il godimento di altri
diritti della persona ugualmente garantiti in
Costituzione, come il diritto alla salute, alla sicurezza,
all'istruzione, all'assistenza e previdenza sociale, alla
libertà di circolazione e di comunicazione, alla effettiva
tutela giurisdizionale delle proprie ragioni».
 |
Il ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta (Lapresse) |
«DIRITTO
ALLA MOBILITÀ» - L'intervento dell'ex vicepremier arriva
all'indomani dell'annuncio
del governo di una possibile stretta nelle regole sugli
scioperi nei trasporti pubblici.
Il provvedimento dovrebbe essere discusso nella riunione
del Consiglio dei ministri di venerdì. Stando a quanto ha
precisato il ministro della Funzione pubblica,
Renato Brunetta, intervistato da Canale 5, nel prossimo
futuro non sarà più possibile fare scioperi selvaggi nei
servizi pubblici: «È nel testo di legge che probabilmente
approveremo domani nel consiglio dei ministri presentato
dal collega Sacconi che ha perfettamente ragione - ha
detto l'esponente del governo -. Non è possibile che una
minoranza tenga in ostaggio una maggioranza. Anche qui
bisogna essere molto chiari. Lo sciopero è un diritto
tutelato dalla Costituzione ma anche la mobilità, la vita,
il lavoro sono valori tutelati dalla Costituzione. Quando
ci sono due valori tutelati dalla Costituzione che entrano
in conflitto, cosa che può succedere, serve la regola, la
regolazione, la legge e la legge deve definire la
priorità. In questo caso la priorità è la vita, la
mobilità, l'economia dei cittadini rispetto al diritto di
sciopero che potrà essere comunque espletato secondo
regole tali da non incidere nella libertà degli altri». La
Cgil ha già annunciato un parere negativo, ma Brunetta non
sembra preoccuparsene: «Ce ne faremo una ragione».EPIFANI:
NIENTE FORZATURE - Oggi dal fronte Cgil è intervenuto
direttamente il segretario generale, Guglielmo Epifani.
«Il governo stia attento - ha detto il leader sindacale -
perchè in materia di libertà del diritto di sciopero
costituzionalmente garantito bisogna procedere con molta
attenzione. Se c'è qualcosa da aggiustare rispetto a una
normativa già rigida eventualmente lo si può veder. Ma se
si vogliono introdurre forzature che limitano poteri e
prerogative è altra questione». SACCONI: UNANIMITÀ NON
ESISTE - Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi si dice
«confortato» per la richiesta di intervento legislativo
sulla normativa che regolamenta gli scioperi. «Credo che
ci sia una larga convergenza con la gran parte delle
organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro. Temo però
che manchi la Cgil - ha detto -. L'unanimità non è di
questo mondo, appartiene al mondo del nulla, del non
fare».
VERSO IL MEDIOEVO ESTREMO ED OSCURO SENZA FERMARSI !!!
Nel 1987 un referendum
sanciva l'uscita dell'Italia dal gruppo di paesi
produttori di energia
nucleare: attraverso l'abolizione di tre
articoli di legge, noi, Popolo italiano, sentenziavamo il
rifiuto alla presenza di centrali nucleari sul territorio
nazionale. Oggi torniamo sui nostri passi:
Silvio Berlusconi
e Nicolas Sarkozy
hanno siglato un'intesa che prevede la cooperazione tra
Francia e Italia sulla produzione di energia
nucleare,SENZA CURARSI DI QUELLO CHE PENSA LA POPOLAZIONE
IN RELAZIONE A QUESTO BALZO ALL’INDIETRO,VERSO IL
GIURASSICO TECNOLOGICO. Il vertice italo-francese a Villa
Madama, in cui si è parlato anche di Tav, di Afghanistan,
di Libano e, naturalmente, della crisi finanziaria,
inaugura così la vecchia-nuova stagione energetica
italiana: verranno costruite, da una joint-venture
Enel-Edf, quattro
centrali nucleari di terza generazione, la
prima delle quali sarà accesa nel
2020. Insieme
avranno una potenza di 6400 Mw, vale a dire il 25 per
cento dei consumi di energia nel nostro Paese.
(percentuali tutte estremamente aleatorie:nel 2020 le
centrali di terza generazione saranno CERTAMENTE già
obsolete. I costi stratosferici di gestione per cadaveri
tecnologici andranno ad inficiare pesantemente quel cazzo
di 25% che si sono inventato come consumo. OGGI L’ITALIA
DALLA FRANCIA IMPORTA ENERGIA PRODOTTA DALL’ATOMO DI NOTTE
AD 1/3 DEL COSTO PER CONVOGLIARLA NELLE POMPE IDROVORE DEI
LAGHI DEL NORD ITALIA PER SPINGERE A 1000 METRI D’ALTEZZA
L’ACQUA PER POI FARLA RICADERE ED AZIONARE LE DINAMO PER
PRODURRE ENERGIA ELETTRICA DIURNA FACENDOLA PAGARE AGLI
UTENTI IL TRIPLO DI QUELLO CHE COSTA, ECCO A COSA SERVE IL
NUCLEARE DI MERDA CHE VOGLIONO….La scelta dei siti che le
ospiteranno ed il quadro normativo di riferimento sono
rinviati all'approvazione del ddl del ministro dello
Sviluppo Economico, Claudio Scajola, ormai a tre quarti
del proprio iter parlamentare. Con esso, tra l'altro,
verrà istituita l'Agenzia
per la sicurezza nucleare e ad essa spetteranno
tutti i poteri sui progetti, limitando al minimo le
capacità d'intervento degli enti locali nei territori
coinvolti. L'accordo firmato da Berlusconi e Sarkozy
prevede, inoltre, lo sviluppo della cooperazione
industriale tra le imprese della filiera nucleare dei due
Paesi, "in particolare tramite la realizzazione di
partenariati strategici industriali tra imprese italiane e
francesi competenti per l'ingegneria e la realizzazione di
ogni tipo di apparecchiature per le centrali
elettronucleari". Inoltre, prevede "partenariati
in materia di ricerca e di sviluppo tecnologico,
in particolare tra gli organismi pubblici Enea e il suo
omologo francese Cea, compresi i progetti definiti come
reattori di quarta generazione e i reattori di ricerca".
Infine il protocollo fissa la "volontà di eliminare gli
ostacoli che possono limitare la cooperazione bilaterali
nel campo industriale e commerciale". La politica del
nucleare rispolverata dal governo Berlusconi appare in
PESANTE controtendenza rispetto agli altri paesi
occidentli (Obama sta perseguendo la strada delle
energie verdi,
la Germania e i Paesi scandinavi stanno passando alle
fonti rinnovabili e a localizzazioni degli impianti
energetici) e contraria agli impegni assunti con l'UE.
Le politiche europee prevedono il
piano "20-20-20",
secondo cui gli Stati aderenti prendono l'impegno di
produrre il 20% del proprio fabbisogno energetico mediante
fonti rinnovabili, di ridurre il 20% della propria
produzione di CO2, e di ridurre i consumi energetici del
20% entro il 2020. Tuttavia, il nucleare non è una
fonte rinnovabile.
Per energia "rinnovabile", tecnicamente, si intende
qualcosa che può essere prodotta mediante un ciclo
produttivo, come la produzione di idrogeno, la
riqualificazione della CO2, il teleriscaldamento; un
esempio è il combustibile brasiliano ottenuto dalla canna
da zucchero fermantata che, bruciato, genera una quantità
di CO2 pari a quella che il campo di canna da zucchero
elabora per sopravvivere. MA NON E’ FINITA Qui: TESTA D’AFALTO
ALLA FIRMA DEGLI ACCORDI DEL PIANO 20-20-20 IMPOSE PESANTI
VETI ALLINEANDOSI AI PAESI ARRETRATI DELL’EX CORTINA DI
FERRO, COME POLONIA, ROMANIA. Il RISULTATO DI TUTTA QUESTA
FOGNA E’ STATA CHE L’ITALIA ,ASSIEME AI PAESI D’OLTRE
CORTINA CHE SONO ENTRATI NELLA UE,HA OTTENUTO UN
ALLUNGAMENTO DEI TEMPI DI ADEGUAMENTO ALLA RIDUZIONE DEL
20% DELLE IMMISSIONI NOCIVE MANTENENDO UN IMPIANTO
PRODUTTIVO GENERALE ITALIOTA OBSOLETO E FORTEMENTE
INQUINANTE. Le Centrali al carbone cinese e/o al carbone
“verde” SOLO NELLA FANTASIA SONO SOSTENIBILI. Gli indici
di inquinamento delle polveri è altissimo, ma non solo.
