Da "Battaglia Comunista" 10/1999





Quando il nero si traveste di rosso

Ovvero quando la reazione incrocia il riformismo





Il sentimento patriottico è un¹arma formidabile nelle mani dei padroni per
controllare ideologicamente la classe lavoratrice e tenerla soggiogata alla
politica borghese.

Passeggiando per il centro di Bologna può capitare d imbattersi in una
curiosa libreria in cui, accanto a un vasto reparto dedicato completamente a
temi "new age", all¹astrologia e all¹esoterismo di tutte le specie, sono
esposti numerosi titoli di case editrici minori e alternative, alcune
apertamente schierate a sinistra. Ma molto più numerosi e in bella mostra
risultano essere altri libri, come quelli editi da Arianna editrice,
promotrice del localismo, del bioregionalismo, del comunitarismo
anti-utilitarista e di altre idiozie anti-industriali, anti-moderne, in
sostanza anti-storiche e conservatrici. C¹è però di peggio: ovunque
compaiono libri della Società Editrice Barbarossa, neofascista "di
sinistra", più esattamente di quell¹area che si autodefinisce "nazional-
rivoluzionaria" o addirittura nazional-bolscevica(!) e tante altre chicche
reazionarie, abbondantemente offerteci da una società borghese ormai da
tempo caduta in decadenza irreversibile che sputa fuori spazzatura per tutti
i gusti.

Se poi ti accorgi che uno di coloro che lavorano nella libreria è lo stesso
che gestiva il banchetto di libri al ciclo di conferenze tenutosi a Bologna
nel dicembre ¹98 dal titolo Fascio e martello ­ "comunisti" in camicia nera
(Nicola Bombacci, Ugo Spirito, ecc.) allora i conti iniziano a tornarti. Un
altro tassello lo trovi quando nell¹angolo delle riviste scopri decine di
copie di un giornale dal titolo che è tutto un programma: Rosso è Nero ­
periodico del Fronte Nazionale di Liberazione ­ linea comunitarista; questi
di Rosso è Nero sono dunque la corrente "di sinistra" del Fronte Nazionale
(FN) organizzazione neofascista sorta nel 1997 da una scissione di Fiamma
Tricolore.

Mentre le parole d¹ordine del FN sono quelle tipiche del nazionalismo
demagogico e anti-americano (piena occupazione, stato sociale, preferenza
italiana nelle assunzioni, stabilimento di quote di immigrati, rimpatrio dei
clandestini, ecc.) su Rosso è Nero dove alcuni articolisti amano firmarsi
Rosso, Pisacane, Cafiero (sic) ci si spinge oltre. Ecco cosa arrivano a dire
in un articolo: "Più che mai massima è l¹esigenza che il FN sia la sintesi
della rivoluzione nazionale e sociale! Che possa divenire punto di
riferimento dei lavoratori, degli operai, di tutti i salariati e i nulla
tenenti (S) Bisogna scartare le mezze misure (S) come corporativismo e
collaborazionismo interclassista che servono solo a tenere in vita il
capitale e il suo sistema! L¹unica via necessaria è la socializzazione
totale! (S) E questo vuol dire non certo il contentino corporativo della
partecipazione agli utili dei lavoratori. Ma la loro diretta gestione
attraverso gli organismi di partecipazione, quali i Oconsigli nazionali del
lavoro¹, forza di base del nuovo stato nazionale operaio sulla strada del
socialismo nazionale" e via di seguito.

Leggiamo poi un passo significativo dell¹articolo "Crisi degli anni novanta
e xenofobia operaia": "Solo quando immigrati e Onativi¹ insieme troveranno
la forza dell¹unità per imporre una nuova civiltà del lavoro il circolo
vizioso diventerà un circolo virtuoso. Ma sarà unità di interessi materiali,
non altruismo del Onativo¹ verso l¹immigrato. Sarà solidarietà dei
lavoratori, non carità cristiana. Sarà politica militante, non comunità
d¹accoglienza controllata da Oagenzie no profit¹ ".

