sul Libro nero del comunismo

 


================




-----------




Autore    Stéphane Curtois
Coautore    Nicolas Werth, Jean-Louis Panné, Andrzej Paczkowski, Karel
Bartosek, Jean-Louis Margolin
Titolo    Il libro nero del comunismo
Sottotitolo    Crimini, terrore, repressione
Edizione    Mondadori, Milano, 2000 [1998], Oscar storia , pag. 770, dim.
160x230x42 mm , Isbn 88-04-47330-4
Originale    Le livre noir du communisme
Edizione    Robert Laffont, Paris, 1997
Traduttore    Luisa Dalla Fontana, Tania Gargiulo, al.
Lettore    Renato di Stefano, 2000
Classe    storia contemporanea , politica






Indice





3      I crimini del comunismo
       di Stéphane Courtois


       Parte prima
       UNO STATO CONTRO IL SUO POPOLO

       Violenze, repressioni, terrori
       nell'Unione Sovietica
       di Nicolas Werth

37    I Paradossi e malintesi dell'Ottobre
51   II Il «braccio armato della dittatura
       del proletariato»
67  III Il Terrore rosso
76   IV La «sporca guerra»
101    V Da Tambov alla grande carestia
122   VI Dalla tregua alla «grande svolta»
136  VII Collettivizzazione forzata e
       dekulakizzazione
147 VIII La grande carestia
157   IX «Elementi estranei alla società» e
       cicli di repressione
172    X Il Grande terrore (1936-1938)
189   XI L'impero dei campi
202  XII L'altra faccia della vittoria
218 XIII Apogeo e crisi del gulag
228  XIV L'ultimo complotto
235   XV L'uscita dallo stalinismo
246      In conclusione


       Parte seconda
       RIVOLUZIONE MONDIALE, GUERRA CIVILE
       E TERRORE

255    I Il Comintem in azione
       di Stéphane Courtois e
          Jean-Louis Panné

La rivoluzione in Europa, 255 - Comintem e
guerra civile, 258 - Dittatura,
criminalizzazione degli oppositori e
repressione all'interno del Comintern, 269 -
Il Grande terrore colpisce il Comintern, 278
- Il terrore all'interno dei partiti
comunisti, 282 - La caccia ai trotzkisti, 287
- Antifascisti e rivoluzionari stranieri
vittime del terrore nell'URSS, 292 - Guerra
civile e guerra di liberazione nazionale, 303

312   II L'ombra dell'NKVD in Spagna
       di Stéphane Courtois e
          Jean-Louis Panné

La linea generale dei comunisti, 313 -
«Consulenti» e agenti, 315 - «Dopo le
calunnie... le pallottole alla nuca», 317 -
Il maggio 1937 e l'eliminazione del Poum, 318
- L'NKVD all'opera, 322 - Un «processo di
Mosca» a Barcellona, 324 - Nelle Brigate
internazionali, 325 - L'esilio e la morte
nella «patria dei proletari», 327

330  III Comunismo e terrorismo
       di Rémi Kauffer


       Parte terza
       L'ALTRA EUROPA VITTIMA DEL COMUNISMO
       di Andrzej Paczkowski e
          Karel Bartosek

339    I Polonia, la «nazione nemica»
       di Andrzej Paczkowski

Le repressioni sovietiche contro i polacchi,
339 - Polonia 1944-1989: il sistema
repressivo, 350

268   II Europa centrale e sudorientale
       di Karel Bartosek

Terrore «d'importazione»?, 368 - I processi
politici contro gli alleati non comunisti,
372 - La distruzione della società civile,
380 - Il popolino e il sistema dei campi di
concentramento, 386 - I processi ai dirigenti
comunisti, 395 - Dal post-terrore al
postcomunismo, 409 - Una gestione complessa
del passato, 422


       Parte quarta
       COMUNISMI D'ASIA: FRA «RIEDUCAZIONE»
       E MASSACRO

433    I Cina: una lunga marcia nella notte
       di Jean-Louis Margolin

Una tradizione di violenza?, 435 - Una
rivoluzione inseparabile dal terrore
(1927-1946), 439 - Riforma agraria e purghe
urbane (1946-1957), 445 - La più grande
carestia della storia (1959-1961), 455 - Un
«gulag» dissimulato: il laogai, 467 - La
Rivoluzione culturale: un totalitarismo
anarchico (1966-1976), 481 - L'era Deng: lo
sgretolarsi del terrore dopo il 1976, 505 -
Tibet: genocidio sul tetto del mondo?, 508