Anche il solare e l'eolico, da un punto di vista tecnico,
non sono rinnovabili ma "sostenibili".Tuttavia
la legge dà delle definizioni autonome che confondono i
concetti tecnici di "rinnovabile", "sostenibile" e
"alternativo". Eolico e solare sono, per esempio,
"alternativi" al
petrolio e in questa definizione, secondo
l'intenzione del Governo italiano, sarebbero equiparabili
al nucleare. Il nucleare, ad oggi, non ha neanche gli
standard tecnici di sostenibilità, dal momento che gli
scarti di uranio radioattivo rappresentano ancora un grave
problema produttivo. Tuttavia il governo asfaltato
italiano con il solito trucchetto delle parole ha
equiparato SOSTENIBILE AD ALTERNATIVO, quando in realtà il
significato E’ BEN DIVERSO.
Mentre l'Italia, dunque, s'incammina di nuovo lungo la
strada del nucleare, abbandonata con una scelta popolare
ventuno anni fa e riproposta oggi con un vertice
internazionale, apprestandosi fra "appena" dieci anni ad
usufruire dei vantaggi - relativi - di questa fonte di
energia, non rinnovabile, né sostenibile, ma solo
alternativa al petrolio, molti paesi occidentali imboccano
strade nuove, come la "localizzazione degli impianti" o
l'avanzamento tecnologico delle fonti verdi o si mettono
alla ricerca di soluzioni diverse. Fra dieci anni non
possiamo sapere quali grandi scoperte avranno cambiato il
mondo, ma sappiamo per certo che l'Italia avrà
"finalmente" il nucleare, IN UN PAESE GIA’ OGGI TRA I PIU’
INQUINATI D’EUROPA.
400
MILIONI DI EURO IL COSTO DEL REFERENDUM SUPPLETIVO SULLA
LEGGE ELETTORALE FOGNA PER LO SPARTIMENTO AB ETERNO DI
FONDI PUBBLICI IN RIMBORSI ELETTORALI ANCHE PER CHI NON
SUPERA LO SBARRAMENTO IMPOSTO DALLA STESSA LEGGE FINO ALLA
FINANZIARIA DEL 2011, 300.000 EURO DI MULTA QUOTIDIANA PER
TENERE RETE4 ABUSIVA IN SPREGIO ALLE SENTENZE DEFINITIVE
DELL'EUROPA,1000 MILIONI DI EURO PER FINANZIARE LA
DISINFORMAZIONE, 5 MILIARDI DI DOLLARI PER "RISARCIRE" LA
LIBIA DI NON SI SA BENE CHE COSA,TAGLIO DI 8 MILIARDI DI
EURO DI FONDI ALLO STUDIO E RICERCA PER COPRIRE I 3
MILIARDI DI EURO DI DEBITI ALITALIA SVENDUTA ALLA FRANCIA,400
MILIONI DI EURO DATI ALLE TESSERE ANNONARIE FASCISTE
ATTRAVERSO IL SACCHEGGIO DEI "CONTI DORMIENTI",TESSERE
ALTRESI' IN PARECCHI CASI VUOTE,5 MILIARDI DI MANOVRA
ECONOMICA CHE SE NE ANDRANNO PER FINANZIARE L'AUMENTO DEL
700% DI CASSAINTEGRAZIONE A CUI SI UNISCONO LE GRANDI
INFRASTRUTTURE INUTILI COME IL CORRIDOIO 5, IL PONTE DI
MESSINA E LA TAV,TAGLIANDO QUALSIASI FORMA DI INVESTIMENTO
SULLO SPOSTAMENTO ALTERNATIVO,IL TELELAVORO,IL LANCIO DI
ECONOMIE SOSTENIBILI CAPACI DI ASSORBIRE
LAVORATORI,FINANZIANDO ALTRESì PER LA QUARTA VOLTA IN 10
ANNI LA FIAT CON LA TRUFFA COLOSSALE DEGLI INCENTIVI ALLA
ROTTAMAZIONE,PER NON PARLARE DI SPERPERI INFINITI SUGLI
INCENERITORI CANCRONISTICI,CONVERSIONI DI CENTRALI AD OLI
CON CARBONE DETTO "VERDE",ED E' PASSATO SOLO UN ANNO.....DI
ASFALTATURA:
Cox 18, petardi e bottiglie
contro gli agenti
Un poliziotto ferito a una mano.
In via Torino un gruppo prende merce in un negozio. Gli
altri: «Ci sputtanate»
 |
(Fotogramma) |
MILANO -
Tensione durante il corteo di protesta per
lo sgombero del centro sociale
Cox 18, sabato
pomeriggio nel centro di Milano. Dopo aver attraversato il
centro, i manifestanti si sono diretti nella zona dei
Navigli, da dove erano partiti e dove si trova la sede del
centro sociale. All'ingresso di via San Gottardo, bloccata
dagli agenti in tenuta anti sommossa, c'è stato un fitto
lancio di petardi, bottiglie e fumogeni. Un poliziotto è
rimasto ferito per lo scoppio di un grosso petardo: ha la
mano ustionata ma le sue condizioni non sono preoccupanti.
DUE
DENUNCIATI - Due manifestanti sono stati denunciati a
piede libero per possesso di oggetti atti a offendere: un
noto esponente di area insurrezionalista e una ragazza di
circa vent'anni. Nei loro zaini c'erano mattoni, mazze e
martelli. Tra gli episodi al vaglio della Questura ci sono
il danneggiamento di due bancomat, di due auto
parcheggiate, un tentativo di furto in un negozio in via
Torino dove un gruppo di ragazzi ha cercato di portare via
la cassa, e il lancio di oggetti contro i cordoni di
polizia in corso San Gottardo.
FACINOROSI - Durante il passaggio del corteo sono stati
lanciati petardi e bottiglie contro la polizia,
danneggiati negozi e infrante vetrine. Gli autori sono una
trentina di facinorosi, vestiti di nero e con il volto
coperto da cappucci e sciarpe, che il resto del corteo ha
tentato di isolare gridando «Bastardi, ci sputtanate».
Tensione anche in via Torino, dove i violenti hanno
divelto alcuni cestini dell'immondizia, portandoli in
mezzo alla strada e dando fuoco ad uno di essi. Poi hanno
fatto irruzione nel negozio Bershka della stessa via
urlando «Tutto il vostro lusso è provocazione, esproprio
proletario e rivoluzione» e portando via della merce dopo
un diverbio con i responsabili della sicurezza. Sulle
vetrine sono stati disegnati simboli anarchici. È seguito
un violento diverbio, con spintoni e insulti, tra gruppi
di manifestanti. Per questa vicenda cinque persone tra i
23 e i 32 anni, appartenenti all'area anarchica più
intransigente, sono stati denunciati per devastazione e
saccheggio. Dura la reazione del vicesindaco De Corato:
«Porteremo tutti i responsabili dei disordini in
tribunale, come abbiamo fatto per i disastri di corso
Buenos Aires del 2006». Per tutto il pomeriggio di sabato
il traffico cittadino è stato in tilt e molte linee di
tram e bus paralizzate.
 |
(Liverani) |
PETARDI E
FUMOGENI - In piazza Missori un manifestante ha lanciato
un petardo contro il cordone dei carabinieri, in via
Mazzini altri hanno lanciato un fumogeno nel locale
bancomat di una filiale del Monte dei Paschi di Siena,
senza conseguenze. La vetrina di una filiale della Banca
di Roma in fondo a corso Italia è stata colpita con degli
oggetti ed è stato lanciato un petardo. Ci sono stati
lanci di petardi e imbrattamenti a banche e agenzie
immobiliari. Le scritte: «Nervi tesi fasci appesi» e
«Fuoco alle banche». Due ragazzi sono stati portati in
Questura per accertamenti sul materiale trovato nei loro
zaini, poi sono stati rilasciati.