Sembra proprio che, purtroppo, questi strani pesci non siano affatto stupidi
e non siano nemmeno pochissimi.

Tra l¹altro, non sono affatto l¹unico raggruppamento socialista-nazionale
italiano; insomma, l¹anima socialpatriota della reazione antiproletaria è
più viva che mai e, seppure oggi non rappresenti un pericolo, data la totale
assenza di un movimento operaio da reprimere o da recuperare, un domani
potrebbe risultare pericolosa. Fermo restando che il nemico principale della
rivoluzione proletaria rimane comunque la socialdemocrazia che, spargendo il
suo fango riformista, segue i lavoratori passo passo con l¹obiettivo di
impantanarli non appena dovessero imboccare la via del comunismo
rivoluzionario.

Un discorso a parte meritano quelli di Indipendenza, sulla quale scrive
anche un ex-"compagno" come Costanzo Preve.

La rivista si definisce nazionalitaria (leggi nazionalismo-che-si-vergogna)
nel senso che del nazionalismo rifiuta i corollari razzisti, colonialisti,
imperialisti e anti-democartici, ma il succo è quello del nazionalismo di
sempre, secondo cui esistono interessi nazionali comuni che si
contrappongono a quelli dello straniero (in questo caso gli USA) e secondo
cui la nazione rappresenta il vero argine e il vero nemico dell¹imperialismo
e del capitalismo multinazionale (il capitalismo in piccola scala, invece,
va bene). Secondo questi tizi bisogna quindi "porre in evidenza la
contraddizione fondamentale tra interesse popolare/nazionale ed interesse
imperial/capitalista (S) e liberare le forze popolari potenzialmente
disponibili al conseguimento di radicali trasformazioni politiche sociali,
prima fra tutte la riconquista dell¹indipendenza nazionale, ineliminabile
precondizione necessaria allo sviluppo di un processo di democrazia popolare
e socialismo in senso ampio". E¹ chiaro che con democrazia popolare e
socialismo in senso ampio non dicono assolutamente nulla, se non che a loro
della lottaS sociale (di classe è troppo) non gli frega molto e che comunque
non sanno bene quale dovrebbe essere l¹alternativa al capitalismo, se non un
capitalismo nazionalitario ottocentesco, che si è appunto trasformato nel
capitalismo imperialista odierno. Non a caso, diremmo, ma che importa? Si
stava meglio quando si stava peggio, o qualcosa del genere.

L¹intellettualissimo Costanzo Preve, dunque, ha fatto la sua giusta fine,
unendosi a questa gente e arrivando una buona volta a dire che la dicotomia
borghesia/ proletariato è ormai obsoleta, il comunismo fallito e superato,
ma ­ secondo la consuetudine di molti intellettualissimi di sinistra ­ il
marxismo è invece ancora utilizzabile, opportunamente integrato, riletto ed
epurato, s¹intende, fino a farlo diventare tutto fuorché marxismo. Adesso
per questo signore il problema vero è la "paurosa mancanza di coscienza
nazionale" perché "la nazione italiana è una buona cosa, è una comunità
legittima, difenderla è una causa giusta". Un generale non avrebbe saputo
parlare meglio.

E¹ interessante notare come questi nazionalitari si ritrovino insieme a
tanti rifondaioli, a molti antagonisti presenti nei centri sociali e nel
sindacalismo di base, come anche insieme a tanti gruppi pseudo-leninisti,
nell¹appoggiare tutte le lotte di liberazione nazionale sparse per il mondo.
Non solo, ma sono accomunati anche da un selvaggio furore antiamericano, per
cui chiunque si batta per qualche motivo contro gli USA deve essere
sostenuto o per lo meno ritenuto degno di un biasimo minore rispetto al
gendarme del mondo che è in ogni caso il nemico imperialista n°1. Fatto sta
che questo particolare odio verso gli USA ­ non verso la borghesia
americana, ma genericamente contro la nazione americana ­ è lo stesso che
caratterizza l¹estrema destra. Si parte da premesse differenti, si arriva
alla medesima conclusione: il nemico è lo zio Sam, tutto il resto è
relativo.