513   II Corea del Nord, Vietnam, Laos:
       il seme del drago
       di Jean-Louis Margolin e
          Pierre Rigoulot

Crimini, terrore e segreto nella Corea del
Nord, 513 - Vietnam: le impasse di un
comunismo in guerra, 530

541  III Cambogia: nel paese del crimine
       sconcertante
       di Jean-Louis Margolin

La spirale dell'orrore, 544 - Variazioni su
un martirologio, 551 - La morte quotidiana al
tempo di Pol Pot, 560 - Le ragioni della
follia, 577 ~ Un genocidio?, 594

596      Conclusione


       Parte quinta
       IL TERZO MONDO

605    I L'America latina alla prova
       di Pascal Fontaine

Cuba: l'interminabile totalitarismo tropicale
, 605 - Nicaragua: il fallimento di un
progetto totalitario, 621 - Perù: la «lunga
marcia» sanguinosa del Sendero luminoso, 631

638   II Afrocomunismi: Etiopia, Angola,
       Mozambico
       di Yves Santamaria

Un comunismo dai riflessi africani, 638 -
L'impero rosso: l'Etiopia, 642 - Violenze
lusofone: Angola e Mozambico, 649 - La
Repubblica popolare d'Angola, 650 -
Mozambico, 654

659  III Il comunismo in Afghanistan
       di Sylvain Boulouque

L?Afghanistan e l'URRS dal 1917 al 1973, 660
- I comunisti afgani, 662 - Il colpo di Stato
di Mohammad Daud, 663 - Il colpo di Stato
dell'aprile 1978 o «rivoluzione di Saur», 663
- L'intervento sovietico, 666 - La vastità
della repressione, 669


679      PERCHÉ?
       di Stéphane Courtois

707      Note

757      Indice dei nomi




| << | < | > | >> |

Pagina 3
I CRIMINI DEL COMUNISMO
di Stéphane Courtois




    La vita ha perso contro la morte,
    ma la memoria vince
    nella lotta contro il nulla.
    TZVETAN TODOROV, Les abus de la mémoire

Si è potuto scrivere che «la storia è la scienza dell'infelicità degli
uomini», e la violenza del Novecento sembra confermare questa formula in
modo eloquente. Certo, nei secoli precedenti pochi popoli e pochi paesi sono
stati risparmiati dalla violenza di massa. Le principali potenze europee
sono state implicate nella tratta dei neri; la Repubblica francese ha messo
in atto una colonizzazione che, nonostante alcuni apporti positivi, è stata
caratterizzata sino alla fine da episodi raccapriccianti. Negli Stati Uniti
persiste una cultura della violenza che affonda le proprie radici in due
crimini principali: la schiavitù dei neri e lo sterminio degli indiani.

Rimane, comunque, il fatto che, sotto questo aspetto, il nostro secolo
sembra avere superato i precedenti. Guardandolo retrospettivamente, non ci
si può esimere da una conclusione sconcertante: il Novecento è stato il
secolo delle grandi catastrofi umane. Due guerre mondiali e il nazismo,
senza dimenticare le tragedie più circoscritte dell'Armenia, del Biafra, del
Ruanda e di tanti altri paesi. L'impero ottomano ha proceduto, infatti, al
genocidio degli armeni e la Germania a quello degli ebrei e degli zingari.
L'Italia di Mussolini ha massacrato gli etiopi. I cechi ammettono a fatica
che la loro condotta nei confronti dei tedeschi dei Sudeti, nel 1945-1946,
non è stata delle più irreprensibili. E la stessa piccola Svizzera deve fare
i conti con il proprio passato di depositaria dell'oro rubato dai nazisti
agli ebrei sterminati, anche se il grado di atrocità di tale comportamento
non è assolutamente paragonabile a quello del genocidio.

Il comunismo si inserisce nel medesimo lasso di tempo storico fitto di
tragedie e ne costituisce, anzi, uno dei momenti più intensi e
significativi. Il comunismo, fenomeno fondamentale di questo Novecento, il
secolo breve che incomincia nel 1914 e si conclude a Mosca nel 1991, si
trova proprio al centro dello scenario storico. Un comunismo che preesisteva
al fascismo e al nazismo e che è sopravvissuto a essi, toccando i quattro
grandi continenti.