«SIAMO
DIECIMILA» - Il serpentone era aperto da un gruppo di
donne con lo striscione «La cultura non si tocca», ha
intonato cori contro l'amministrazione comunale, come
«Letizia Moratti non hai capito niente. Conchetta 18 non
si arrende». Secondo gli organizzatori alla manifestazione
hanno partecipato diecimila persone (4mila secondo le
forze dell'ordine), tra loro anche esponenti della
sinistra critica e dei collettivi studenteschi. Sui muri
sono comparsi dei manifesti che ritraggono il logo dell'Ecopass
con al centro la foto del vicesindaco Riccardo De Corato e
la scritta: «Zona a pensiero limitato». Al corteo c'era
anche il regista Gabriele Salvatores, secondo cui lo
sgombero del Cox è «una cosa un po' vigliacca e senza
senso e con un tempismo perfetto, visto che c'era una
trattativa in atto». «Il Conchetta mi sembra sia uno dei
centri sociali milanesi che ha sempre seguito la strada
della cultura - ha aggiunto il regista, amico di Primo
Moroni, di cui il Cox conserva l'archivio sui movimenti
antagonisti -. Ai tempi del film Nirvana, tra l'altro, mi
aiutarono molto».
«Nel 2009 il Pil si contrarrà
del 2%»
Bankitalia: «Caduta, superiore
alle attese, della produzione industriale nell'ultimo
scorcio del 2008»
ROMA
- Previsioni fosche per l'economia italiana. «Valutiamo
che, tenendo conto delle misure di sostegno alla domanda
decise dal governo, il Pil si contrarrà del 2% nella media
del 2009». Lo afferma Bankitalia nel suo bollettino
economico sottolineando come la previsione «tiene conto
della caduta, superiore alle attese, della produzione
industriale nell'ultimo corcio del 2008, in particolare il
dato di novembre» diffuso mercoledì.
PRODUZIONE E
CONSUMI
- Nel quarto trimestre dell'anno scorso l'indice della
produzione industriale sarebbe caduto di circa il 6%.
Nella media del 2008 il calo sarebbe stato intorno al 4%.
 |
Il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi (Imagoeconomica) |
«Si
tratterebbe», rilevano i tecnici di Palazzo Koch, «di uno
dei peggiori risultati dal secondo dopoguerra; l'intensità
del calo è sin qui simile a quella registrata nella crisi
1974-75 in cui, dopo un anno e mezzo, la contrazione
dell'attività superò cumulativamente il 20%». E per il
futuro poco spazio all'ottimismo: «I sondaggi
congiunturali non lasciano intravedere una ripresa
dell'attività manifatturiera a breve termine». In grave
difficoltà anche l'export. Le vendite italiane all'estero
si contrarranno di oltre il 5% nel 2009, per aumentare poi
del 4% nel 2010, sulla scia della possibile ripresa degli
scambi internazionali e di un lieve guadagno di
competitività. La contrazione della domanda interna è
destinata a intensificarsi quest'anno, riflettendo in
particolare una caduta di oltre il 7% dell'accumulazione
di capitale. I consumi, che rimarranno stagnanti,
risentiranno meno delle condizioni cicliche avverse,
grazie all'impatto favorevole della riduzione
dell'inflazione sulla capacità di spesa delle famiglie.
Inoltre, potrebbero beneficiare delle misure recentemente
approvate dal Governo a favore delle famiglie meno
abbienti. L'aumento della spesa in servizi e beni non
durevoli compenserebbe il calo di circa il 4% degli
acquisti di beni durevoli. Nel 2010, poi, con il
miglioramento delle condizioni cicliche, i consumi
tornerebbero a crescere a un ritmo appena inferiore a
quello previsto per il Pil. Il reddito disponibile del
settore privato aumenterebbe in media di circa lo 0,2% in
termini reali nel 2009-2010, dopo una marcata diminuzione,
superiore all'1%, nel 2008.
RAPPORTO
DEBITO-PIL
-Il rapporto debito/Pil risale nel 2008 al 105%. Il
peggioramento della congiuntura, nota la Banca d'Italia, è
destinato ad avere effetti maggiori sui conti pubblici di
quest'anno. La manovra di bilancio per il triennio
2009-2011 è stata integrata senza modifiche significative
ai saldi programmati con la finanziaria 2009 e con il dl
anticrisi che recepisce 5,6 miliardi per quest'anno. Anche
il fabbisogno, ricorda il bollettino economico, nel 2008 è
tornato a crescere e l'aumento rispetto al 2007 è
valutabile in un punto percentuale del Pil. Le entrate
tributarie sono rimaste invece pressochè invariate.
INFLAZIONE
- «L'inflazione al consumo diminuirà nella media del 2009
all'1,1%, per risalire all'1,4% nel 2010 riflettendo
principalmente la caduta dei prezzi delle materie prime
della seconda metà del 2008 e l'ipotesi di un recupero
moderato nei due anni successivi» spiega ancora via
Nazionale nel suo Bollettino.
RIPRESA
- In Italia la fase recessiva proseguirà per tutto il 2009
e il prodotto interno lordo tornerà ad espandersi solo nel
2010 «beneficiando di una ripresa dell'economia mondiale e
degli scambi internazionali». Bankitalia aggiunge poi che
«dopo un calo dello 0,6% nel 2008 e del 2% nel 2009» il
pil «aumenterà dello 0,5% nel 2010».
INDEBITAMENTO
- Le famiglie italiane sono sempre più indebitate:
aumentano, anche se in misura lieve, le componenti dei
prestiti bancari a medio e lungo termine e gli oneri
sostenuti per il servizio del debito (pagamento degli
interessi e restituzione del capitale) che hanno raggiunto
l’8,3% del reddito disponibile spiega ancora la Banca
d’Italia. Il rapporto tra il debito e il reddito delle
famiglie, sottolinea l’istituto di via Nazionale, continua
comunque a essere molto basso nel confronto
internazionale: è pari a circa la metà di quello medio
dell’area dell’euro e a un terzo di quelli di Usa e Regno
Unito.
TREMONTI
- «Torniamo al 2006, non mi sembra il Medioevo» ha detto
il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti commentando la
previsione del -2% del Pil 2009 fatta da Bankitalia.
Tremonti ha anche spiegato che «non è la politica giusta
sostenere la domanda facendo nuovo debito».
VELTRONI
- Ma la risposta di Tremonti non convince il segretario
del Pd Walter Veltroni che in una nota spiega: «I dati sul
Pil diffusi oggi dalla Banca d’Italia dimostrano che
l’Italia è in emergenza ma nonostante ciò il ministro
Tremonti fa finta di nulla. Ormai è chiaro: l'Italia è in
emergenza. La Banca d'Italia ci dice che crolla il Pil, al
-2%, che precipitano le esportazioni, al -5%, che gli
effetti della crisi sui conti pubblici si faranno sentire
e che una situazione tanto grave non si vedeva dai tempi
della grande crisi petrolifera. Sono numeri drammatici,
come drammatica è la situazione per centinaia di migliaia
di famiglie, soprattutto per i precari e per quanti
rischiano il posto, per i cassintegrati, per le piccole e
medie imprese». Eppure, prosegue Veltroni, «anche davanti
a questi dati, il ministro Tremonti fa finta di nulla e
misura il crollo del Pil sulla disastrosa performance del
precedente governo Berlusconi».
Confindustria: 4 miliardi non
bastano
Gli industriali giudicano
insufficienti gli stanziamenti previsti dal governo nel
decreto anti-crisi
ROMA -
Quattro miliardi non bastano. Lo stanziamento previsto dal
governo nel decreto anti-crisi per il 2009 rischia di
essere in sufficiente. Quindi, per fare fronte alla crisi,
in Italia «occorre riallocare in fretta un ammontare di
risorse ben maggiore». Lo afferma Confindustria nella
congiuntura flash del Centro studi sottolineando che è
necessario adottare riforme strutturali «che portino
risparmi nei prossimi anni e accrescano la credibilità del
Paese».