Molti sedicenti internazionalisti che difendono a spada tratta le nazioni
oppresse avrebbero da imparare dai nazionalitari e definirsi come loro
inter-nazionalisti: quel trattino significa infatti l¹appoggio a tutti i
nazionalismi possibili e il rifiuto invece dell¹internazionalismo
storicamente inteso, cioè l¹internazionalismo proletario (il nostro) secondo
cui gli interessi di classe non hanno nazione, come non ha nazione il
proletariato, e secondo cui obiettivo dei proletari deve essere quello di
abbattere tutte le frontiere nazionali, non crearne di nuove, anche perché
il sentimento patriottico ­ non di meno nella sua versione regionalista e
campanilista ­ è un¹arma formidabile nelle mani dei padroni, forse la
migliore, per controllare ideologicamente la classe lavoratrice e tenerla
soggiogata alla politica borghese.

jack

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(http://freewebhosting.hostdepartment.com/b/battagliacomunista/bc10-99/neroe
rosso.htm)

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Da "Umanità Nova" n35 del 5 novembre 2000

Estrema destra
Dai nazimaoisti ai nazionalcomunitari




"Quando la vittoria non toccasse al Tripartito, i più dei fascisti veri che
scampassero al flagello passerebbero al comunismo, con esso farebbero
blocco. Sarebbe allora varcato il fosso che separa le due rivoluzioni"
(P. Drieu La Rochelle, "Italia e Civiltà" 23.5.1944)


Il panorama storico e politico dell'estrema destra è senz'altro complesso e
per certi aspetti contraddittorio: vi sono forze parlamentari, altre
extraparlamentari; si trovano gruppi che si dichiarano reazionari, altri che
si professano rivoluzionari e vi sono persino quelli che si definiscono
rivoluzionari conservatori o "anarchici di destra"; alcune formazioni si
rifanno ai fascismi e altre al nazismo; alcuni settori si accreditano come
strenui difensori dei valori tradizionali cattolici, altri si dichiarano
filoislamici, altri ancora sono infarciti di esoterismo e vi sono pure
quelli che parlano il linguaggio della New o della Next Age.

Premesso questo non deve meravigliare quindi il fatto che vi siano settori a
cui va stretto l'abito della destra e che conseguentemente affermano di
collocarsi "oltre la destra e la sinistra" oppure che si sentono parte della
"sinistra"; nel più recente passato in Italia si sono peraltro registrati
precedenti di questo tipo: basti pensare ai "nazi-maoisti" di
"Organizzazione Lotta di Popolo" (OLP), nata negli anni '60 e disciolta nel
'73, usati per ogni genere di provocazione; alle teorizzazioni
nazional-popolari di Franco Freda e Paolo Signorelli negli anni '70;
all'attività clandestina dei NAR e di Terza Posizione a cavallo degli anni
'70 e '80.

Tutto questo può apparire soltanto un gioco di mascheramenti oppure
l'espressione marginale di un ribellismo fascistoide; la questione invece è
assai più seria, basta infatti conoscere un po' di storia per sapere che il
termine nazista è semplicemente la contrazione dell'aggettivo
nazional-socialista scelto da Hitler per il suo partito, così come aveva
voluto la bandiera rossa quale sfondo per il simbolo della svastica
affermando che "il rosso rappresenta l'idea sociale del movimento, il bianco
l'idea nazionalista, e la croce uncinata la missione della lotta per il
trionfo dell'Ariano".