Che cosa intendiamo esattamente con il termine «comunismo»? È necessario
stabilire subito una distinzione fra la dottrina e la pratica. Come
filosofia politica, il comunismo esiste da secoli, se non da millenni. Non è
stato forse Platone, nella Repubblica, a esporre per primo l'idea di una
città ideale in cui gli uomini non fossero corrotti dal denaro e dal potere
e in cui comandassero la saggezza, la ragione e la giustizia? Un pensatore e
statista del rango di Tommaso Moro, cancelliere d'Inghilterra nel 1529,
autore della famosa Utopia e morto per mano del boia di Enrico VIII, non è
stato forse un altro precursore di quest'idea di città ideale? L'approccio
utopico sembra perfettamente legittimo come strumento critico della società:
esso partecipa del dibattito ideologico, ossigeno delle democrazie. Ma il
comunismo di cui trattiamo in questa sede non si colloca nel mondo delle
idee. È un comunismo reale, che è esistito in una determinata epoca, in
determinati paesi, incarnato da leader famosi: Lenin, Stalin, Mao, Ho Chi
Minh, Castro ecc. e, più vicino alla storia nazionale francese, Maurice
Thorez, Jacques Duclos, Georges Marchais.

Il comunismo reale, in qualunque misura sia stato influenzato nella sua
pratica dalla dottrina comunista anteriore al 1917 - problema su cui
ritorneremo -, ha comunque messo in atto una repressione sistematica, al
punto da eleggere, nei momenti di parossismo, il terrore a sistema di
governo. L'ideologia è, dunque, innocente? I nostalgici e coloro che
ragionano con una mentalità scolastica potranno sempre sostenere che questo
comunismo reale non aveva niente a che vedere con il comunismo ideale. E
sarebbe evidentemente assurdo imputare a teorie elaborate prima di Cristo,
durante il Rinascimento o ancora nell'Ottocento, eventi prodottisi nel XX
secolo. Ma, come osservò Ignazio Silone, le rivoluzioni come gli alberi si
riconoscono dai loro frutti. Non a caso i socialdemocratici russi, meglio
noti come «bolscevichi», nel novembre del 1917 hanno deciso di chiamarsi
«comunisti». Non a caso, ancora, hanno eretto ai piedi del Cremlino un
monumento in onore di coloro che consideravano i loro precursori: Moro e
Campanella.

Al di là dei crimini individuali, dei singoli massacri legati a circostanze
particolari, i regimi comunisti, per consolidare il loro potere, hanno fatto
del crimine di massa un autentico sistema di governo.


| << | < | > | >> |

Pagina 5
Abbiamo, quindi, preso in considerazione soltanto i crimini contro le
persone, che costituiscono l'essenza del fenomeno del terrore e che si
possono ricondurre a uno schema comune, anche se ciascun regime ha la sua
propensione per una particolare pratica: l'esecuzione capitale con vari
metodi (fucilazione, impiccagione, annegamento, fustigazione e, in alcuni
casi, gas chimici, veleno o incidente automobilistico); l'annientamento per
fame (carestie indotte
[...]



Scheda con 54265 bytes di citazioni.
Pubblicazione completa della scheda in attesa di autorizzazione
dell'editore.

-------

(http://web.infinito.it/utenti/t/tecalibri/C/COURTOIS-S_comunismo.htm#p002)

============




IL LIBRO NERO DEL COMUNISMO ITALIANO
by Squalo Sunday July 13, 2003 at 12:37 PM



Quell'oblio mortificante sulle stragi rosse. (recensione)






di Fabio Ranucci







Il testo di Armando De Simone e Vincenzo Nardiello, "Appunti per un libro
nero del comunismo italiano", ripercorre le vicende più oscure del Pci