L'AZIONE DEI GOVERNI - Confindustria non esprime un
giudizio negativo sul solo esecutivo italiano ma giudica
«inadeguate» le azioni dei governi a livello
internazionale «perchè lente, contenute, incerte, con
tensioni e divisioni interne e tra i Paesi». In
particolare è giudicato «controproducente» il tempismo
delle decisioni tedesche. «I pacchetti di stimolo
all'economia effettivamente adottati dai governi - afferma
il Centro studi - sono ancora troppo modesti
nell'ammontare e lenti nel varo per invertire la marcia
della crisi. Molte misure erano già previste, altre sono
annunciate». In dettaglio, per gli interventi in fase di
elaborazione in Germania (50 miliardi di euro) e Usa (775
miliardi di dollari) «occorre fare presto perchè stiamo
entrando nel culmine della crisi». Nell'Unione europea
inoltre «l'efficacia degli stimoli fiscali è ridotta
dall'insufficiente livello di coordinamento»

La mossa SINISTRA del sindaco
di Milano: «Lotterò fino alla fine PERCHE' SONO UNA
MEGABORG COI TACCHI A SPILLO ED HO VOGLIA DI RODERGLI IL
BUCO DEL ....». Il ministro Matteoli la critica: «Ha un
curioso atteggiamento.SAPEVA BENISSIMO CHE SI TRATTAVA DI
UNA SVENDITA A DEBITO PER LO STATO, A NOI DEGLI HUB NON CE
NE FOTTE NIENTE E QUINDI CE NE FREGHIAMO DI MALPENSA ED
AFFINI» Il destino di
Alitalia purtroppo non è il fallimento ma la riduzione
drastica a compagnia minimale LOW COST così come predetto
da Grillo in uno spettacolo del 2005 (dopo il crak
Parmalat e l'impennata del PIL Usa dopo l'11 settembre
2001,passando per gli Equity Swop del pastone
Montezemolo-Gabetti-Grande Stewens,PER IL CROLLO BANCARIO
ANNUNCIATO NEL LUGLIO 2008....)
Debito pubblico da record
A ottobre si è attestato a 1670
miliardi. Le entrate tributarie crescono a 344 miliardi
ROMA - È nuovo record per
il debito pubblico italiano: a ottobre - secondo quanto
risulta dal supplemento al Bollettino Statistico di
Bankitalia - si è attestato a 1.670,6 miliardi. A
settembre si era registrata invece una contrazione
(1.648,6 miliardi) dopo il record raggiunto in agosto (a
1.666,6 miliardi).
ENTRATE TRIBUTARIE -
Crescono le entrate tributarie: nei primi 11 mesi del 2008
si sono attestate infatti a 344 miliardi, cioè il 2,8% in
più rispetto ai 334,1 del gennaio-novembre 2007. È quanto
emerge dal Supplemento al bollettino statistico della
Banca d'Italia. Nel solo mese di novembre le entrate
tributarie sono state pari a 32,7 miliardi (in linea
rispetto ai 32,9 miliardi nel novembre 2007)
Ocse: «Italia maglia nera per la
crescita
E la crisi durerà fino a metà 2009»
Le stime dell'organizzazione:
«Nessuna possibilità di ripresa fino al 2010»
PARIGI - Penultima, davanti solo al Portogallo.
L'Ocse assegna all'Italia la maglia nera per la crescita
economica nell'Eurozona negli anni dal 2003 al 2007. È
quanto emerge dalla
Economic Surveys dell'organizzazione che
rappresenta i paesi più avanzati del mondo. Dalla ricerca
emerge che, in media, dal 2003 al 2007 la crescita del Pil
nel nostro Paese è stata solo dell'1,1%, a fronte di un
Pil dell'Eurozona che aumentava del 2%. Peggio dell'Italia
c'è solo il Portogallo che cresce dell'1%, mentre
l'Irlanda è il paese meglio piazzato, con un +5,5%,
seguito dal Lussemburgo (+4,6%) e dalla Grecia (+4,3%).
Bene anche la Spagna (+3,5%), mentre i due pesi massimi
Germania e Francia registrano rispettivamente un +1,4% e
un +1,9%.
RECESSIONE - L'Ocse lancia poi l'allarme sulla
crescita economica dell'eurozona e non vede possibilità di
ripresa fino a metà del 2010. L'organizzazione per la
Cooperazione e lo Sviluppo Economico parla di «seri rischi
per gli scenari di crescita» e, a causa della crisi
finanziaria, prevede «una contrazione nella seconda metà
del 2008 e nella prima metà del 2009 e una crescita al di
sotto del trend fino a metà 2010»
CREDITO - Sul fronte del
credito, l'Ocse nota che la situazione nel settore provato
si è «irrigidita», anche se «una forte contrazione nel
credito bancario non si è ancora verificata». Inoltre i
«rischi al rialzo per la stabilità dei prezzi non sono
scomparsi, anche se c'è una bassa evidenza di ampi effetti
di secondo livello» e le «aspettative sui prezzi sembrano
essere restate ben ancorate». Serve comunque un'«adeguata
regolamentazione dell'attività finanziaria». Ciò significa
che le autorità europee e nazionali devono essere in grado
di far fronte alle difficoltà nel «breve termine», mentre
«vanno evitate azioni politiche che potrebbero minare gli
obiettivi di lungo periodo». Lo sforzo deve essere perciò
quello di «rafforzare le riforme strutturali», puntando
alla sostenibilità di bilancio, al miglioramento della
ripresa macroeconomica e ad un aumento dei livelli di
vita. L'Ocse invita le autorità europee a «muoversi verso
una più integrata e centralizzata supervisione» bancaria.
CONTI PUBBLICI - Sul fronte dei bilanci pubblici
l'Ocse invita a «migliorare ulteriormente la disciplina di
bilancio», ricordando che in «alcuni paesi membri
dell'area euro restano alti deficit». Per quanto riguarda
l'inflazione l'Ocse prevede che l'andamento «fiacco»
dell'economia, «aiuterà ad abbassare ulteriormente» i
prezzi, e quindi «in base a queste previsioni potrebbe
emergere lo spazio per un ulteriore allentamento della
politica monetaria», anche se «resta una grande incertezza
per quanto riguarda lo scenario economico». «Se le
pressioni inflazionistiche - è scritto nel rapporto -
dovessero dimostrarsi più forti delle attese, lo spazio di
manovra s
Il commissario
straordinario Fantozzi: «La compagnia ha sperperato, è
morta di grandeur»;nel frattempo
Btp, gli specialisti
disertano le aste.
Ben due
aste Btp per specialisti su tre ieri sono andate deserte,
mentre la terza ha visto una richiesta di solo poco più di
un terzo dell'ammontare offerto. Un buco nell'acqua
insomma per il Tesoro, che non è riuscito a collocare la
6° e 7° tranche da 150 milioni di euro di [...]
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(Lapresse) |
MILANO
- L'assemblea di Cai ha
deliberato la modifica della denominazione sociale: dal 13
gennaio la società si chiamerà semplicemente Alitalia e
non Nuova Alitalia. «Abbiamo cambiato ragione sociale», ha
detto il vice presidente Salvatore Mancuso (fondo Equinox).
Sul partner estero, Mancuso ha spiegato che «si sta
lavorando, a breve verrà fatta la scelta». Gaetano
Miccichè, responsabile della divisione corporate di Intesa
SanPaolo, sui tempi del partner estero aveva detto che
«siamo vicini alla scelta». Mancuso, sull’ingresso di
nuovi soci nella compagine azionaria, ha risposto: «Solo
un socio strategico». Quanto al problema dei prezzi dei
voli sollevato dall'Antitrust: «Non devo rispondere io a
Catricalà».
INCONTRO CON SINDACATI
- Nel pomeriggio i vertici di Cai-Alitalia si troveranno
con i sindacati per discutere i criteri di assunzione
applicati dalla nuova compagnia, in particolare per il
personale di terra ma non di quello delle pulizie
(rinviato al 2 gennaio, Cai ha deciso di esternalizzare il
servizio). Sul tavolo anche le questioni di piloti e
assistenti di volo, affrontate già lunedì.