UN PO' DI STORIA: ALLA SINISTRA DI HITLER

Il termine "nazionalbolscevismo" comparve per la prima volta in un opuscolo
dal titolo omonimo, pubblicato dopo la Prima Guerra Mondiale in Germania,
scritto da un accademico di destra, tale Eltzbacher, che di fronte alle
sanzioni economiche e all'occupazione militare degli Alleati vittoriosi
auspicava una Germania bolscevizzata. Nel biennio 1919 - '20, i comunisti
Wolffheim e Laufenberg ripresero queste teorizzazioni, richiamandosi alle
tesi di W. Rathenau per la "resistenza armata" di tutto un popolo contro
l'imperialismo e, implicitamente, alle classiche tesi fichtiane sullo "Stato
corporativo chiuso", battendosi per la collaborazione tra "nazionalisti
rivoluzionari" e Partito comunista (KPD), sia contro i capitalisti che
contro la socialdemocrazia.

Così se tra il '32 e il '33 la Germania vide la morte della Repubblica di
Weimar, la sconfitta del KPD -che pure aveva potuto contare sino a cinque
milioni di elettori- e l'avvento della dittatura nazista ciò fu anche a
causa del naufragio di quel progetto di costruzione di un socialismo di
Stato, in grado di eliminare le contraddizioni tra Capitale e Lavoro, che la
sinistra social-comunista aveva abbracciato, regalando in questo modo ad
Hitler il cemento culturale e sociale per la costruzione del suo Stato
totalitario.

Troppo spesso infatti, analizzando quel periodo storico, si tende a
sottovalutare l'identità "anticapitalista" e "antiborghese" che la demagogia
nazista seppe costruire attorno al suo effettivo ruolo reazionario e
antiproletario; così come si dimentica che il vero protagonista nella
costruzione del partito nazista nelle roccaforti operaie di Amburgo, Berlino
e Lipsia non fu Hitler ma un "filosovietico" come Strasser e che le prime SA
fondate nel '21 erano composte da operai, disoccupati e sottoproletari, così
come non bisogna dimenticare gli scioperi promossi unitariamente da
comunisti e nazisti, la strana alleanza a Berlino tra SA e Lega dei
combattenti del Fronte Rosso o l'inquietante connivenza di buona parte della
sinistra tedesca di fronte al montante antisemitismo.

Se si leggono le ricerche statistiche curate da Marco Revelli sulla
composizione sociale degli elettori del Partito Nazista, dei suoi iscritti e
dei membri delle SA c'è di che rimanere allibiti; bastino solo alcune cifre:
gli operai dequalificati costituivano tra il '25 e il '33 la categoria
sociale più numerosa tra i membri del NSDAP (ossia del Partito
Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori) e il 62% circa degli squadristi
SA erano lavoratori industriali e agricoli.

E lo stesso brivido che oggi proviamo leggendo le percentuali di elettori
che nei quartieri popolari e tradizionalmente di sinistra che alle ultime
elezioni in Austria hanno votato per Haider.

Con la conquista del potere assoluto Hitler avviò pertanto un'opera di
normalizzazione interna, a partire dalle SA di Roehm che nel '34 vennero
eliminate fisicamente durante "La notte dei Lunghi Coltelli" o assorbite
dalle SS, e quindi dei gruppi che si richiamavano al nazionalbolscevismo
("Rivoluzione Conservatrice", "Fronte Nero", "Opposizione"...); tali gruppi
minoritari, talvolta contrapposti anche tra loro, erano infatti accomunati
dalla visione secondo cui Germania e Unione Sovietica avrebbero dovuto dare
vita ad un'alleanza anticapitalista in funzione anti-Occidente. Il destino
dei loro aderenti, schedati e perseguitati dalla Gestapo, fu in alcuni casi
quello dell'eliminazione fisica o della deportazione nei lager, tanto che
sono stati definiti come i "trotzkisti" del nazionalsocialismo; ma così come
difficilmente si può negare che Trotzky sia stato un comunista per il fatto
che venne fatto assassinare da Stalin, altrettanto difficilmente si può
negare che i "nazionalbolscevichi" siano stati solo la "sinistra" del
movimento nazista.

Paradossalmente, ma non troppo, lo stesso Hitler fu a modo suo
"nazionalbolscevico" quando Ribbentrop e Molotov firmarono l'infame patto di
non-aggressione tra Germania ed URSS.