Il comunismo? Per Saragat era la tragedia del proletariato. E tante altre
sono state le definizioni in questi ultimi decenni. La politica di chi ha
cercato di sfamare i popoli ed invece ha affamato il mondo sta subendo un
processo storico che qualcuno vorrebbe nascondere o spazzare via.
Vi è stato un tempo in cui la politica, in Italia, ha avuto i caratteri
dell'incubo. Quest'epoca di ferro non è durata poi molto, se si va a vedere.
Dieci anni: fra il 1946 e il 1956; fra elezioni per la Costituente e i fatti
d'Ungheria. Ma poco prima, dalle nostre parti, si erano consumate storie
rosso sangue, stragi disumane, Portula, Schio. E, oltrecortina, il terrore
dei gulag ha cambiato per sempre il volto dei paesi dell'Est. Qualcuno ha
tentato, dopo il crollo del comunismo mondiale, con la democratizzazione e
la decisione di liberarsi degli stereotipi del marxismo, di far luce su
tutti quegli episodi che hanno sconvolto il mondo. Su crimini e misfatti
stava calando definitivamente il sipario. Ma quando si comincia a fare i
conti con la propria storia è molto difficile fermarsi a metà. E così,
mentre nel mondo si continua a discutere chi fu in realtà Giuseppe
Djiugasvili, detto Stalin, se quel magnifico georgiano di cui parlò Lenin o
il tiranno sterminatore di contadini bollato come il grande criminale, un
lucido stratega o un piccolo uomo precipitato nella vertigine della Storia,
lo statista che seppe strappare la Russia alla sua condizione o la causa
prima di tutti i mali che affliggono ancora oggi l'Est europeo, ho letto
scrupolosamente, appassionatamente il testo dei giornalisti Armando De
Simone e Vincenzo Nardiello che si intitola Appunti per un libro nero del
comunismo italiano (Controcorrente, pagg. 317, lire 30.000). Uno squarcio
che si riapre su un'epoca buia.

Per non dimenticare quelli che vengono considerati gli errori di Togliatti e
di quanti altri come lui sono stati giovani comunisti stalinisti.
Già, nell'Unione Sovietica era stato costruito il migliore dei mondi
possibili. Sull'Unità era impossibile leggere una critica piccola,
piccolissima al Paese del socialismo. A Mosca tutto era perfetto. Eppure, si
sapeva tutto, dei gulag e di quanto altro ha combinato Stalin. E quando ci
si trovava di fronte alla linguistica di Stalin, i comunisti italiani
parlavano con vaghezza di infallibilità. Nonostante il Ritorno dall'Urss di
André Gide era stato scritto. Così come Buio a mezzogiorno di Koestler era
stato anche tradotto, letto e discusso abbondantemente. Ma probabilmente non
furono compresi. Poi, la svolta di quanti hanno riformulato il loro rapporto
con il comunismo e con lo stalinismo e sono andati avanti per la loro
strada, dentro o fuori il Pci, ed oggi non si danno pace. Tormentati da
ombre e fantasmi.

Ripercorrere una parte della storia del Pci attraverso ricerche
storiografiche e documenti e valutarne gli esiti è stata senz'altro una
esperienza irripetibile per gli autori di questo saggio ricco di spunti
critici. Pagine da leggere voracemente, dall'intervista allo storico
Stéphane Courtois, già noto per aver dato alle stampe il Libro nero del
comunismo, agli eccidi dopo il 25 aprile, la strage di Portula e le vicende
di "Gemisto", ovvero Francesco Moranino, raccontate da Giorgio Bocca nella
sua Storia dell'Italia partigiana che, "dopo aver trascorso, dal 1941 al
1943, tre anni in carcere a Civitavecchia insieme a comunisti 'storici' come
Pesenti e Scoccimarro per una condanna a dodici anni, fu liberato, tornò in
Piemonte, divenne partigiano e scelse il nomignolo di 'Gemisto'". E che
divenne deputato, a ventisei anni, nel 1946, nell'assemblea costituente. "Un
caso esemplare della storia comunista in questo Paese. Il Pci, per salvare
un proprio deputato, nominato sottosegretario alla Guerra, che si era
macchiato di svariati omicidi durante la guerra partigiana ai danni d'altri
partigiani 'bianchi', e per il quale la Camera aveva autorizzato l'arresto,
prima lo fece scappare in Cecoslovacchia, dove esercitò l'incarico di
commissario politico del Pci, poi, al momento dell'elezione di Saragat a
presidente della Repubblica, contrattò i propri voti con la concessione
della grazia presidenziale al fuggiasco". Il caso Moranino è raccontato con
dovizia di particolari proprio come la strage del '45 nella prigione di
Schio, ove un gruppo di ex partigiani uccise 53 detenuti accusati di
collaborazione con i fascisti. Un altro eccidio dimenticato.