FANTOZZI: «COMPAGNIA MORTA
DI GRANDEUR»
- Alitalia «è morta di grandeur. Nella mia relazione dico
chiaramente che l'azienda ha sperperato: ci sono cinque
procuratori della Repubblica al lavoro nei nostri uffici e
la Corte dei conti che indaga». Lo ha detto il commissario
straordinario, Augusto Fantozzi, in un'intervista al
settimanale Espresso mercoledì in edicola. «Alitalia è
morta di grandeur, non per il mio taglio dei voli, bensì
perché si è voluta mantenere una struttura troppo ampia
rispetto alle sue possibilità di produrre reddito».
Secondo Fantozzi «Alitalia pagava tutto il triplo. Per
esempio mandava tre auto per prendere l'equipaggio. Anche
il carburante era pagato troppo». Per Fantozzi «i piloti
hanno fatto un grande errore. La disponibilità a
riconoscere la loro professionalità c'era, ma loro hanno
preferito la guerra per il potere in azienda, lo scontro
per comandare piuttosto che convincere della loro
indispensabilità. L'Anpac ha frantumato se stessa».
IL DISASTRO
DELLA CLASSE DIRIGENTE TARGATA PD. VELTRONI DA OLTRETOMBA
ESTREMA, CONTINUANDO A PAPPAGALLARE L'ASFALTATURA A DESTRA
HA ANNIENTATO CIO' CHE AVREBBE DOVUTO ESSERE
L'OPPOSIZIONE. SI ATTENDONO LE SUE DIMISSIONI AB ETERNO.
CRONACHE
Basilicata, richiesta la misura dei domiciliari
per il parlamentare Margiotta: potrà essere eseguita
solo se la Camera dà l'autorizzazione. L'indagine
condotta dal pm John Woodcock (foto)
DALLE TOMBE PIRAMIDALI D'EGITTO, DALL'OLTRETOMBA,IL SOLITO
MONITO,INUTILE, DI NAPOLITANO:"«I principi fondamentali
della Carta sono immodificabili». Il premier: «Non li
cambieremo» Nel frattempo chi svolge il proprio lavoro
viene licenziato:"Carlo Vulpio è
un giornalista. Dall'inizio del 2007 seguiva le inchieste
"Poseidon", "Why Not" e "Toghe Lucane". Scriveva per il
Corriere della Sera. Il 3 dicembre è
stato licenziato. Nel suo ultimo articolo ha fatto
i nomi di magistrati, di politici e di
imprenditori coinvolti nell'inchiesta della Procura di
Salerno in seguito alla denuncia di Luigi De
Magistris. Subito dopo ha ricevuto
una telefonata di licenziamento
da Paolo Mieli, direttore del Corriere
della Sera. I nomi erano troppi, il tanfo era
insopportabile anche per i lettori del Corriere.
Mieli, lo dica qui in Rete prima che la riducano come i
giornali servi del potere con la legge fotti
blogger di Cassinelli. Ci dica chi ha telefonato
a lei per invitarla a disfarsi di Vulpio? Uno della lista?
Un membro del consiglio di amministrazione di RCS? O ha
fatto tutto da solo? Altrove, in altri Paesi, in Francia o
negli Stati Uniti, un gesto come il suo non sarebbe stato
apprezzato. L'avrebbero cacciata. Qui la premieranno,
magari con la direzione del Tg1.
Leggere l'elenco di Vulpio, dal
CSM, alla Corte d'Appello, alla
Corte di Cassazione è come sollevare il
tombino di una fogna. In Italia siamo tutti al di sotto di
ogni sospetto.
Dall'articolo di Carlo Vulpio del 3 dicembre 2008:
"Non era mai accaduto prima in Italia, che una procura
della Repubblica fosse «circondata» come un fortino della
malavita. Ieri è successo alla procura di Catanzaro, che
per tutta la giornata e fino a tarda sera è stata
letteralmente accerchiata da cento carabinieri e una
ventina di poliziotti, tutti arrivati da Salerno. Con i
carabinieri del Reparto operativo e i poliziotti della
Digos, sono entrati in procura ben sette magistrati, tra i
quali il procuratore di Salerno, Luigi Apicella, e i
titolari dell' inchiesta, Gabriella Nuzzi e Dionigio
Verasani. Hanno notificato avvisi di garanzia e perquisito
case e uffici dei magistrati calabresi che hanno scippato
le inchieste "Poseidone" e "Why Not" all' ex pm Luigi de
Magistris (ora giudice del Riesame a Napoli) e dei
magistrati che queste inchieste hanno ereditato, «per
smembrarle, disintegrarle e favorire alcuni indagati»,
scrivono i pm salernitani. Tra gli indagati "favoriti", l'
ex ministro della Giustizia, Clemente Mastella,
il segretario nazionale Udc, Lorenzo Cesa,
l' ex governatore di Calabria, nonché ex procuratore di
Reggio Calabria, Giuseppe Chiaravalloti,
il generale della Guardia di Finanza, Walter
Cretella Lombardo, l' ex sottosegretario con
delega al Cipe, Giuseppe Galati (Udc),
Giancarlo Pittelli, deputato di Forza
Italia, il ras della Compagnia delle Opere per il Sud
Italia, Antonio Saladino.
Ma questo è solo il troncone calabro. Gli stessi
magistrati salernitani, infatti, stanno indagando anche in
altre due direzioni. La prima riguarda uno stuolo di
giudici lucani coinvolti nella "madre di tutte le
inchieste" sul marcio nella magistratura (l' inchiesta
"Toghe Lucane", che de Magistris è riuscito a "chiudere"
prima di essere frettolosamente trasferito). La seconda
andrebbe diritta verso alcuni membri del Csm: per esempio,
il vicepresidente Nicola Mancino e i
presunti legami con Antonio Saladino, figura chiave di "Why
Not", il procuratore generale della Corte di Cassazione,
Mario Delli Priscoli, andato in pensione
qualche giorno fa, e il sostituto procuratore generale
della Cassazione, nonché governatore (Ds) delle Marche per
dieci anni, Vito D' Ambrosio, che in Csm
sostenne l' accusa per far trasferire de Magistris. Ce n'
è anche per l' Associazione nazionale magistrati e per il
suo presidente, Simone Luerti. Molto
amico di diversi indagati eccellenti quando faceva il
magistrato in Calabria, Luerti non ha mai perso occasione
di esternare contro de Magistris. Quando poi, qualche mese
fa, si è scoperto che incontrava regolarmente Saladino e
Mastella nella sede del ministero della Giustizia, mentre
lui negava, Luerti s' è dovuto dimettere dalla carica di
presidente dell' Anm. Nel decreto di perquisizione
eseguito ieri, 1.700 pagine, i pm di Salerno accusano di
concorso in corruzione in atti giudiziari - per aver tolto
"illegalmente" a de Magistris "Why Not" e "Poseidone" - il
procuratore di Catanzaro, Mariano Lombardi,
il procuratore aggiunto, Salvatore Murone,
il procuratore generale reggente, Dolcino Favi,
il parlamentare Giancarlo Pittelli e «l'
uomo ovunque» Antonio Saladino. Ma accusano anche il
sostituto procuratore generale Alfredo Garbati,
il sostituto procuratore generale presso la Corte d'
Appello Domenico De Lorenzo e il pm
Salvatore Curcio di aver preso in eredità
quelle scottanti inchieste al solo scopo di farle a pezzi.
Mentre il procuratore generale Vincenzo Iannelli
e il presidente di Sezione del tribunale Bruno
Arcuri si sarebbero dati da fare non solo "per
archiviare illegalmente" la posizione di Mastella ("la cui
iscrizione tra gli indagati era invece doverosa"), ma
anche "per calunniare de Magistris e disintegrarlo
professionalmente". Poi, dicono i pm campani, Iannelli,
per una causa che gli sta a cuore, fa intervenire
Chiaravalloti su Patrizia Pasquin, giudice del tribunale
di Vibo Valentia, che poi sarebbe stata arrestata. Così,
da magistrato a magistrato, come da compare a compare."