GRUPPI NAZIONALBOLSCEVICHI IN ITALIA

Oltre che in Russia, anche in Europa - Italia compresa - negli ultimi anni
si va assistendo ad una certa fioritura di partiti, gruppi, giornali che si
richiamano esplicitamente all'esperienza tedesca del "nazionalbolscevismo":
rifiutano d'essere collocati nello schieramento della destra borghese, si
oppongono al capitalismo e alla Globalizzazione, prospettano la creazione di
uno "spazio euroasiatico" in funzione antiamericana, sostengono tutti i
movimenti antimperialisti e tutte le nazioni che si contrappongono agli USA,
dall'Iraq alla Serbia alla Corea del Nord.

In Italia, a quanto ci risulta, tra le più "vecchie" testate di riferimento
per questa area vi sono la rivista "Orion", fondata agli inizi degli anni
'80 ed oggi collegata all'esperienza di "Sinergie Europee", e "Aurora",
mensile uscito la prima volta nell'88, quale organo del "Movimento
Antagonista - Sinistra Nazionale", un giornale redatto in Romagna dalla
Comunità Politica "B. Niccolai" con sede a Modigliana (Fo) e dal Circolo "A.
Romualdi" di Cento (Fe).

Tra gli animatori di "Orion" vi è Maurizio Murelli, vecchio arnese dello
squadrismo fascista degli anni Settanta, che all'indomani del crollo del
socialismo reale in Russia affermava "Per gli stalinisti, per i
nazionalisti, per gli zaristi, per tutte le espressioni panslaviste e
ortodosse, il pericolo è l'Occidente, la sua cultura, la sua economia.
Quindi una alleanza operativa è naturale, è logica (...) Innaturale è invece
la rigidità e l'ostilità dei veri comunisti nei confronti della destra che
si è allontanata dal MSI ed è tornata alle origini fasciste in senso
antiamericano, anticapitalista".

Tra le firme più significative comparse invece su "Aurora" vi è sicuramente
quella dello studioso, di fede musulmana, Claudio Mutti, autore tra l'altro
di un testo dal titolo "Nazismo e Islam", in cui vi sono messe in risalto le
reciproche convergenze ed esaltata la storia della 13ma Divisione SS,
formata da musulmani della Bosnia-Erzegovina, che combatterono a fianco dei
cattolicissimi Ustascia croati, contro i partigiani jugoslavi.

Dopo la nascita del Fronte Nazionale di Adriano Tilgher ('97), fuoriuscito
dal Movimento Sociale "Fiamma Tricolore", sicuramente all'interno del
neo-partitino vi era presente una non trascurabile componente e una buona
incidenza culturale "nazionalbolscevica"; interessante a riguardo il n. 10
dell'ottobre '98 di "Fronte Nazionale" dove in prima pagina era possibile
leggere un editoriale dal titolo emblematico ("Da Mosca una speranza") e
all'interno vi veniva definito lo "Spazio Autarchico Europeo", comprendente
"necessariamente la Russia e gli Stati facenti parte dell'ex URSS", come
orizzonte strategico della "federazione dei popoli europei contro il
globalismo finanziario".

Durante l'esperienza della "Linea comunitarista" all'interno del Fronte
Nazionale, è nato un nuovo periodico dal titolo accattivante "Rosso è Nero";
le ragioni del titolo sono apertamente rivendicate nel richiamarsi ai
cosiddetti "fascisti rossi" ossia a quella componente "socialistica" propria
del primo fascismo "diciannovista", poi riemersa durante i 600 giorni della
Repubblica Sociale italiana all'ombra dell'occupazione nazista. Il primo
numero reca la data del novembre '98, non è ancora ideologicamente ben
definito e forse finalizzato ad alimentare il dibattito in seno al Fronte
Nazionale; infatti nel suo principale articolo viene esposta la posizione
"nazionalcomunitaria", partendo dal consueto superamento dei concetti di
destra e sinistra: "Il fascista cattivo e nostalgico non mette paura a
nessuno, anzi è utile e funzionale al sistema. Quello che mette veramente
paura è il rivoluzionario (...) Questo non significa certo diventare di
sinistra, perché questa sinistra ci disgusta quanto la destra. Significa
oltrepassare i limiti imposti dalla cultura borghese e creare una nuova
concezione della politica" al fine di "articolare un fronte nazionale,
popolare, socialista e libertario".