O le gesta della Volante Rossa, quel gruppo che, "nell'immediato dopoguerra
a Milano, eseguì decine di 'condanne a morte'". Oppure, in perfetto stile
staliniano, il gulag all'italiana, la "Cartiera" di Mignagola di Carbonera,
in provincia di Treviso, "una piccola 'Auschwitz'S un campo di sterminio per
fascisti o presunti tali, contro i quali un gruppetto di partigiani
comunisti si accanì con una ferocia e una crudeltà raccapricciante: processi
farsa, torture da enciclopedia delle perversioni, violenze d'ogni tipo,
assassini ispirati dal più degradato sadismo, forni crematori, corpi
straziati, buttati nel fiume, sciolti nell'acido o arsi nei forni della
cartiera". Nel libro è riportato il racconto del senatore Antonio Serena,
autore de "I giorni di Caino", che parla di Villa Dal Vesco, la "Villa degli
orrori", dove "tutti i documenti dei prigionieri erano preventivamente
distrutti dal 'tribunale del Popolo'". "Ad un prigioniero poliomielitico,
prima di essere abbattuto a fucilate, fu imposto di arrampicarsi su di un
mucchio di carbone". Poi, il delitto di Malga Bala, la strage del Monte
Manfrei, in Liguria, "Quando i comunisti ammazzavano i sacerdoti", la
questione di Trieste negli anni '43-'45, I morti di via Medina, a Napoli, e
la preparazione del colpo di Stato, che prevedeva "la costruzione di campi
di concentramento regionali per gli oppositori".
Su quelle vittime, ancora oggi vi è un silenzio tombale, un oblio
mortificante.

Nella seconda parte, c'è una accurata analisi di quella che fu definita la
"Gladio Rossa", l'esercito clandestino del Pci, un apparato paramilitare.
Poi, la persecuzione subita dai comunisti italiani in Unione Sovietica e "i
benefici finanziari ottenuti dall'Urss grazie all'azione del Pci ai danni
dell'Italia".
Nella quarta parte, il dossier Mitrokhin, storia di "spioni" del Bel Paese
al soldo sovietico. I giornali, soprattutto quelli di opposizione al
centrosinistra a guida Ds, ne hanno parlato a lungo. "Divulgato in Italia
nel mese di settembre '99 come l''apertura degli archivi segreti del Kgb',
il rapporto consta di una serie di schede trascritte dall'archivista
Vassilij Mitrokhin, definito dagli agenti inglesi come 'ex agente del Kgb
attendibile ma parzialmente informato'". Seicentoquarantacinque pagine
ricavate dagli appunti dell'ex funzionario della Lubianka con tutte le spie
italiane nella rete rossa del Kgb, nomi e date della storia del nostro Paese
dal dopoguerra al 1984. Sino alla sesta parte del libro, tra interviste ed
interventi sull'argomento che il tempo, incredibilmente, sembra aver
cancellato. E' terribile infatti pensare che queste storie lontane oggi non
interessano nessuno. E il motivo è da ricercare anche nel comportamento dei
funzionari del Pci alla fine degli anni Ottanta.
Nell'89, a 68 anni dalla scissione di Livorno, il partito fondato nel 1921
da Gramsci e Bordiga, la forza politica che di lì a poco si chiamerà Pds,
voleva chiudere al più presto possibile le polemiche sul comunismo, reale o
nuovo, e sancire, con l'adesione all'Internazionale socialista, la sua
collocazione nella sinistra democratica e riformista. Tuttavia, grazie anche
a testi come "Appunti per un libro nero del comunismo italiano", il sangue
della storia non è asciugato in fretta e, citando Goethe, è facile dire che
l'altezza della quercia si misura quando è caduta. Da una parte quindi c'è
stato il continuismo minoritario di quanti non se la sentono di riconoscere
il fallimento storico del comunismo ed hanno coltivato l'illusione di
salvare il salvabile temendo al tempo stesso che il Pci, rinunciando alla
specificità che storicamente ha contraddistinto i comunisti dalle altre
forze di sinistra, era destinato a perdere la propria ragion d'essere.
Dall'altra invece c'è stato un continuismo di segno opposto, che ha trovato
largo credito nel nuovo gruppo dirigente, secondo cui il partito di Gramsci
e di Togliatti sarebbe stato fin dall'inizio sostanzialmente diverso dai
suoi confratelli e pertanto, attestandosi successivamente su posizioni
socialiste e riformiste non avrebbe fatto altro che sviluppare la sua
vocazione originaria. L'ondata di piena che ha travolto argini che
sembravano indistruttibili non poteva essere ignorata dal Pci. Ach01wb€01wb€