Carlo Vulpio,
www.carlovulpio.it
ITALIA:UNA PACCOTTIGLIA DI NAZIONE

Classifica corruzione 2008 nel mondo di Transparency
International
Clicca l'immagine
L'Italia e le
Seychelles
sono entrambe al 55° posto nel mondo per
la corruzione nel settore pubblico. Siamo
scesi di 14 posizioni dal 2007 grazie a una maggiore
diffusione "dell'abuso di pubblici uffici per il guadagno
privato".
Propongo al presidente delle Seychelles,
James Michel,
un gemellaggio con l'Italia. Un grande Paese come il
nostro potrà trasformare quel piccolo paradiso
terrestre in una cloaca internazionale di grande
rilievo.
Qualche inceneritore, due centrali nucleari riciclate
dall'Enel, un po' di narcotraffico per le rotte
dell'Oceano Indiano,
materiale tossico per costruire
nuove scuole,
pregiudicati in Parlamento a volontà.
L'Italia può offrire anche consulenza legale contro i
problemi derivanti dalla corruzione. I nostri avvocati in
Parlamento Alfano, Ghedini
e Consolo sono i migliori sulla piazza.
Se un parlamentare ha problemi con la giustizia trovano
sempre il Lodo giusto per lui, per farla
franca, per evitargli le seccature della galera. Il lodo
Alfano ha posto al di sopra della legge le prime quattro
cariche dello Stato. Il
lodo Consolo
dovrebbe mettere al sicuro dalla giustizia tutti i
ministri, a partire da Matteoli, del
quale, non per niente, Consolo è l'avvocato. Le leggi in
Italia sono disegnate su misura da Ghedini, il
doppiolavorista, avvocato dello psiconano.
Difende il suo datore di lavoro sia in tribunale che in
Parlamento. In Italia ogni politico che si rispetti nomina
il suo avvocato senatore o deputato. Per non finire
dentro.
In cambio le Seychelles potrebbero ospitare i mafiosi
della 41 bis. E, in caso di condanna per
il processo Mills, anche Testa d'Asfalto. Il Lodo Alfano,
secondo il pubblico ministero Fabio De Pasquale,
è incostuzionale.
Con lui sono d'accordo tutti gli italiani, tranne Alfano,
Ghedini e Consolo (il nuovo trio d'attacco alla
Costituzione, l'Al-Ghe-Co) e il presidente della
Repubblica Morfeo Napolitano.
“Stefano Rodotà, specialista in “lamentazioni”, paventava
su Repubblica gli effetti dei provvedimenti
berlusconiani su rifiuti e immigrazione clandestina:
"Contraddizioni, difficoltà di funzionamento, smagliature,
non possono far sottovalutare la creazione di un modello
di governo della società che ha tutti i tratti della
"democrazia autoritaria"; centralizzazione dei poteri,
abbattimento delle garanzie, restrizione di libertà e
diritti, sostegno plebiscitario. Si affrontano questioni
dell'oggi, ma si parla del futuro. Si coglie la società
italiana in un momento di debolezza strutturale, e si
modificano le condizioni dell'agire politico". Ma non si
tratta solo della deriva di una nazione. Infatti
Il film di Garrone “GOMORRA” riprende la tesi portante
dello stesso libro di Saviano: la speculazione economica
e l'impresa criminale sono le facce della stessa medaglia
del de-sviluppo italiano. La pellicola ha un
taglio più "documentaristico" che direttamente
"politico"(come nel caso dello stralcio del “commentarista
prezzolato” Rodotà), così i vari episodi della storia
possono apparire slegati tra loro. Ma l'unità tematica
esiste sebbene sia esterna al racconto. E'
l'imbarbarimento sociale determinato dallo stato
putrescente dell'economia che accomuna le esistenze
tragicomiche dei giovani protagonisti, alla ricerca di una
collocazione nel Sistema(Italia,ndr). Le diverse storie
alla fine convergono nella figura di Toni Servillo,
stakeholder in cerca di terre in cui sversare
abusivamente i rifiuti tossici. Egli spiega al suo
guaglione perplesso: "La situazione è senza
rimedio, perché inquinare l'ambiente dove vive una
famiglia del Sud, serve a far vivere una famiglia del
Nord". Estendete al mondo.…mentre l'animale uccide
d'istinto per fame, il feudalista italiota uccide
consapevolmente per profitto. Indirettamente, come nel
caso dei rifiuti tossici; direttamente, come nel caso
della clinica che ha sottoposto ignari malati a inutili e
dannosi interventi. Beceri camorristi attorniati da
esecutori sub-umani e "qualificati operatori medici" nel
loro asettico e tecnologico ambiente sono accomunati
dall'unico fine , tutti accecati e resi criminali dalla
smisurata smania di profitto. Il tardo feudalesimo
italiota sta producendo una vera e propria mutazione
antropologica. Le determinazioni folli di un modo di
produzione impazzito che produce pazzia, trasforma l'agire
criminale in spettacolo quotidiano, addirittura in
paradigma cui conformarsi. Le esigenze di accumulazione
del Dio Danaro e la dominazione di casta ha gli stessi
effetti ovunque. Le varie forze politiche sono in grado di
perdersi in estenuanti chiacchiere intorno a fesserie come
il “Lo®do” Schifani-Alfano (in ogni paese sorge
l'equivalente grido di lesa democrazia), ma c'è consenso
pressoché unanime sulla militarizzazione del territorio
per la "sicurezza", a Milano come a New York o Londra.
Intanto ad Acerra si celebra il paradigma del mondo: la
sovvenzione pubblica a pioggia produce monnezza e questa
da qualche parte bisogna pure "sversarla". Per alimentare
un "termovalorizzatore" di tumori campano o per riempire
fosse a cielo aperto in altri continenti (come l’eterna
Africa dei Live Aid(s) ) . Le discariche del Neo
Feudalesimo stanno diventando "zone globali di interesse
strategico". La strategia è anche la costante riduzione
del costo del lavoro italiota, misura originale se
pensiamo che in Italia esiste da sei anni LA LEGGE
SCHIAVISTICA n. 30 detta “Legge Biagi”, che doveva
rilanciare, sei anni fa, l’industria e la produttività
italiota. Il centro Studi di Confindustria prevede per
quest'anno (2008) "una sostanziale stagnazione per
l'economia italiana": la crescita del PIL si fermerà
allo 0,1%. Ma si sa già che l'inflazione sarà molto alta e
minaccerà di falcidiare i salari. Il governo prevede per
parte sua in modo del tutto arbitrario un tasso
d'inflazione programmata dell'1,7%.(siamo già al 4% nel
luglio 2008…) A questo saranno agganciati i rinnovi
contrattuali. Gli industriali applaudono: la scelta è
"credibile e coerente con la necessità di non perdere
ulteriore competitività... l'erosione del potere
d'acquisto delle famiglie può essere recuperata solo con
maggiore efficienza e concorrenza, liberalizzando i
mercati e migliorando la logistica". Ergo: riduzione
automatica e generalizzata dei salari; eventuali aumenti
solo in cambio di aumentata produttività. La Triplice
sindacale dà una mano. Per spiegare la crisi economica in
corso partiamo da un assioma: l'unico modo per produrre
nuovo valore è produrre merci e venderle. Tutto ciò che
concerne il valore dopo tale operazione, e che chiamiamo
interesse, rendita, formazione di "redditi" vari, non è
che una ripartizione del plusvalore originario. Gli stessi
“tecnici” ne convengono, in questo caso Mario Draghi:
"... specialmente sul mercato americano l'instabilità è
più evidente. Le banche non possono sfuggire alla
debolezza dell'economia americana… la situazione si è
fatta dura...". Quello che proprio non possono mandar
giù è che questa crisi fa parte del decorso naturale
del loro sistema. Tra gli effetti di questo decorso
abbiamo i "bamboccioni" di cui parlava Padoa Schioppa.
Secondo recenti studi, il 96% degli under 34 passa oltre
quattro ore al giorno davanti alla tivvù. Il 98% trascorre
il tempo libero a chattare in internet con amici e
sconosciuti. Il 51% fa uso di droghe, il 46% abusa
regolarmente di superalcolici. Due alunni su dieci, alle
medie, si sballano almeno una volta a settimana. Sotto un
velo di spensieratezza (profusa a piene mani da talk
show e reality) cova un mare di disperazione.