Accanto a questo dichiarazione d'intenti, nel giornale si trovavano altri
contributi non propriamente "in linea"; tra l'altro vi appariva un delirante
poema "celtico-maremmano-western" di un collaboratore desideroso di "Fare un
popolo con le sue città, un popolo a cavallo, uomini e donne nel sole e nel
vento, con archi e frecce, con dardi appuntiti di legno duro a caccia di
cinghiali, da cuocere al fuoco nella festa del sole, nel giorno sacro del
raccolto ed in quello della semina"(sic).

Nel secondo numero di "Rosso è Nero" (marzo '99), venivano pubblicati due
articoli alquanto "istruttivi" perché riguardanti la questione
dell'immigrazione dal punto di vista del Fronte Nazionale (impegnato in una
campagna nazionale "per il lavoro agli Italiani") e della sua componente
"comunitarista". Vi si affermavano cose che contrastano in modo evidente con
l'attuale "rifiuto di ogni forma di razzismo e xenofobia" di questi signori,
appena un anno dopo. In particolare vi si poteva leggere che la "primaria
emergenza storica attuale" sarebbe "la rinascita nazionale, della difesa
etnica e della identità e tradizione Euro-Italica, contro una
mondializzazione aggressiva ed imperante su tutto l'occidente europeo, dove
fenomeni come immigrazione e multirazzialità conseguente, sono strumento di
un unico progetto Capital-massonico planetario"; tali tesi, va detto, figlie
dirette delle teorie "differenzialiste" di Alain de Benoist risultano
identiche a quelle di tutta la propaganda anti-immigrati della Lega Nord, di
"Forza Nuova" o di "Fiamma Tricolore".

Nel successivo terzo numero (ottobre '99), veniva sancita
l'uscita-espulsione della componente "comunitarista" dal Fronte Nazionale,
affermando che era ormai venuto il momento che "l'area
nazionalrivoluzionaria e nazionalcomunista può e deve intraprendere una
necessaria revisione dottrinaria ed ideologica (...) per trovare una sua
strada del tutto autonoma" e richiamandosi al neonato Partito Comunitarista
in Francia; le ragioni del "divorzio" dal Fronte Nazionale sembrano
riconducibili alla linea politica scelta da Tilgher che lo ha riportato a
più tradizionali intese con "Fiamma Tricolore" di Rauti e a schieramenti
elettorali a sostegno del tanto odiato, ma sicuramente redditizio, Polo
berlusconiano. Per sottolineare la "svolta" in tale numero di "Rosso è Nero"
compare una grande quantità di riferimenti "estremisti": si attinge
all'elaborazione antiautoritaria di A. Bihr, si pubblica un comunicato di
Marcos, si trova citato come pseudonimo il comunista-anarchico Carlo
Cafiero, si inneggia a Stalin quale "vero nazional bolscevico", si riporta
un articolo su Nietzsche di Mussolini quando era socialista, si dedica
l'ultima pagina interamente alla "Canzone per Silvia" (Baraldini) di
Francesco Guccini. Dentro questo collage viene comunque inserito anche un
corposo articolo del citato Claudio Mutti sulla "guerra di civiltà che
contrappone l'Europa all'Occidente" e viene abusivamente pubblicato un
articolo tratto dal periodico nazionalitario "Indipendenza", giornale
guardato a sinistra con motivata diffidenza a causa della presenza al suo
interno di ex-militanti di "Terza Posizione".