L'allarme dell'Oms è chiaro: in Italia la depressione
dilaga. Ora, l'unica dinamica interessante della "nostra"
società è quella di produrre effetti di auto-negazione. La
cosa che colpisce infatti, leggendo le statistiche, è che
la maggioranza dei giovani "non vede la possibilità di
un futuro". La gioventù si “sballa” perché non vede
futuro, nel frattempo
il giudice
Roberto Scarpinato
nel suo ultimo libro, "Il ritorno del Principe",
afferma: "alcuni dei più noti processi celebrati in questi
ultimi anni hanno dimostrato che l'occulta trasversalità
della gestione del potere del nostro Paese non è storia
del passato, determinata da patologie transitorie, ma
realtà strutturale… Il potere visibile
rischia così di divenire il figlio bastardo di quello
invisibile, generato a sua volta da una miriade di segreti
matrimoni di interessi o di transazioni sottobanco… Un
sistema integrato di soggetti individuali e
collettivi. Una sorta di tavola dove siedono
figure diverse, non tutte necessariamente dotate di
specifica professionalità criminale: il politico, l'alto
dirigente pubblico, l'imprenditore, il finanziare, il
faccendiere, esponenti delle istituzioni e, non di rado,
il portavoce delle mafie…"
Ma visto che il Potere è ben attento a non far vedere la
realtà, offrendo meravigliosi colpi di teatro, occorre un
esempio concreto, altrimenti l'inganno del Potere
continuerà a far pensare che ci siano una Maggioranza ed
una Opposizione alternative, quando invece sono
complementari.
Il libro: "Il Partito del Cemento", di Marco Preve
e Ferruccio Sansa spiega quanto sia
invasiva e distruttiva la commistione d'interessi che
piega l'interesse pubblico a quello privato. Si parla del
cemento (tre milioni di metri cubi di
colate programmate) che coprirà il poco che resta della
costa e della collina ligure. Porticcioli, grattaceli,
complessi residenziali e box, strade e riempimenti,
cambieranno per sempre il volto della Liguria, dove già,
per l'Istat, dal 1995 al 2005 è stato cancellato
il 45,55% del territorio libero da costruzioni,
mentre il turismo è in crisi perché la "bellezza" del
paesaggio svanisce. Speculazioni che avvengono con il
completo asservimento delle Pubbliche Amministrazioni agli
interessi dei faccendieri. I Piani Urbanistici come i
Piani di Bacino o di tutela del paesaggio e della costa
sono di fatto cancellati e riscritti direttamente
sotto dettatura dagli speculatori, sulla base
delle loro esigenze, spesso ignorando i rischi per il
dissesto idrogeologico di ampie zone del territorio.
Il libro fotografa la realtà e fa conoscere nomi e cognomi
dei protagonisti. Si comprende che è realtà l'asse
trasversale tra centro-destra e centro-sinistra e la
comune commistione con gli affari (anche quelli non troppo
"puliti"). Si vede che coloro che si mostrano "garanti"
della Questione Morale sono piegati e parte di questo
"sistema". Comprendiamo che vi sono luoghi che
hanno sostituito le Istituzioni, svuotandole di
ogni minimo potere di controllo o indirizzo. Luoghi
mascherati da associazioni culturali o fondazioni, come
"Maestrale", che rappresentano lo strumento per incontri
d'interesse (che producono scambio, ricatto e clientela),
e che poi fanno ratificare i "patti" dalle Istituzioni al
fine di garantirsi una parvenza di legalità. Nel libro si
parla dei potenti di questa regione, come Claudio
Burlando e Claudio Scajola. Si
racconta di Luigi Grillo. Ma si parla
anche dei piccoli Comuni dove gli interessi speculativi
del cemento uniscono tutti coloro che gestiscono la cosa
pubblica. Dalla lettura si apprende un'altra realtà
inquietante: l'infiltrazione mafiosa. Ne
parla il giudice dell'antimafia
Anna Canepa:
"E' importante non dimenticare che Criminalità Organizzata
non è solo violenza, estorsioni, omicidi, ma è
soprattutto, nelle realtà come la nostra, penetrazione
nella economia legale e nel mercato attraverso il
riciclaggio del denaro; ed è bene ricordare che è
attraverso lo strumento dell'appalto e sopratutto del
subappalto che l'economia legale viene
pesantemente infiltrata e condizionata da quella illegale.
E quindi, quella colata di cemento, che con la benedizione
trasversale di tutte le forze politiche, sta per
abbattersi sulla Liguria, in particolare attraverso la
costruzione dei porticcioli turistici (e degli
insediamenti connessi) dovrebbe essere oggetto di grande
preoccupazione, per non dire allarme."
Se il “NEON-GOVERNO” dichiara “lucidamente” che:”
«L'Italia è un Paese molto solido nella sua economia»; a
fronte di numeri impietosi che dicono invece:” La crescita
economica italiana è ad un "punto morto" e nel 2008 il pil
avanzerà solo dello 0,1%. È’ quanto annuncia la
Commissione europea nelle previsioni economiche
intermedie, spiegando che «questo dato rappresenta una
revisione al ribasso delle già deboli stime di crescita
formulate nella primavera, pari allo 0,5%, e implica che
non ci sarà nessun effetto traino per il 2009»(FONTE
CORSER); la fumosa opposizione cerca dei rimedi tangibili
nella….televisione. Dato che il “pappagallare” è l’unica
cosa che riesce benissimo allo pseudo-capo
dell’opposizione, ecco il sorgere del trio delle
meraviglie televisive
“sinistrate”: la dalemiana “Red” , la veltroniana “Youdem”, oltre a
Rai3. I sinistrati ad onor del vero sono ancora sotto di
due televisioni rispetto al “Champion Chips”, quest’ultimo
che tra l’altro,recentemente,si è disfatto di una “sua”
creatura, ovvero quella “TV delle Libertà” affidata ad una
delle sue “Pompadur” :” "la tv della gente, non dei
politici", di Michela
Vittoria Brambilla ha visto infatti
tramontare il suo sogno mediatico: le trasmissioni della
tv della Libertà sono state sospese. A
casa i 13 giornalisti e tutta la squadra tecnica, dopo
aver accumulato 20
milioni di debiti, un milione al mese,
visto che la tv della rossa protetta di
Silvio Berlusconi
era stata inaugurata nel giugno 2007 con un
messaggio dello stesso
Presidente del Consiglio.”
Visto lo “spazio” creatosi dal congelamento della
“passeggiatrice” forzista, subito i “sinistri” vi ci sono
precipitati dentro a tutta forza, loro che sbandierano ai
quattro venti di essere ereditieri della “sana” tradizione
politica di sinistra a fianco della gente (non si capisce
bene quale…..). Eccovi i palinsesti del regno etereo delle
Nuova Sinistra Italiota: “La veltroniana “Youdem”
(acronimo di Yes
Obama United in Dialog e Mutism) ha come
logo la figurina Panini di Pizzaballa e si propone di
educare il popolo
della sinistra al dialogo con Berlusconi.
I programmi si aprono con “Saranno
fumosi”, a cura di Bettini, Realacci e
Cerami. Schivo come sempre, Veltroni andrà in onda in
prima serata, ma solo il sabato e la domenica, dagli studi
di Sabaudia, col varietà bilingue “Yes
Week End”. Ma pare abbia già in serbo, per
le elezioni europee, un grande exploit all’americana: “Loft”,
la risposta italiana a “Lost”. Grande attesa per gli
appuntamenti con la tv verità: “RiforMissing”,
variante riformista di “Chi l’ha visto?”, organizzerà le
ricerche dei neoeletti del Pd provenienti dalla “società
civile” e misteriosamente inabissatisi in
Parlamento: si parte con
Calearo, Daniela
Cardinale e il generale Del Vecchio, per
proseguire coi due terzi del governo-ombra. La Madia,
miracolosamente recuperata in pieno oceano da Piero e
Alberto Angela in perlustrazione, racconterà la sua
drammatica esperienza nella serie “La
fossa delle Marianne”.
Colaninno jr.,
a lungo dimenticato in un ripostiglio del Loft, verrà
rispolverato e riattato per una nuova edizione di
Don Matteo,
che indaga sulla
cordata Alitalia capitanata dal padre Roberto.(CHI
E’ ROBERTO COLANINNO?? Ecco che corre in nostro aiuto
la grande enciclopedia Wikipedia:” Definito imprenditore,
durante il primo governo Prodi,erede diretto del
“socialismo rampantista di craxiana memoria”, quello dei
così detti capitani coraggiosi che acquisivano a mani
basse le “svendite” prodiane di ingenti segmenti
produttivi italiani come il comparto IRI (Alfa Romeo,
Cirio, Ansaldo,eccetera…),attraverso l’influenza della Cir
di De Benedetti,diveniva amministratore delegato di
Olivetti ed in tal guisa creava OMNITEL,società fornitrice
di servizi di fonia mobile. Da questo blocco, attraverso
un’opa particolare (ovvero un’offerta di pubblico acquisto
chiamata Leverage
BuyOut,
(vedere nota a calce)che sfrutta i flussi di cassa della
società acquisita per pagarne i debiti)acquisisce il
controllo,nel 1999, della compagnia telefonica nazionale
TELECOM. L'operazione riesce, creando tuttavia un grosso
debito in Telecom stessa, che la renderà vulnerabile ad
una scalata successiva. In conseguenza di ciò, nel 2001
vende la Telecom a
Pirelli
(Tronchetti Provera) e
Benetton,
creando una notevole
plusvalenza
(1,5 miliardi di euro) nelle casse di
Bell,
la società veicolo lussemburghese con la quale Colaninno e
Gnutti ottennero il controllo di Telecom. Per questa
plusvalenza la società è stata indagata per
evasione fiscale
e multata dall'Agenzia
delle entrate
per 1,937 miliardi di euro. L'accertamento con adesione a
cui hanno aderito i soci di Bell ha permesso la riduzione
delle sanzioni ad un quarto del minimo, così la società ha
dovuto versare al
Fisco
solamente 156 milioni. Grazie a questa pacca sulle spalle,
Colaninno acquisisce nel 2002 Piaggio, la casa italiana
produttrice di veicoli a 2 e 3 ruote, per ora al quarto
posto nel mondo come produzione.Da 6 anni dormiente,
Colaninno ritorna alla carica grazie all’affare ALITALIA:
con i buoni uffici del “Champion Chips” infatti, a fronte
del fallimento della principale compagnia di bandiera
aerea nazionale, viene creata la S.P.A. Compagnia Aerea
Italiana a costo 0,totalmente svincolata dai debiti di
Alitalia, con il monopolio totale delle rotte nazionali e
con la facoltà di rinegoziare TUTTI i contratti di lavoro
di Alitaria a SUO piacimento [ operazione artificiosa
creata da “Champion Chips” allo scopo di aggirare
l’ennesimo richiamo con multa dell’Unione Europea in
relazione ai continui “aiuti di stato” elargiti alla
compagnia di bandiera destinata al fallimento, i cui costi
fallimentari verranno scaricati ovviamente sulla società….SI
TRATTA DI UNA LEVERAGE BUYOUT 2,dato che la prima,come
abbiamo vista aveva dato i suoi frutti con Telecom……]) A
notte fonda, per “Fuori
Orario - Cose mai viste”, vecchi spezzoni
di Veltroni che esalta l’Ulivo, denuncia il conflitto
d’interessi e cita la questione morale. L’emittente
dalemiana “Red”
(acronimo di
Ritorno e Distruggo, o di
Riformismo Estrema Destra)
ha come logo una barca a vela coi baffi e si propone - in
contrapposizione con Youdem - di
educare il popolo della
sinistra al dialogo con Berlusconi. Nasce
dalle ceneri di una tv satellitare il cui nome evoca il
numero dei firmatari della petizione “Salva l’Italia”
auspicati da D’Alema: “Nessuno”.
E “Il mio nome è Nessuno” sarà anche una delle rubrica più
attese, a cura di
Polito El Drito e Stefano
Menichini: già allertata la Protezione
civile per arginare l’afflusso dei fans all’arrivo della
coppia negli studi. Per le famiglie, a grande richiesta,
torna “La signora
in giallo”:
Livia Turco di ritorno
dal parrucchiere. Reduci dai trionfi in
Sicilia e a Roma,
Anna Finocchiaro e
Francesco Rutelli ridanno vita al celebre
gioco a premi “Signori,
il fiasco è servito”. Molto attesi i
programmi musicali del
dj Bobo Craxi
(musiche di evasione) e
Pierluigi Bersani:
dopo l’annunciata intervista col suo idolo Vasco Rossi,
l’ex ministro sarà alle prese con un gruppo di
tassinari romani suoi sfegatati ammiratori,
che tentano di arrotarlo sulle strisce.
Piero Fassino e Anna
Serafini festeggiano le nozze di platino
in Parlamento (11 legislature in due) con la sit-com “Il
gioco delle coppie”. Sigla iniziale “Oak
Fund” (di Tavaroli-Cip-Ciop), sigla finale “Che fretta
c’era, maledetto Tronchetti Provera” (di
D’Avanzo-Tavaroli). In prima serata il
programma di punta: “Il
commissario Max”, una serie italo-pugliese
in cui un tizio in barca a vela infila naufragio via
l’altro,
precipita financo da un gommone, ma passa
sempre per molto intelligente. Seguirà “Ikarus”, primo esperimento di talk show sociale che
denuncia i drammi del precariato nel duro mondo degli
skipper. Per il genere horror,
Consorte, Latorre,
Fiorani e Ricucci nel classico “La
banca dei quattro”. Molto attese le
rubriche “Gli
Insaccàti”, con Curzi, Minoli e Saccà, e “Neri
per caso”, con la nuova coppia Amato &
Alemanno. Luciano Violante, dopo le
aperture sulla giustizia
che hanno scavalcato a destra Ghedini e Alfano,
canterà con i Camaleonti e curerà un programma sui lifting
dal titolo arboriano: “Violante1 a Violante2”. Invitato a partecipare con un
programma tutto suo,
Antonio Bassolino
ha cortesemente declinato: “Spiacente, ma ho già firmato
l’esclusiva con Mediaset per una fiction sul miracolo
napoletano”. Titolo provvisorio: “Il
Ritorno di Er Monnezza”.
LA
FURIA CIECA: SUPERPROCURE PER INCASINARE LE INDAGINI,
DECRETO PER LIMITARE FORTEMENTE LE INTERCETTAZIONI, DI
NUOVO LA RIPROPOSIZIONE DEL LODO SCHIFANI PER OVVIARE A
NUOVI PROCEDIMENTI PENALI PER CORRUZIONE (CASO MILLS), E
SIAMO SOLO A DUE MESI DI GOVERNO....
08:51
POLITICA Si riparla di immunità per le alte cariche
per «sterilizzare» il processo Mills che coinvolge anche
Berlusconi. Le norme potrebbero essere inserite nel
pacchatto sicurezza
Martirano
09:29
CRONACHE Alle 11 in Duomo i funerali dei quattro
operai morti alla ThyssenKrupp. Polemiche sulla
partecipazione dei rappresentanti dell'azienda alle
esequie. Attesi i ministri Damiano e Ferrero. Segui online
la diretta dal capoluogo piemontese
09:27
CRONACHE La decisione dopo il vertice a Palazzo
Chigi. Prodi: «Non abbiamo ceduto alle provocazioni».
Allerta prezzi
dai consumatori: «Danni enormi, rischio di rincari a
Natale».
Telefonini, Wind fa
retromarcia
Via i costi per tutte le ricariche
L'industria cresce dell'8,3% nel
2006
Il grande stilista
spiega in un'intervista al quotidiano tedesco "Handelsblatt" di
essere intenzionato a cedere il suo impero "al migliore offerente.
L'Oreal potrebbe essere un partner"/
Pacs e alleati, Berlusconi attacca:
«E io non abbandonerò mai»
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