Il numero zero della nuova serie di "Rosso è Nero" (fine '99), oltre a
dedicare grande spazio alla rivolta di Seattle, pubblica vari documenti del
Partito Comunitarista Nazionaleuropeo e vi si sottointende, fin dal nuovo
sottotitolo, l'adesione del giornale a tale percorso; tra le altre varie
"chicche" vanno citate la riproduzione della copertina di "Autonomia di
Classe" (cordone di autonomi incappucciati con bandiera USA in fiamme sullo
sfondo) e due pagine dedicate alle biotecnologie.

Col 2000, l'adesione al Partito Comunitarista Nazional-europeo è ormai un
dato di fatto; in tal senso "Rosso è Nero" ha cambiato nome ed è diventato
"Comunitarismo", quale "espressione sintetica della fusione di elementi
comunisti ed elementi nazionaleuropei" e a questo si è affiancato il
settimanale comunitarista del PCN "Nazioneuropa" che riporta le notizie
delle varie sezioni del partito che, in Francia e Belgio, partecipa anche
alle elezioni.

L'apparenza è ancora più marcatamente "antagonista", ma dedicando un po' di
attenzione a quanto vi viene sostenuto, non si può dire che la "rivoluzione
comunitarista" rappresenti qualcosa di diverso rispetto al passato,
indipendentemente dal fatto che alcuni redattori proverrebbero da
Rifondazione Comunista o che vi siano anche elementi che credono realmente a
quello che scrivono; inoltre, guarda caso, è nato un certo feeling tra i
"nazionalcomunitaristi" e "Rinascita. Giornale di liberazione nazionale" il
cui direttore è Ugo Gaudenzi, ossia uno dei vecchi dirigenti di "Lotta di
popolo".

Tra l'altro, guardando soltanto alla situazione milanese, questi "sinistri"
usano come punti di riferimento il noto "Palazzo delle Stelline" in Corso
Magenta e la Bottega del Fantastico in Via Plinio, luoghi da sempre
dell'estrema destra.

Per chi nutrisse ancora dubbi sulla effettiva collocazione di
"Comunitarismo" (Redazione nazionale in Via Satrico a Roma) consigliamo la
lettura di un articolo in cui si sostiene che "Classe e Nazione Europea sono
interessi che coincidono", mentre in un'altra pagina un redattore pisano
afferma esplicitamente che "Il Comunitarismo è contrario alla lotta di
classe" e che "il lavoro sarà il criterio di valore per stabilire le nuove
gerarchie (...) Ai lavoratori migliori e più esperti non verranno dati
maggiori guadagni, ma posizioni di potenza"; in altre parole torna a
riproporsi l'idea nazista della comunità basata su "Sangue e suolo" la cui
"forma statuale deve rispecchiare l'ordine di realtà superiori e
trascendenti" (dal n. 1 di "Rosso è Nero"), il che mostra la vera faccia di
gente che si dichiara rivoluzionaria, comunista e persino libertaria, ma che
si guarda bene dal mettere in discussione l'idea di Stato nazionale e la
struttura gerarchica e autoritaria della società che sono parti integranti
del dominio del capitale sul lavoro.

Per completare il quadro va segnalata la diffusione a Parma di volantini
firmati Partito Nazionalcomunista (simbolo svastica e falce-martello
sovrapposti); difficile dire se si tratti di figli più o meno legittimi di
"Rosso è Nero", sicuramente però in questa città vi è una loro presenza.

Le ragioni di questo nostro lavoro di controinformazione sono legate alla
constatazione che anche tra compagni, nell'opposizione sociale e di classe,
non vi è abbastanza consapevolezza politica rispetto a queste tendenze, come
dimostra la presenza - comunque tollerata - dei "nazionalcomunitari" al
campeggio antimperialista svoltosi quest'estate in Umbria o la pubblicazione
consensuale di parte di un opuscolo sulle biotecnologie edito da "un
collettivo ambientalista-radicale" di Pisa; a noi sembra che si stia
scherzando col fuoco, basta andare oltre le apparenze per accorgersene.

Archivio ANTIFA

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Redazione: fat@inrete.it Web: uenne@ecn.org

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(http://www.ecn.org/uenne/archivio/archivio2000/un35/art1333.html)




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